Rivista Anarchica Online
Il mostro e il suo creatore
La realtà virtuale fantasia al potere? Direi semmai potere sulla fantasia. Ci pensate?
Dominio sul sogno.
Manipolazione sempre più profonda della sfera interiore di ciascun individuo. Ma partiamo più
da lontano. Parecchi anni fa, mi sembra nel 1983, ero in vacanza in Olanda e ricordo che ad Amsterdam
mi recai ad un
museo in cui veniva esposta una mostra dedicata alle popolazioni del terzo mondo: c'erano coloratissimi quadri
naif del Centroamerica, ma soprattutto c'erano le ricostruzioni dettagliatissime delle abitazioni, delle botteghe,
delle piazze, dei luoghi di culto delle più svariate popolazioni del Sudamerica, dell'Asia, dell'Africa e
dell'Oceania; c'era perfino un enorme letamaio fatto di pezzi di rifiuti incollati fra loro il cui effetto era
estremamente realistico ... e c'era l'uomo di cera, il misterioso uomo occidentale civilizzato che, in abito, le
gambe accavallate, era intento a leggere il giornale. Era perfetto, al punto che rimasi alcuni minuti ad osservarlo
per capire se si trattasse di un bravissimo attore o di una scultura eccessivamente realistica. Ma tutto era
ricostruito con notevole cura e minuzia, con la possibilità - tramite un gettone, o una moneta - di
ascoltare brani di musica del luogo in cui si passava. Dal negozietto marocchino emanavano odori di
spezie. Era tutto così realistico da sentirsi immersi nel paese
che, in quel momento, si visitava come in un riassunto scolastico. Pensai che potesse essere una buona idea,
magari proprio a livello educativo. Certo è che l'enorme varietà di quel breve viaggio sulla terra
rinchiuso in
un museo lasciava un po' storditi, un po' confusi, come svuotati da quell'overdose di mondo. Ricordo che,
mentre passavo dal villaggio degli aborigeni australiani a quello degli indigeni del Borneo, restai
stralunato: c'era un ascensore e questo si aprì per tirar fuori un' apparizione quasi extraterrestre: un
altissimo
papà biondo, elegante e sorridente che prendeva per mano due marmocchi biondi e già
giganteschi, entrambi
con un sorrisetto furbo da gelato. Avvertii una strana sensazione: mi parve che tutte quelle civiltà
fossero come
morte e fosse il potere mummificante del museo ad ucciderle. Dodici anni dopo la tecnologia cibernetica
è in
grado di proporci molto di più di quella mostra ormai antiquata e ingenua che tanto mi sconvolse ad
Amsterdam;
con la realtà virtuale è possibile anche provare le sensazioni vere e proprie di un viaggio,
dialogare con i
personaggi immaginari di un lontano paese, o magari con quelli veri, chi lo sa, ma quanto veri? Dov'è
il confine
fra realtà e fantasia? Si può convincere qualcuno che sia realtà l'una ed irrealtà
la seconda, così, a nostro
arbitrio? Arriveremo al punto in cui tutta la nostra vita sarà riempita artificialmente? Nel lavoro
a distanza, nel gioco col
computer anziché con l'amico, nell'amore vissuto in una masturbazione di sensori, nell'avventura
programmata
a lieto fine, nel gioco folle di sostituirsi alla natura, di rimuovere la vita, di scambiarla con un'imitazione...
Dov'è
finito l'uomo? Dove? No, non è arte questa, manipolazione; non apoteosi della fantasia, sua morte.
E' come se d'un tratto tutti gli spazi
d'immaginazione venissero previsti, catalogati, consegnati già pronti alla mente. Si dice che potremo
lavorare
di meno, che tutto risulterà semplificato; in realtà vogliono trasferire la vita di una persona tutta
dietro una
scrivania, o dentro una cabina, senza bisogno di spostamenti, un vero sortilegio di tecnologia nera. Ci
saranno gli automi a lavorare per noi che ci limiteremo a dare ordini a distanza. E poco importa se vivremo
in rifugi ermeticamente chiusi, posti in mezzo alle montagne di scorie, di pezzi avariati e in un turbinio d'aria
grigia che mi oscura il foglio: saremo abbastanza forti da cambiare il disegno, da far immaginare a noi stessi
e agli altri una realtà molto diversa, sicura, tranquilla, perfino un tantino emozionante, che ci
impedirà di vedere
la realtà che ieri chiamavamo realtà e che da oggi è stata sostituita, con l'approvazione
di Stati e Chiese. Nel futuro della realtà virtuale c'è un sogno surgelato, un'emozione
già misurata e pesata, una confezione-fantasia. Chi terrebbe per le redini questo mostro
dell'inconscio? Chiunque ci proverà sappia fin d'ora che il mostro si rivolta sempre contro il suo
creatore.
Carlo Bellisai (Capoterra)
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