Rivista Anarchica Online
Nata a Milano. Purtroppo
di Elena Petrassi
E' autunno, una giornata umida, nebbiosa come solo in Lombardia accade, una
giornata noiosa insomma. I
marciapiedi sono ricoperti di foglie cadute, il rumore del traffico è smorzato, è domenica all'ora
di pranzo.
Passeggio per le vie del centro di Milano, ex-città europea, se mai lo è stata, ex-capitale morale,
ma sappiamo
che non lo è mai stata. Non è stagione di turisti, non che a Milano se ne vedano molti,
c'è in giro solo qualcuno
che porta a passeggio il cane. Mi lascio condurre dalle strade e arrivo fino in centro, anche lì solo
silenzio e
passanti distratti. Entro in una libreria, piena soprattutto di uomini soli, sfoglio le novità, più
di quante qualsiasi
buon lettore sia in grado di leggere in un anno medio dedicato alla lettura; poi mi fermo davanti al banco dei
piccoli editori, ci sono libri dalle copertine blu. L'occhio mi cade inevitabilmente su un titolo che è uno
degli
ultimi libri che ho letto durante l'estate. Nel riquadro di copertina, incorniciata di giallo, c'è una
riproduzione
di un quadro di Camille Pissarro «Giovane contadina che fa colazione» . Un'immagine di altri tempi
perduti svaniti. Ma non le storie raccontate in questo libro che si intitola «Di Corno
o d'oro», l'autrice è un'esordiente, si chiama Laura Pariani, la casa editrice la Sellerio, di
Palermo. Sfoglio il
libro e subito mi torna alla mente questa galleria immaginaria di ritratti reali che l'autrice ha delineato con
grande forza e bellezza. Il medico condotto, la folle, la sindacalista, l'emigrante, bambini che lavorano, la
maestra aspirante suicida, il
suonatore di organetto. Ognuna di queste persone racconta o viene raccontata con voce che ha eco del
passato, in molti parlano in
dialetto e tutti fanno parte di quell'umanità che viene regolarmente sommersa dall'onda della storia. Vite
troppo
piccole, troppo normali per potere lasciare tracce. Nel risvolto di copertina l'autrice rivendica il suo
«debito verso i luoghi che mi hanno permesso di far esistere
i miei personaggi, di vederli muoversi e agire». Così come rivendica la necessità di «vedere
i personaggi in uno
spazio e in un tempo preciso, altrimenti non riesco a trovare il loro spessore e la loro voce - e con il termine
voce non voglio dire solo le loro parole o il loro fraseggiare, ma anche la loro coscienza e il suono dei loro
pensieri, che vive ed è immerso in un periodo determinato (la fine dell'Ottocento) e in un ambiente
specifico
(la valle del Ticino) a quell'epoca». Eppure nonostante questa sua dichiarazione non riesco a non vedere
nei ritratti da lei tracciati, figure che
potrebbero appartenere a quella galleria di antenati di noi gente comune. Chi in famiglia non ha almeno un
proprio emigrato? Chi di noi non ha nonni e bisnonni contadini? È vero, le storie raccontate da Laura
Pariani
sono radicate nel territorio dove si sono svolte, ma sono comunque storie universali, delle vite oppresse che si
difendono come possono da un potere apparentemente immutabile e invincibile. È il linguaggio degli
offesi,
dei senza storia, dei coraggiosi, dei diseredati che hanno lottato per mangiare e sopravvivere, voci che ancora
adesso chiedono giustizia in ogni angolo di mondo. Penso al protagonista del primo racconto, che è
quello che dà il titolo alla raccolta, il Carlén, emigrato in
Argentina, cerco di immaginare un giovane leghista, che magari ha anche giurato a Pontida, sorrido, ma il mio
sorriso è amaro. Sarà perché sono figlia di emigrati meridionali ma mi viene difficile
essere orgogliosa di essere
nata nella Pianura Padana, e lungi da me l'idea di essere orgogliosa di essere milanese, ma questo già
prima di
Tangentopoli. Cosa ne penserebbe Carlén di questa città e dei suoi abitanti e cosa ne penserebbe
la Moretta,
socialista dei tempi andati, quando il socialismo era «rovesciare la situazione», era quella cosa che dava lavoro
a tutti? Esco dalla libreria e mi incammino verso Piazza del Duomo, ancora silenzio, assurdi crisantemi
gialli ravvivano
le facciate scrostate della Scala e di Palazzo Comunale. E non è solo la giornata a immalinconirmi.
Chissà se
in questa città ci sono storie nascoste, degne di essere raccontate da una futura scrittrice che possa amare
l'essere
nata in questa città. Chissà se ci sono persone sconosciute, quelli che camminano accanto a noi
per strada, i
vicini sul tram, i colleghi d'ufficio, che un giorno potrebbero entrare in una immaginaria galleria di ritratti di
antenati e appassionare con le loro vite comuni, i lettori del futuro, così come i personaggi di Laura
Pariani
sanno fare con noi.
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