Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 23 nr. 205
dicembre 1993 - gennaio 1994


Rivista Anarchica Online

Nata a Milano. Purtroppo
di Elena Petrassi

E' autunno, una giornata umida, nebbiosa come solo in Lombardia accade, una giornata noiosa insomma. I marciapiedi sono ricoperti di foglie cadute, il rumore del traffico è smorzato, è domenica all'ora di pranzo. Passeggio per le vie del centro di Milano, ex-città europea, se mai lo è stata, ex-capitale morale, ma sappiamo che non lo è mai stata. Non è stagione di turisti, non che a Milano se ne vedano molti, c'è in giro solo qualcuno che porta a passeggio il cane. Mi lascio condurre dalle strade e arrivo fino in centro, anche lì solo silenzio e passanti distratti. Entro in una libreria, piena soprattutto di uomini soli, sfoglio le novità, più di quante qualsiasi buon lettore sia in grado di leggere in un anno medio dedicato alla lettura; poi mi fermo davanti al banco dei piccoli editori, ci sono libri dalle copertine blu. L'occhio mi cade inevitabilmente su un titolo che è uno degli ultimi libri che ho letto durante l'estate. Nel riquadro di copertina, incorniciata di giallo, c'è una riproduzione di un quadro di Camille Pissarro «Giovane contadina che fa colazione» .
Un'immagine di altri tempi perduti svaniti. Ma non le storie raccontate in questo libro che si intitola «Di Corno o d'oro», l'autrice è un'esordiente, si chiama Laura Pariani, la casa editrice la Sellerio, di Palermo. Sfoglio il libro e subito mi torna alla mente questa galleria immaginaria di ritratti reali che l'autrice ha delineato con grande forza e bellezza.
Il medico condotto, la folle, la sindacalista, l'emigrante, bambini che lavorano, la maestra aspirante suicida, il suonatore di organetto.
Ognuna di queste persone racconta o viene raccontata con voce che ha eco del passato, in molti parlano in dialetto e tutti fanno parte di quell'umanità che viene regolarmente sommersa dall'onda della storia. Vite troppo piccole, troppo normali per potere lasciare tracce.
Nel risvolto di copertina l'autrice rivendica il suo «debito verso i luoghi che mi hanno permesso di far esistere i miei personaggi, di vederli muoversi e agire». Così come rivendica la necessità di «vedere i personaggi in uno spazio e in un tempo preciso, altrimenti non riesco a trovare il loro spessore e la loro voce - e con il termine voce non voglio dire solo le loro parole o il loro fraseggiare, ma anche la loro coscienza e il suono dei loro pensieri, che vive ed è immerso in un periodo determinato (la fine dell'Ottocento) e in un ambiente specifico (la valle del Ticino) a quell'epoca».
Eppure nonostante questa sua dichiarazione non riesco a non vedere nei ritratti da lei tracciati, figure che potrebbero appartenere a quella galleria di antenati di noi gente comune. Chi in famiglia non ha almeno un proprio emigrato? Chi di noi non ha nonni e bisnonni contadini? È vero, le storie raccontate da Laura Pariani sono radicate nel territorio dove si sono svolte, ma sono comunque storie universali, delle vite oppresse che si difendono come possono da un potere apparentemente immutabile e invincibile. È il linguaggio degli offesi, dei senza storia, dei coraggiosi, dei diseredati che hanno lottato per mangiare e sopravvivere, voci che ancora adesso chiedono giustizia in ogni angolo di mondo.
Penso al protagonista del primo racconto, che è quello che dà il titolo alla raccolta, il Carlén, emigrato in Argentina, cerco di immaginare un giovane leghista, che magari ha anche giurato a Pontida, sorrido, ma il mio sorriso è amaro. Sarà perché sono figlia di emigrati meridionali ma mi viene difficile essere orgogliosa di essere nata nella Pianura Padana, e lungi da me l'idea di essere orgogliosa di essere milanese, ma questo già prima di Tangentopoli. Cosa ne penserebbe Carlén di questa città e dei suoi abitanti e cosa ne penserebbe la Moretta, socialista dei tempi andati, quando il socialismo era «rovesciare la situazione», era quella cosa che dava lavoro a tutti?
Esco dalla libreria e mi incammino verso Piazza del Duomo, ancora silenzio, assurdi crisantemi gialli ravvivano le facciate scrostate della Scala e di Palazzo Comunale. E non è solo la giornata a immalinconirmi. Chissà se in questa città ci sono storie nascoste, degne di essere raccontate da una futura scrittrice che possa amare l'essere nata in questa città. Chissà se ci sono persone sconosciute, quelli che camminano accanto a noi per strada, i vicini sul tram, i colleghi d'ufficio, che un giorno potrebbero entrare in una immaginaria galleria di ritratti di antenati e appassionare con le loro vite comuni, i lettori del futuro, così come i personaggi di Laura Pariani sanno fare con noi.