Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 27 nr. 237
giugno 1997


Rivista Anarchica Online

Guerra civile neo-liberista?

Il 4 Agosto del 1906 una nave italiana, la Sirio, partita dal porto di Genova e carica di emigranti, affondò al largo di capo Palos in Spagna, trascinando con se la vita di almeno trecento persone. Si trattava di uomini, donne, bambini che cercavano la speranza di una vita migliore nelle americhe. La vicenda destò parecchia impressione in Italia. Tanto che divenne immediatamente oggetto delle narrazioni dei cantastorie che ne fecero una ballata che ebbe larghissima diffusione in tutta l'Italia settentrionale. La vicenda della nave Sirio mi è tornata in mente nei giorni in cui una nave albanese, carica di centinaia di profughi, è affondata nelle acque del mare Adriatico, dopo essersi scontrata con la nave Sibilla della marina militare italiana. La storia si ripete e a volte sembra quasi giocare dei tiri carichi di macabra ironia. Quello che era un paese di emigranti, si è trasformato, nel corso degli anni,in un miraggio. C'è stata una vera e propria trasfigurazione. Il paese da cui tutti volevano scappare, per sfuggire ad un duro destino di fame e miseria, è diventato a sua volta una meta. Non credo che si sia molto lontani dalla realtà quando si dice che gli albanesi ci vedono come trasfigurati da un aura catodica. Valga come esempio una storia che si raccontava a Milano alla fine degli anni 80. Quando la nazionale albanese di calcio si recò per la prima volta all'estero, dopo decenni di regime comunista, i calciatori, appena atterrati in un aereoporto occidentale si recarono in massa al Duty Free Shop. Fecero tutti una spesa principesca ed uscirono egualmente tutti senza pagare una lira. Quando furono bloccati e fu loro richiesta una spiegazione dell' accaduto, caddero in tutta sincerità dalle nuvole. E spiegarono che nessuno di loro credeva che nei negozi occidentali la merce andasse pagata, in quanto in televisione non lo avevano visto fare mai. Erano evidentemente in possesso di un antenna parabolica atta a captare le reti televisive nostrane. Si tratta, con ogni probabilità di una leggenda urbana. Ma il fatto stesso che sia stata ritenuta largamente plausibile, la dice lunga sulla considerazione in cui dobbiamo tenere il potere di persuasione della T.V.
Di fatto anche la larga diffusione che il meccanismo delle cosiddette finanziarie a struttura piramidale ha avuto in molti paesi dell'est, la dice lunga sulla profonda destrutturazione dei valori in atto in quelle società. Io non sono tra quelli convinti che esista un capitalismo buono. Ma di certo la versione stile "tutto e subito" che sembra essere vincente in Albania, in Russia e in altri paesi dell'ex patto di Varsavia lascia molto interdetti. E' come se si fosse imposta una visione bidimensionale della società, dove tutto è facile, tutto si ottiene senza fatica e soprattutto senza il minimo rispetto per gli altri. E' un modello questo che hanno importato da noi. Ma da loro ha fatto ancora più danni. Se qui in Italia il crack del finanziere Mendella, quello che faceva le convention dei soci allo stadio di Viareggio, ha prodotto un danno enorme, ma circoscritto ad un limitato numero di persone, in Albania un concatenarsi di eventi simili ha prodotto una guerra civile.
Qualche tempo fa, scherzando durante una conversazione telefonica, asserivo che ci trovavamo di fronte al primo conclamato esempio di guerra civile neo liberista. Purtroppo i fatti seguenti hanno persino peggiorato il quadro della situazione. Ai primi spari, ha fatto seguito un esodo di massa, che perdendo ogni connotato politico, ha
svelato sempre di più una motivazione economica. E qui si apre un interrogativo scivoloso per noi anarchici. Com'è che i cittadini di Valona e Argirocastro hanno sciolto con la forza ogni parvenza di governo, hanno abbattuto il potere costituito, si sono organizzati in assemblee plenarie per l'autogestione delle loro città e però di fatto nulla è cambiato, non si è costruita nessuna prospettiva rivoluzionaria e nelle strade si continua a sparare. L'unica risposta plausibile è che mancando oramai una qualsiasi scala di riferimento di valori comuni, essendo diventato il benessere materiale l'unico obiettivo, lo sbocco naturale di questa situazione non poteva essere che l'evoluzione del capitalismo allo stadio selvaggio. In questo senso l'Albania parrebbe essere non un paese arretrato. Ma anzi diverrebbe una sorta di paradigma di ciò che il capitalismo potrebbe diventare se non ci daremo gli strumenti per combatterlo a fondo. Troppi di noi sembrano essersi inconsciamente convinti dell' intramontabilità di questo modo di produzione. Di fatto però il capitalismo, nel corso degli ultimi dieci anni è molto cambiato.
L'introduzione dell'informatica e la sempre maggiore disponibilità di manodopera a basso costo ha di fatto portato alla globalizzazione dell'economia. Nuove forme di lavoro si sono affacciate sul mercato, imponendosi rapidamente per la loro maggiore controllabilità da parte della classe imprenditrice. L'illusione del lavoro autonomo ha creato una vera e propria classe intermedia di ipersfruttati, i quali pur essendo possessori dei loro mezzi di produzione, non dispongono di alcun potere contrattuale. Vedere la crisi albanese in un altra ottica sarebbe un errore. Si finirebbe per riempirsi la bocca con il concetto di solidarietà, come fa, con senso di carità pelosa, la chiesa. Credo che sia d'uopo cominciare ad attrezzarci per quella che sarà forse la grande battaglia d'inizio millennio. Perché altrimenti altro che uno, cento mille Vietnam. Qui rischiamo di avere una, cento, mille Albanie.

Marco Cilloni
(Milano)