Rivista Anarchica Online
Internet e l'armonia
Mi propongo, con questo breve scritto, di contribuire al dibattito aperto da David Koven e
da Marco Cagnotti
sull'uso di Internet da parte degli anarchici o, se preferiamo, dell'area libertaria nel suo insieme. Sono
propenso a credere che dietro il disagio palesato da David circa l'utilizzo della rete, ci sia qualcosa di più
profondo del timore che il ragno del potere fagociti quanti più insetti si insinuino nella ragnatela
mondiale. La
paura più grande è un'altra, quella che David dice con innocente semplicità: «penso che
questi congegni
elettronici, inclusa l'apparentemente innocente televisione, hanno l'effetto di isolare le persone le une dalle altre».
Al che replica Marco Cagnotti: «a mio avviso dipende dalle abitudini dei singoli e dalla capacità di
ognuno di
andare oltre il mezzo per comprendere l'interlocutore». Mi sembra questo il punto centrale del
problema. Ancora una volta si tende a considerare il mezzo neutro, plasmabile, utilizzabile per qualsivoglia
fine. Ciò è in
parte spiegabile con la frenesia intellettuale (e non solo) che segue ogni nuova invenzione, in parte a causa della
fretta spasmodica che attanaglia individui e gruppi e non consente talora di collegare le parti del tutto, di avere
cioè una visione critica degli eventi che ci raggiungono. Se pensiamo che quarant'anni di televisione
non abbiano avuto effetti (oggigiorno ancora incalcolabili) sulla
cultura e il modo di sentire della popolazione, ci manca già un collegamento. Dobbiamo giocoforza tenere
conto
della frantumazione sociale che caratterizza la nostra epoca e porta sempre più spesso all'isolamento, o
a forme
rituali di socializzazione. Cerchiamo le connessioni. Per quanto concerne la televisione, la passività
recettiva del messaggio non lascia molti dubbi circa i rischi che
tale tecnologia può produrre, soprattutto tra le menti più giovani o sprovvedute. Tuttavia ben
pochi si sono
interessati a serie campagne critiche che mettano in guardia sull'uso di tale mezzo, ormai comunemente usato per
sedare i bambini. Per quanto concerne il computer e tutte le tecnologie da esso derivate o che si sono incontrate
al crocevia, il discorso parrebbe diverso. L'interattività insita nel mezzo potrebbe implicare uno spazio
libero di
espressione. Sicuramente lo è, almeno agli occhi di chi ci naviga dentro. Ma immaginiamoci la
diffusione sempre più capillare
di questa rete, così come sarà nei prossimi anni, mentre troveranno le prime applicazioni
commerciali su vasta
scala le scienze collegate alla realtà virtuale. Nei prossimi anni le tecnologie di comunicazione
arriveranno sempre
più a raccordarsi, fino a creare un vero mondo virtuale in ogni casa. Anche allora spetterà ai
singoli come
utilizzare tale invenzione, certo. Ma come potranno farlo? L'uomo si abitua al cambiamento, può perfino
accettare
di vivere solo attraverso un computer; se tutti fanno così, poi, diventa quasi indispensabile. I sostenitori
della
rivoluzione cibernetica non accettano l'idea che un mezzo possa influenzare il fine, o che abbia di per sé
degli
aspetti alienanti. Credo che occorra leggere la storia attraverso una prospettiva antropologica ed ecologica
assieme. La rivoluzione
industriale, nel suo continuo superarsi, ha creato il problema ecologico su scala planetaria. Dobbiamo cercare di
leggere l'incipiente rivoluzione cibernetica alla luce dei risultati (positivi o negativi che di volta in volta appaiono)
scaturiti dal precedente salto tecnologico. L'impressione, per quel che mi riguarda, è che ci si stia sempre
più
allontanando dalla natura e dall'esperienza diretta. Il mondo sembra sia diventato piccolo, senza più
misteri, senza
più sogni. Molti fra gli adepti del mondo virtuale pensano che navigare nel ciberspazio costituisca,
non solo una valida
maniera di amplificare le potenzialità della mente, ma addirittura un sostituto dell'esperienza. Costoro
sostengono che l'uomo potrebbe benissimo fare a meno della natura. È evidente che molti legami
coll'universo esperienziale sono stati già recisi, al punto da rendere difficile, alle nuove generazioni, la
stessa
distinzione fra naturale e artificiale. Dal canto mio sento d'essere parte della natura e soffro nel vedere come il
costruito sovrasti il vissuto, malsopporto i passi invadenti con cui l'artificio penetra nella nostra vita, spogliandoci
sempre di più del contatto diretto con gli esseri, con i fenomeni, con i cicli. Il nostro rapporto col naturale
si
affievolisce di generazione in generazione. Non possiamo far finta di non vedere la relazione con l'avanzare del
mondo virtuale. Sono consapevole del fatto che possa apparire vantaggioso, da un certo punto di vista pratico,
l'utilizzo delle reti
multimediali, per la facilità e il basso costo con cui è possibile scambiarsi informazioni da un
capo all'altro del
mondo. Ma occorre al contempo riflettere sul fatto che la velocità e la quantità di informazione
non equivalgono
ad una comunicazione più profonda; sembrerebbero anzi andare in altro senso. Perciò mi pongo
da un punto di
vista critico nei confronti delle nuove frontiere tecnologiche, attraverso le quali sarà sempre più
facile falsificare,
manipolare, allontanare le persone dalla ricerca di un'effettiva, difficile, drammatica comunicazione faccia a
faccia. Dovremmo tornare a chiederci quali sono i nostri fini e verificare se i mezzi usati siano ad essi
armonici.
Carlo Bellisai (Capoterra)
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