Rivista Anarchica Online
The Living Theatre
di Cristina Valenti
Il Living Theatre è tornato in Italia, non con una semplice tournée,
ma con un progetto articolato in
spettacoli, attività seminariali e incontri. Accanto all'ultima produzione, Anarchia, scritto
e diretto da
Hanon Reznikov e ispirato all'omonimo opuscolo di Errico Malatesta, il Living ha riproposto Mysteries
and smaller pieces, lo spettacolo che Judith Malina ha riallestito nel trentennale del debutto e che,
a
metà degli anni '60, indicò al teatro la via per uscire dalle forme narrative e fittizie, mettendo in
scena
azioni rituali e improvvisate, frutto della creazione collettiva degli attori. Per chi l'ha ritrovato, e per i
tanti giovani che l'hanno scoperto per la prima volta, è stata l'occasione per ripercorrere la storia del
gruppo e avvicinarne la dimensione artistica, i metodi e le tecniche creative; e anche per riconoscervi
le radici di tante esperienze che in questi decenni hanno guardato al Living forse al di là della loro stessa
consapevolezza. Il tour del Living Theatre ha vissuto due tappe particolarmente significative. La prima
è stata il Teatro La Soffitta di Bologna (qui documentata dal servizio fotografico di Sergio Perini) dove,
oltre a presentare gli spettacoli, Malina e Reznikov hanno guidato un seminario di più di cento
partecipanti, per la maggior parte studenti Dams, che si è concluso con la rappresentazione di Una
giornata nella vita della città al quartiere Pilastro, di fronte a un pubblico di più di
quattrocento
persone. Fra momenti corali realizzati secondo le tecniche del Living (la processione, la peste, la danza
di Bacco, il rito orgonico) e scene elaborate dai ragazzi, la rappresentazione si è snodata tra i temi della
violenza e della solitudine, della sessualità e della libertà personale, della malattia e del denaro.
"Si
chiama Pilastro ma sembra New York", ha cantato Antonietta Laterza, che con i suoi musicisti ha
accompagnato le brevi scene dello spettacolo, che si è concluso in un grande abbraccio circolare, i cento
ragazzi vestiti di rosso e di nero insieme a tanti del pubblico, ad intonare un accordo Om "nel segno
di
una comunità" che - come ha scritto Gianni Manzella sul "Manifesto" - "resta la vera utopia del
teatro". La seconda tappa da ricordare è il Centro Sociale Leoncavallo di Milano, dove per tre sere
è affluito
un pubblico di migliaia di persone: una folla da concerti rock, assolutamente inimmaginabile per uno
spettacolo teatrale, che il Living Theatre è riuscito a raccogliere ed entusiasmare con la forza immutata
di quell'evento-cardine che è Mysteries and smaller pieces, con la sua ritualità
concentrata e necessaria
e un messaggio pacifista che, dopo trent'anni, sembra essersi fatto ancor più urgente e drammatico. Un
evento, quello del Leoncavallo, organizzato da Mauro De Cortes e dal Circolo Anarchico Ponte della
Ghisolfa, ai quali va certamente il merito di aver reso possibile un'impresa che ai più sembrava
addirittura impensabile. Pilastro e Leoncavallo: ovvero periferie urbane e giovanili che per molti motivi si
avvicinano alla
geografia dei luoghi senza teatro che il Living ha incontrato nel suo nomadismo artistico in tante parti
del mondo; e situazioni che hanno fatto rivivere una memoria profondamente radicata nel nostro paese,
quella del nomadismo artistico di questo mitico gruppo che negli anni sessanta scelse l'Europa per il
suo esilio volontario dagli Stati Uniti e qui dimostrò, di sconfinamento in sconfinamento, che il teatro
non è solo luogo di spettacoli, ma di relazioni e di incontri e che può esistere anche al di fuori
del
circuito organizzato per farsi momento di aggregazione e riconoscimento, di partecipazione e di
illuminazione, di impegno sociale e di denuncia.
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