Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 25 nr. 220
estate 1995


Rivista Anarchica Online

Mercato degli organi: nessuna crisi
di Gianni Sartori

C'è un limite all'orrore? Fino a dove può giungere la voracità di un sistema economico-politico-militare come quello dominante che tutto riduce a merce e che pretenderebbe di governare il pianeta? Solo chi abbia ormai perso il senso della dignità umana e della giustizia può continuare a non porsi tali domande, a non chiedersi se sia lecito continuare ad "autoassolversi" con un po' di beneficenza e buoni propositi di fronte alle immagini di sofferenza, miseria e devastazione che irrompono quotidianamente nelle nostre case dallo schermo televisivo. Chilometri e chilometri di cadaveri tappezzano ormai il suolo del continente africano, milioni di disperati si aggirano per le strade dell'America Latina e di gran parte dell'Asia...
Come possiamo continuare a voler ignorare (per esempio) che i recenti massacri in Sierra Leone sono direttamente legati al controllo del traffico dei diamanti e non domandarci chi siano gli attuali proprietari delle miniere (dove, per inciso, lavora una manodopera super sfruttata, con una mortalità superiore perfino a quella, notoriamente molto alta, delle miniere d'oro sudafricane); o fingere di non sapere che i quadri militari delle diverse fazioni in lotta in Ruanda sono addestrati, rispettivamente, da istruttori francesi ed inglesi?
Non si tratta di voler accusare sempre e comunque il ricco Occidente dei disastri del cosiddetto Terzo Mondo, ma di riconoscere onestamente quali siano le reali responsabilità (e gli interessi in gioco) dei paesi sviluppati. Altrimenti non resta che consolarsi pensando che in fondo i massacri sono la logica conseguenza di antiche faide etniche; che la miseria è dovuta alla carenza di risorse naturali; che la morte per fame di migliaia di bambini è l'inevitabile conseguenza della prolificità delle donne del Terzo Mondo...
Forse per questo gli orrori che ci sottopongono i mezzi di informazione appaiono opportunamente calcolati, parcellizzati, vorrei dire "dosati"; in modo che possiamo assimilarli poco a poco (senza che la nostra "sensibilità" abbia troppo a soffrirne) e che la nostra coscienza venga addormentata goccia a goccia. Le immagini di morte ci vengono presentate come estraniate, aliene dalle cause reali che le hanno determinate. Nel contempo si ha la sensazione che le pratiche più criminali vengano sapientemente occultate; soprattutto se i principali responsabili risiedono nell'opulento Occidente e se sono direttamente riconducibili al "mercato", inteso allo stato puro, sfrenato; fuori di ogni regola o principio morale. Mi riferisco a quella che sembra destinata a diventare una pratica diffusa, vista la grande abbondanza di "materia prima" nei paesi sottosviluppati: il traffico di organi. Traffico le cui principali vittime sono i bambini. Quegli stessi bambini che forniscono circa 30 milioni (in America Latina) e 44 milioni (in India e Pakistan) di schiavi salariati; che costituiscono le centinaia di migliaia costretti a prostituirsi nel sud-est asiatico...Quegli stessi bambini per cui ha lottato il dodicenne Iqbal Masih, assassinato verso la metà di aprile dalla "mafia dei tappeti" che sfrutta il lavoro minorile e contro cui lui si era coraggiosamente battuto.
Ma evidentemente alle varie borghesie locali e internazionali non bastava sfruttarne la "forza-lavoro". In fondo, devono aver pensato, i progressi della scienza hanno fatto del corpo umano un ricco deposito di materie prime: sangue, organi, tessuti, midollo, sperma, cuore, reni, ovuli, cornee, pelle, feti, placenta; tutte "merci "sfruttabili", mercificabili, con cui si può commerciare a guadagnare. Il progresso scientifico, inoltre, garantisce il trasporto e la conservazione degli organi (grazie anche a nuovi prodotti come il viaspan) per molte ore prima che vengano ricollocati. Con le "calles" dell'America Latina che letteralmente3 traboccano di "materia prima", perché non avviare un florido traffico? Ecco allora che trovano una ulteriore spiegazione i numerosissimi casi di "ninos desaparecidos" in realtà sequestrati e assassinati.
Quando qualche anno fa giunsero le prime denunce, si attivò immediatamente un poderoso apparato di autentica disinformazione che intendeva ridicolizzare le testimonianze di quanti (familiari, avvocati, giudici, attivisti dei Diritti Umani...) volevano vederci chiaro su sparizioni e rapimenti. In questa attività si dimostrò particolarmente zelante l'Agenzia Americana di Informazione (USIA) che definì le denunce dei membri della "Asociacion Internacional de Juristas Democratas" come di "affiliati di Mosca".
Lo stesso Parlamento Europeo che aveva emesso una tiepida condanna contro il traffico di organi, venne accusato da Washington di "prestarsi a propagandare sfacciate menzogne di ispirazione sovietica". La Commissione dei Diritti Umani dell'ONU, costretta ad occuparsi del tema, si accontentò di segnalare che "è molto difficile portare prove dell'esistenza di questo traffico, anche se i sospetti, ogni giorno che passa, diventano più consistenti". In seguito, quando l'URSS non poteva più essere chiamata in causa per nessun genere di campagna antiamericana, fu la stessa CIA, supportata dalle varie ambasciate americane in sudamerica, che si prodigò per circoscrivere i sempre più numerosi scandali. Cominciò quindi la serie di indagini lasciate in sospeso; di trafficanti rimessi in libertà; di testimoni, poliziotti, funzionari e giudici spinti a ritrattare le loro dichiarazioni...Alcuni che si rifiutarono vennero destituiti; vari testimoni, terrorizzati con minacce, rinunciarono; alcuni addirittura scomparirono...
Ma ormai l'enormità del fenomeno non può più essere ignorata, nemmeno dalle istituzioni. In una recente dichiarazione il Parlamento brasiliano, dopo aver fornito le cifre delle migliaia di "bambini di strada" assassinati ogni anno in questo paese (ma il fenomeno esiste anche in Argentina, in Cile, in Centroamerica...) ha riconosciuto che il "75% dei cadaveri presenta mutilazioni interne e alla maggioranza di essi sono stati levati gli occhi"