Rivista Anarchica Online
Calabresi, Pinelli, ecc.
Autunno, cadono le foglie....... e non solo. Scherzi a parte, purtroppo per l'ennesima volta
quest'estate mi è
toccato di leggere che sono stati gli anarchici a mettere la bomba in piazza Fontana, in combutta con i servizi
segreti, i fascisti... e chissà chi altro. Una solerte giornalista del settimanale Panorama ha provveduto a
riesumare
gli esiti di una inchiesta condotta nientemeno che dalle BR e ritrovata nel covo di Robbiano di Mediglia. Roba
da premio Pulitzer. D'altronde, durante un estate in cui i giornali non hanno trovato di meglio che sparare sul
cadavere di Lotta Continua, non c'era da aspettarsi null'altro. Dire che stanno cercando di riscrivere la storia
è
poco. Senza scomodare l'esecrabile Nolte, gli scribi di punta della stampa cosiddetta «democratica» stanno
conducendo una operazione sottile e pericolosa. Si tratta di far passare per «terrorista» o «prototerrorista» tutto
un movimento che nel bene e nel male, tra un miliardo di contraddizioni, portò avanti delle istanze di
tipo
variamente rivoluzionario, molto al di fuori dai ranghi dell'allora P.C.I Per fare tutto questo sembrano disposti
a rischiare la libertà di alcuni dei «loro» intellettuali più acuti. E questo
ci dà l'idea di quanto sia alta la posta in gioco. Nel momento in cui scrivo non mi è ancora noto
l'esito della
sentenza sull'omicidio Calabresi. Ma posso immaginare già fin da ora che i maggiori quotidiani si
lanceranno in
una rivalutazione dell'uomo. Leggeremo del poliziotto moderno che citava Marx e Bakunin, dell'uomo ligio
ai doveri dello stato, del servitore
solerte dell'ordine costituito che in quelle ore buie cercava con frenesia di scoprire la verità. E pur senza
essere
un mago so già anche quello che non leggeremo. Nessuno o quasi scriverà una sola riga sulla
storia di un
ferroviere, che avendo come unica colpa quella di credere in un'«idea» volò giù dal quarto piano
della questura
di Milano. Non ci sarà nemmeno un accenno alla sentenza, firmata da un giudice campione della sinistra
moderna
e incolore, Gerardo D'Ambrosio, che dichiarò che Giuseppe Pinelli era stato ucciso da un «malore
attivo»,
creando involontariamente un tipo di sindrome fino ad allora sconosciuta nel campo della patologia penale. Non
si sprecheranno fiumi d'inchiostro per risarcire Pietro Valpreda degli anni di vita che gli sono stati rubati da
Calabresi e da quelli come lui, che lo avevano accusato di essere il «mostro», il bombarolo. Rimaniamo noi
e pochi altri a voler dire la verità. Prepariamoci a ribadirla molte volte e per molti anni ancora.
Marco Cilloni (Milano)
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