Rivista Anarchica Online



Locandina dello spettacolo “El sentor Galindez”, testo di Eduardo Pavlovscky del 1972

Per parlare la lingua del teatro

di Fernanda Hrelia

Oltrebabele Euramerica è il titolo di una manifestazione che ha ospitato vicino a Firenze sette autori teatrali latino-americani.

Dal 17 al 27 maggio si è svolta presso La Loggia-Centro Internazionale di Scrittura Drammaturgica di Montefiridolfi (Firenze), la manifestazione “Oltrebabele Euramerica”, che ha ospitato sette autori di teatro latinoamericani impegnandoli nel lavoro di stesura definitiva della traduzione italiana di alcune loro opere con un’équipe di traduttori; sui testi tradotti ha lavorato, quindi un gruppo di attori e registi. La loro lettura e le prove sono stati un momento di importante verifica per il traduttore. Tradurre la scrittura drammaturgica implica, infatti conoscere la comunicazione teatrale e le sue regole e la responsabilità di restituire l’azione contenuta nella parola; obbliga inoltre a pensare costantemente per immagini e a “sentire” il ritmo scenico.
Il Centro Internazionale di Scrittura Drammaturgica, avendo coscienza della specificità della traduzione drammaturgica e conoscendo la necessità di nuove proposte per la scena italiana, è un organismo che promuove la drammaturgia contemporanea straniera creando l’occasione dell’incontro di lavoro autore-traduttore e successivamente si propone di realizzare lo scambio e la circolazione delle esperienze fra gli operatori teatrali.

“Oltrebabele Euramerica” è un progetto nato nel 1996 e realizzato in collaborazione con altre importanti realtà: dall’Università di Siena, Facoltà di Lettere, che ha creato e coordinato il Comitato di Selezione Italiano delle opere, ad altri centri europei di traduzione teatrale come la francese “Maison Antoine Vitez”, o il “Theater und Mediengesellschaft Lateinamerika E.V.” della Germania, il “Vlaams Theater Instituut” del Belgio e la “Sala Beckett” di Barcellona. I tre paesi latinoamericani scelti per dare inizio al progetto, sono stati quelli del “Cono Sud”, cioè l’Argentina, il Cile e l’Uruguay, per il particolare legame storico-culturale che li lega all’Europa, anche se l’obbiettivo non era certo quello di evidenziare le somiglianze col vecchio continente, bensì confrontarsi con le molteplici e diversificate esperienze, che in quei paesi, per quanto riguarda in particolare il teatro, hanno prodotto una ricca serie di proposte e possono vantare una vitalità espressiva in questo campo non certo paragonabile a quella italiana attuale. Il teatro sudamericano è pressoché sconosciuto in Italia, sia per la scarsezza delle pubblicazioni di testi in italiano, sia per la quasi totale assenza di spettacoli provenienti dall’America Latina nei festivals e rassegne teatrali italiani. Se i grandi maestri della scena latinoamericana sono conosciuti nel resto d’Europa, grazie alla loro partecipazione ai festivals, che danno spazio anche alle realtà più giovani e nuove di quei paesi, in Italia negli ultimi anni ci sono state pochissime occasioni per conoscere i linguaggi teatrali di questo continente. Eppure il teatro laggiù è vivo. Mentre qui si parla costantemente di “crisi del teatro”, peraltro innegabile anche dal punto di vista creativo, in un paese come l’Argentina, ad esempio, in cui le difficoltà economiche sono una realtà con cui la maggior parte della gente deve fare i conti quotidianamente, nel fine settimana si propongono nella capitale circa una settantina di spettacoli e anche nel resto del paese, il teatro è sentito come momento irrinunciabile di comunicazione e aggregazione.
Tre generazioni di autori hanno rappresentato il teatro argentino nell’incontro del C.I.S.D., a cominciare da Griselda Gàmbaro, nata a Buenos Aires nel 1928, una delle scrittrici più conosciute ed apprezzate dell’America Latina, autrice anche di romanzi oltre ad essere certamente fra i drammaturghi più importanti dell’Argentina. Dopo aver creato scandalo agli inizi degli anni ’60 per aver accolto certe forme del teatro dell’assurdo europeo, calandole però criticamente nello specifico della realtà argentina, e aver inaugurato così un filone di ricerca comunemente conosciuto come “teatro d’avanguardia”, Griselda Gàmbaro ha dato vita nel corso della sua intensa attività a una lunga serie di situazioni e personaggi in un percorso creativo fra i più ricchi e fecondi. Durante la dittatura militare, Griselda Gàmbaro è fra gli autori messi al bando e la sua opera è proibita; costretta all’esilio, vivrà in Spagna.

Se la Gàmbaro, sensibile creatrice di figure e realtà psicologicamente complesse, rappresenta al meglio il “teatro d’autore”, Eduardo Pavlovsky, psicoanalista, attore e autore, nato a Buenos Aires nel 1933, è l’esempio più notevole di una “drammaturgia d’attore”, nata sin dall’inizio per il Pavlovsky interprete, che in scena completa la sua ricerca e studia certe psicopatologie sociali - quelle, ad esempio che hanno portato i militari al potere e instaurato il terrore - usando il mezzo teatrale e il palcoscenico per una sorta di psicodramma collettivo, che deve coinvolgere e scuotere il pubblico. Il torturatore non è un mostro, non è uno psicopatico, è uno di noi, forse è in noi, nella normalità di un buon padre di famiglia, questo ci dice Pavlovsky in una serie di opere dedicate al tema della repressione, a partire da “Il signor Galìndez” del 1972, considerato uno dei migliori drammi del teatro ispanoamericano contemporaneo; la repressione è un fenomeno complesso, denunciare non basta, bisogna capire e riconoscere su quali basi di consenso si manifesta questo aberrante fenomeno. Pavlovsky, sfuggito al sequestro durante la dittatura ed esule in Europa per tre anni, è fra le personalità del teatro argentino più conosciute e tradotte all’estero; ma in teatro non esplora solo la dinamica che ha permesso l’Argentina dei desaparecidos e della sistematica violazione dei diritti umani: grande sperimentatore e attore straordinario, nella sua più recente fase creativa analizza la logica consumistica, frivola e illusoria del neoliberalismo, creando un personaggio che rappresenta un’appassionata “resistenza” e che si oppone alla vacuità del vivere attuale in cui tutto si consuma senza senso e sentimento.
Mauricio Kartun, drammaturgo, regista e docente di creazione collettiva e drammaturgia, è nato a Buenos Aires nel 1946; nel corso della sua attività teatrale ha creato testi e spettacoli vicini alla tradizione comica popolare argentina, così come si è mosso nelle linee di un certo tipo di realismo, o ancora, ha lavorato nell’elaborazione drammaturgica di materiali diversi. Ȓ questo il caso di “Sacco & Vanzetti”, il testo che è stato tradotto in italiano proprio nell’ambito di “Oltrebabele Euramerica”, che si compone anche di lettere dei protagonisti, atti della questura, articoli di giornale, ricostruendo così il contesto storico, ma anche il rapporto fra Nicola e Bartolomeo, gli affetti, le passioni, le idee, fino all’esecuzione, realizzando un’opera su piani d’azione simultanei all’interno della struttura tradizionale della tragedia.
Attualmente Kartun sta lavorando a un testo teatrale sulle lotte anarchiche nella provincia di Buenos Aires e in particolare sul ruolo delle donne nelle manifestazioni e negli scioperi; saranno infatti tre donne anarchiche, molto diverse fra loro per età e per carattere, le protagoniste di un’opera concepita come lungo racconto da far rivivere in scena.
Daniel Veronese, quarantenne, è autore già di molti testi teatrali, in cui sperimenta il linguaggio grottesco, costruendo ritmi e situazioni ai limiti dell’assurdo, ma creando anche intensi personaggi femminili, protagonisti di monologhi o di opere di accentuato lirismo e finezza psicologica. Proveniente dal teatro di figura, fondatore e regista di un importante gruppo di ricerca, “El periférico de objetos”, Veronese ha curato la regia di spettacoli premiati per la forza espressiva, ricchi di suggestioni ed atmosfere. Riconoscendo in Griselda Gàmbaro e in Eduardo Pavlovsky, due suoi maestri dal punto di vista ideale e politico, Daniel Veronese è senz’altro tra le figure più interessanti dell’attuale scena argentina, così come Rafael Spregelburd, nato nel 1970, rappresenta la più recente fase della ricerca teatrale. Già riconosciuto per l’originalità della sua proposta drammaturgica, fa parte di un gruppo di giovani autori, che oggi a Buenos Aires scrivono, interpretano, dirigono e mettono in scena i loro testi, oltre a pubblicarli regolarmente nella collana “CaRaJaJi”.
Ha recentemente debuttato nella regia teatrale l’uruguaiano Carlos Liscano, già scrittore e giornalista, che ha scoperto il teatro come autore in Svezia, dove ha vissuto in esilio per più di 10 anni, dopo 13 anni di condanna come prigioniero politico nel suo paese. Anche oggi, le autorità consolari uruguaiane, in occasione della manifestazione fiorentina, si sono espresse con imbarazzo nei confronti di un cittadino uruguaiano, forse non troppo degno, a parer loro, di rappresentare la nazione per il suo passato di “sovversivo” (!).
Scrivere, ci ha detto Liscano, è stato un modo per vincere l’isolamento e l’emarginazione del carcere, in cui è entrato poco più che ventenne, dove comunicare coincide col voler sentirsi vivi. Il teatro, poi è stato una sorpresa: lo ha affascinato per la possibilità di partire dalla scrittura, che è un esercizio solitario, e di creare successivamente uno spettacolo grazie all’apporto degli altri. E quello di Carlos Liscano è un teatro di grande sensibilità e intelligenza; il naturale senso dell’umorismo crea situazioni esilaranti unite a una volontà dissacrante nel rappresentare valori e luoghi comuni di una società descritta con ironia e divertimento. La semplicità della scenografia proposta privilegia il gioco ritmico del testo, che è molto godibile già solo durante la lettura.
L’ironia, il grottesco, la provocazione sono elementi con cui lavora anche il cileno Ramòn Griffero, uno dei protagonisti della scena del suo paese già dagli anni ’80, quando, tornato dall’esilio - ha lasciato il Cile a 18 anni - ha dato vita al “Teatro Fin de Siglo”, aprendo nella capitale la sala “Trolley”, che è stato anche uno dei pochi luoghi di aggregazione giovanile durante la dittatura di Pinochet. Griffero non è solo autore drammatico, ma anche regista, sceneggiatore per il cinema e la televisione, scenografo, teorico e insegnante; premiato in diverse occasioni, è una delle voci più significative e originali del teatro cileno attuale, che vive oggi un momento di grande crescita e sviluppo.
L’incontro organizzato dal C.I.S.D. è stata, insomma un’occasione di lavoro, ma anche di scambio umano, davvero unica e ci auguriamo che serva da stimolo per conoscere, studiare e rappresentare anche in Italia una drammaturgia ricca e variegata, che nasce come “urgenza” e restituisce al teatro quella forza espressiva critica e quella capacità di lettura della realtà, che il teatro ha bisogno di recuperare per trovare la sua ragion d’essere.

Fernanda Hrelia