Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 27 nr. 237
giugno 1997


Rivista Anarchica Online

Vieni avanti, Savoia!
di Patrizio Biagi

Alcuni anni fa, non ricordo quanti, un signore dall'altisonante nome di Vittorio Emanuele di Savoia (quarto di detto nome) e con diversi titoli che qui tralascio di elencare, credendosi una specie di giustiziere imbracciò il suo fucile e, in quel di Cavallo (isola vicina alla Corsica), partì, come in passato ebbero a fare i suoi valorosi avi, per una crociata contro alcuni sprovveduti che l'avevano insultato e gli avevano trafugato, badate bene, un gommone. Il bilancio dell'intrepida spedizione fu l'omicidio di un giovane turista tedesco che nulla aveva a che fare con l'orribile delitto di lesa maestà di cui sopra.
Dopo anni venne celebrato il processo che vide l'assassino savoiardo uscirne assolto ma con un titolo in più da aggiungere alla sfilza di quelli già detenuti. Il titolo glielo affibbiò la sorella del tedesco assassinato, dimostrando di comprendere molto profondamente il personaggio, e glielo gridò in faccia in perfetto italiano: principe di merda!!
Passarono gli anni, i governi si susseguirono, centro, centro, centro, centro con venature di destra, ecc. Poi arrivò quello attuale, centro con una spruzzata di sinistra, il quale chissà per quale estro strano ha avuto, tra le altre, una notevole pensata: perché non far tornare i Savoia?
Che uno dei prossimi passi sia quello di abolire quella fastidiosissima data del 25 aprile (magari togliendola addirittura dal calendario passando direttamente dal 24 al 26) e con essa il ricordo di tutto ciò che hanno significato il fascismo e la dura lotta contro di esso?
Ma bando alle banalità e torniamo all'omicida Savoia che, contento come una pasqua per questa decisione del governo italiano (non tutta la maggioranza però è convinta, Rifondazione, Verdi e Repubblicani arricciano il naso), rilascia una intervista al Tg2. Ignorando totalmente il vecchio adagio che insegna: prima di parlare accertarsi che il cervello sia collegato!, all'intervistatore, che gli domanda se non sia una buona idea chiedere simbolicamente scusa per le leggi razziali del '38, emanate con la firma di suo nonno Vittorio Emanuele III re d'Italia, dice candidamente che non è assolutamente il caso e che quelle leggi, beato lui, non erano poi così terribili.
Maligni di varia natura potrebbero pensare che le suddette leggi emanate dallo stato savoiardo-fascista, con quelle similari emanate in altri paesi nazifascisti, abbiano spianato il terreno all'immane sterminio, maniacalmente programmato su scala industriale, di milioni di Ebrei e non solo. Per il pretendente al trono d'Italia invece non furono poi così terribili!!
Queste affermazioni hanno messo probabilmente in difficoltà coloro che lavorano per il suo rientro e il giorno dopo l'assassino sabaudo è costretto a fare una goffa rettifica delle dichiarazioni precedenti, facendo una figura ancora più meschina di quella fatta il giorno prima.
Qualche anno prima, e precisamente nel 1898 (questa me la ricordo), un antenato di questo nobile individuo firmava lo stato d'assedio in risposta a una vera e propria insurrezione popolare scoppiata a Milano. A proposito di stati d'assedio, è curioso notare come Casa Savoia sia sempre stata fulminea nel firmare quelli che andavano contro le rivendicazioni delle classi sfruttate (Sicilia e Lunigiana nel 1894 e Milano nel 1898) mentre non firmò affatto quello preparato da Facta contro i fascisti che marciavano su Roma nel 1922!
Il bilancio dello stato d'assedio a Milano fu di diversi morti e feriti e di molti incarcerati, tutti, ovviamente, dalla parte del popolo insorto. Vennero pure conferite alte onorificenze al comandante delle forze militari di repressione Bava Beccaris o "Beccaio" come venne definito anche in una vecchia canzone di Dalla. L'onorificenza a Bava fu un pò come dire: oltre al danno la beffa, come recita il vecchio adagio. Due anni dopo re Umberto I venne assassinato, per vendicare i fatti di Milano, da Gaetano Bresci.
Qualcuno potrebbe chiedersi: ma che c'entra Vittorio Emanuele di Savoia con Gaetano Bresci. Probabilmente niente. Sono gli attori di due fatti molto ma molto diversi tra loro, naturalmente. Da una parte c'è un nobile insipiente, vuoto, borioso e annoiato che uccide senza alcun motivo una persona assolutamente estranea (ma cosa sarebbe cambiato se non fosse stato così: uccidere per un gommone oltre che essere cosa orribile mi sembra un tantino spropositata), e che riesce a farla franca grazie ad amicizie influenti. Dall'altra c'è un operaio anarchico che, spinto dall'idea di vendicare altri operai assassinati in nome del re, uccide non un qualsiasi passante, ma la persona che è stata la causa degli eccidi, pagando il suo gesto con un anno di fortezza e con la vita: morì in circostanze misteriose, forse suicidato, nel penitenziario di Santo Stefano.
(...) Tempo fa la proposta di erigere un monumento a Bresci a Carrara, lanciata dall'anarchico Mazzucchelli,
riuscì a surriscaldare il dibattito estivo. Scalfaro con i suoi machiavellismi dialettici, Amedeo d'Aosta con le minacce di far saltare il monumento e altri ci allietarono con le più svariate ed esilaranti amenità ferie che altrimenti sarebbero passate tranquille, forse noiose, come al solito.
Come allora, trovo che i monumenti oltre ad essere espressione di una retorica a dir poco stucchevole e a servire da servizi igienici per piccioni e volatili di vario genere, deturpino il paesaggio , ma non sarebbe una cattiva idea ricordare, anche per mezzo di questi aggeggi, Bresci e il suo gesto. Né sarebbe una cattiva idea apporre ovunque possibile lapidi in ricordo delle vittime degli stati d'assedio, delle vittime delle leggi razziali, di coloro che furono mandati a morire nelle guerre coloniali e non, di coloro che furono uccisi dall'intervento militare italiano, del turista tedesco, ecc. ecc., magari con un ringraziamento particolare a Casa Savoia per essere stata l'artefice consapevole di tutto questo. Potrebbe essere una poderosa controprovocazione nei confronti di chi oggi vuole provocatoriamente il ritorno di questi nefasti e decadenti rimasugli del passato.