Rivista Anarchica Online
Il domenicano ribelle
Giordano Bruno nasce a Nola (Napoli) nel 1548. Nel 1572 Bruno indossa il saio
domenicano. Tre anni dopo
consegue il dottorato in teologia. Ma il suo approfondimento nello studio lo porta a considerazioni
antidogmatiche. Egli nega il culto della Vergine, della escatologia cristiana, del valore religioso dell'eucarestia
e della figura di Cristo. Per la manifestazione del suo pensiero, Bruno è perseguito come eretico
e nel 1576 subisce un processo che lo
condanna all'interdizione perpetua. Ascoltata la sentenza Bruno, rivolto ai giudici, afferma di essere cittadino
del mondo, figlio della madre terra e del padre sole, e che gli basta la verità. Costretto all'esilio,
Bruno continua la sua opera demistificatrice, al punto di essere considerato il "diffusore delle
insolenze della verità, come disvelamento del pensiero assassinato dalle convenzioni" (Dizionario
Enciclopedico UTET/1967). L'Utopia di Bruno poggia "sull'ideale di un mondo in cui non esiste la
proprietà, non esistono lo stato e le leggi,
non esiste la costrizione al lavoro, né l'egoismo, né la malvagità, ma esistono invece
il piacere tranquillo, la
costanza, la calma, la pura moralità" (L'uomo del rinascimento, di A. Heller). Il
pensiero di Bruno è contro ogni tipo di sopraffazione "per lui l'uguaglianza è la capacità
di ciascuno di unirsi
agli altri per conquistare - non importa come e con quali armi - una terra dove la ragione è sostituita alla
banca
e al fucile. La religione, come la politica e il fascino del denaro, è una delle proficue forme di
schiavitù psichica
che l'uomo ha trovato per soggiogare altri uomini e, a fianco di ideologi ed economisti, fa il cane da guardia di
tutti gli insiemi sociali prodotti dalla storia del più armato. Qui le trame della politica e le cosche del
profitto
hanno coltivato le forche della storia. La figura di Dio è un supplemento a questa situazione: Dio
è
immancabilmente alleato dei governanti. .. Quando un'illusione è condivisa da tutti, diventa una
realtà. La più
antica gratificazione di fantasia a carattere collettivo è la religione" (E. Fromm, Dogmi e
rivoluzionari). Bruno condanna la cortigianeria di palazzo e la cultura del suo tempo, quindi si
scaglia contro il potere ed invita
la gente all'azione rivoluzionaria per la formazione di una comunità, dove necessità e
libertà possano respirare
nel quotidiano di tutti. Comunque, il carattere rivoluzionario di Bruno è atipico, perché
i suoi mezzi non sono quelli del ribelle, né
quelli del rivoluzionario di professione, in quanto "il suo intimo risente dell'autorità. Un ribelle
è uno che vuole
rovesciare l'autorità a causa del suo risentimento e, di conseguenza, rendersi autorità al posto
di quella
rovesciata". Mentre "il rivoluzionario di professione si fa becchino dell'umanità, giustificando il suo
terrorismo
col motore della storia" (E. Fromm, opera citata). Questo contraddice il precetto marxista, che
recita: "Un
essere si considera indipendente soltanto quando è debitore a se stesso della propria esistenza" K. Marx
(Manoscritti economico/filosofici del 1844, di Norberto Bobbio). Mentre P. Kropotkin
affermò che "Rovesciare un governo è tutto per un rivoluzionario borghese, per gli
anarchici è solo l'inizio della rivoluzione sociale". Bruno denuncia che il male siede sugli scranni
della Chiesa e dello Stato, per cui progetta una grande famiglia
universale, dove la fratellanza, l'amore e la verità denuderanno le idiozie e le ipocrisie del potere.
Quindi Bruno
nega tutte le consuetudini conviviali e religiose come un simulacro. L'insegnamento di Bruno ha provocato
fra la gente moti di rivolta, non ancora placati perché nessuna forza
morale e fisica, nessun tribunale o galera, nessun plotone di esecuzione, nessun boia sono riusciti a cancellare.
Per la costante professione pubblica del suo pensiero, Bruno è continuamente perseguitato dalla
chiesa cattolica. Nel febbraio 1591 Bruno (in esilio a Francoforte) è invitato a Venezia dal nobile
Giovanni Mocenigo, che
afferma di voler diventare un discepolo bruniano. Ma nel maggio dell'anno seguente, non riuscendo a trattenerlo
presso di sé, Mocenigo lo denuncia di eresia presso il tribunale dell'Inquisizione. Arrestato, Bruno
è imprigionato e torturato per nove anni, fino al processo. Costretto ad ascoltare in ginocchio la
sentenza che lo condanna a morte mediante il rogo, Bruno rivolge ai
giudici il monito: "Forse la sentenza che voi proferite contro di me vi dà maggior turbamento che non
a me
stesso". Il 17 febbraio 1600 Giordano Bruno è arso vivo a Roma, in Campo dei Fiori.
Ivan Guerrini (Brescia)
|