Rivista Anarchica Online
Il vecchio che avanza
Nel saggio «Tra Capitalismo e Utopia» di Stanley Maron ho letto una sorta di finale
ottimismo per la capacità
di adattarsi ai tempi, di attraversare le crisi economiche, di recepire le innovazioni tecnologiche e (orrore)
riuscire ad essere alle volte competitivi con il Mercato circostante. L'autore invece non sembra essere
particolarmente preoccupato su delle informazioni che lui stesso ci dà, voglio
fare perciò delle considerazioni su delle frasi che mi inducono ad essere profondamente pessimista sul
futuro
dei kibbutz. Infatti in un passo si dice: «molti kibbutz si trovarono nel pieno della riorganizzazione dei
pernottamenti, che
prevedeva un ritorno dei bambini dai loro alloggi separati agli appartamenti dei loro genitori», e in un altro si
afferma che «Ben presto la maggior parte dei bambini di un kibbutz prese a crescere vicino ai propri nonni e
la stretta famigliarità con l'intero ciclo di vita diventa parte del modo di vita tipico dei kibbutz». Questo
a me
sembra un fallimento strisciante, infatti la famiglia non è pur sempre una microsocietà
autoritaria? E il togliere
ai bambini la socializzazione tra di loro, sia pure solo negli alloggi collettivi notturni e riportandoli in un
ambiente famigliare con padre, madre, nonni, zii e affini, non ricostituirà un ambiente in cui i bambini
svilupperanno una coscienza patriarcale di clan? E il mutuo appoggio, e la libertà sessuale, e la
capacità di comunicare realmente con il prossimo dove finiranno? Per questo non basta rallegrarsi,
come fa l'autore, che anche con qualche spruzzata di capitalismo (di nuovo
orrore) un economia genericamente (ma sempre meno) libertaria riesce a sopravvivere. Dato che oltre al
fattore economico gli anarchici hanno dato forse più importanza ai rapporti interpersonali in
una società libertaria, e questi a quanto mi è dato capire stanno regredendo in maniera
preoccupante verso i
comportamenti mercantilismo borghesi (come si diceva una volta). Saluti.
Luca Crovatin (Trieste)
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