Nessuna
bandiera
Cari compagni,
Sono talmente intorpidito che mi accorgo solo adesso che
"A rivista anarchica" è andata on-line
sulla "rete delle reti"... Anche se in ritardo, mi
congratulo di cuore per questa iniziativa. E da softwarista-ex-grafico,
mi congratulo anche per la qualità tecnica e visiva del
sito. Mi giudicherete un incredibile rompiballe se, però,
vi muovo una piccolissima critica? Probabilmente sì ma,
siccome sono effettivamente un incredibile rompiballe, ve la
muovo ugualmente.
Il vostro sito, come duso, ha una piccola sezione in lingua
inglese. E, come duso, il link a questa sezione e` marcato
da una piccola icona con i colori della Gran Bretagna (il famoso
Union Jack). Ora, a prescindere dal fatto che linglese
è una lingua internazionale e che lo Union Jack
è la bandiera del solo Regno Unito (che ne penseranno
i compagni americani, canadesi, australiani di essere rappresentati
dalla bandiere di un paese straniero?), ritengo che la bandiera
di uno STATO non sia un simbolo adeguato per rappresentare una
lingua - almeno non a casa degli anarchici! Lo so che siete
impegnati in cose ben più importanti ma, quando avete
un ritaglio di tempo, non potreste trovare un simbolo più
adatto per rappresentare questo glorioso idioma, in sostituzione
del vessillo di unex potenza coloniale che, a suo tempo, schiavizzò
mezzo mondo? Visto che mi sono spinto tanto oltre, butterò
lì la mia personalissima soluzione: perché non
rappresentare graficamente una determinata lingua con un piccolo
ritratto del suo più celebrato vate?
Daccordo, forse il bardo Guglielmo non sarà stato
un compagno, ma il suo faccione barbuto è certo più
degno di rappresentare la lingua inglese che non quello straccio
grondante sangue! Nel mio piccolo, questa e` la soluzione che
ho utilizzato nella mia home page ("www.geocities.com/Tokyo/1763/italiano.html",
liberi di prendervi quel che vi serve): Shakespeare per linglese,
Alighieri per litaliano e, se dovessi in futuro aggiungere
altre lingue, Goethe per il tedesco, Lao-zi per il cinese, Zamenhof
per lesperanto, e cosi` via, ad nauseam.
Ciao
Marco Cimarosti
(cima@rete039.it)
Noi
terroristi?
(Copia dalla lettera inviata alleditore Sergio Bonelli)
Sono un "ragazzo" di 40 anni e da quando imparai
a leggere sono sempre stato un fan degli albi bonelliani; compro
sempre i primi numeri di ogni nuova serie e poi decido se farne
raccolta o meno. Comprai anche il primo numero di JULIA, pur
non essendo molto appassionato di gialli o polizieschi e devo
dire che la figura di questa nuova eroina mi colpì per
la sua atipicità nel mondo fumettistico dove alle donne
viene quasi sempre assegnata unimmagine molto accomodante dellimmaginario
maschile e/o maschilista. Continuai pertanto ad acquistare lalbo
facendomi coinvolgere da un genere a me solitamente ostico;
ma nel n° 4 (Diluvio di fuoco, pagg. 34 e 56) è
avvenuta una caduta di stile che non mi sarei mai aspettato;
mi riferisco ai presunti autori degli attentati dinamitardi
definiti: "Gruppo anarchico....di fanatici individualisti
con il culto delle armi e della superiorità della razza
bianca".
Da tale definizione emerge, a mio avviso, una grave incompetenza
riguardo luso di una certa terminologia politica, tanto più
grave in quanto veicolata da un "media" così
diffuso, soprattutto fra i giovani. LAnarchia è un ideale
di libertà, solidarietà e fratellanza che non
ha nulla a che vedere con pratiche razziste violente e brutali
proprie dellarcipelago nazi-fascista né con concetti
religiosi, essendo, quello Anarchico, un movimento assolutamente
ateo.
Lanarchico bombarolo è una figura ormai consegnata
alla storia e comunque tale violenza era diretta contro sovrani,
dittatori o altri sfruttatori delle classi sociali più
deboli e mai contro la gente e in modo indiscriminato. Già
subiamo una malainformazione ad opera di stampa e TV... non
mettettevici anche voi: P.zza Fontana docet !
Spero pubblichiate questa lettera o almeno parte di essa
per poter considerare tale episodio un "incidente di percorso"
e poter così continuare a leggere JULIA.
P.S.: non costringetemi ad usare Internet per diffondere
questo scritto e scusatemi per questa "minaccia"...
ma con gli ideali non si scherza!
Mauro Bussini
(Treviglio)

Un
grazie a Giampietro N. Berti
Sono un abbonato di A e volevo esprimere tutto il mio
consenso per un libro di straordinaria chiarezza e lucidità
nel riportare idee e lotte antiautoritarie del pensiero anarchico;
il libro è Il pensiero Anarchico di G. Berti, anche se
io sono molto affascinato dai pensatori come Warren, Spooner
e Tucker, o più recenti come Goodman, penso che lanarchismo
debba essere un miscuglio di tutti questi liberi pensatori,
ed evitare sempre che gli anarchici si facciano portatori di
idee integraliste e totalitarie, questo lo dico per esperienza
ma credo anche che il confronto e la ricerca arricchiranno in
libertà il pensiero anarchico, sempre tenendo fermi e
saldi i principi etici dellanarchismo senza per questo diventare
o essere dogmatici, e qui vorrei citare G. Berti "Oltre
a questo mi pare che nella paura di dare delle chiare definizioni
delluomo si nasconda una sorta di fondamentalismo neo ideologico
perché rifiutandosi di dire quello che luomo deve essere,
si finisce, in una sorta di gnosi rovesciata, per darne una
definizione ontologica negativa che non rispecchia certo quel
che tanti esseri umani sono".
Ciao
Vito Melziade
(parrucchiere anarchico Cesano Boscone)
Effetti
nocivi
Il Corriere della Sera ha dedicato due articoli (27
dicembre e 25 gennaio u.s.) alle piante geneticamente modificate
ed ai prodotti che ne derivano; commercializzati, salvo rare
eccezioni, senza lindicazione della loro innaturale specificità.
"Potrebbero essere lunica risposta realistica alla domanda
di cibo in continua crescita sul pianeta". Non lunica,
pensiamo, poiché, tanto per cominciare, basterebbe: ridurre
lo spreco alimentare nei paesi economicamente, ma non moralmente
progrediti; non distruggere gli alimenti la cui immissione sul
mercato ne abbassa il prezzo, ma non lutilità per gli
affamati; non sovvenzionare la distruzione di colture eccedenti
in alcune regioni del pianeta, deficienti in altre. Inoltre,
e da subito, intensificare la ricerca - indipendente da profitti
aziendali e da viltà politiche - sui danni che tali prodotti,
meglio chiamare degenerati, possono cagionare alla salute umana;
e renderne noti i risultati. Danni, alcuni dei quali in avanzato
corso didentificazione: come in terapia, linefficacia degli
antibiotici indotta da alimenti che contengano soja transgenica.
Il Corriere esclude perentoriamente leventualità
di danni, in quanto gli alimenti così modificati sono
sottoposti a controlli severissimi e capillari da parte di prestigiosi
organismi internazionali. Sia pur vero, ma il controllo riguarda
loggi, mentre gli effetti nocivi possono verificarsi, come
talora accade, dopo un uso prolungato e diffuso.
Per di più lassenza dellobbligo di indicare, sulla
confezione del prodotto, solo o misto ad altri, la sua natura
degenerata, priva il consumatore della libertà di difendersi,
(in dubiis abstine), di tutelarsi preventivamente, non
acquistandolo. Un gran vecchio giornale dovrebbe aver imparato,
dallesperienza, ad esser più saggio.
Franco Aragia
(Milano)
De
André rassegnato?
Egregio Direttore de La Repubblica ,
le scrivo con riferimento allarticolo "Una canzone
ti consolerà" dal Venerdì di Repubblica
del 5/2/99 (che allego in copia). (...)
È poca cosa, il giornalista, quando fa confusione
tra intimismo (pura concettualità) e solitudine (isolamento
costruttivo di chi si apparta volontariamente dal contesto sociale
evitandone i coinvolgimenti emotivi negli aberranti schieramenti
dettati da convenzioni o convenienze); quando racchiude la sacralità
della morte in unidea di vicenda minima; quando contraddice
se stesso parlando dei comunisti dacciaio con lanimo sentimentale
e canzoniero. Non ha rispetto per luomo De Andrè. Il
giornalista, quando lo definisce ottimo cantautore e bravo musicista,
perché in una sua visione meccanicistica del mondo lessere
umano lascia il posto al mestierante, che manipola le coscienze
dei poveri dementi sessantottini. Non ha rispetto per la vita,
il giornalista, pensando che le esperienze degli altri siano
poca cosa rispetto alle sue convinzioni.
Fabrizio De Andrè ha sempre letto nel panorama politico
giudiziario nazionale e non, dichiarandosi sui "casi"
che, a tempi stabiliti, lo Stato ci propina; e non è
un vacuo canzonettiere, né un deluso dalla politica,
quando afferma che "i notabili del nostro Paese, raggiunto
lapice del potere, non si (sono) limitati a saccheggiare i
loro simili di ampie porzioni di libertà col restringerne
le disponibilità economiche, ma (hanno) intaccato quei
principi democratici che garantiscono a tutti, come minimo,
una decorosa sopravvivenza"; e non è un mistificante
quando individua nello spauracchio della galera e delle sue
conseguenze pratiche lunico deterrente che lo Stato usa contro
la disintegrazione della coscienza collettiva.
Fabrizio De Andrè ha approfondito, con serietà
ed impegno, tutti i "moderni" temi, da altri superficialmente
strombazzati: le minoranze etniche, linfanzia, la droga, lalcool,
lemarginazione, la prostituzione, le "anormalità"
sociali, le classificazioni sessuali, listruzione, il problema
della lingua e la difesa degli idiomi locali; ma li ha affrontati
e descritti con la delicatezza di un poeta, che arriva al cuore
e nel cervello e in essi vi rimane finché la morte non
li ferma.
Fabrizio De Andrè, con le sue canzoni, quando non
gli era altrimenti possibile, ci ha spiegato la differenza di
classe, i compartimenti stagni che dividevano e dividono chi
la storia la fa da chi è costretto a subirla: la sua
scelta di vita fu, quindi, prima di tutto, un obbligo civile;
ci ha dimostrato, anche "con lansia di un cuore gonfio
e il pensiero velato", che ogni sistema di potere va contestato,
non fosse altro che per il desiderio di cambiarlo; e ci ha regalato,
con o senza chitarra, lidea del profondo ed eterno rimpianto,
se le future generazioni non sapranno attuare lassenza di Stato.
È tuttaltro che rassegnazione, quindi, il messaggio
di Fabrizio De Andrè, quando ci ha detto che la voce
del dolore è quella di chi non riesce a scrollarsi di
dosso regole e comportamenti uniformi, omologanti, quella di
chi non ha il coraggio di opporsi, di chi ha paura di assomigliare
a se stesso; è la voce delle maggioranze normalizzate
e vigliacche, che controvoglia danno il loro apporto alla difesa
dei confini del potere. Lesatto contrario, quindi, di quello
che farnetica il giornalista.
Ed in ultima analisi il nostro Fabrizio De Andrè,
quando è ormai radicata la convinzione che ogni progresso
si trasforma in povertà, come in un discorso escatologico,
ci accompagna nel mistero della compassione e della pazzia,
non già del suo elogio, considerando queste forme la
massima espressione di libertà da ogni condizionamento;
è un testamento di luce che ci ha lasciato.
Non mi dilungo altrimenti, egregio Direttore, ma le chiedo
la pubblicazione di questa lettera, non per un ulteriore elogio
post-mortem, bensì per dare voce (e ne sento tante
intorno a me) a chi ha avuto la fortuna e la gioia di imbattersi
in Fabrizio De Andrè e, di conseguenza, la pensa in modo
diverso dal mestierante opinionista.
Cordialmente.
Vincenzo Argenio
(San Nazzaro - BN)
Proprietà
e possesso
Compagni carissimi,
ho letto con interesse, sul n. 253 della nostra rivista,
lintervento di Pietro Adamo in tema di liberalismo e anarchia.
Non sono, ovviamente, daccordo, ma mi guarderò dallelencarvene
i motivi, perché il problema è troppo interessante
per ridurlo ad argomento di battibecco a due. Magari interverrà
qualcun altro. Solo, da un liberale come Adamo, non mi aspettavo
proprio lidentificazione della proprietà con il possesso.
Così è troppo facile.
Bacioni.
Carlo Oliva
I
nostri fondi neri
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Sottoscrizioni Michela Nava (Londra - Inghilterra),
15.000; Aurora e Paolo (Milano) ricordando Alfonso
Failla, 1.000.000; Carlo Decanale (Luserna San Giovanni),
100.000; Benedetto Valdesalici (Villaminozzo), 50.000;
Associazione culturale libertaria A. Bortolotti,
6.000.000; Lorenzo Guadagnucci (Toscanella di Dozza),
10.000; Tommaso Lamargese (Torino), 50.000; a/m Tiziana
Mantanari, parte ricavato dalla mostra collettiva
per ricordare Marina Padovese, tenutasi al C.d.A.
Il Ripicchio (Bologna), 850.000; Jack Grencharoff
(Quaama - Australia), 170.000.
Totale lire 7.225.000.
Abbonamenti sostenitori Maurizio Guastini
(Carrara), 500.000. Marco Valerani (Milano), 200.000;
Fabrizio Prete (Milano), 150.000. Roberto Ceruti (Albisola
Marina), 150.000.
Totale lire 1.000.000.
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