Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 25 nr. 220
estate 1995


Rivista Anarchica Online

L'esempio cileno

Gentile Guglielmo Piombini,
condivido con lei e con Pietro Adamo il sentirmi appartenente a quella variegata galassia che è definita o spesso si autodefinisce libertaria. Ciò che purtroppo non posso condividere con entrambi è una solida conoscenza storica dell'anarchismo e una buona formazione in campo economico.
Leggendo il suo articolo ("A" 218, pagg. 17-20), non solo mi sono reso conto di non possedere una sistematica conoscenza storica del Movimento Anarchico, ma pure di disconoscerne alcune tendenze attuali del pensiero che a questi fa riferimento. Fino ad ora ero al corrente delle teorie iper liberiste di Milton Friedman e della sua scuola, meglio conosciuta come la scuola di Chicago, ma ignoravo in assoluto che affondasse le sue radici nel pensiero anarco-individualista e se ne considerasse, in qualche modo, erede o debitrice. Pertanto ho letto con interesse e curiosità il suo contributo, così come ho cercato di intendere alcune delle sue affermazioni comparandolo col documentatissimo articolo di riposta di Adamo. Per le ragioni che citavo all'inizio, non sono in condizioni di inserirmi nel dibattito teorico innestato dai vostri scritti, in cambio vorrei citare alcune realtà da me conosciute direttamente, che mi paiono relazionate coi temi in discussione.
Il Cile è uno dei paesi in cui è stata applicata la formula di M. Friedman, con la partecipazione ed il coinvolgimento diretto, sia a livello di disegno e pianificazione che di applicazione operativa, di esponenti della scuola di Chicago, meglio conosciuti come Chicago Boys. L'applicazione dei loro modelli è alla base di ciò che si conosce come "miracolo cileno", ovvero una crescita economica quasi esponenziale, che vede il Cile ai primi posti nel mondo per quanto riguarda la crescita del prodotto interno lordo (si parla di 9%) e delle esportazioni. A differenza dei vicini Argentina e Brasile devastati da inflazioni a spirale, svalutazione, calo della produzione e delle esportazioni, il Cile gode di una accettabile stabilità monetaria e vive un vero boom produttivo e dei consumi interni. I risultati sul PIL sono stati così sorprendenti da spingere parecchi paesi a studiare il caso cileno per applicarlo a casa propria. Ultimi ma non ultimi, una delegazione composta da una trentina di assessori economici russi inviati da Yeltsin per scoprirne i segreti, copiare modi e metodi per poi trasferirli ai paesi dell'ex Unione Sovietica. Ora, se molti hanno cercato di copiare il modello per applicarlo altrove, nessuno è riuscito a trarne risultati anche solo accettabili o incoraggianti. I più sono giunti alla conclusione che senza le premesse cilene la metodologia fosse inapplicabile o non fornisse comunque i risultati auspicati. Quali sono allora quelle condizioni sine qua non che hanno fornito terreno fertile al germogliare delle teorie economiche della scuola di Chicago? I Chicago Boys furono invitati dalla Junta (la giunta militare presieduta dal generale Pinochet) pochi mesi dopo il golpe che abbatté il governo democraticamente eletto di Salvador Allende, il tempo sufficiente per consentire alle truppe dell'esercito di "normalizzare" la situazione del paese. Non sarò certo io qui a ricordare in cosa consistette la cosiddetta "normalizzazione". La metodologia di Friedman e dei suoi allievi volta a risanare il debito pubblico e a riattivare l'economia aveva un tallone d'Achille: l'altissimo costo sociale ed economico che avrebbero dovuto pagare le classi meno abbienti durante la realizzazione del processo. Infatti, il costo sostenuto dal proletariato cileno durante i primi anni dell'applicazione della formula liberista è misurabile in termini di sofferenze fisiche e morali, di perdita di potere politico reale e di qualità di vita. Poi, l'apologia della libertà di mercato e del libero imprenditore cominciò a dare i propri frutti, quelli che da ogni parte del mondo, appunto, si vanno a studiare. La chiave magica del miracolo cileno, ciò in definitiva che la rende unica e non trapiantabile, è da ricercarsi nell'azione repressiva della dittatura militare che eliminando ogni conflittualità sociale, massacrando o facendo emigrare tutti quanti fossero individuabili come antagonisti al progetto in atto, consentì l'applicazione delle riforme economiche. Vorrei aggiungere inoltre una informazione che a volte si omette citando il "miracolo cileno", ovvero come a seguito delle riforme neo-liberiste, sia andato pressoché distrutto il più antico sistema di salute pubblica dell'America latina, si sia declassato un efficiente sistema di educazione pubblica e gratuita e si siano acutizzate le condizioni di povertà (ora anche di miseria, pressoché sconosciuta nella storia delle classi subalterne in Cile) di grandi frange della popolazione urbana e rurale. Studi effettuati di recente stimano il numero di persone che vivono in situazione di povertà non inferiore ai cinque milioni. E' questo a cui si fa riferimento quando si parla di capacità di autoregolazione del mercato?
Gli avvenimenti politici che recentemente hanno scosso il Messico sono una prova del fatto che ciò che può funzionare nei paesi del nord non necessariamente si verifica in quelli del terzo mondo. Negli ultimi anni anche il Messico aveva entusiasticamente accolto la ricetta neo-liberista e le statistiche economiche lo davano già fuori dal sottosviluppo, proiettato a luminosi destini al fianco dei suoi nuovi partner economici nel Trattato di Libero Commercio: Stati Uniti e Canada. Tutto è andato a gonfie vele fino a quando la rivolta degli indios in Chiapas non ha riportato tutti alla realtà e l'intero castello delle meraviglie si è sgonfiato come un soufflé estratto troppo presto dal forno. Le popolazioni indigene, così come famiglie di piccoli e piccolissimi agricoltori (delle quali gran parte ha donne come capofamiglia), che spesso vivono di economia di sussistenza, erano stati destinati a scomparire, inurbandosi per mescolarsi al proletariato contadino o riciclandosi verso l'economia di mercato. Almeno così era stato programmato e disegnato nei piani di sviluppo degli economisti neoliberali che assessoravano il governo. Senza troppo preoccuparsi se la "sana autoregolazione del mercato" distruggesse antiche forme culturali o condannasse enormi fasce della popolazione alla miseria e alla disgregazione. "Sei indios, contadino, non sei concorrenziale, devi sparire, sai l'ha detto il mercato...". Per fortuna anche in Messico esistono osti e conti da pagare. Anche prefigurando il libero mercato in una società senza stato, assisteremmo probabilmente nei paesi post-industriali al fiorire degli interscambi di prodotti, know how e informazioni e in Burkina Faso alla liberalizzazione commerciale di galline e qualche capra. Il tema dell'equità di rapporti Nord-Sud è un problema di ieri e di oggi che ricerca una soluzione nell'immediato futuro. Non riesco ad immaginare come il mercato saprebbe risolverlo, senza ricorrere, ovviamente, all'uomo buono per natura. Cosa ne sarebbe di quell'enorme fascia di popolazione mondiale (più di un miliardo) attualmente tagliata fuori dall'economia di mercato, su che basi economiche poggerebbe il proprio sviluppo e soprattutto, a costo di quale asservimento alle "libere" leggi di mercato imposte dal Nord?
Lei parla nel suo articolo delle inviolabilità del diritto di proprietà privata, quale diritto naturale, come una delle chiavi di volta nelle teorie anarco-capitaliste e nella società da queste prefigurata. Inoltre sostiene che tutti i servizi sarebbero gestiti in base alla libera contrattazione tra i gruppi quando questi ne richiedessero e fossero in grado di pagarne i servigi. Questo pensato in una prospettiva europea suona ragionevole, nonché allettante. Ma a chi sia stato dato assistere alla rimozione di un cadavere di un bambino (leggi niño de la calle o garoto de rua) dal marciapiede dove giaceva assassinato e della successiva lavatura delle macchia lasciata inevitabilmente dal suo sangue sul selciato e contemporaneamente di cogliere gli sguardi fin troppo eloquenti o addirittura i commenti dei pacifici commercianti o dei benpensanti del quartiere, sorgono seri dubbi su come potrebbe funzionare il soviet dei bottegai. Gli squadroni della morte come servizio alla comunità? A questo rispetto mi permetto di citarle un brano di D.A.F. de Sade, scritto pochi anni dopo la rivoluzione. De Sade probabilmente non era un conoscitore dei sistemi economici, ma di certo un grande libertario: "Non voglio qui attaccare o distruggere il giuramento di rispetto alla proprietà che ha appena pronunciato la nazione; ma mi sia permesso esporre alcune idee sull'ingiustizia di tale giuramento. Qual è lo spirito di un giuramento pronunciato da tutti gli individui di una nazione? Non è per caso quello di mantenere una perfetta eguaglianza tra i cittadini, e quello di sottomettere tutti egualmente alla legge che protegge la proprietà di tutti? Allora dunque: vi domando se vi pare giusta la legge che ordina a chi non ha nulla di rispettare chi ha tutto". Per questo brano tratto da "La filosofia nel boudoir" nel capitolo intitolato "Francesi, per essere repubblicani ancora uno sforzo", perdonerà la qualità casalinga della traduzione.
Mi è sembrato di capire che uno dei ruoli principali che rivestirebbero le persone nel nuovo ordine di cose sia quello di consumatore. Il consumatore, lei sostiene a più riprese, sarebbe maggiormente difeso e tutelato in una società in cui operassero le leggi del libero mercato, che automaticamente selezionerebbe a favore del consumatore ciò che fosse meglio per quest'ultimo. Non ha le conoscenze sufficienti per sostenere o confutare questa tesi. Sono convinto invece che l'analisi dei meccanismi sociali sia stata rivoluzionata dal pensiero di Guy Debord, in special modo per quanto riguarda due scritti: La società dello spettacolo e Commentari. Debord sostiene che il dominio ha modificato la propria ubicazione e mutato le proprie forme, passando dal meccanismo di produzione del capitale alla rappresentazione spettacolare dello stesso. O meglio, citando l'autore: "Lo spettacolo è il capitale a un tal grado di accumulazione da divenire immagine". Mette anche l'accento su ciò che si intende per tempo libero e tempo liberato, lavoro e consumo: "Ciò che è sempre nuovo nel processo di produzione delle cose non si ritrova nel consumo, che resta il ritorno allargato di ciò che è sempre lo stesso. Poiché il lavoro morto continua a dominare il lavoro vivo, nel tempo spettacolare il passato domina il presente". Oppure: "Per ridurre i lavoratori allo stato di produttori e consumatori 'liberi' del tempo-merce, la condizione preliminare è stata l'espropriazione violenta del loro tempo. Il ritorno spettacolare del tempo è diventato possibile solo a partire da questo primo spossessamento del produttore". Insomma, se la prospettiva prefigurata dalle teorie anarco-capitaliste consiste nel chiedermi di abdicare al vetero ed insoddisfacente ruolo di cittadino, per trasformarmi in compagno-consumatore, gentilmente ringrazio per la vostra cortese offerta, ma sono spiacente di comunicarvi che la vostra merce non risponde alle nostre attuali esigenze.
Mi sento vicino a quella corrente dell'anarchismo che si definisce sindacalista o collettivista voglio pertanto ringraziarla per i produttivi dubbi e inquietudini che ha voluto sottopormi col suo articolo. D'altro canto un altro dubbio m'assale: se le idee da lei espresse sono le stesse di coloro che tracciano le strategie economiche in Messico e Cile, dove saranno i punti in comune tra la mia e la sua visione del reale e la direzione e i modi verso cui modificarlo? Ho deciso pertanto che se pensieri filosofici come quello che lei espone e che quei signori mettono in pratica si possono definire anarchici o libertari, mi metterò al più presto alla ricerca di definizione o terminologie diverse con cui rappresentare le mie convinzioni che sento, radicalmente, distanti da quelle.
E' mia speranza non aver frainteso concetti e riferimenti da lei espressi, se così fosse, la prego di correggermi fornendomi ulteriori chiarimenti e delucidazioni.
Distinti saluti

Attilio Angelo Aleotti (Coronado - Costa Rica)