A partire dagli anni Venti, Valerio
Isca, di professione meccanico specializzato, fu attivamente
impegnato a New York nei movimenti anarchici di lingua italiana
e inglese. Possedeva una casa nella Mohegan Colony che divideva
con la moglie e compagna anarchica, Ida Pilat, traduttrice professionista,
morta nel 1980. Per oltre trentanni Valerio e Ida furono fedeli
membri del Libertarian Book Club, fondato nel 1945. Per Valerio,
i mentori più importanti sotto il profilo ideologico,
furono Peter Kropotkin, Errico Malatesta e Rudolf Rocker, che
conobbe a Mohegan e che finì per prendere come modelli
di riferimento. (Valerio scrisse una prefazione alledizione
italiana di Nationalism and Culture di Rocker, pubblicata nel
1960.) Valerio fù anche un grande ammiratore di Henry
David Thoreau, il cui ritratto era appeso a una parete del suo
cottage di Mohegan, con una copia di Walden tenuta aperta sulla
scrivania sottostante.
P.A.
Da Calatafimi a Broocklin
Mio padre era Giuseppe Isca (1857-1911),
nato a Monte Erice, una vecchia cittadina fondata dai greci
in Sicilia, collocata su una montagna, isolata e così
facilmente difendibile che nessuno è mai riuscito a conquistarla.
Mio padre era un guardaboschi, che lavorava per il governo italiano.
A causa del suo lavoro, dove dirigeva una piccola squadra di
un paio di uomini, era costretto a raggiungere la città
di Calatafimi, nella provincia di Trapani, a circa sessanta
chilometri da Palermo. Fu lì che nacqui, il 22 dicembre
del 1900. Mio padre, che era un conservatore, mi battezzò
Valerio Umberto Isca, in ricordo del re Umberto, assassinato
da Bresci allinizio di quellanno, ma di quel secondo nome
mi sbarazzai abbastanza presto!
Mia madre, Elvira Bandiera, era originaria di Napoli. Suo
padre (1820-1905) era di una città vicino a Venezia,
allepoca sotto la giurisdizione austriaca. Per evitare il servizio
militare, se nera andato a Siena, in Toscana. A Venezia aveva
fatto larmaiuolo, ma adesso lavorava come meccanico in un setificio.
A Siena incontrò una bella ragazza che si chiamava Rosa
Di Bartolo. Ebbero nove figli, cinque maschi e quattro femmine,
due di loro nacquero a Siena, gli altri a Napoli, dove andò
a stare, occupandosi di motori a vapore in una centrale elettrica.
Poi gli venne offerto un lavoro migliore a Trapani, sempre in
una centrale elettrica, e traslocò con tutta la famiglia,
anche se alcuni dei figli rimasero a Napoli.
Mia madre aveva tredici anni quando arrivò in Sicilia.
Suo padre, una volta andato in pensione, tornò a Napoli,
dove morì nel 1905.
A Trapani, nel frattempo, la mamma aveva incontrato mio
padre. Un uomo molto alto, quasi due metri, e biondo, non scuro
come me. Io somigliavo a mia madre, che era alta un metro e
sessantotto, e aveva i capelli e la carnagione scura. Era una
persona amabile e affettuosa. Morì nel 1946. I miei genitori
si erano sposati a Trapani, ma ben presto, a causa del lavoro
di mio padre, si spostarono a Calatafimi (dodicimila abitanti).
Tutti e sei loro figli nacquero a Calatafimi. Uno morì
alletà di soli cinque anni. Io ero il terzo figlio.
Frequentai la scuola elementare per un lustro, dai sei agli
undici anni. Il periodo migliore a Calatafimi era lestate,
quando andavamo nella vicina foresta su cui mio padre aveva
il compito di vigilare e nella quale avevamo una casa. Là
mi sentivo libero. Correvo tuttintorno senza fermarmi. Conoscevo
gli alberi a uno a uno. Fu allora che sviluppai il mio amore
per la natura e per i boschi.
Papà morì nel 1911. Io terminai lanno scolastico,
poi dovetti andare a lavorare per contribuire al sostentamento
della famiglia. Avevo dieci anni e mezzo. Rimasi due anni nello
stabilimento per la lavorazione del grano, un lavoro duro e
inumano, dalle sei del mattino fino alla sera tardi. Davo una
mano ad avviare il motore, pulivo lo stabilimento, e facevo
altri lavori strani. Poi lavorai per quattro anni in unaltra
fabbrica, dalle sei del mattino alle sei di sera. La situazione
era decisamente migliore - potevo vedere gli amici e frequentare
la scuola serale - la mia vita divenne più facile, anche
se il lavoro rimaneva brutale e noi eravamo estremamente poveri.
La guerra arrivò in Italia nel 1915, quando avevo
quattordici anni. Mio zio, che stava in una città vicina,
aveva bisogno di gente per la sua fabbrica - anche lui si occupava
della lavorazione del frumento - perché i suoi operai
erano stati chiamati dallesercito. Così venne a casa
nostra e mi prese a lavorare nella fabbrica di cui era uno dei
proprietari. Nel 1918 anchio fui chiamato nellesercito, dove
rimasi per nove mesi. Venni mandato alla scuola di aviazione
per imparare a costruire e riparare i motori degli aeroplani.
È lì che cominciai a specializzarmi come meccanico.
Dopo venni congedato dallesercito e tornai a casa. Tuttavia
non potevo più lavorare con mio zio, che aveva riassunto
i suoi vecchi operai e non aveva più posto per me. Lavorai
per nove mesi come assistente in un laboratorio che produceva
ferro battuto ornamentale, poi mio zio mi richiamò nella
sua fabbrica. Il caso mi fece incontrare Domenico Sallitto,
che veniva anche lui da Calatafimi, dove gestiva la caffetteria
di suo padre. Allora Sallitto era socialista, e anchio lo diventai.
Nel 1922, Josephine, la mia sorella maggiore, venne in America
con il figlio Frank - adesso vive a Brooklyn - per raggiungere
il marito a Jersey City, dove lavorava per la A&P. Io decisi
di andare con lei. Le possibilità di lavoro in Sicilia
erano minime, e la nostra famiglia era molto povera. Sulla nave
vidi un uomo che stava effettuando delle riparazione meccaniche.
Gli dissi che stava commettendo degli errori. Allora mi portò
dallingegnere capo, che mi chiese di lavorare per lui offrendomi
150 lire. Mussolini salì al potere poco dopo il mio arrivo.
Avevo intenzione di tornare in Italia, ma a quel punto decisi
di rimanere dove mi trovavo.
Inizialmente andai a vivere nella casa di mia sorella a
Jersey City. Mio cognato aveva un amico che era socio in unofficina
per la riparazione delle auto. Andai a lavorare con lui, riparando
automobili per diciotto dollari la settimana. Dopo alcuni mesi
ottenni un lavoro per la costruzione di marciapiedi, spingevo
una carriola per trenta dollari la settimana. Ma con larrivo
dellinverno il lavoro sinterruppe e non ce ne sarebbe stato
fino alla primavera, così trovai un posto alla Union
Carbide, per la fabbricazione di batterie a secco. Ero addetto
al tornio per ventitré dollari la settimana. Rimasi lì
per tre anni. Poi andai a stare a Brooklyn con la famiglia di
mia sorella (i figli erano diventati due). Vissi con loro per
sette anni - fino a che non andai a stare con Ida - facendo
avanti indietro tutti i giorni per raggiungere la Union Carbide
a Jersey City.
A Brooklyn vivevamo allincrocio tra Suydam Street e Central
Avenue. Un giorno incontrai per strada il fratello del ferramenta
per il quale avevo lavorato a Calatafimi. Lavorava per una compagnia
di Brooklyn che si occupava di attrezzature ospedaliere e mi
offrì un posto. Così lasciai la Union Carbide
e per i successivi due anni costruii barelle, scrivanie e tavoli
operatori - tutti in metallo - per gli ospedali. La compagnia
traslocò a Johnstown, Pennsylvania, e mi chiese di trasferirmi,
ma a quel tempo avevo già cominciato a vivere con Ida,
e lei non voleva lasciare New York, così rifiutai. Andai
a riparare automobili per la Studebaker. La fabbrica si trovava
a Brooklyn, al 101 di Dean Street, e ci rimasi per circa un
anno. Poi, nel luglio 1920, andai a lavorare per la Hospital
Supply Company di Manhattan, dove rimasi fino al 1943 costruendo
sterilizzatori.
Quando arrivai in America nel 1922 ero un simpatizzante
socialista, anche se non ero iscritto a nessun partito. Fu il
caso Sacco-Vanzetti che mi avvicinò alle idee anarchiche.
Lo stesso accadde per Ida e numerosi altri giovani radicali
di quel periodo. La forza motivante era la ricerca della giustizia
per questi due uomini innocenti. Eravamo fermamente convinti
- come lo sono oggi - che si trattava di una montatura per incastrarli.
A Brooklyn, dove vivevo con mia sorella, cera una società
di mutuo soccorso composta di gente che veniva dalla nostra
città della Sicilia. Mi venne chiesto di unirmi a loro.
Partecipai a una delle riunioni, ma fu terribile. Discutevano
tra di loro su questioni futili. Così rifiutai di dare
la mia adesione. Un vicino di casa mi propose di andare con
lui al Circolo Volontà, un club con una decina di membri
sulla Central Avenue, ricavato sul retro di un magazzino al
pianterreno. Erano un gruppo anarchico, leggevano LAdunata
dei Refrattari, ed erano per la maggior parte siciliani.
I loro sforzi principali erano dedicati alleducazione e alla
propaganda. Joe Parisi, lorganizzatore, era arrivato dalla
mia città anni prima e parlava un ottimo inglese.
Era il 1923, ci trovavamo nel pieno della campagna a favore
di Sacco e Vanzetti. Raccoglievamo il denaro da spedire ad Aldino
Felicani a Boston che si occupava della difesa. Tenevamo dei
comizi allaperto, agli angoli delle strade, per protestare
contro il trattamento riservato ai due uomini. Invitammo Luigi
Quintiliano, un amico di Sacco e Vanzetti, per parlare al nostro
club. Nel corso di questa agitazione ci unimmo a un altro gruppo
di Brooklyn chiamato Germinal, e così la nostra
forza crebbe fino a venticinque membri. Cera anche un altro
gruppo italiano, il South Brooklyn Anarchist Group, che
si unì alla campagna per Sacco e Vanzetti. Il gruppo
Bresci di East-Harlem si era sciolto, vittima della repressione
contro il Pericolo Rosso, prima del mio arrivo in America.
Anarchico
senza etichette
Durante quel periodo cominciai a leggere la letteratura anarchica.
Fra tutti gli scrittori anarchici, quello che ebbe la maggiore
influenza su di me fu Kropotkin, in particolare il suo La
conquista del pane, sebbene fossi profondamente commosso
dalle poesie e dalle opere di Pietro Gori. Naturalmente, leggevo
anche LAdunata, ma non sono mai stato favorevole al
terrorismo o allazione individuale, e ho sempre creduto nella
necessità dellorganizzazione, così non mi sono
mai trovato daccordo con Luigi Galleani e non ho mai aderito
ai suoi gruppi. Una volta ho preso la parola a un incontro del
gruppo spagnolo di Manhattan, al quale era presente Frank Mandese.
"Valerio", disse, "perché non predichi
la violenza a questo gruppo?". Ovviamente, rifiutai.
Ma non ho nemmeno fatto parte dei gruppi di Carlo Tresca,
nonostante avessi una certa simpatia per le sue idee. Non sono
un individualista né un sindacalista, ma piuttosto un
anarchico del genere di Malatesta, un anarchico senza etichette
o prefissi. In realtà, più che anarchico, preferisco
essere definito un libertario. Il termine "anarchico"
spaventa la gente, la allontana, distrugge il nostro seguito
potenziale.
Negli anni Venti e Trenta cerano ancora molti anarchici
italiani in America. A Barre erano soprattutto minatori, a Lynn
lavoravano nelle fabbriche di scarpe, a New York come camerieri,
barbieri, idraulici, operai tessili e muratori. A Westfield,
New Jersey, era attivo un gruppo italiano, soprattutto seguaci
di Tresca, ma solo uno è ancora vivo, è Charles
(Carmelo) Briguglio.
Armando Borghi ebbe un ruolo limitato nel movimento americano.
Borghi giunse in America dal Canada negli anni Venti, dopo lascesa
al potere di Mussolini. Andò a trovare Sacco e Vanzetti
in prigione. Il viaggio gli venne pagato dal South Brooklyn
Group, e la sua compagna, Virgilia DAndrea, lo raggiunse
più tardi. Un compagno del New Jersey andò a Parigi
a sposarla così da permetterle di diventare cittadina
americana. Inizialmente, quando la sua presenza era legale,
Borghi teneva conferenze, scriveva e si costruì un certo
seguito. Ma il console italiano di Boston si diede da fare per
fargli ritirare il passaporto, e quando il suo permesso scadette
gli fu impossibile ottenere il rinnovo, così venne arrestato
e inviato a Ellis Island per la deportazione.
Era il 1930. I compagni fecero una colletta per raccogliere
i 2500 dollari necessari alla libertà su cauzione. Borghi
si nascose a casa mia. Ida e io vivevamo sulla West Thirteenth
Street a Brooklyn (Gravesend Bay), e lui rimase con noi per
un mese. Virgilia, che allepoca si trovava in California, riuscì
a venire da noi per una settimana. Quindi la situazione si raffreddò.
Borghi e Virgilia andarono a vivere con John Vattuone, che stava
anche lui a Brooklyn, prima di prendere in affitto un appartamento
da soli. Fu lì che Virgilia morì di tumore nel
1933. Per il movimento fu una tragedia.
Quando Borghi passò alla clandestinità, la
sua influenza sul movimento cominciò ad affievolirsi.
Sebbene fosse fondamentalmente un sindacalista, egli scrisse
anche per LAdunata sotto diversi pseudonimi (Etimo Vero,
Girarrosto ecc.). Venne deportato nel 1947 e diventò
direttore di Umanità Nova in Italia. Borghi era
prima un anarchico e poi un sindacalista, mentre Tresca era
prima un sindacalista e poi un anarchico. Ma né Borghi
né Tresca erano del livello di Malatesta o di Rudolf
Rocker. Borghi era un ottimo oratore e un bravo attore sulla
tribuna, ma non possedeva il loro portamento o il loro fascino.
Non era un granduomo come loro. Tuttavia, ovunque andò
ridiede slancio allattività. Non aveva rispetto per
i libri. Se aveva bisogno di una pagina, la strappava e se la
infilava in tasca. Questa cosa la fece anche con i nostri libri
quando viveva da noi. Virgilia, comunque, era una persona meravigliosa,
unoratrice gentile e raffinata. I suoi discorsi, che scriveva
e poi leggeva (era stata insegnante di scuola), erano capolavori
di eloquenza. Frequentò la scuola serale per imparare
linglese. Scrisse delle poesie, una più bella dellaltra.
Il movimento italiano in America fu sempre dominato dalle
personalità. Tresca aveva i suoi gruppi e LAdunata
i suoi, e tra di essi non cera nessuna cooperazione. Borghi
ricordava ai galleanisti che i "cosiddetti anti-organizzazionisti
erano il gruppo meglio organizzato". Tresca e Bruno [Raffaele
Schiavina] non andarono mai daccordo. Borghi definiva Osvaldo
Maraviglia, responsabile dellAdunata, "un gesuitello".
Entrambi i gruppi denunciavano il fascismo, ma su questo punto
darei maggior credito a Tresca. Fino a che rimase in vita, le
agitazioni antifasciste furono incessanti - per le strade, nelle
piazze, alle riunioni - mentre Bruno, essendo un residente illegale,
non poteva uscire allo scoperto e parlare agli incontri. Apparentemente
Tresca godeva di un seguito più largo, tuttavia nella
realtà i galleanisti erano altrettanto numerosi, anche
se dopo le irruzioni di Palmer e la dissoluzione del gruppo
di Bresci non si fecero più vedere per le strade. Erano
meno visibili del gruppo di Tresca, ma il loro gruppo era comunque
piuttosto rilevante. Tresca tentò di attirare i radicali
che stavano fuori del movimento anarchico, cosa che Bruno non
fece mai.
Il
caso Ferrero-Sallitto
Nel corso degli anni Trenta il governo
cercò di deportare Sallitto e Ferrero, che aveva un piccolo
ristorante a Oakland, California. Dopo il loro arresto, Sallitto,
originario della mia stessa città, mi scrisse chiedendomi
aiuto. Io andai da Isaac Shorr, un avvocato e simpatizzante
anarchico specializzato nei casi di deportazione. Shorr mi disse
che la prima cosa da fare era spostare il caso a New York. Il
giorno in cui fossero stati arrestati, mi spiegò, avrebbero
dovuto cercare di andare a Ellis Island invece che in California.
Lui li avrebbe accompagnati e avrebbe presentato unistanza
di libertà provvisoria per mille dollari a testa.
Al fine di raccogliere il denaro, convocai una riunione
di compagni e amici allo Stuyvesant Casino allangolo tra Second
Avenue e Ninth Street. Illustrai la situazione e poi fu organizzata
la colletta. Ma tutto quello che riuscii a tirar su furono diciassette
dollari (eravamo in piena Depressione). Uscii dalla riunione
con il cuore a pezzi. Dovevo avere un aspetto da disperato,
perché un isolato più in là incontrai Rose
Pesotta che mi chiese cosa ci fosse che non andava. Glielo dissi,
e lei minvitò a seguirla: "Vieni con me".
Attraversammo la strada ed entrammo in un negozio di dolciumi
dove cera una cabina telefonica. Lei chiamò Philip Kapp,
tesoriere del Joint Board della ILGWU, e gli disse di inviare
un messaggero a Ellis Island la mattina successiva con duemila
dollari per la cauzione di Ferrero e Sallitto. Riattaccò
e mi disse di andarmene a casa e di non preoccuparmi.
Il giorno dopo Ferrero e Sallitto vennero rilasciati su
cauzione. Sallitto andò a stare da sua zia a Brooklyn,
e Ferrero venne a vivere con noi. Allora demmo inizio allagitazione,
organizzammo un comitato di difesa. A quel punto il Committee
for the Protection of the Foreign-Born, il comitato per
la protezione degli stranieri, organizzazione filocomunista,
si fece avanti per offrire i suoi servigi. Sallitto accettò
il loro intervento e il loro avvocato, una signora chiamata
King.
Non riuscimmo a fare granché fino a quando non venimmo
a sapere che Frances Perkins, segretaria del sindacato, stava
arrivando a New York per partecipare a un pranzo per festeggiare
il venticinquesimo anniversario di Mary Simkovic come direttrice
del Village Settlement House. Un piccolo gruppo, del
quale facevamo parte sia io che Bill Taback, si recò
dalla signora Simkovic per chiederle di farci incontrare la
signora Perkins. Lei ci accompagnò allinterno e ci disse
di attendere. Alcuni minuti dopo arrivò la signora Perkins
e noi ci alzammo dalle nostre sedie per salutarla. Lei disse:
"So perché siete venuti qui, e conosco il caso.
Per quanto Sallitto sia implicato, non abbiamo nessuna prova
che sia anarchico, così sarà rilasciato e la cauzione
verrà restituita. Di Ferrero, invece, abbiamo ampie prove
che è un anarchico - era il direttore di un giornale
anarchico e via dicendo. Il mio consiglio è di farlo
sparire, non si deve fare più vedere. Perderete mille
dollari, ma non cè nulla da fare". La ringraziammo
e ce ne andammo. Il giorno seguente Ferrero ci salutò.
Poi, così come ci aveva consigliato la signora Perkins,
dopo essere stato rilasciato su cauzione, scomparve, andò
a vivere in clandestinità in California, anche se di
lui non avemmo più notizie per molti anni.
Malatesta e lalcolizzato
Oltre al mio costante rapporto con i compagni italiani,
nel 1925 cominciai a frequentare le riunioni del Road to
Freedom Group, conosciuto anche come International Group,
perché i suoi membri erano di differenti nazionalità.
I suoi appartenenti si riunivano nel salone del gruppo spagnolo
(Cultura Obrera, più tardi Cultura Proletaria),
che aveva un centro sulla East Twenty-Third Street, vicino alla
Third Avenue. In quel periodo il gruppo spagnolo era il più
numeroso a New York, contava su circa duecento membri, alcuni
dei quali tornarono in Spagna durante la Guerra Civile. Diversamente
dagli anarchici italiani, gli spagnoli esercitavano una forte
influenza allinterno della comunità spagnola nel suo
insieme, frequentavano i suoi club sociali, si mischiavano agli
altri connazionali e diffondevano le idee libertarie. Questa
era una cosa che i galleanisti si rifiutavano di fare. Sotto
linfluenza di Galleani erano ben determinati a rimanere "puri"
e anti-organizzazionisti, e in questo modo si isolavano dai
potenziali proseliti. I compagni spagnoli, al contrario, avevano
un motto: "Tutto allinterno dellorganizzazione. Niente
al di fuori dellorganizzazione". Il loro modello era la
CNT-FAI di Spagna.
Frequentai il gruppo spagnolo con assiduità fino
agli anni Sessanta. Lì incontrai diverse volte, poco
prima della sua morte, Pedro Esteve. Una volta mi raccontò
un aneddoto su Malatesta. Lui e Malatesta erano stati insieme
in Spagna e successivamente a Londra. Malatesta non negava mai
una moneta a un mendicante. Una volta Esteve gli chiese: "Perché
dai soldi a quelluomo? Li userà soltanto per comprarsi
da bere". Malatesta replicò: "Ovviamente. Cosa
ti aspetti da lui, che si compri unautomobile?".
Al mio fianco Ida
Il Road to Freedom Group era formato da
elementi dellInternational Group che parlavano inglese.
Tra i suoi membri cerano Rose Pesotta, Walter Starrett (il
suo vero nome era Van Valkenburgh), sua moglie Sadie Robinson
(segretaria del gruppo), Lisa Brilliant e altri. Pubblicavano
un giornale intitolato The Road to Freedom. Anche i giovani
avevano un gruppo, chiamato The Rising Youth, che pubblicò
per breve tempo un giornale omonimo. Era stato fondato da due
figlie gemelle di un compagno ebreo che faceva lorologiaio
e si chiamava Goodman, ma in seguito decisero di entrare nella
Spinoza Society. Un altro membro era Benny Frumkin, figlio di
Leibush Frumkin della Fraye Arbeter Shtime, cresciuto
a Stelton.
Tutti gli anarchici - americani, spagnoli, italiani - lavorarono
insieme per sostenere la difesa di Sacco e Vanzetti. Nel 1927
partecipai a una riunione per Sacco e Vanzetti allInternational
Group, che allepoca si trovava sulla Twenty-Third Street.
Fu in quelloccasione che incontrai la mia compagna Ida, che
si trovava casualmente seduta al mio fianco. Allora il mio inglese
era davvero pessimo. Lei viveva tra la West Eleventh Street
e la Second Avenue con Clara Larsen. Lavorava come interprete
per la Keystone Driller Company, una società che si occupava
di trivellazioni petrolifere.
Cominciammo a frequentare insieme feste danzanti e riunioni
e due anni più tardi, nellaprile 1929, decidemmo di
andare a vivere insieme. Mi disse che era nata a Odessa nel
1900, il mio stesso anno, ma successivamente scoprii che in
realtà era più vecchia di quattro anni, era nata
nel 1896. La notte dellesecuzione di Sacco e Vanzetti, incidentalmente,
stavo partecipando a un raduno in Union Square insieme a un
compagno italiano. Quando si diffuse la notizia dellesecuzione
cominciammo a urlare senza controllo. La gente cominciò
a sfollare e noi tornammo a Brooklyn con la metropolitana. Quando
uscimmo alla stazione di Montrose Street stavamo ancora urlando.
Un poliziotto ci vide e ci disse: "Allora li hanno ammazzati".
Capiva perché stavamo piangendo. Non lo aveva detto per
vantarsi.
Il Road to Freedom Group, tra il 1928 e il 1931 organizzò
un campo estivo a Croton e poi al lago Mohegan. Ida solitamente
ci andava nei fine settimana (nei giorni infrasettimanali lavorava)
e io andavo a trovarla. Vivevamo in una tenda, e negli anni
successivi decidemmo di piantare una tenda nel periodo estivo
a casa del dottor Domenico Cascio nelle Highlands, New jersey.
Ida amava la vita allaria aperta ed era una grande camminatrice,
a dispetto della sua fragilità fisica - era alta un metro
e mezzo e non pesava nemmeno quaranta chili. Ida rimase incinta
nel 1931, ma il medico disse che era troppo debole per portare
a termine una gravidanza e che avrebbe rischiato di morire.
Così le diede alcune pillole e tutto finì lì.
Quando la Keystone Driller fece bancarotta, a causa della
Depressione, Ida lavorò per alcuni anni come segretaria
del Pioneer Youth Camp, sotto la direzione di Alexis Ferm. Noi
visitammo la Arden Colony nel Delaware e incontrammo
Frank Stephens, un amico di Emma Goldman. Ida diventò
interprete e capo ufficio di una società di export fino
a che non andò in pensione negli anni Sessanta.
Ogni anno facevamo un viaggio - Italia, Maine, la zona settentrionale
dello Stato di New York. A partire dal 1931 talvolta affittavamo
una casa a Stelton per le nostre vacanze estive. Ida e io ci
sposammo nel 1939, poco dopo lesplosione della guerra in Europa.
Lei fu molto contenta.
Nel 1955 comprammo una casa a Mohegan. Milly Rocker morì
laggiù nel novembre dello stesso anno, e Ida tradusse
il tributo che le aveva scritto Rudolf in inglese, e che venne
pubblicato da Joseph Ishill come pamphlet. Ishill, come me,
era un membro del Thoreau Fellowship. Mohegan era molto
più bella di Stelton, ma a Stelton cera la Ferrer School
e una vita sociale meravigliosa. Ogni sabato sera cera un motivo
per andare a scuola, e ogni domenica cera unoccasione offerta
dal The Road to Freedom o dal Fraye Arbeter Shtime.
Io ero molto amico di Rudolf Rocker, che incontrai per la prima
volta nel 1934 allAmalgamated Coops, dove viveva dopo essere
arrivato in America. Visse laggiù per un paio di anni
prima di venire a Mohegan. La sua casa venne comprata per lui
dal Fraye Arbeter Shtime, che stabilì per lui
un vitalizio. Quando Rudolf morì, la casa andò
al figlio Fermin. Io ero impressionato dallumiltà di
Rocker. Non si vantava mai, non guardava mai nessuno dallalto
in basso. Ma era orgoglioso di essere stato un amico di Malatesta.
Quando parlava di Malatesta il suo sguardo silluminava. Aveva
una memoria fantastica e poteva parlare per due o tre ore senza
perdere il filo dei suoi pensieri o lattenzione del suo pubblico.
Una
questione di educazione
Io stesso sono orgoglioso di avere contribuito
in modo decisivo alla pubblicazione in lingua italiana del suo
Nationalism and Culture. Trovai i canali giusti, raccolsi
il denaro e convinsi Rocker ad aggiungere un nuovo capitolo
di aggiornamento. Lo scrisse in inglese e Ida lo tradusse. Il
libro venne pubblicato in due volumi, il primo a Napoli e il
secondo a Pisa. Le copie rimaste furono inviate a mie spese
ai gruppi anarchici di tutta Italia che le poterono vendere
e utilizzare i proventi come sottoscrizione. Più tardi,
anche un altro libro di Rocker, Pioneers of American Freedom,
venne pubblicato a mie spese dalle edizioni Antistato di Milano
(I pionieri della libertà, Milano).
Nel 1938 mi venne diagnosticato il morbo di Parkinson. Tuttavia
fui in grado di continuare a lavorare, e lavorai per le Berger
Industries di Maspeth come macchinista e caporeparto dal 1943
al 1970, lanno in cui andai in pensione. Durante questo periodo
ho passato le estati e i fine settimana a Mohegan, ho scritto
per Controcorrente di Felicani e sono stato attivo, come
Ida, nel Libertarian Book Club. Ida è morta nel 1980
e da allora sono rimasto solo.
Le mie idee sullanarchismo non sono cambiate di molto.
Per me lanarchismo rimane innanzi tutto una questione di educazione.
Lanarchismo è, nella sua sostanza, una filosofia etica.
Quando un uomo comprende che è immorale sfruttare
un altro uomo ed è immorale opprimere un altro uomo,
e quando si rifiuta di farlo, vuol dire che quelluomo è
diventato un anarchico. Questo, per quanto mi riguarda.
Valerio Isca

Valerio Isca (al
centro) tra Federico Arcos (a sinistra) e Attilio Bortolotti.
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