Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 25 nr. 215
febbraio 1995


Rivista Anarchica Online

A nous la libertè
diario a cura di Felice Accame

Il marchingegno della polpa tardiva

Pulp fiction sta per «romanzetto dozzinale» e, presumibilmente, allude ad altro - «polpa» compresa, che nel caso specifico si spande ovunque senza badare a spese. È il decorato film di Quentin Tarantino che, da autore con un briciolo di originalità, è per lo più inteso come sinonimo di sangue, violenza ed eccessi. In realtà, il nuovo di cui è portatore - un nuovo poi, letterariamente, non nuovissimo - può venir riassunto in un unico e curioso meccanismo.
Potremmo chiamarlo «della sanatura tardiva». Facciamo qualche esempio. Primo: una coppia al ristorante chiacchiera fino a decidere di rapinare tutti i presenti. Il regista li abbandona al loro destino per un paio d'ore e, soltanto alla fine, si concederà loro un nesso con l'intera vicenda.
Secondo: una coppia di elegantissimi killers si avvia al lavoro prevedendo di doverne ammazzare «quattro o cinque». Sembra che ne ammazzino solo un paio e, nella sequenza successiva, gli abiti eleganti sono stati sostituiti da calzoncini corti e magliette sportive. I conti torneranno solo alla fine. Terzo: lei e lui vanno fuori assieme. Lei gli racconta di quando sperava di fare del cinema e del provino che ha girato. Doveva raccontare una barzelletta. Lui, allora, le chiede di raccontarla anche a lui, la barzelletta, e lei gliela nega. Orbene, a questi due, da lì in avanti, capitano un mucchio di problemi compreso un collasso cardiaco per overdose e relativa resurrezione con puntura di adrenalina al cuore. Ai saluti - quando la «nottata» finalmente sta per chiudersi -, lei, non richiesta, accondiscende alla lontana richiesta della barzelletta. Quarto: i killers sono due, viaggiano in coppia come carabinieri, ma, al momento fatidico, uno dei due si trova solo. Lo spettatore si aspetta l'arrivo dell'altro da un momento all'altro, ma non se ne saprà più niente. Soltanto tempo dopo, da un colloquio, verrà concessa la notizia che l'altro killer aveva semplicemente «smesso» il mestiere. Ecco perché al momento buono non c'era.
Questo tirare la corda, ovviamente, ha i suoi inconvenienti. Da un lato c'è da tener presente l'attenzione dello spettatore che non può mantenere sospesi in eterno gli elementi narrativi che correla. Lo spettatore meno stakanovista è dunque condannato a perdersi qualcosa, mentre, di converso, al più smaliziato può venirne un divertimento che in altre condizioni non verrebbe affatto - diciamo un «effetto sorpresa». Dall'altro lato, si originano numerosi problemi al piano temporale. Tarantino rifugge dal flash-back e preferisce contraddirsi allegramente. Così, per esempio, il morto è vispo come non mai nella sequenza conclusiva. In pratica, tocca allo spettatore mettere a posto i piani temporali dell'azione e godersi il tasso di spiegazione in più che l'operazione comporta. Si lasciano, insomma, certe sequenze con alcune differenze non sanate, ma basta munirsi di santa pazienza perché, alla fine, tardivamente, tutti i tasselli troveranno non solo un posto qualsiasi, ma il posto loro.
Come si vede, non si esce dallo schema naturalistico del raccontare, ma il trucchetto è sufficiente per rianimare un genere ormai abbruttito dall'uniformità degli stili narrativi. Visto quel che passa di solito il convento e ascritta a suo merito la brillantezza della sceneggiatura, le decorazioni a Tarantino, dunque, non sono sprecate.

P.S.: Quando parlavo di un «nuovo letterariamente non nuovissimo», mi volevo riferire a certe sperimentazioni letterarie che - come l'école du regard nella Francia degli anni sessanta -, pur con risultati non sempre esaltanti, hanno avuto il loro pendant cinematografico. L'esempio più calzante è forse quello di Alain Robbe-Grillet, scrittore e regista cinematografico (come Tarantino), autore della sceneggiatura de L'anno scorso a Marienbad (1961) di Alain Resnais, nonché di una serie di romanzi e film (L'immortale, 1963, o TransEurop-Express, 1967, per limitarci ad un paio) dove la scomposizione dei piani temporali e il distacco dello sguardo del regista nei confronti di ciò che va raccontando diventano il carattere stilistico essenziale dell'opera. Dopo più di trent'anni e nel passaggio dalla Francia agli Stati Uniti, comunque, il modo di prendersi sul serio è cambiato in stretta correlazione agli incassi del botteghino: più sono andati su e meno ci si è presi sul serio.