Rivista Anarchica Online
Paul Goodman e la tradizione libertaria
di Pietro Adamo
Il richiamo a una mitica età dell'oro, situata in un passato più o
meno remoto, è una delle strategie fondanti del
radicalismo moderno, soprattutto di quello di matrice utopica. Da Thomas Muntzer a John Milton, da Thomas
Paine a Gracco Babeuf, sino a William Cobbett e Robert Owen, non di rado questa strategia si dispiega come
una specie di laicizzazione del concetto di peccato originale, trasposto dalla sfera della grazia a quella della
natura, dalla teologia alla storia: come l'inquietudine umana deriva dalla perversione di Adamo, così
la
condizione della società deriva da un qualche atto di perversione commesso nel passato che ha
contaminato la
purezza originaria della comunità. Secondo il rivoluzionario puritano Milton, per esempio, le
vicissitudini dei
cristiani derivano dalla loro accettazione del "giogo di Anticristo", vale a dire dalla loro alleanza col il potere
temporale di Costantino. Secondo un altro rivoluzionario, Thomas Paine, il triste stato delle libertà degli
inglesi
(e degli americani) è dovuto all'invasione normanna di Guglielmo il Conquistatore, che ha sottratto al
popolo
i suoi diritti imponendogli la tirannia del feudalesimo e della monarchia. Entrambi contrappongono alla
perversione "cattolica" e "normanna" una situazione precedente di armonia e giustizia (l'incontaminato
cristianesimo delle origini secondo Milton, il comunitarismo democratico e non-governativo dei sassoni secondo
Paine): obiettivo della rivoluzione è ovviamente il ristabilimento della condizione originaria, con il
recupero
dei diritti sottratti da un'autorità ingiusta. Questo tipo di strategia punta alla completa sovversione
dell'esistente. La necessità di una qualche
"restaurazione" maschera semplicemente la volontà di mutare radicalmente i rapporti sociali e politici:
che la
(presunta) età dell'oro cui ritornare avesse realmente le caratteristiche che le si attribuiscono è
elemento
incidentale (e non è un caso che Milton e Paine sovrappongono alla retorica passatista argomenti
razionalistici
e giusnaturalistici). A questo astoricismo astratto impregnato di teologia - che può definirsi
"conservatore" solo per quel che
riguarda la costruzione lessicale del discorso - si contrappone una strategia altrettanto radicale fondata sulla
ricerca storico-antropologica, consapevolmente impegnata nella protezione e nelle difesa di diritti, modi di vita
e tradizioni minacciate. In questa tendenza rientrano intellettuali come Thomas Jefferson e H.D. Thoreau - e
uno dei suoi apici è certamente Il mutuo appoggio di Kropotkin. Il "conservazionista" Paul
Goodman sembra
farne consapevolmente parte, sia pure accettando la patente con il senso del paradosso necessario al caso:
"Non possiamo tornare indietro, perché non c'è nulla a cui ritornare. Per avere una
comunità stabile e
completa in cui i giovani possano diventare uomini, dobbiamo faticosamente portare a compimento la
nostra nuova tradizione rivoluzionaria. In modo paradossale, questa decisione stoica esprime una
posizione conservatrice, che mira alla stabilità e all'equilibrio sociale. Spesso, infatti, non
si tratta di
fare innovazioni, ma di riguadagnare e ristabilire le giuste proporzioni. Ma, certo, nel nostro sistema di
vita, dispersivo e unilaterale, la proposta di conservare le risorse umane e di sviluppare le capacità
umane è divenuta un'innovazione radicale" (La gioventù assurda, tr. It. Einaudi,
Torino, 1971, p.221).
Tuttavia, l'identificazione di questa corrente "restaurazionista" della tradizione
libertaria e anarchica non
dovrebbe portarci a fare di ogni erba un fascio. Molto spesso i referenti storico-antropologico-politici dei
pensatori in questione sono estremamente differenti: per esempio, le associazioni e le comunità descritte
da
Kropotkin con propositi quasi "protezionistici" nel cap. VIII del Mutuo appoggio sono esperienze
di genere
molto diverso dai diritti e dalle forme di vita presentati con analoga verve difensivistica da
Thoreau nella
Disobbedienza civile o da Jefferson in innumerevoli scritti (dal moderato A summary view
of the rights of British
America alla Dichiarazione d'indipendenza alle Kentucky Resolutions). In
altri termini, diverse le esperienze
da "conservare", diverso il progetto restaurazionista. In questo senso mi pare che Woodcock sottovaluti i
legami di Goodman con la tradizione libertaria americana,
privilegiando l'enunciazione dei suoi rapporti - a mio parere più generici - con l'anarchismo di un
Kropotkin
o di un Read. La prospettiva di Goodman è sostanzialmente "indigena" (sia pure arricchita da un
confronto
serrato con i modelli europei): in quest'ottica il suo "gradualismo" - la sua "differenza" - risulta certamente
più
comprensibile. Giustamente Woodcock sottolinea come il punto di riferimento di Goodman, più
che l'anarchismo "classico"
d'America (Warren, Spooner, Tucker), sia l'esperienza libertaria nel suo complesso. In una fondamentale
dichiarazione di principi del 1966, Goodman ha affermato che
"nel periodo del mercantilismo e delle
patenti regie, la libera impresa da parte di società per azioni era
anarchica. Il Bill of Rights e la [nozione di] magistratura indipendente di Jefferson erano
anarchici. Le
chiese congregazioniste erano anarchiche. L'educazione progressista era anarchica. Le città libere e il
diritto delle corporazioni erano anarchici. In questo momento, il movimento dei diritti civili negli Stati
Uniti è stato, quasi classicamente, decentralista e anarchico" ("The anarchist principle", ora in A
decade
of anarchy, a cura di Colin Ward, Freedom Press, London 1987, pp. 38-39, citaz. P.
39).
Laddove Kropotkin, per esempio, insisteva sulla relazione naturalistica, quasi biologica, tra
individuo e
comunità, Goodman opera in una prospettiva totalmente volontaristica e costruttivistica, nel solco
classico
tracciato dal libertarismo americano nella sua lettura dell'esperienza storica degli Stati Uniti. Il suo
comunitarismo è costantemente coniugato con i diritti della coscienza individuale ed è orientato
dai valori di
quell'eresia protestante che ha fornito l'humus più fertile all'anarchismo
d'America. Facciamo un esempio:
secondo Goodman la gestione del lavoratore passa per il "controllo delle sue attitudini fisiche, emotive ed
intellettuali, per vedere se una qualche sua parte è adatta a ricoprire un ruolo nella macchina";
ciò avviene
tramite l'imposizione dei test attitudinali che sono "l'esatto contrario della vocazione nel vecchio senso,
un'attività umana naturale o voluta dal cielo" (Communitas, con Percival Goodman, ed.
It. Il Mulino, Bologna
1970, pp. 264-265). Uno dei risultati perversi della Riforma protestante più istituzionale è
stato appunto di "non aver coltivato il
significato della vocazione come funzione comunitaria" (La gioventù assurda, cit., p.
212). Il conservatorismo di Goodman - non dimentichiamolo, uno dei santoni della controcultura -
può anche
diventare apertamente provocatorio e dissacrante, presentandosi come una vera e propria apologia della
trasgressione:
"L'attività sessuale e l'uso della droga assumono, agli occhi dell'opinione
pubblica, proporzioni distorte
perché, mentre si possono disapprovare i capelli lunghi, le cattive compagnie e l'estremismo politico,
sesso e droga suscitano una vera e propria ansia sociale e reazioni ben più viscerali. Le statistiche,
tuttavia, sembrano dimostrare che l'attività sessuale non è di molto superiore a quella delle
generazioni
che si sono succedute dagli anni venti a oggi: la differenza sta nel fatto che finalmente il clima è
diventato più onesto e privo di ipocrisia. La sessualità viene affermata come una funzione vitale
piuttosto che come la religione del sabato di goliardi chiassosi in preda all'alcool. Poiché c'è
un maggior
spirito comunitario, il sesso tende a tornare alla sana normalità delle zone rurali, con la sola differenza,
se mai, di una maggiore cautela ereditata dall'origine borghese e dell'uso di mezzi anticoncezionali"
(La società vuota, Rizzoli, Milano 1970, p. 49).
La strategia "conservatrice"
disvela così il suo reale carattere, sanzionando comportamenti trasgressivi che
possono però essere ricondotti a un modello "naturale" e allo stile di vita comunitario. Se, come
abbiamo visto,
per Goodman non c'è "un passato cui ritornare", allora la lotta non può che configurarsi come
il tentativo di
recuperare le "giuste proporzioni" in ogni sfera dell'azione umana, con condotte forse minimali ma efficaci,
fondate su principi libertari, si tratti di difendere le libertà civili, valorizzare le autonomie locali
incoraggiando
l'autogestione, difendere l'idea di un equilibrio ecologico, eccetera:
"Non rientro certo negli schemi
del rivoluzionario" - ha dichiarata Goodman nel 1967 - "decisamente
io sono un tipo fuori moda. Secondo me molti discorsi politici sono troppo ambiziosi. La gente intende
usare il potere politico per raggiungere qualcosa di grandioso e di eccellente. Non sarà questo il
risultato.
Quello che si può fare è appena di garantire una situazione minima di decenza nella quale
qualcosa di
buono possa accadere" ("Valori oggettivi", in Dialettica della liberazione, a cura di D. Cooper,
ed. It.
Einaudi, Torino 1969, pp. 137-155, citaz. Pp. 144-145).
Un anarchismo della quotidianità,
quindi, che non rifugge neppure dal confronto con le istituzioni statuali,
ipotizzando da un lato l'adozione di schemi alternativi a quelli della società opulenta, dall'altro una
politica di
continuo intervento e incessante azione di controllo e di stimolo. Del resto, in questa estrema
adattabilità alle
circostanze sta la vitalità dell'anarchismo:
"Questo relativismo del principio anarchico alla
situazione concreta è l'essenza dell'anarchismo. Non
ci può essere una storia dell'anarchismo nel senso di stabilire uno stato di cose permanenti
definito
'anarchismo'. Si tratta sempre di un confronto continuo con la prossima situazione e di una vigilanza
per essere sicuri che le libertà del passato non si perdano e non si trasformino nel loro opposto, come
ha fatto la libera impresa trasformandosi in schiavitù salariata e monopolio capitalistico, la magistratura
indipendente trasformandosi in un monopolio di corti, poliziotti e avvocati, o la libera educazione che
si è trasformata in Sistema Scolastico" (The Anarchist principle, cit., p.
39).
Nell'anarchismo di Goodman i principi del libertarismo si ammantano di relativismo e di
fallibilismo, nel
tentativo di una costante rielaborazione del rapporto con la realtà concreta e nel rifiuto dei dogmatismi
dell'anarchismo stesso. Perché non aspettarcelo da un intellettuale tanto eclettico da terminare uno dei
suoi
romanzi con una citazione da un classico del fallibilismo protestante, pesantemente emblematico per
l'esperienza dell'"altra America":
"'Il Signore ha ancora altra luce e altre verità da mostrarci',
come disse John Robinson ai Padri
Pellegrini che si stavano imbarcando per l'America" (Making Do, MacMillan, New York 1963,
p. 276).
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