Rivista Anarchica Online
Navigando tra gli ipertesti
di Filippo Trasatti
È spesso accaduto, nel campo dell'informatica, che un nome prima
destinato a una ristrettissima cerchia di
specialisti e solo da loro compreso, sia diventato in breve una parola di uso comune, il cui significato originario
è stato successivamente esteso ad ambiti estranei all'informatica. Un libro pubblicato qualche anno fa
(Charles
Platt-David Langford, Micromania, Feltrinelli, Milano, 1985) tentava di introdurre il lettore con
gusto e ironia
alla comprensione di questo linguaggio esoterico, parlato dai maniaci informatici (chiamati più
correntemente
«smanettatori»). Nel frattempo, con la diffusione dei personal computer, nel lavoro, nel campo delle arti e dei
divertimenti, molte parole ci sono diventate familiari; gli esempi più banali sono hardware, software,
input,
output, database, modem ecc. In questo, come in altri campi, l'inglese la fa ovviamente da padrone, almeno per
ora, in mancanza di una conoscenza diffusa della lingua giapponese. Talvolta si tenta, con pessimi risultati di
tradurre in italiano questi termini ( un esempio orribile è «cliccare», che significa premere il pulsante
di uno
strumento di dialogo con il computer detto mouse, in italiano letteralmente «topo»), altre volte quando le parole
derivano dal latino o dal greco , il risultato è migliore. È il caso di ipertesto (in inglese
hypertext) un oggetto
informatico assai interessante sul quale si stanno pubblicando molti libri, uno dei quali vi segnalo per chiarezza,
interesse e prezzo: Carlo Rovelli, I percorsi dell'ipertesto, Edizioni Castelvecchi-Synergon,
Bologna, 1993 (con
un dischetto allegato). Un ipertesto, come dice il nome, è qualcosa di più di un testo: un
testo multiplo, composto a rete da un insieme
di segmenti collegati tra loro da percorsi stabiliti dal programmatore, che possono essere percorsi in diversi
modi e in certi casi anche incrementati dall'utente. Un oggetto di larga diffusione tra i ragazzi che si
avvicina all'idea di ipertesto è il libro-game: si tratta di un
libro in cui non viene narrata una sola storia, ma in cui i personaggi, a seconda delle scelte del lettore (ad
esempio «vuoi che Giorgio entri in quel portone oppure che prosegua per la sua strada? Nel primo caso vai a
pag. 10, altrimenti vai a pag 41»; oppure: «tira un dado: se esce 5 vai a pag. x altrimenti...») si muovono in una
rete di storie parallele, secondo una ramificazione che è stata decisa dall'autore. Nel caso dell'ipertesto,
che è
concepito per essere utilizzato con il computer, il lettore può saltare da un punto all'altro della storia,
ripercorrendo l'ipertesto attraverso vie ogni volta diverse. In termini più tecnici un ipertesto
è una rete formata da nodi (che possono essere testi ma anche immagini fisse
o in movimento, brani musicali ecc.) tra loro collegati da legami (in inglese link). Pensate a un'enciclopedia
immateriale, composta non soltanto da testi cartacei, ma anche da filmati, fumetti,
brani musicali, i cui frammenti siano uniti tra loro da un qualche legame visibile per l'utente. Proviamo a
costruire un ipertesto a partire da una voce dell'Enciclopedia Europea Garzanti. Prendiamo ad esempio una voce
semplice, non particolarmente concettosa: tabacco. Cominciamo: «pianta erbacea del genere Nicotina (famiglia
delle Solanacee) dicotiledone, annuale». Segue la descrizione delle caratteristiche morfologiche della pianta.
In questa prima parte della voce vengono riportate una serie di conoscenze che rientrano nel campo della
botanica. Se non so che cosa significa «dicotiledone», non ho che da consultare la medesima enciclopedia alla
voce omonima. Facendo questo ho stabilito un legame immateriale tra due voci, ho collegato tra loro due
documenti testuali. La descrizione della pianta che ci deve far intuire la forma è faticosa; non a caso
le
enciclopedie si servono di illustrazioni, nel nostro caso in bianco e nero al tratto. Ma potremmo avere a
disposizione diverse fotografie a colori che ci mostrano la pianta da diversi punti di vista e a diversi stadi della
crescita, il che ci aiuterebbe molto a riconoscerla; e ancora disegni al tratto di ciascuno dei componenti della
pianta, fusto, foglia, fiori ecc. Questo insieme di documenti visivi possono essere collegati alla voce di
enciclopedia che stavamo consultando. Facciamo ancora un passo. «La pianta del tabacco - continua la
voce - è originaria delle regioni calde
dell'emisfero australe, particolarmente dell'America, ma anche del sud degli Usa (Virginia, Florida) e del
Messico». Potremmo voler visualizzare con una cartina le zone di origine e di produzione del tabacco e voler
vedere una foto aerea delle piantagioni di tabacco della Virginia. Questo ci richiamerebbe alla mente la storia
delle piantagioni di tabacco e lo schiavismo, la guerra di secessione, «Via col vento» e chissà quante
altre cose
ancora. Ciascuno di noi collega e associa grappoli di informazioni e immagini in una rete strutturata che
è
assolutamente unica e individuale. Come apparirebbe tutto ciò in un ipertesto? Iniziamo la nostra
costruzione dell'ipertesto sul tabacco. In una prima schermata del computer ci appare una magnifica foto
a colori della pianta del tabacco (in una delle
sue varietà). Se con il cursore (una freccettina che possiamo muovere sullo schermo con il mouse o con
i tasti)
ci fermiamo su una certa parte, un fiore, e premiamo un tasto, ci appaiono sullo schermo delle informazioni di
tipo botanico sulle sue caratteristiche. In questi testi le parole tecniche (come «dicotiledone») sono sottolineate.
Se con il cursore ci posizioniamo su di esse e premiamo un tasto , ci appare un altro testo esplicativo. In
sostanza a partire da un'immagine o da un testo abbiamo costruito una rete di conoscenze che può essere
continuamente ampliata. Il fascino dell'ipertesto consiste nel fatto di essere un'opera aperta, secondo la
fortunata espressione di Eco,
coniata per indicare una determinata forma moderna dell'opera d'arte, ma anche un modo diverso di concepirla:
«Un'opera d'arte - scriveva Eco - forma compiuta e chiusa nella sua perfezione di organismo perfettamente
calibrato, è altresì aperta, possibile di essere interpretata in mille modi diversi senza che la sua
irriproducibile
singolarità ne risulti alterata. Ogni fruizione è così un'interpretazione ed una
esecuzione, poiché in ogni
fruizione l'opera rivive in una prospettiva originale» (U. Eco, Opera aperta, Bompiani , Milano
'76, p. 34).
Fatte le debite differenze con l'opera d'arte, l'ipertesto è un'opera aperta che offre al lettore una rete
fondamentale che egli può percorrere, o meglio come si dice con una metafora azzeccata, navigare
molteplici
volte seguendo gli itinerari che gli sono più congeniali. Non solo, il lettore può diventare
scrittore aggiungendo
nodi (documenti verbali o visivi) o tracciando nuovi collegamenti (link) che non erano previsti. Un'altra
ragione del fascino degli ipertesti sta nella similitudine che c'è tra il modello ipertestuale e il modello
della memoria umana elaborata dalla moderna psicologia cognitivistica. La nostra memoria non è un
archivio
polveroso, ma piuttosto una rete attraverso la quale ci muoviamo di associazione in associazione, recuperando
le nostre conoscenze. Secondo questo modello le conoscenze non stanno semplicemente allineate e accatastate
da qualche parte nella nostra mente , ma sono collegate a rete in una serie potenzialmente infinita. Quando
leggiamo un testo, ad esempio, e ci si chiede poi di sintetizzarlo, la nostra mente struttura gerarchicamente le
informazioni a vari livelli, da quelle fondamentali a quelle accessorie, tutte comunque collegate in una
rete. Questi studi di psicologia cognitivistica (chi volesse averne qualche notizia in più può
riferirsi utilmente al libro
di Maria Teresa Serafini, Come si studia, Bompiani, Milano, 1989, testo divulgativo con una
bibliografia
abbastanza aggiornata) ci suggeriscono in sostanza che l'organizzazione ipertestuale riproduce (semplificando
un poco) l'organizzazione mentale delle conoscenze, il che è molto promettente per le applicazioni
didattiche.
In effetti il mercato dell'informatica applicato alla didattica in Italia è penoso: nonostante siano stati
scialacquati
centinaia di milioni per attrezzare laboratori di informatica nelle scuole, i prodotti didattici di qualità
si contano
sulle dita di una mano. In genere, e questo è anche il caso degli ipertesti, si utilizzano a scuola
programmi
pensati per scopi non didattici. Con mezzo milione è possibile acquistare dei programmi che generano
ipertesti
(nel libro di Rovelli troverete indicazioni precise sulle caratteristiche e sui limiti dei programmi ipertestuali
maggiormente diffusi) e utilizzarli come meglio si crede, dunque anche per la didattica. Il campo di applicazione
è sterminato; si ha l'impressione di muovere i primi passi in un mondo nuovo, ancora tutto da esplorare,
nel
quale servono molte più idee che soldi. Stiamo affogando in un mare di informazioni, di tutti i tipi,
in quantità tale che era fino a pochi anni fa
impensabile. Oltre ai più tradizionali mass media , i computer collegati in rete alle banche dati,
consentono di
rastrellare una imponente massa di informazioni da tutto il mondo. La domanda è: per farne poi che
cosa? Come
utilizzare e strutturare questo mare di conoscenze, in modo che coloro che le ricevono non siano spettatori
passivi e ingolfati? Il modello ipertestuale può offrire una risposta a questa domanda veramente decisiva
per
la nostra epoca. Lo scrittore ipertestuale, suggerisce Rovelli, «lavora come un rigattiere (un iper-rigattiere)
che sente il bisogno
di ordinare concettualmente il materiale accumulato senza un ordine preciso e sotto la spinta di interessi non
disciplinati da spirito archivistico. (...) Possiamo definire questo tipo di ipertesto come metatesto imposto a
materiali disordinati» (p. 74) L'immagine del rigattiere riporta alla mente quella del pirata informatico,
cyberpunk, rigattiere delle
informazioni che si muove all'interno del doppio informatico del mondo che esiste ormai come sfera separata
dal mondo reale (l'Autonomia dell'Informazione). Senza andare troppo lontano, è comunque certo
che abbiamo bisogno di nuovi strumenti concettuali per
muoverci e capire il mondo che ci sta sfuggendo di mano; l'ipertesto può essere uno di questi
strumenti.
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