Rivista Anarchica Online
Guerra civile neo-liberista?
Il 4 Agosto del 1906 una nave italiana, la Sirio, partita dal porto di Genova e carica di
emigranti, affondò al largo
di capo Palos in Spagna, trascinando con se la vita di almeno trecento persone. Si trattava di uomini, donne,
bambini che cercavano la speranza di una vita migliore nelle americhe. La vicenda destò parecchia
impressione
in Italia. Tanto che divenne immediatamente oggetto delle narrazioni dei cantastorie che ne fecero una ballata che
ebbe larghissima diffusione in tutta l'Italia settentrionale. La vicenda della nave Sirio mi è tornata in
mente nei
giorni in cui una nave albanese, carica di centinaia di profughi, è affondata nelle acque del mare Adriatico,
dopo
essersi scontrata con la nave Sibilla della marina militare italiana. La storia si ripete e a volte sembra quasi giocare
dei tiri carichi di macabra ironia. Quello che era un paese di emigranti, si è trasformato, nel corso degli
anni,in
un miraggio. C'è stata una vera e propria trasfigurazione. Il paese da cui tutti volevano scappare, per
sfuggire ad
un duro destino di fame e miseria, è diventato a sua volta una meta. Non credo che si sia molto lontani
dalla realtà
quando si dice che gli albanesi ci vedono come trasfigurati da un aura catodica. Valga come esempio una storia
che si raccontava a Milano alla fine degli anni 80. Quando la nazionale albanese di calcio si recò per la
prima
volta all'estero, dopo decenni di regime comunista, i calciatori, appena atterrati in un aereoporto occidentale si
recarono in massa al Duty Free Shop. Fecero tutti una spesa principesca ed uscirono egualmente tutti senza pagare
una lira. Quando furono bloccati e fu loro richiesta una spiegazione dell' accaduto, caddero in tutta
sincerità dalle
nuvole. E spiegarono che nessuno di loro credeva che nei negozi occidentali la merce andasse pagata, in quanto
in televisione non lo avevano visto fare mai. Erano evidentemente in possesso di un antenna parabolica atta a
captare le reti televisive nostrane. Si tratta, con ogni probabilità di una leggenda urbana. Ma il fatto stesso
che sia
stata ritenuta largamente plausibile, la dice lunga sulla considerazione in cui dobbiamo tenere il potere di
persuasione della T.V. Di fatto anche la larga diffusione che il meccanismo delle cosiddette finanziarie a
struttura piramidale ha avuto
in molti paesi dell'est, la dice lunga sulla profonda destrutturazione dei valori in atto in quelle società. Io
non sono
tra quelli convinti che esista un capitalismo buono. Ma di certo la versione stile "tutto e subito" che sembra essere
vincente in Albania, in Russia e in altri paesi dell'ex patto di Varsavia lascia molto interdetti. E' come se si fosse
imposta una visione bidimensionale della società, dove tutto è facile, tutto si ottiene senza fatica
e soprattutto
senza il minimo rispetto per gli altri. E' un modello questo che hanno importato da noi. Ma da loro ha fatto ancora
più danni. Se qui in Italia il crack del finanziere Mendella, quello che faceva le convention dei soci allo
stadio
di Viareggio, ha prodotto un danno enorme, ma circoscritto ad un limitato numero di persone, in Albania un
concatenarsi di eventi simili ha prodotto una guerra civile. Qualche tempo fa, scherzando durante una
conversazione telefonica, asserivo che ci trovavamo di fronte al primo
conclamato esempio di guerra civile neo liberista. Purtroppo i fatti seguenti hanno persino peggiorato il quadro
della situazione. Ai primi spari, ha fatto seguito un esodo di massa, che perdendo ogni connotato politico,
ha svelato sempre di più una motivazione economica. E qui si apre un interrogativo scivoloso per noi
anarchici.
Com'è che i cittadini di Valona e Argirocastro hanno sciolto con la forza ogni parvenza di governo, hanno
abbattuto il potere costituito, si sono organizzati in assemblee plenarie per l'autogestione delle loro città
e però
di fatto nulla è cambiato, non si è costruita nessuna prospettiva rivoluzionaria e nelle strade si
continua a sparare.
L'unica risposta plausibile è che mancando oramai una qualsiasi scala di riferimento di valori comuni,
essendo
diventato il benessere materiale l'unico obiettivo, lo sbocco naturale di questa situazione non poteva essere che
l'evoluzione del capitalismo allo stadio selvaggio. In questo senso l'Albania parrebbe essere non un paese
arretrato. Ma anzi diverrebbe una sorta di paradigma di ciò che il capitalismo potrebbe diventare se non
ci daremo
gli strumenti per combatterlo a fondo. Troppi di noi sembrano essersi inconsciamente convinti dell'
intramontabilità di questo modo di produzione. Di fatto però il capitalismo, nel corso degli ultimi
dieci anni è
molto cambiato. L'introduzione dell'informatica e la sempre maggiore disponibilità di manodopera
a basso costo ha di fatto portato
alla globalizzazione dell'economia. Nuove forme di lavoro si sono affacciate sul mercato, imponendosi
rapidamente per la loro maggiore controllabilità da parte della classe imprenditrice. L'illusione del lavoro
autonomo ha creato una vera e propria classe intermedia di ipersfruttati, i quali pur essendo possessori dei loro
mezzi di produzione, non dispongono di alcun potere contrattuale. Vedere la crisi albanese in un altra ottica
sarebbe un errore. Si finirebbe per riempirsi la bocca con il concetto di solidarietà, come fa, con senso
di carità
pelosa, la chiesa. Credo che sia d'uopo cominciare ad attrezzarci per quella che sarà forse la grande
battaglia
d'inizio millennio. Perché altrimenti altro che uno, cento mille Vietnam. Qui rischiamo di avere una,
cento, mille
Albanie.
Marco Cilloni (Milano)
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