Rivista Anarchica Online
Caserio lumbard?
di Giuseppe Galzerano
Sia ben chiaro: ognuno può scrivere i libri che vuole e non saremo
certamente noi a negare questa possibilità e
questa libertà, ma allo stesso tempo non vogliamo e non possiamo sottrarci al diritto di critica e di
dissenso sui
libri che vengono pubblicati e che in un modo o nell'altro ci riguardano o si occupano del nostro passato,
perché
pensiamo che per scrivere certi libri ci vogliono anche i sentimenti giusti. Profittando dell'assenza degli
anarchici,
recentemente, certo Roberto Gremmo di Biella, non si è lasciato sfuggire l'occasione del centenario
della morte
di Sante Caserio e, puntuale come un orologio svizzero, alla vigilia del centenario, sforna un suo libro su Sante
Caserio, ghigliottinato a Lione il16 agosto del 1894 per aver ucciso il 24 giugno dello stesso anno il presidente
francese Sadi Carnot. Certo, se gli anarchici volessero ricordare tutti i loro centenari, dovrebbero pubblicare
un
libro al giorno, talmente è ricca di vicende la storia delle loro battaglie sociali e probabilmente l'impresa
sarebbe
anche di difficile attuazione. A parte il fatto che fortunatamente gli anarchici non hanno il culto dell'individuo,
né praticano la «santificazione» dei loro compagni, anche la povertà economica non gli
consente di fare i libri che
pure vorrebbero fare e allora, spesso, in questo inevitabile «vuoto», si inseriscono gli altri, magari personaggi
che
nulla hanno a che fare con l'anarchismo e si impadroniscono delle nostre vicende e della nostra storia per
piegarla
e sfruttarla ai loro scopi. Aveva ragione Gaetano Salvemini quando consigliava Armando Borghi di scrivere
le
sue memorie e alle titubanze di Borghi gli faceva notare: «Se non saranno gli anarchici a scrivere la loro storia,
la scriveranno i loro nemici». E così a fine luglio a molti compagni arriva un dépliant
editoriale che annuncia l'imminente uscita di un libro su
Sante Caserio. Ne è autore un certo Roberto Gremmo, un nome per lo più sconosciuto nel
movimento anarchico,
ed è edito da una nuova casa editrice, la Elf di Biella, completamente sconosciuta nel piccolo panorama
editoriale
anarchico. La scheda di presentazione è firmata da Gabriele Gremmo, certamente un parente dell'autore
e questa
sensazione che si faccia tutto in famiglia non ci è molto simpatica, anche perché affiorano dei
ricordi, nei quali
l'immagine di Roberto Gremmo non è affatto delle migliori, nel senso che ci era capitato di sentirlo
comiziare
violentemente a Radio Radicale contro i meridionali, gli zingari e gli extracomunitari e ci colpì la foga,
la
rozzezza e la povertà delle sue assurde tesi. Poi spesso la stampa si è occupata di Gremmo,
come amico-nemico di Bossi, fondatore della Lega Lumbarda e
poi della Lega Piemonte e deputato regionale della stessa e la cui azione politica si è caratterizzata per
un acceso
razzismo. Il sottotitolo del libro presenta Caserio come un «Anarchico Lombardo», con grande spreco di
maiuscole, e già
da questo è facile intuire che si tratta di un maldestro tentativo leghista di profittare del centenario di
Caserio per
penetrare - chissà poi perché - nel movimento anarchico, che nulla ha né può
avere in comune con le varie leghe,
e per portare acqua al proprio mulino politico, sfruttando e strumentalizzando la genuina ed adamantina figura
di Sante Caserio. Chiediamo il libro, «Sante Caserio - Vita tragedia e mito di un Anarchico
Lombardo», (Edizione Elf, Biella,
1994, pagg. 116, L. 15.000) e ci viene mandato subito. Lo leggiamo, ma in verità non ci troviamo nulla
di nuovo
rispetto a quanto già conosciuto sulla vicenda di Caserio, tranne questa incredibile ed assurda
rivendicazione
regionalistica di Caserio come «lombardo», un termine scritto con la l maiuscola! Per il resto il libro è
costruito
interamente sulla pubblicistica anarchica, passata e recente, che si era già occupata della vicenda di
Sante Caserio
e in più Gremmo lo fa con una certa superficialità senza i necessari approfondimenti politici
e storici. D'altronde chi professa idee siffatte non può né apprezzare né capire
l'anarchismo, che parla al mondo, esprime
idee al di sopra delle frontiere e guarda all'uomo indipendentemente dal colore della sua pelle e dalla
provenienza
geografica e Gremmo non può ridurre la figura di Caserio a personaggio del localismo lombardo,
perché Caserio
si sentiva fratello e solidale con tutti gli uomini della terra, al di là della loro provenienza e come tale
non può
essere compreso da uno che la pensa come Roberto Gremmo. Si tratta di due mondi completamente diversi e
sinceramente stentiamo anche a capire come abbia fatto il leghista Roberto Gremmo a scegliere di occuparsi
di
Sante Caserio, che era sì lombardo, ma si sentiva ed agiva come cittadino del mondo e non si chiuse
mai nella
piccola ed inesistente patria lombarda. Nella parte finale del libro, Roberto Gremmo non si lascia sfuggire
l'occasione per pontificare sull'anarchismo,
sostenendo - bontà sua - che l'anarchismo migliore è quello «padano» - naturalmente non
poteva essere
diversamente - e cita anarchici padani e lombardi come Molinari, Molaschi, Berneri (come «connazionale di
Cattaneo»), Galleani e sproloquia sul loro federalismo (cicero pro doma sua), continuando a
strumentalizzare il
pensiero dei nostri compagni per portare acqua alle sue teorie federaliste ed autonomiste. Ecco
perché all'inizio dicevamo che per scrivere di certe cose ci vogliono i sentimenti giusti, e Roberto
Gremmo
ha dimostrato di non possederli.
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