Rivista Anarchica Online
Marx e la concezione del lavoro
L'accezione di lavoro nella produzione marxiana - nonostante il lessico economico -
è intrinsecamente
ontologico-metafisica. Più precisamente: è squisitamente hegeliana. Come è
ampiamente noto, l'importanza per
Hegel del lavoro non è da connettere alla sua specificità ma è da relazionare alla
coscienza che, grazie al lavoro,
non solo giunge a se stessa ma giunge all'intuizione dell'essere indipendente come di se stesso
(Fenomenologia
dello Spirito, vol. I, pp. 162). La pienezza e la totalità: ecco i traguardi ai quali perviene il
lavoro. D'altronde
fu lo stesso Marx a riconoscere il suo tributo all'idealismo hegeliano in un celebre passo dei Manoscritti: "egli
(Hegel, n.d.a.) intende l'essenza del lavoro e concepisce l'uomo oggettivo, l'uomo vero perché reale
come il
risultato del suo proprio lavoro" (p. 167). Oppure pensiamo alla definizione che Marx darà del
lavoro in base alla quale esso consente la realizzazione
del soggetto o l'autorealizzazione del soggetto (Lineamenti fondamentali della critica dell'economia
politica,
vol. I, p. 278). L'influenza di Hegel risulta - in ultima analisi - determinante e tutt'altro che marginale.
Se
poniamo - poi - la dovuta attenzione ad un aspetto specifico della filosofia del lavoro - la divisione del lavoro
- la continuità con Hegel è altrettanto evidente. Per Hegel la divisione del lavoro ha
compromesso la possibilità
di realizzare l'essenza totale dell'uomo a causa della parcellizzazione a cui conduce. Insomma la civiltà
industriale - per Hegel come per Rousseau - ha creato un lavoro formale, astrattamente universale. Ricordiamo
che già Rousseau aveva individuato nella divisione del lavoro la causa principale della ineguaglianza.
Ma al
di là di questo - pur importante - riferimento, anche per Marx la divisione del lavoro ha attuato una
trasformazione nefasta nell'essere umano. Lo ha trasformato "in una attività astratta". Può
sorprendere se Marx
propose l'abolizione della divisione del lavoro auspicando l'assenza - in un imprecisato Eden - di una
attività
specifica? Più esattamente: nella società comunista la produzione dovrà essere gestita
in modo tale da
consentire: "di fare oggi questa cosa, domani quell'altra" (Ideologia tedesca, p. 29). Ci sembra
superfluo sottolineare non solo l'ingenuo irrealismo ma anche la presenza - in un pensatore che si
vorrebbe additare quale fondatore del socialismo scientifico - di forti componenti escatologiche alle quali fanno
seguito nostalgie bucoliche! Ancora una volta dobbiamo domandarci - raccogliendo l'invito di S. Avieri - in
quale modo Marx pensava di realizzare un tale sovvertimento. Ed ancora una volta, dopo aver interrogato i testi
marxiani non possiamo che rilevare l'assenza di qualsivoglia risposta.
Giuseppe Gagliano (Como)
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