Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 25 nr. 215
febbraio 1995


Rivista Anarchica Online

Il vecchio che avanza

Nel saggio «Tra Capitalismo e Utopia» di Stanley Maron ho letto una sorta di finale ottimismo per la capacità di adattarsi ai tempi, di attraversare le crisi economiche, di recepire le innovazioni tecnologiche e (orrore) riuscire ad essere alle volte competitivi con il Mercato circostante.
L'autore invece non sembra essere particolarmente preoccupato su delle informazioni che lui stesso ci dà, voglio fare perciò delle considerazioni su delle frasi che mi inducono ad essere profondamente pessimista sul futuro dei kibbutz.
Infatti in un passo si dice: «molti kibbutz si trovarono nel pieno della riorganizzazione dei pernottamenti, che prevedeva un ritorno dei bambini dai loro alloggi separati agli appartamenti dei loro genitori», e in un altro si afferma che «Ben presto la maggior parte dei bambini di un kibbutz prese a crescere vicino ai propri nonni e la stretta famigliarità con l'intero ciclo di vita diventa parte del modo di vita tipico dei kibbutz». Questo a me sembra un fallimento strisciante, infatti la famiglia non è pur sempre una microsocietà autoritaria? E il togliere ai bambini la socializzazione tra di loro, sia pure solo negli alloggi collettivi notturni e riportandoli in un ambiente famigliare con padre, madre, nonni, zii e affini, non ricostituirà un ambiente in cui i bambini svilupperanno una coscienza patriarcale di clan?
E il mutuo appoggio, e la libertà sessuale, e la capacità di comunicare realmente con il prossimo dove finiranno?
Per questo non basta rallegrarsi, come fa l'autore, che anche con qualche spruzzata di capitalismo (di nuovo orrore) un economia genericamente (ma sempre meno) libertaria riesce a sopravvivere.
Dato che oltre al fattore economico gli anarchici hanno dato forse più importanza ai rapporti interpersonali in una società libertaria, e questi a quanto mi è dato capire stanno regredendo in maniera preoccupante verso i comportamenti mercantilismo borghesi (come si diceva una volta).
Saluti.

Luca Crovatin (Trieste)