Rivista Anarchica Online
Nel corso del tempo
di Stefano Giaccone
Quasi-recensioni in salsa fanta-cronaca...
È' successo ancora. E di nuovo la stessa, vuota angoscia. Qui Stefano,
scrivo nel mio Personal (che ho ribattezzato
Zen) alcune note, impressioni quotidiane, mentre lavoro alla Grande Evaporazione. Il terribile guasto avvenuto
qualche mese fa al mega-cervello Europa 1, quello che conservava la memoria, la storia di tutta la Terra. Ora,
io
e altre centinaia di tecnici cerchiamo di dipanare i file ingarbugliati, rovinati. Alle 10 di solito facciamo una
pausa
per colazione, qui nel palazzone Agnelli (zona ovest di MI.TO). Il ragazzo al bar interno, con gli occhi
bassi, faceva finta di tagliare dei limoni: «niente latte oggi. Per via del
SuperPhoenix». Sei giorni fa una perdita di radioattività, piccola dicono gli esperti, al di là delle
Alpi, ma
sufficiente a prendere certe precauzioni. Niente latte per un mese. Ricordo quando ero bambino il viso del
bidello
della scuola (si chiamava come me, tra l'altro) quando, ogni mattina per una settimana, cercò di
spiegarci che non
poteva darci la solita bottiglietta di latte. Noi non capivamo ma l'aria di preoccupazione, angoscia, di muta
impotenza dei suoi occhi trasmisero il messaggio: qualcosa di enorme, una tragedia incombente era avvenuta
e
ci bloccò le lacrime in gola. Capii anni dopo: un altro incidente nucleare, morti, cancri, aborti. Io sono
uno della
«generazione Cernobyl». E stamane ancora una volta quella medesima sensazione. Improvvisamente una
patina, uno schermo opaco
scendeva tra noi e il mondo. Non è più pensabile la realtà, il futuro, andare a spasso
in montagna, cantare una
canzone a squarciagola, rollarsi per mezz'ora una canna di Maria, da solo nella tua canadese perso in Bretagna,
niente resta possibile. Mentre respiri, cammini, ridi, lavori, qualcosa a migliaia di kilometri ti sta ammazzando.
Ricordo le parole di mia madre «solo ieri siamo andati al parco. Chissà se l'erba era pericolosa». Come
siamo
cresciuti, noi, la generazione di Cernobyl con questo invisibile sudario, questa sindone di uranio che ci ha
radiografato ogni minuto? Eppure gli uomini, certi uomini non hanno mai smesso di combattere, di crederci.
Anche Arialdo, uno dei miei due File da sistemare. Lui sta scrivendo mentre fugge dall'assedio dei crociati
contro
Fra Dolcino, Valsesia, 1307: «non ch'io mi lamenti. So per certo che la vita è sofferenza. Dio
Onnipotente disse
agli angeli di adorare la sua immagine, Adamo. Michele, il più forte di loro, convinse gli altri. Tutti
meno Satana,
che fu iscacciato come un cane. Se Adamo fu il primo della stirpe nostra, come poteva Satana disobbedire?
Dolcino, nelle notti dove il vino scorreva più copioso, ci disse che l'uomo era segnato da questo errore,
dall'errore
dello stesso Adamo e, aggiungeva tra i tremori di noi discepoli, anche di Gesù, che morì come
mortale perché amò
come mortale. Egli venne per riscattare la colpa nostra, ma nessuno per amare può farlo dall'alto dei
cieli. Ci parlò
di San Epifanio, vescovo di Cipro che nel suo De Montibus Sina et Sion svelò il nome
di Adamo, formato dalle
quattro lettere con cui principiano in greco i punti cardinali: il tetragrammaton. E i rabbi ancora raccontano che
quando l'Eterno creò Adamo, angeli e genii si divisero tra chi lo esortava e chi lo dissuadeva - Padre
del vero, tu
crei sulla terra il padre della menzogna». L'uomo così vive sotto questa condanna, dalla nascita fino alla
resurrezione eterna. Dionigi di Telmahar affermava che Adamo ed Eva, il cui nome discende da EM, madre,
vennero esiliati sull'isola di Ceilan, nella caverna dei tesori. Il corpo di Adamo fu tratto da Sem e Melchisedec,
figlio di Noè, sepolto sul Golgota, sotto la croce del Salvatore. Ecco spiegato perché nei dipinti,
ai piedi di Gesù,
si scorge un teschio, quello di Adamo. Il peccatore sepolto là dove il Redentore sanerà il
primordiale errore,
chiudendo il conto con Satana. L'ombra nera della beatitudine angelica. Dolcino così pensava: l'uomo
è la sua
carne, nella Redenzione e nell'errore, le facce della stessa Luna. E ci vollero 300 anni a che Costantino
l'Imperatore decretasse il Verbo di Cristo come la vera fede. Così nel 2275, la santità di Charles
«satana» Manson
sarà riconosciuta dal Papa Pivetti IV e ... cazzo, si è incasinato il testo con qualcos'altro...Certe
volte questi eretici
mi sembrano dei buddisti: questa idea di santità e peccato nell'unità dell'uomo, ad esempio. Yin
e yang. Perché
un modo, diciamo, occidentale, di capire il mondo è sempre stato quello di dividerlo. In due, buoni e
cattivi per
esempio, e poi giù fino al più piccolo protone che poi, guarda un po' ha sempre il suo
antiprotone... Un libro assai interessante è «La rivoluzione del Paradosso»
del compagno Domenico Liguori - Biblioteca
Serantini c.p. 247 - 56100 Pisa. (Quando lo ordinate lamentatevi della presenza del copyright). La prima parte
è una ricostruzione del vorticoso caso Italia all'interno della transizione epocale post-muro di Berlino.
La seconda
invece propone una visione storico-sociale dell'umanità divisa in due entità, i dominanti e i
dominati, portatrici
di due verità del tutto opposte: autorità e libertà. Mentre lo leggevo avevo però
la sensazione che questi Dominanti
fossero come degli alieni, dei Venusiani e che da millenni soggiogassero la grande maggioranza degli umani,
i
Dominati. Io credo che invece questo sia il risultato di un rapporto, patto sociale, organizzazione dell'oggetto
(il
mondo reale). Esistono sicuramente due vie, filosofie, conflittuali ma complementari (anche solo
perché banalmente
condividiamo lo stesso pianeta e la stessa razza): il mutualismo (o libertà, vedi i libri di Laborit editi
da Elèuthera)
e l'autorità. Oggi quest'ultima ha il volto storico del capitalismo imperialista e mediologico. In grado
di soddisfare
bisogni primari e non, in grado di chiudere, anche se non del tutto, l'immaginario sociale al di dentro della sua
ineluttabile «bontà». Come ci riesce? Perché funziona. Creando atroci sofferenze,
disparità, menzogne, ecc. ma
non qui da noi, o non proprio a noi, a me. E ancora: che altro si può fare? Domanda legittima,
tramontata la stella
del socialismo. Larghe masse di dominati e, guarda caso nel punto strategico (i paesi sviluppati), non sono
affatto
depositari, in quanto tali, dell'idea di Libertà, come scrive il compagno. Anzi. Rompere il patto,
individualmente
e/o collettivamente, non è la Rivoluzione, vista ancora come metafora salvifica degli eterni perdenti,
ma lucida
ricerca di zone spazio temporali refrattarie, per come e per quanto è possibile, alla logica autoritaria del
dominio.
La domanda allora è: che altro possiamo volere? E come? (Qui concordo sull'insistenza del libro sulla
questione
«mezzo/fine»). Coloro che pensano che su basi mutualiste si possa lavorare meno o niente, avere un pianeta
più
sano, essere più felici perché fuori dagli ingranaggi dell'avere, del Nuovo come nevrosi, della
povertà in TUTTI
i sensi, creano una Comunità («struttura autogestita di libertà») attorno a dei bisogni, non a
compiti storici.
Comunità disposte ad affrontare il mare aperto di una nuova idea di sé, del tempo, dell'energia,
il più possibile
«piratesca», anarchica (!), lontano dal determinismo positivista. Questo vale qui da NOI che possiamo
«scegliere»:
ma un bambino brasiliano? Forse, così facendo, questo pianeta, nel breve periodo di 5.000-6.000 anni
potrebbe
edificarsi su basi diverse in ogni sua latitudine: il tempo di capire che Capitalismo, Religione, Dominio
uomo/donna e uomo/natura sono il terribile pegno che il potere ti fa pagare per ogni Mela mangiata nell'Eden.
Hai detto niente... «...saper tradurre nella pratica la critica della propria inaccettata condizione, contro
l'organizzazione totalitaria
del Capitale...». Una rivista monografica, Acrata 415. Questo primo numero si chiama
«Varsavia brucia?» ovvero «per il
superamento del ghetto. Analisi critica dei centri sociali» (c/o Diest - Via Cavalcanti, 11 - 10132 Torino). Una
lettura decisamente e programmaticamente «fastidiosa» ma assai interessante. «Non ci si può illudere
di agire
contro lo spossessamento del tempo e dello spazio attuato dall'organizzazione statal-capitalista, ritagliandosi
qualche isola felice ... la strategia del dominio capitalista è quindi quella di controllare tutto lo spazio
allo stesso
modo di come controlla tutto il tempo ... il corpo che si riconosce e che è cosciente di questi rapporti
sociali non
può che ribellarsi e lottare ... questo è sicuramente uno degli aspetti più inibenti ed
anche più insidiosi all'interno
dei centri sociali, la trappola dell'autogratificazione e del riconoscimento del sé in un codice di
comportamento
che conforta e rassicura il senso di estraneità al delirio-mondo ... ognuno faccia la sua scelta: o
autoblindarsi nello
spettacolo dell'autogestione parziale della propria sopravvivenza o espandersi, riscoprendo la comunicazione,
l'erotismo, il piacere - l'autogestione complessiva e generalizzata». Un passo mi ha molto colpito poiché
interviene
sull'argomento-ombra, il buco nero di buona parte dei centri Sociali anche se è spesso uno dei suoi
«punti
d'appoggio»: la musica. «...le ragioni per cui sono nati e sono cresciuti i C.S. vanno difese, poiché sono
essenzialmente ragioni umane ... il bisogno di musica, ad esempio. Il fatto però che spesso i C.S.
diventino
soltanto dei centri di spaccio della musica e della cultura che si presenta sul mercato come alternativa è
un
qualcosa che blocca la creatività degli intervenuti. .. il far musica ha delle valenze differenti quando
esprime un
senso comunitario e quando invece mostra un carattere di separazione fra il cosiddetto autore e l'ignobile
spettatore...». L'anarchico ontologico Hakim Bey su TAZ entra in levare «...in musica, l'egemonia dei tempi
2/4
e 4/4 dev'essere rovesciata. Abbiamo bisogno di una musica nuova, totalmente pazza, ritmicamente sottile ma
potente e ci serve ORA...». Casualmente (ma mister Jung non userebbe questa parola!) l'altro file che devo
sistemare oltre al dolciniano Arialdo, quello di Spino, chiuso nel solaio di Radio Alice (il '77, remember?)
durante
una perquisa, fa comparire sul mio schermo «...beh, questi Black Panthers erano veramente dei ganzi: la ragione
per cui diciamo che l'unica cultura che valga la pena di essere difesa è la cultura rivoluzionaria o
l'agitazione
rivoluzionaria, è che nella rivoluzione c'è mutamento, completo, radicale, assoluto e totale.
George Murray.
Soccia, ragione da vendere. Cioè io penso che - adesso è il tempo di andare avanti, se non
vogliamo che la difesa
dei mattoni occupati diventi una nuova gabbia. Le zone autonome che vogliamo oggi e di cui abbiamo bisogno
oggi, non possono più servire solo al nostro dopolavoro o per uscire di casa la sera. I nostri desideri ci
urlano la
voglia di luoghi liberati per lavorare, per abitarci, per vivere fuorilegge -...» che casino! La seconda parte di
Spino
s'è mescolata con Roby su «Sulle orme di TAZ»,
ottimo opuscolo edito da «Sempre avanti» (c/o Fed. Anarchica -
Via degli Asili, 33 - 57126 Livorno). Oltre ad una parte dedicata alla rilettura critica di TAZ,
c'è la traduzione di
Zone autonome permanenti, ovvero PAZ sempre di Hakim Bey. «...il problema è: come è
possibile costruire
un'economia realmente alternativa, cioè completa, senza attirare il fisco e gli altri cani da caccia
capitalisti?...
come posso vivere una vita confortevole, persino lussuosa, libero da tutte le interazioni e le transazioni con il
Mondo delle Comodità?». Se solo fossimo capaci di vedere questi ruscelli scendere nella stessa valle,
capire che
parole, poesia, canzoni, stanze, fucili, ironia, fratellanza, lotte, si muovono ormai in avanti, più vicini
di quanto noi stessi riusciamo a stare uno all'altro. Non ce n'è!, dice il titolo di una fanzine di
Torino: ma è solo un modo
di dire. La fanza è da leggere (interviste, articoli, musica soprattutto). Luca Goti - via Broni, 4 -10126
Torino.
YOU HAVE NEW MAIL. OUT OF THE BLUE @ FU.DEC.COM. Eccoci, anche questa volta la mia
particolare posta elettronica: Out of the Blue, la mia amica dal futuro. «In rete,
caro antenato? Non ho molto tempo stavolta (stiamo spostando le nostre case-mobili verso sud. Fa più
caldo). Il
Blatto, il vecchietto che ha ancora tutti quei VERI dischi della tua era m'ha fatto fare una dieta di Punk melodico
americano. Molto bello, forte, veloce ma con un cuore aperto, sonoro! TWO LINE FILLER, un CD che si
chiama
"so far lost", canadesi (questi sembrano i Kina!) "segui il tuo cuore, fai le cose che fai, non devi ascoltare
nessuno
... (hurtfullest line); SLEEPER, l'album "preparing today...", potenti e lirici "assurdo come non ci abbia mai
pensato, l'immortalità è stata tutto ciò in cui ho creduto..."(Rain); SPLIT LIP, spigolosi,
disperati, grande disco!
"il cucchiaio mi serve le tue bugie e io soffocherò su ogni parola invecchiata che porti alle mie labbra
appena nate
..." (Show and tell); o i classici punkers FARSIDE "Non capisco, quanta gente che conosco, un giorno se ne
andrà
e non vorrei perderli..." (Someday too soon). Va bé, poi mi sono concessa un salto in Argentina: altra
musica
(acustica, folk) ma sempre viva, vicina alla vita. MIGUEL ANGEL ACOSTA "tierra
madre", una cassetta
splendida di brani suoi. Chissà se scrivendo in via Catania 21, 10153 Torino, viene a suonare qui nel
futuro? Fuori
rete, fratello». Almeno stavolta s'è risparmiata il sermone, meno male!
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