Sono passati diversi anni da quando
Luca De Filippo, ex Felice Sciosciammocca oggi piuttosto ingrassato,
ed ex comprimario nelle commedie del padre Eduardo, dopo la
morte di quest'ultimo, utilizzava il personaggio di Pasquale
Lojacono e la famosa scena al balcone con l'invisibile e inudibile
professor Santanna, dalla commedia Questi fantasmi!,
per fare la pubblicità di un caffè di cui non ricordo la marca.
E molti di più ne sono passati da quando io, ancora poco più
che adolescente, vidi per la prima volta in televisione quella
commedia. Quando ebbi veduto anche lo spot di cui sopra, ricordo
di non aver potuto fare a meno di compiere dei paragoni. Dai
quali, tutto sommato, il figlio d' arte, la cui bravura in scena
già conoscevo per averlo visto altre volte nei lavori paterni,
usciva con valutazioni positive, per quello che possono valere
le mie valutazioni. Carino! - mi dicevo -, una bella trovata
pubblicitaria, di quelle rarissime che svolgono una funzione
culturale, come quella di quei libri o film che, come dice Beniamino
P lacido, ti spingono ad andarti a guardare altri film o a leggere
altri libri. Però mi restava l'ombra, il fantasma, del dubbio.
Perché Eduardo non aveva mai fatto la pubblicità e invece suo
figlio sì, letteralmente "a babbo morto", come dicono i toscani?
Non potevo fare a meno di pensare al rigore, all'impegno, all'onestà
del padre. Vuoi vede re che il figlio Luca, niente niente, si
era "venduto"? ("Abbiamo la parola giusta: perché non dobbiamo
usarla?", diceva Eduardo in Ditegli sempre di sì).
Oggi ne ho, purtroppo, la conferma. Quella famosa scena viene
da qualche tempo riutilizzata, in altro contesto e preceduta
da preliminari variabili, per fare la pubblicità dell'acqua
ULIVETO. Una di queste sceneggiature preliminari, vista di recente,
mi ha indotto ad alcune riflessioni.
Nello spot un bambino, il figlio, in pigiama, entra nella camera
da letto dei genitori, spaventato perché ha sognato i fantasmi.
Il padre, Luca, lo rassicura che i fantasmi non esistono ma
sono il frutto della sua digestione pesante, poiché a cena ha
mangiato tutte quelle crocchette, e gli offre un bicchiere d'acqua
Uliveto, decantandogliene le virtù eupeptiche. La mattina del
giorno dopo, il medesimo, al balcone, per maggiore chiarezza,
ridecanta a beneficio del professor Santanna.
Notiamo che, mentre il figlio è in pigiama, i genitori sono
seduti sul letto e ancora completamente vestiti, e il bicchiere
e la bottiglia della fatidica acqua sono a immediata portata
di mano. Che ore sono? A che ora i due hanno messo a letto il
figlio? Perché dunque sono ancora vestiti? Quale Kama-sutra
prevede l'uso (e quale?) di una bottiglia d'acqua minerale?
O anche i genitori avevano esagerato con le crocchette e, memori
delle passate esperienze come solo gli adulti sanno essere memori,
si preparavano ad affrontare una nottata di fantasmi? E allora
perché non ne avevano data preventivamente anche al bambino,
di quell'acqua miracolosa, della quale, comunque, dovevano aver
fatto abbondante uso durante il pasto serale (potenza delle
crocchette)? Ma non lasciatevi distrarre da siffatte domande
e da altre che, come a me, potrebbero venirvi in mente, e correre
il rischio di tralasciare come insignificante il particolare
delle crocchette.
Chiediamoci: perché crocchette e non bastoncini di pesce o sofficini,
o chicken mcnuggetts di Mac Donald's? Quale bambino mangia
più le crocchette di patate, e soprattutto quale mamma si mette
più a prepararne? Implicitamente e paradossalmente si suggerisce
che siano di più facile digestione le porcherie surgelate e/o
vendute nei fast-food rispetto alle crocchette di patate di
cui mi deliziava la buonanima di mia nonna. Cappellata sesquipedale
o solidarietà di trust? La seconda che hai detto, affermerebbe
Guzzanti. Siamo ormai abituati a questo genere di implicitazioni,
ma occorre stare sempre vigili. Confessate: di questa non ve
n'eravate accorti.
C'è una sola ragione per la quale Luca De Filippo possa aver
accettato di fare da testimonial per questa - mi sia consentito:
mia nonna si rivolta nella tomba - indegnità. I soldi. Forse
il teatro non rende più a sufficienza. Nel 1946, quando la commedia
era stata scritta, Pasquale Lojacono chiedeva al suo fantasma
benefattore la somma di duec entomila lire. Oggi potremmo ipotizzare,
fatti i dovuti conti con la svalutazione, l'inflazione, il costo
del denaro e il potere d'acquisto, la cifra di almeno duecento
milioni a botta. Forse Luca ha problemi di rapporto di coppia.
Come recitava suo padre nei panni del personaggio di Lojacono,
"il lavoro onesto è doloroso e misero... e non sempre si trova.
E allora la perdo! [...] Perché, a un certo punto, il bene,
l'amore, di tanto in tanto, deve, per qualunque donna, trasformarsi
in una pietra preziosa, in un oggetto d'oro, in un vestito bello
[...] si no se perde ... fernesce, mòre!". E prima, nel secondo
atto: " ... finalmente avremmo [...] soffocate le nostre amarezze
in un amplesso completo e complesso d'ogni sentimento: amore,
tenerezza, bene e sensi compresi [...] Cu' a panza vacante,
Mari'? ... Cu' a panza vacante, Mari', e sense se perdeno ...
Giulietta e Romeo dovevano essere ricchissimi, se no dopo tre
giorni se pigliàveno a capille ... Nun da' retta a e chiacchiere...
" Prendiamo monito anche noi da De Filippo, e non diamo più
retta alle chiacchiere che vorrebbero, insieme con l'acqua Uliveto,
darci a bere.
Carlo E. Menga
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