Rivista Anarchica Online
Dopo i Savoia riprendiamoci l'impero
di Dino Taddei
Cascais è - come si scriveva nelle cartoline di un tempo - un'amena cittadina
portoghese adagiata sulle coste
atlantiche a mezz'ora di strada da Lisbona, con alte scogliere scure e vegetazione mediterranea. Appena fuori
dall'abitato, tutto proteso a riuscir gradevole, "vero lusitano", spendibile per turisti tedeschi ed
italiani, ci si perde in un dedalo di viuzze nella pineta da cui si intuiscono, dietro possenti cancellate, ville di
antica e nobile fattura che tradiscono un passato di agiata villeggiatura (più o meno forzata) per
l'aristocrazia
europea. Tra le residenze più monumentali vi è Villa Italia, esilio dorato del "re di maggio"
Umberto II e meta passata
d'infiniti pellegrinaggi di monarchici nostrani; letteralmente lasciata cadere a pezzi e - come mi racconta l'amico
guardiano dell'Angola - prossima preda di una multinazionale giapponese che vi vuole costruire un albergo
esclusivo per signori attempati, muniti di portafogli ben pasciuti. In questo clima da Ancien Régime
in disfacimento, ho ceduto alla tentazione romantica di sedermi nella poltrona
in veranda sulla quale il re soleva passare lunghe ore a contemplare l'Oceano, sfogliando riviste internazionali
e - confesso - ho riso di gusto pensando di avere in qualche modo vendicato la memoria di Passanante: un
anarchico vivo seduto sul trono di un re morto. Sbagliavo a ridere eccome se sbagliavo...c'è poco da
stare allegri a vedere come il governo dell'Ulivo sta
affrontando la faccenda di un oramai prossimo rientro dei Savoia in Italia. Sia ben chiaro da subito che non mi
turba minimamente l'idea che il signor Savoia possa girare liberamente dove più gli aggrada e, tanto
meno, mi
accaloro agli appelli tardo risorgimentali in difesa del regime repubblicano. Questa repubblica non l'ho mai
particolarmente amata e non credo tocchi agli anarchici esprimersi a favore di
restrizioni di libertà personali, per giunta ereditarie. Quello che ha compiuto questo nefasto casato oramai
è
consegnato alla criminologia ed alla storia. Già, la storia...evidentemente l'interpretazione ulivista
del concetto di storia si limita al puro e semplice oblio,
un oblio unto che a confronto rende perfino accettabili gli storici revisionisti; una ginnastica alquanto apprezzata
dai partiti che hanno molto da farsi perdonare: PDS in testa. Naturalmente - per essere ecumenici - anche altre
forze politiche lavorano freneticamente per seppellire, con
grandi palate, i propri peccatucci di gioventù e così in una grande sagra di perdoni reciproci,
scopriamo che i
repubblichini erano cavalieri cortesi in lotta per un nobile ideale, che il Papa è il capo del comunismo
internazionale, che i sindacati sono i difensori del tricolore e dell'unità nazionale, che dieci milioni di
cinquantenni nel '68 tiravano le molotov e - che palle con questa storia di piazza Fontana - vabbé la bomba
la
mise proprio lo stato, contenti? E anche i Savoia tutto sommato, se dicessero meno spropositi nelle interviste,
potrebbero diventare l'italica risposta a Ranieri di Monaco. Il problema non è certamente la
volontà di chiudere i conti con il passato ma è il metodo che s'intende usare e
purtroppo, nella questione Savoia, si è deciso di mettere mano al tritacarne: buoni e cattivi, ragioni e torti
vengono
macinati alla stessa maniera, niente viene risparmiato, niente viene spiegato, le ragioni ideali che portarono il
popolo italiano nel 1946 a spaccarsi in due vengono accuratamente messe in sordina; forse perché sarebbe
in
seguito lecito chiedere se poi chi votò per la repubblica, intendeva proprio questa farsa di repubblica che
dura da
mezzo secolo. Meglio metterci una bella pietra sopra, riappacificarsi, escludere i rischi di un dibattito aperto,
capace di introdurre elementi di riflessione nella società ed invece affidarsi ai D'alema di turno per
cucinare una
terza o quarta repubblichetta. Ma c'è a mio avviso dell'altro. Le monarchie - date troppo
frettolosamente come razza in estinzione - vivono una straordinaria seconda
giovinezza. All'interno della Comunità Europea ben sette stati su quindici sono retti da monarchie
costituzionali, peraltro
molto amate dai rispettivi sudditi, e poi buona parte del mondo arabo (Giordania, Marocco, la quasi
totalità della
penisola Arabica), l'Asia del Nepal e dell'ipertecnologico Giappone, gli insulti alla miseria del sultano del Brunei.
Insomma sembra che l'istituto monarchico sia riuscito a scamparla, tra un premio Nobel, un po' di cronaca rosa
e come garante politico dell'unità e della legalità nazionale. Ancor più stupefacente
è il ruolo che i partiti monarchici si sono ritagliati nell'Est europeo: nella Russia che
recupera l'aquila bicipite e costruisce monumenti a Pietro il Grande, gli zaristi sono un movimento di massa
altamente influente, lo stesso accade in Romania e Bulgaria per non dire di quel poveraccio di re Lehka d'Albania
in cerca pure lui di un posto al sole. Ovviamente non è all'orizzonte un nuovo Congresso di Vienna
che restauri con le baionette il principio
monarchico, eppure se anche negli Stati Uniti (paese in compagnia di San Marino per antonomasia
antimonarchico), vi è qualcuno che apertamente riconosce un ruolo di stabilizzazione alle teste coronate
c'è da
rizzare le antenne. D'altronde la stampa questo lo ha capito da un pezzo: non più mielose fiabe alla
Walt Disney su bellissime
principessine ma sostanziose analisi politiche sul ruolo democratico e antigolpista di Juan Carlos di Spagna o la
difficile transizione in atto in Cambogia. Come mai ancora gode di grande popolarità una forma di
governo (simbolica o effettiva che sia, comunque
lontana dalle tre effe borboniche Festa, Farina e Forca) data per moribonda ed invece silenziosamente rinnovata
ed adattata a nuovi contesti? Forse tanto più gli stati nazionali si decompongono, attaccati
dall'economia globale e da nuovi poteri
sovranazionali, tanto più vi è una ricerca smemorata d'identità e di
simboli. Così tra piccole patrie, Vandee, feste patronali c'è spazio anche per il re buono,
magari da contrapporre alla rosa
camuna: Cavour contro Cattaneo, non c'è che dire un bel match. Sicuramente qualche compagno
parlamentare questo calcolo l'ha pure fatto: lasciate pensare alle banche centrali
le cose serie e voi tenetevi pure il carnevale. Se le cose stanno così che sia: i Savoia non ci bastano,
rivendichiamo
l'Abissinia e tutto quello che ci ha fregato la perfida Albione, altro che restituzione di obelischi. Cinto da tre
corone l'ultimo monarca assoluto se la ride: è il successore di San Pietro.
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