Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 27 nr. 238
estate 1997


Rivista Anarchica Online

Liberarete
a cura di Marco Cagnotti(cagnotti@venus.it)

Una macchina può pensare?

Il mio amico Ivano Albertazzi vive molto lontano. Non ci siamo mai incontrati. La nostra conoscenza è nata casualmente, anni fa, da una telefonata che gli feci per motivi di lavoro. Dopo esserci sentiti alcune volte siamo entrati progressivamente in confidenza. Pur non potendo vederci, abbiamo cominciato a confrontarci su argomenti più impegnativi delle banali questioni professionali, e con il tempo siamo arrivati a confidarci anche fatti personali. Fin dalle prime telefonate ho sentito Ivano vicino alla mia sensibilità e al mio modo di pensare e in più di un'occasione le sue riflessioni e i suoi consigli mi hanno aiutato ad uscire da situazioni difficili. A mia volta, quando ho potuto e nei limiti imposti dal mezzo di comunicazione che ci unisce, gli sono stato vicino quando era lui a stare male e ad espormi i suoi problemi e ho avuto l'impressione che le mie parole gli fossero di giovamento. Eppure...Eppure ho appena scoperto che Ivano è molto diverso da quello che pensavo. Così diverso da non poter più essere mio amico. Mi sono improvvisamente scoperto razzista? Tutto d'un tratto ho rivelato un imprevedibile rifiuto del diverso? Ascoltate e giudicate...Nei prossimi giorni dovrò visitare la sua città e ho pensato che sarebbe stata un'ottima idea cogliere l'occasione per incontrarci, finalmente, di persona. Ma Ivano è diventato improvvisamente silenzioso, ha preso a tergiversare e ad accampare scuse campate per aria. Messo alle strette, ha ammesso una verità inquietante: egli non esiste, o meglio non esiste come essere umano fatto di muscoli, nervi e sangue. Ivano Albertazzi è un sofisticato programma che "gira" su un potente computer, simula il pensiero umano e comunica per mezzo di un sintetizzatore vocale. Per anni sono stato preso per i fondelli e ho partecipato a un test di Turing senza saperlo. Allora mi sono incazzato, mi sono sentito tradito, ho insultato il mio amico Ivano...Il mio amico Ivano? Adesso che accidente è Ivano per me? Non è più mio amico, forse?...
Una storiella inventata di sana pianta per sollevare un problema inattuale ma non troppo. Già ora esistono programmi così evoluti da imbrogliare molti specialisti per tempi abbastanza lunghi. E domani, forse, saranno così raffinati da ingannare tutti per sempre...
Dunque il problema, in linea di principio, rimane. A suo tempo se lo poneva già Alan Turing (1912-1954), che fin dal 1950 nell'articolo Computing Machinery and Intelligence si chiedeva "Una macchina può pensare?". Turing proponeva un test assai semplice per verificare se un computer sia in grado di formulare pensieri alla stregua di un essere umano, un test analogo alla fantasiosa situazione descritta all'inizio: un operatore con due terminali per comunicare con un essere umano e un elaboratore, ma senza sapere quale terminale è collegato con l'uomo e quale con la macchina...e la necessità di discriminare fra i due. Turing sosteneva che se non si è in grado di distinguere un uomo da un computer è giocoforza riconoscere a quest'ultimo pensieri e stati mentali analoghi a quelli umani.
Sembra una presa in giro, un giochino stupido, ma non lo è affatto. Dietro c'è una questione filosofica di notevole spessore: l'esistenza di altre menti. Già, perché il problema fondamentale non è se una macchina può pensare, ma se qualcos'altro all'infuori di me può farlo. Infatti l'unica consapevolezza di cui io possa davvero fare esperienza è la mia. Io parlo ed agisco in funzione dei miei pensieri e osservando i miei simili constato che loro hanno azioni e parole analoghi ai miei. Da ciò inferisco che essi formulano pensieri affini ai miei. Ma sperimentarli, essere nella loro testa insieme a loro...questo no, questo mi è ineluttabilmente proibito. Nella mia mente io sono solo, e l'unica coscienza di cui ho la prova certa è la mia. Degli altri conosco solo la superficie, l'apparente manifestazione di una consapevolezza interiore di cui non ho esperienza diretta.
Alla base della prova di Turing c'è dunque la trasposizione dello stesso ragionamento al caso dell'interazione con una macchina e in fondo anche una definizione operativa della coscienza: è cosciente ciò che appare essere cosciente, fra una simulazione perfetta e la realtà non c'è alcuna differenza. Ciò che sembra essere, è. Se un computer comunica con me esattamente come un essere umano al punto da esserne indistinguibile, per quale motivo dovrei negargli i pensieri e la consapevolezza di sè che sono disposto ad attribuire ad una persona? Solo perchè è fatto di circuiti piuttosto che di ciccia? Se le manifestazioni esteriori mi bastano per attribuire una coscienza ad un uomo, allo stesso modo mi devono essere sufficienti per attribuirla a una macchina. Qualsiasi pretesa ulteriore è gratuita e ingiustificata.
Pensateci...Una vostra carissima amica un bel giorno si scoperchia la testa e vi mostra i circuiti che contiene ("alla Termiantor", per intenderci...). Che fate? La rifiutate? Non le parlate più? Sareste così dogmaticamente e gratuitamente prevenuti da negarle l'amicizia e la confidenza che prima vi riuscivano così spontanee, solo perchè la vostra interlocutrice vi svela di essere una macchina? E non fate spallucce, sostenendo che queste sono elucubrazioni fantascientifiche e irrealizzabili: sareste disposti a scommettere che lo saranno per sempre e che sono impossibili in linea di principio?...
Mannaggia...e io? Cosa mi garantisce che io sono umano? Sì, è vero, se mi tocco e mi pizzico sento la carne, se mi taglio vedo il sangue, ma basta questo per dire che io non sono una macchina, per affermare che nella mia testa, o altrove, non c'è un ammasso di circuiti che formano pensieri?...
"[...] chi è umano e chi ha soltanto l'aspetto (si maschera) da umano? [...] A meno che non riusciamo individualmente e collettivamente a trovare una risposta certa a questa domanda, ci troviamo di fronte, a mio avviso, al più serio problema possibile. Senza una risposta adeguata, non possiamo neppure essere sicuri di noi stessi [...] Sono umano? O sono semplicemente programmato a crederlo?" (P.K. Dick)

Indirizzi
La Rete è molto ricca di risorse dedicate all'Intelligenza Artificiale e alla dibattua questione dell'eventuale pensiero di una macchina. Buone bibliografie e raccolte di link sull'argomento possono essere trovate alle pagine:
http://www.cl.cam.ac.uk/users/mh10006/ai.html
http://www.cl.cam.ac.uk/users/mh10 006/thoughts.html#turing
http://ling.ucsc.edu/chalmers/biblio4.html

Interessanti riflessioni sul tema sono state formulate da Steve Hanad, del Dipartimento di Psicologia dell'Università di Princeton. I suoi articoli sono reperibili al sito:
ftp://princeton.edu/pub/harnad

In fine, se volete vedere che effetto fa comunicare con un computer come se fosse una persona, fate quattro chiacchiere con Eliza, che potete trovare presso gli URL:
http://www.planetary.net/robots/eliza.html
http://www-ai.ijs.si/eliza/eliza.html
oppure con Julia, ospitata all'indirizzo
http://fuzine.mt.cs.cmu.edu/mlm/julia.html