Se in un film in costume, ambientato
nell'Alessandria d'Egitto del primo secolo della nostra era,
un personaggio, per strada, si avvicinasse allimprovviso ad
una macchina estraendo una moneta, introducendola nellapposita
fessura e, mossa una leva, ne ricavasse un bicchiere di bibita
fresca, ne rimarremmo prima sorpresi e poi irritati. Diremmo
che il regista ha dato i numeri, o che il tipo di narrazione
non è quello che era lecito attendersi, o che si tratta, comunque,
di un tragico errore. Più o meno come in quei film di un tempo,
dove locchio clinico di qualcuno riuscì a cogliere soldati
romani con lorologio al polso. I distributori automatici di
bibite contrassegnano inequivocabilmente lera nostra - quella
della tecnologia avanzata, quella della scienza, quella
in cui la lucida analisi delluomo ha fatto cadere gli ultimi
(o i penultimi) veli di una pudica e renitente Natura.
E invece no. Come spiega Lucio Russo ne La rivoluzione dimenticata
(Feltrinelli, Milano 1996, pagg. 380, £. 42.000), le cose non
stanno affatto così. La storia della scienza - al cui interno
ha tutto il diritto di stare anche la storia dei distributori
automatici di bibite (che hanno un loro fondamento nella Pneumatica
di Erone) - è drammaticamente fasulla. Ma, come è ovvio, non
a caso, perché a qualcuno ha fatto comodo che così fosse.
La tesi di Russo è che un certo tipo di scienza nacque nella
civiltà ellenistica (città e stati del Mediterraneo allindomani
della disgregazione dellimpero di Alessandro Magno) del III
secolo a. C. In quelle circostanze furono sviluppate discipline
scientifiche - come la matematica e la geometria, lottica,
la topografia, la geografia matematica e la cartografia, la
meccanica, lidrostatica, la pneumatica e lastronomia - e teorie
come leliocentrismo di Aristarco di Samo e la relatività dei
moti.
Conseguenzialmente, poi, alla maturità scientifica raggiunta,
è stata realizzata una tecnologia ampissima: ruote dentate,
cremagliere, clessidre ad acqua, astrolabi, catafratte, fari
, viti di Archimede, lenti, cannocchiali, catapulte a torsione
e altre macchine belliche e molto altro ancora di misconosciuto
o mistificato. Anche i giunti detti cardanici - perché attribuiti
a Gerolamo Cardano (1501 - 1576) - erano già stati descritti
da Filone. Cera insomma, già sufficiente teoria perché si producesse
idraulica, ingegneria, architettura, perfino qualche anticipo
di cibernetica, una medicina forse più moderna di quella odierna
(con la debita eccezione di quella che traeva le proprie informazioni
dalla vivisezione dei condannati a morte) e qualche fondamentale
rudimento di economia finanziaria.
Di tutto ciò abbiamo perso tracce e nozione, perché, prima i
romani, poi i cristiani hanno fatto tabula rasa. Si è trattato
di una rimozione radicale. Tanto è vero che, senza accorgersi
di far involontariamente dellumorismo, gli storici, di fronte
a quel pochissimo di cui è rimasto il segno, straparlano di
scoperte premature o di giocattoli di antichi che, più che
scienziati, sembrerebbero mattacchioni del tutto estranei ad
ogni contesto sensato. Così è poi stato possibile inventare
il Rinascimento ( o i rinascimenti) e attribuire al genio
dei vari Copernico, Galilei e Newton una rivoluzione concettuale
e tecnologica che - spesso per loro stessa ammissione (ignorata
bellamente) - in altro, dapprima, non consisteva che in una
più scrupolosa lettura delle poche fonti scampate al massacro
(per esempio, traduzioni eseguite dagli arabi).
Russo ricostruisce la vicenda con paziente e acuta intelligenza,
compiendo così quella che Marcello Cini, nella prefazione al
libro, definisce al contempo sensazionale scoperta archeologica
e importante teoria scientifica: ci hanno fregato e ci sono
tutti i presupposti poiché continuino a farlo. Non solo i suoi
risultati, ma anche la natura stessa della scienza è stata profondamente
mistificata. Ci troviamo ancora a fare i conti - per esempio,
nella fisica contemporanea - con una cultura che confondeva
ancora gli enti della teoria con gli oggetti reali e le contraddizioni
tutte nostre siamo perfino disposti ad attribuirle alla Natura
(come è accaduto nel caso del dualismo tra onda e corpuscolo
e nel principio di complementarietà). Sul prossimo millenio,
più che la scienza, aleggia lirrazionalismo più sfrenato e
le dosi cospicue di relativismi miscelate con teorie della
complessità dallambiguo retroterra ideologico ne sono lattuale,
preoccupante, prodromo più manifesto.
Sulla base di ciò che i poteri forti della Storia sono già riusciti
a fare e sulla base di quel stanno combinando oggi, sotto gli
occhi consenzienti di tutti, il pessimismo di Russo è ampiamente
condivisibile. Come la necessità della sua analisi per mantenere
viva la speranza di una futura opposizione. Tuttavia, proprio
nella consapevolezza di ciò, è auspicabile anche un supplemento
dindagine - non tanto sulle fasi dello sviluppo storico, quanto
piuttosto sulla nozione di scienza cui Russo, esplicitamente,
si riferisce.
La scienza di cui parla Russo è quella le cui affermazione non
riguardano oggetti concreti, ma enti appartenenti ad una teoria
organizzata secondo una struttura rigorosamente deduttiva
a partire da poochi assiomi fondamentali. Le applicazioni
al cosiddetto mondo reale sarebbero basate su regole di corrispondenza
che non fornirebbero mai una garanzia assoluta, nonostante
lassunzione del metodo fondamentale - quello sperimentale
- per controllare la validità. È questa la scienza che sarebbe
del tutto ignota negli antichi imperi, ancora nella grecia del
V° secolo a. C. nonché nelle opere di Platone e di Aristotele
e che, invece, può finalmente essere individuata nitidamente
nella civiltà ellenistica. Tuttavia, se è vero che di questa
scienza parla Russo, è anche verosimile che si possa parlare
di scienza intendendo un designato più esteso. Allorché nella
vita quotidiana si cerca di sanare una differenza rispetto a
qualcosa assunto come termine di riferimento, in fin dei conti,
si fa della scienza. Ovvero ci si pone in una situazione dove,
di principio, si possono ripetere delle operazioni ed effettuare
dei confronti. Metto dellacqua sul fuoco e dopo un po, di
solito, bolle. Se non lo fa o lo fa più tardi del consueto posso
sanare la differenza tirando in ballo il sale presumibilmente
contenuto nellacqua, o il fatto di trovarmi ad una certa altezza
sul livello del mare, o altro ancora. Gli stessi enti matematici,
essendo costruzioni mentali, sfuggono alla logica risrtretta
che li vorrebbe o oggetti concreti (inesemplificabili in quanto
oggetti di scienza) o enti teorici come palle da tennis
o elettroni). A mio avviso, in altre parole, non è possibile
escludere dalle procedure definitorie della scienza le operazioni
mentali che la costituiscono come tale. E facendolo si finisce
con il disegnare una storia umana contrassegnata da un momento
di discontinuità - rischiando di concedere ancora un credito
di ritorno a quel realismo che, costituzionalmente, risulta
strettamente funzionale agli interessi di chi della scienza
e della sua storia mantiene il dominio.
Felice Accame
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