Rivista Anarchica Online
A nous la libertè diario a cura di Felice Accame
Il marchingegno della polpa tardiva
Pulp fiction sta per «romanzetto dozzinale» e, presumibilmente, allude ad altro
- «polpa» compresa, che nel
caso specifico si spande ovunque senza badare a spese. È il decorato film di Quentin Tarantino che, da
autore
con un briciolo di originalità, è per lo più inteso come sinonimo di sangue, violenza
ed eccessi. In realtà, il
nuovo di cui è portatore - un nuovo poi, letterariamente, non nuovissimo - può venir riassunto
in un unico e
curioso meccanismo. Potremmo chiamarlo «della sanatura tardiva». Facciamo qualche esempio. Primo:
una coppia al ristorante
chiacchiera fino a decidere di rapinare tutti i presenti. Il regista li abbandona al loro destino per un paio d'ore
e, soltanto alla fine, si concederà loro un nesso con l'intera vicenda. Secondo: una coppia di
elegantissimi killers si avvia al lavoro prevedendo di doverne ammazzare «quattro o
cinque». Sembra che ne ammazzino solo un paio e, nella sequenza successiva, gli abiti eleganti sono stati
sostituiti da calzoncini corti e magliette sportive. I conti torneranno solo alla fine. Terzo: lei e lui vanno fuori
assieme. Lei gli racconta di quando sperava di fare del cinema e del provino che ha girato. Doveva raccontare
una barzelletta. Lui, allora, le chiede di raccontarla anche a lui, la barzelletta, e lei gliela nega. Orbene, a questi
due, da lì in avanti, capitano un mucchio di problemi compreso un collasso cardiaco per overdose e
relativa
resurrezione con puntura di adrenalina al cuore. Ai saluti - quando la «nottata» finalmente sta per chiudersi -,
lei, non richiesta, accondiscende alla lontana richiesta della barzelletta. Quarto: i killers sono due, viaggiano
in coppia come carabinieri, ma, al momento fatidico, uno dei due si trova solo. Lo spettatore si aspetta l'arrivo
dell'altro da un momento all'altro, ma non se ne saprà più niente. Soltanto tempo dopo, da un
colloquio, verrà
concessa la notizia che l'altro killer aveva semplicemente «smesso» il mestiere. Ecco perché al
momento buono
non c'era. Questo tirare la corda, ovviamente, ha i suoi inconvenienti. Da un lato c'è da tener
presente l'attenzione dello
spettatore che non può mantenere sospesi in eterno gli elementi narrativi che correla. Lo spettatore
meno
stakanovista è dunque condannato a perdersi qualcosa, mentre, di converso, al più smaliziato
può venirne un
divertimento che in altre condizioni non verrebbe affatto - diciamo un «effetto sorpresa». Dall'altro lato, si
originano numerosi problemi al piano temporale. Tarantino rifugge dal flash-back e preferisce
contraddirsi
allegramente. Così, per esempio, il morto è vispo come non mai nella sequenza
conclusiva. In pratica, tocca allo
spettatore mettere a posto i piani temporali dell'azione e godersi il tasso di spiegazione in
più che l'operazione
comporta. Si lasciano, insomma, certe sequenze con alcune differenze non sanate,
ma basta munirsi di santa
pazienza perché, alla fine, tardivamente, tutti i tasselli troveranno non solo un posto qualsiasi, ma il
posto loro. Come si vede, non si esce dallo schema naturalistico del raccontare, ma il trucchetto è
sufficiente per rianimare
un genere ormai abbruttito dall'uniformità degli stili narrativi. Visto quel che passa di
solito il convento e
ascritta a suo merito la brillantezza della sceneggiatura, le decorazioni a Tarantino, dunque, non sono sprecate.
P.S.: Quando parlavo di un «nuovo letterariamente non nuovissimo», mi volevo riferire a certe
sperimentazioni
letterarie che - come l'école du regard nella Francia degli anni sessanta -,
pur con risultati non sempre esaltanti,
hanno avuto il loro pendant cinematografico. L'esempio più calzante è forse
quello di Alain Robbe-Grillet,
scrittore e regista cinematografico (come Tarantino), autore della sceneggiatura de L'anno scorso a
Marienbad
(1961) di Alain Resnais, nonché di una serie di romanzi e film (L'immortale, 1963,
o TransEurop-Express,
1967, per limitarci ad un paio) dove la scomposizione dei piani temporali e il distacco dello sguardo del
regista
nei confronti di ciò che va raccontando diventano il carattere stilistico essenziale dell'opera. Dopo
più di
trent'anni e nel passaggio dalla Francia agli Stati Uniti, comunque, il modo di prendersi sul serio è
cambiato in
stretta correlazione agli incassi del botteghino: più sono andati su e meno ci si è presi sul serio.
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