Rivista Anarchica Online
Parole in cammino
a cura di Meritxell, Txell, Andrea, Pascual
Approfittando della recente visita in Europa della giornalista e scrittrice Guiomar Rovira (Guio), (autrice dei libri
"Zapata vive" e "Mujeres de maiz", pubblicati dalla casa editrice Virus di Barcellona) e del suo compagno,
Jesùs
Ramìrez, giornalista indipendente recentemente minacciato da squadroni della morte, vi presentiamo un
estratto
dell'intervista che abbiamo realizzato. Un'altra parte dell'intervista, incentrata sulle donne nel movimento
zapatista, è uscita sul numero del 1° maggio di Germinal. L'intervista integrale viene
pubblicata in contemporanea
su "La lletra @", rivista libertaria che esce a Barcellona
Il linguaggio che utilizzano gli zapatisti è, per quello che
possiamo capire, un tentativo di recuperare parole
svuotate di contenuto da parte del potere e di elaborare un discorso che potremmo chiamare di nuovo
umanismo. Viste tutte le manipolazioni che ci sono state, entra in relazione con la realtà messicana? La
gente lo capisce?
GUIO: Quello che ti dicono tutti è che gli zapatisti si sollevarono in armi, anche il 1° Gennaio lo
dicevano, per
recuperare la parola. Perché li si ascoltasse, per poter parlare. Per loro il linguaggio, la parola, è
l'arma più forte.
C'è un aneddoto divertente: il Maggiore Moisés - massimo comandante militare, addestrato solo
per la guerriglia
- ti dice: "beh, questa è la mia arma" però poi si tocca una biro, la mostra e fa: "guarda questa.
Adesso è questa".
Hanno molta coscienza dell'importanza della parola e del recupero del linguaggio nella politica. Di fronte al
linguaggio svuotato di senso, convertito in inganno, il linguaggio utilizzato dai media, reiterato, quello dei politici,
quello della vita comune, loro dicono "noi siamo uomini e donne veritieri, parliamo con verità". Sono un
po' le
radici indigene di questa lotta quelle che hanno portato a dare tale importanza alla parola. L'etnia Tojolabal ha
una concezione assolutamente diversa dalla nostra del mondo, di ciò che li circonda, della lingua. Ci sono
degli
studi di un linguista, Carlos Lenkersdorf, sul tojolabal: e' una lingua intersoggettiva, non esiste l'oggetto. E'
impossibile dire "io ti parlo", si dice "io parlo, tu ascolti". Quindi, tu sei un soggetto tanto attivo come me, in tutto.
Questo porta ad una relazione differente nella comunità, è una lingua che in se stessa porta lo
spirito della
comunità, cosa che non contiene la nostra, e porta con sé l'essenza della verità: mentire
è la cosa peggiore che
puoi fare, mentre nel nostro mondo mentire è la cosa più abituale, addirittura una strategia per
il successo. Gli
indigeni cercavano di recuperare la parola e che li si ascoltasse. Marcos riesce - come meticcio, come persona del
mondo occidentale, del nostro mondo - a porre in connessione questi due mondi e a tradurre la visione, la
cosmovisione dei popoli ribelli, degli indigeni, a renderla comprensibile per quelli di fuori e, in questo senso, a
recuperare la parola. Recuperano ad esempio il significato della parola democrazia. Non stanno parlando di una
democrazia come noi la conosciamo. Stanno parlando di una democrazia molto più profonda che sarebbe
la
democrazia dei popoli indios, e del fatto di come il trasportarla alla vita delle città o alla vita di un paese
o di
moltissima gente sia ciò che dobbiamo costruire tutti assieme. Questo è il significato della
democrazia. Dobbiamo
decidere fra tutti com'è e come deve essere, e come organizzarci. Lo stesso si può dire per tutte
le altre parole.
Io credo che attraverso le parole siano riusciti non solo a commuovere il popolo messicano ma il mondo intero.
Sono arrivati alla gente attraverso questo linguaggio veritiero che difendono. Al principio dell'insurrezione c'era
la guerra. Tutti gli intellettuali, tutto il popolo era contro un movimento armato, che non rappresentava il modo
giusto per cambiare il paese. Gli zapatisti, dando valore alla parola con i loro comunicati e con la stampa,
diffusero quello che avevano da dire e, a partire da questi testi, da queste interviste pubblicate, tutto il mondo
cambiò opinione e scese in strada. Centinaia di migliaia di persone manifestarono a Città del
Messico e in tutte
le città, chiedendo che si fermasse la guerra contro gli zapatisti, dicendo che avevano ragione. Ottennero,
per
mezzo della parola, che la gente capisse che avevano ragione. E da allora la parola è stata la loro arma
più
importante, sempre. Dove sono più fastidiosi per il governo è con la loro parola veritiera, con il
loro linguaggio
chiaro e antipolitico.
JESUS: Le parole sono anche simboli, ed i simboli per i popoli indigeni si convertirono durante 500 anni
nella
loro principale arma di resistenza. Quando scoppiò la rivoluzione in Chiapas, evidentemente, il modo
attraverso
il quale i popoli indigeni potessero assumere la rivoluzione stessa e potessero organizzarsi per sollevarsi in armi
passava attraverso l'incorporazione di questa memoria di ribellioni e di guerra nella storia attuale. Il recupero della
storia ribelle del Messico, delle ribellioni indigene, permise da un lato l'incorporazione di tanta gente, di tanti
indigeni nella lotta e, dall'altro, conquistò la nazione messicana perché le restituì
un'immagine che non solo era
stata dimenticata, ma che era condannata alla scomparsa. In termini di strategia politica l'EZLN, nel decidere che
la guerra in questo momento non era la strada per incorporare altri settori, si volse a convincere i messicani che
bisognava cambiare non solo il regime politico, ma anche il sistema di vita, ed abbracciò questo terreno
di lotta
politica dove il linguaggio - in mezzo alla manipolazione informativa, in mezzo a tanto inquinamento dei discorsi
dei politici, che utilizzano la parola solo per vendere la propria immagine - recuperava il valore delle parole
accompagnate dai fatti, perché anche questo è parte della cultura indigena. Una parola non vale
per se stessa, ma
solo se è accompagnata da un gesto, da un'attitudine o da un fatto. In questo gli zapatisti hanno messo a
nudo tutta
la farsa politica in Messico e il modo di fare della stessa sinistra istituzionale. Gli zapatisti si mostrano come un
movimento che non può essere soggiogato dal governo, che, nonostante la condizione di
inferiorità militare, osa
mettere un "fermi qua" al regime e sostenere questa attitudine ribelle. Questo in termini di linguaggio ha permesso
che la gente prendesse coscienza del fatto che è necessario cambiare, e che la violenza non viene da coloro
che
prendono le armi, ma da un sistema che esclude la maggioranza e che si sostiene con una violenza organizzata.
Gli zapatisti hanno fatto appello alla memoria storica del popolo messicano e hanno recuperato quei simboli che
furono svalutati da un regime sorto in teoria dalla rivoluzione messicana ma in realtà sorto per bloccarla.
Recuperando l'idea di democrazia come inclusione, non il sistema elettorale, recuperando l'idea di giustizia come
giustizia a fianco della maggioranza e della libertà stessa, si è potuta recuperare tutta questa
tradizione di lotta
storica.
GUIO: Hanno inoltre recuperato l'idea di rivoluzione per il popolo messicano, ed un'altra parola importante:
hanno cambiato di senso a "indio". "Indio" era il maggior insulto che potessero dir loro, mentre adesso "indio"
ha un significato degno, qualcosa che ti rende degno, la parola "dignità" come sinonimo di verità
e di umanità.
All'inizio ciò che ha richiamato più l'attenzione era la coscienza storica che
avevano della lotta, del fatto
che erano prodotto di 502 anni di oppressione... e dal nostro punto di vista pensiamo che è il meccanismo
fondamentale per poter arrivare a fare quello che hanno fatto. Come se loro non fossero solo
loro.
GUIO: Dicono che non sono solo loro, che recuperano "i morti di sempre". Dicono: "Siamo i morti. I morti
che
morirono qui nella guerra civile, i morti di morte inutile o di morte nella lotta". Recuperano inoltre il significato
della lotta e, soprattutto, della storia, della parola. La parola della storia.
JESUS: Ed inoltre il senso del fatto che il Messico come paese o come quel tale territorio che ha una bandiera
ed un inno, è un territorio ribelle e si è costruito con la lotta contro la colonizzazione e contro i
poteri imperiali,
siano degli USA o dell'Europa. Recuperare questo linguaggio e la memoria delle lotte del popolo messicano, che
sono nell'inconscio di tutti, che fanno parte della storia di ognuno, tutto questo è molto importante.
Perché di
fronte alla globalizzazione internazionale del denaro e di fronte all'idea che la nazione non abbia più
senso, anche
la cultura, il linguaggio, la storia perdono senso. Quindi il recupero della memoria come possibilità di
recuperare
la dignità, perché siamo ciò da cui proveniamo. Gli zapatisti hanno potuto costruire questo
ponte: "Veniamo da
gente che ha lottato per cambiare tutto questo, per essere migliori o per non essere...".
GUIO: Dare valore alle proprie culture, alle loro lingue, mentre era qualcosa di cui vergognarsi. Ora dicono:
"parleremo la nostra lingua, vogliamo la scolarizzazione...". Adesso non c'è scolarizzazione
perché non vogliono
una scolarizzazione "di fuori" che implica tutti i vizi delle culture esterne che non hanno niente a che vedere con
le loro vite né con le loro lingue. La questione delle lingue è molto importante. Imparare il
castigliano è una forma
di difendersi dall'aggressione del sistema che ti opprime totalmente.
JESUS: Ci sono molti carcerati che non sanno il castigliano e non sanno nemmeno il motivo per cui sono in
carcere, e tantomeno si possono difendere.
GUIO: Oppure le donne, che quando vanno in un ospedale non riescono a spiegare quello che hanno. Stai
molto
male e non puoi spiegare al medico cos'hai. Pensi che un medico abbia voglia di stare ad ascoltare un'india che
disprezza mentre tenta di spiegargli che le fa male qualcosa? (...)
JESUS: Il movimento zapatista ha incontrato una tale risonanza internazionale perché è
l'espressione politica ed
organizzata, non solo per il fatto di essere armati, dei settori che sono esclusi dalla vita politica ed economica. E
questa rivendicazione degli esclusi ha permesso che l'identità indigena prendesse valore in Messico a
livello
sociale come non era stato da secoli.
GUIO: Non si appellano ad una classe, alla classe contadina, o alla classe operaia, come soggetto del
cambiamento. Fanno appello, recuperando e rivalorizzando tutta la memoria storica delle lotte, agli esclusi: le
donne, gli indigeni, i poveri, gli emarginati, i negri, gli omosessuali, tentano...
JESUS: ...Di universalizzare questa identità, no?
La parola ha importanza soprattutto per i metodi che utilizzano, per il metodo assembleare e il
suo
sviluppo. C'è chi ancora non crede che questo sia possibile, credono che se non comanda Marcos
comandino i comandanti, o se non comandano i comandanti comandi il consiglio di anziani... Come si
sviluppa il processo assembleare nella realtà quotidiana della vita nelle comunità
dell'EZLN?
GUIO: Beh, è molto semplice. E' come un lavoro in più. Per esempio: arrivano i comandanti
dal dialogo col
governo, e allora c'è la "consulta" nelle comunità per vedere di che cosa si è parlato e se
gli sembra buono oppure
no. Il Comité Clandestino è molto ampio, è formato dai rappresentanti delle zone, incluso
quelli delle comunità.
Quelli delle zone comunicano a quelli delle comunità come sono andate le cose o vanno loro stessi nelle
comunità. Si fanno riunioni di uomini e donne, separatamente - normalmente fanno tutto separatamente
- e
cominciano ad analizzare i punti. E' divertente perché ci sono cose che magari non capiscono:
"giurisdizionale:
e cos'è questo?" ...e allora, tutti a rompersi la testa su che cosa possa essere. Ma cercano di apprendere.
Fanno
uno sforzo immenso... questa è la cosa più allucinante delle comunità zapatiste, lo sforzo
per sapere, per
conoscere, per apprendere, questa voglia impressionante di vivere che hanno. Credo che sia la radice di questa
lotta, ciò che la sostiene. Si sforzano di capire e di valutare: "Bene, noi pensiamo...". Le donne, per
esempio:
"Vogliamo che i nostri figli vivano meglio, che abbiano più da mangiare, che abbiano questo... non solo
per noi,
dobbiamo vedere se questo conviene anche per tutte le donne del paese". E si mettono a pensare: "Questo
converrebbe...", parlano a lungo e alla fine arrivano alle conclusioni. Nell'assemblea generale spiegano le
conclusioni e tentano di trovare un accordo. Più o meno tutti trovano infine un accordo e così si
prendono le
decisioni. Allora si riuniscono i rappresentanti di vari villaggi e mettono in comune i propri temi. Molte volte,
se la cosa non è chiara o non si è ben compresa, si ricomincia daccapo: le assemblee possono
durare
tranquillamente due o tre giorni. Possono lasciar passare dieci giorni perché la gente ne vada discutendo
fra le
cucine ed i campi di mais: "Senti, non ci ho capito un'acca... tu cosa hai pigliato?" Fino a che non si giunga ad
un consenso sul fatto di vederci chiaro e di andare di qua o di là. Questo è il modo di procedere.
E' una forma di
democrazia indigena basata sul consenso, di presa di decisioni per consenso. C'è un senso della
comunità molto
forte: "Quello che conviene a tutti". La convenienza personale non viene tenuta in conto come nella nostra cultura,
per noi l'importante è quello che conviene a te e passi sopra a tutto il resto. Si vive in comunità
e se qualcuno ha
di più deve dividerlo perché non può avere di più. Tutti dobbiamo stare
più o meno allo stesso livello. (...) In che
modo trasportare questa forma di democrazia al mondo più ampio, urbano? Gli zapatisti dicono: "Non
sappiamo
come, l'unica cosa che sappiamo è che questo dobbiamo deciderlo fra tutti e dobbiamo tentare di scoprirlo
camminando". E' un "come" che dobbiamo trovare tentando di includerci tutti - il concetto di inclusione - e
cercare punti di accordo fra tutti, a quali compromessi possiamo arrivare nonostante i nostri interessi a volte non
siano gli stessi. "Che questo sia un sogno? Sì, però abbiamo diritto a sognare. I sogni sono sogni
solo fino a che
non si facciano realtà". Difendono sempre il concetto di immaginare un mondo migliore. Questo è
ciò che li ha
fatti pensare di ribellarsi, perché se pensi a freddo, razionalmente, che senso aveva che 15.000 indigeni
armati
insorgessero in un paese vicino degli USA? Non ha nessun senso, né nessun futuro, quindi sono pazzi.
Loro
rivendicano il diritto alla pazzia e a prendere l'iniziativa per le cose che credono siano giuste, rivendicano il
concetto di lotta.
JESUS: Lo zapatismo ha sempre contrapposto altri valori ai valori istituiti. Per esempio, di fronte all'idea di
esclusione hanno posto come valore l'inclusione, di fronte all'idea di una "democrazia" che valuta solo
l'individualismo, hanno stabilito il valore della comunità e l'idea di una democrazia più diretta
dove la gente
partecipi alle decisioni. Come si possa trasporre questo nelle città è un problema del Messico e
di tutto il mondo.
Come diceva bene Guiomar non c'è una formula, loro stessi lo dicono, perché questo "tocca a noi
deciderlo", no?
Ma ciò che hanno stabilito come precedente è questa concezione del dialogo come una forma di
relazione
orizzontale fra movimenti, fra individui e fra collettività che permetta il ristabilimento di alcune forme
di
relazione. E' un elemento per costruire questa idea di democrazia differente. L'idea zapatista di "consulta"
è
generare un dibattito e una discussione. Inoltre è la prima volta, perlomeno in Messico, che un movimento
politico, non diciamo solo armato, domanda apertamente alla cittadinanza il parere sul suo modo di procedere,
sul suo futuro politico, sul suo progetto strategico. Questo sottolinea elementi importanti per la costruzione di
un'idea differente di democrazia. Dicono inoltre, come il subcomandante Marcos nei suoi comunicati, che questo
è la rivoluzione per la rivoluzione, cioè preparare la società perché sia possibile
costruire una società nuova, porla
nell'anticamera di una società nuova, e che questo non può avvenire per il desiderio di alcuni, ma
deve contare
sulla partecipazione della maggioranza, è un lavoro per la rivoluzione. Costruire questa organizzazione,
fare in
modo che la gente si coinvolga nella politica, partecipi, dica la sua... questa è la preparazione per il
mutamento
sociale. Infine, quello che si pongono come obiettivo non è la presa del potere ma l'idea che la
società stessa
promuova il cambiamento e si organizzi per cambiare la società, cioè cambiare le relazioni di
potere e non
cambiare la persone al potere mantenendo le stesse relazioni. Questo presuppone un processo di organizzazione
sociale e di costituzione di una comunità, pensare che siamo comunità, che abbiamo problemi
simili e che per
poter risolverli abbiamo bisogno di organizzarci.
GUIO: Il concetto del "comandare obbedendo" è in relazione a questo. Nelle comunità
indigene la persona che
comanda, il rappresentante, l'incaricato dalla comunità, è una persona che obbedisce al dettato
dell'assemblea
della comunità. Dicono che deve essere la società a prendere il potere e che chi comanda,
comandi obbedendo;
che la persona che in un momento dato ha un incarico, non usi questo incarico per arricchirsi, né per
personalismo, ma che sia un servizio al popolo, che non sia remunerato, che non sia atemporale, che sia
assolutamente revocabile, che stia sempre soggetto al controllo della gente per la quale deve compierlo. Questo
è il concetto del "comandare obbedendo".
JESUS: Questo è un mutamento nelle strategie politiche rivoluzionarie, perché generalmente
le avanguardie
rivoluzionarie, siano comuniste o di altra denominazione ideologica, si proponevano di utilizzare le armi del
nemico contro il nemico. Allora, se il nemico esercita violenza, noi esercitiamo violenza rivoluzionaria. Se il
nemico ha un partito o una struttura centralizzata, noi centralizzeremo la nostra lotta per poter affrontare il
nemico. Qui è una logica del tutto differente, è rompere questi schemi di dominio e tentare di
costruirne di nuovi;
nemmeno qui c'è una ricetta o una formula di "come", se un partito, un movimento, un fronte... credo che
abbiano
fatto molto bene a lasciare aperta la strada affinché la gente trovi quella che le vada meglio. La
capacità di ascolto
degli zapatisti ha sensibilizzato altri settori e ha fatto loro imboccare questa strada.
GUIO: Il loro modo di agire è assolutamente innovatore ed è stato molto scomodo per la
classe politica e
dirigente. Ed anche molto scomodo per tutti i settori di sinistra. Come integrare il discorso zapatista nelle loro
forme tradizionali di organizzazione? Ha provocato una rottura profonda e ha implicato un cambio di
mentalità,
molta gente ora comincia a ripensare nuove forme di fare e di intendere la politica, cominciano a convivere
realtà
poco assimilabili come trotskysti, casalinghe, alcuni anarchici, gente che non proviene da nessun partito politico
né da nulla... e qui tentano, in un momento dato, di trovare i punti in comune per questa nuova proposta
di presa
di coscienza e di responsabilità collettiva. Questo è il tentativo del Fronte Zapatista di Liberazione
Nazionale.
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