Rivista Anarchica Online


Tai, la terra sopra il cielo
Intervista di Giuseppe Gessa
a Micaela Montaldo, Silvia Ortelli, Ludovica Tagliabue, Elena Riva, Mara Silva
dell'Associazione Tai.

E se le nostre malattie fossero salutari?
Una provocazione e il racconto di un'esperienza in atto.


Rembrandt, La lezione d'anatomia del dottor Tulp, 1632

Cosa è l'associazione Tai?

L'associazione Tai nasce nel 1998 da un gruppo di 12 terapeuti all'interno della cooperativa Alekos.
Lo scopo dell'associazione è di informare in ogni modo l'opinione pubblica su tematiche inerenti l'educazione alla salute, all'ecologia e all'ambiente, alle tradizioni e culture dei popoli. L'associazione intende inoltre promuovere a livello sociale la riflessione, la conoscenza e il confronto sullo stato dell'uomo in relazione organica con il contesto in cui vive, vale a dire un approccio olistico alla salute e alle attività intraprese, rispetto alle quali si vuole favorire una quanto più ampia interdisciplinarità e interconnessione.

Quali sono le attività svolte?

Corsi di educazione alla salute e di autocura (Riequilibrarsi attraverso l'esperienza artistica, dieta: curarsi con l'alimentazione, gemmoderivati e fitoterapici associati, automassaggio Shiatsu, medicina dell'orecchio, oligoelementi, ecologia) e consulenze diagnostiche (iridologia, medicina tradizionale cinese)
Teniamo a precisare che i nostri corsi sono aperti ai soci dell'associazione e che prevedono momenti teorici e momenti pratici integrati tra loro. Il nostro scopo è quello di favorire nei partecipanti una presa di coscienza sul proprio stato di benessere/malessere proponendo semplici azioni quotidiane che forniscano gli strumenti per un percorso di autocura.

Quale è la storia dell'associazione?

L'associazione nasce dall'esigenza di una medica agopuntrice di confrontarsi con altri terapeuti sul tema della salute come bene primario da svincolare dalla logica delle prestazioni specialistiche a pagamento, ricercando percorsi alternativi alla prassi che vede il medico come unico depositario delle conoscenze necessarie al benessere del paziente.
Dopo una fase di confronto il gruppo ha focalizzato alcuni punti che ritiene fondanti:
1) perseguire un concetto di salute globale: l'uomo è in relazione all'intorno sociale e ambientale nel quale vive
2) considerare la salute un bisogno primario: abbiamo scelto di non vagliare i servizi forniti agli associati secondo criteri economici, ovvero differenziazione dei contributi a seconda delle possibilità
3) stimolare la responsabilizzazione e la riappropriazione dello stato di salute.
In seguito si sono aggiunte altre persone con competenze differenti nel campo della salute, che condividevano un'idea del lavoro di équipe che tenesse conto delle varie specificità, senza ingabbiarsi in una linea unica di approccio alla cura.
Consci del fatto che la salute non possa essere isolata dai diversi contesti della vita delle persone, soprattutto il lavoro, e tenendo conto che tre dei terapeuti ne erano soci, abbiamo scelto di nascere all'interno della cooperativa Alekos.
La cooperativa Alekos nasce nel 1993 con l'intento di realizzare e sperimentare un'ambiente di lavoro e mantenimento economico dei partecipanti che permettesse loro di esprimere le potenzialità personali con attenzione al rispetto di tempi e modi di lavoro di ognuno e con un approccio multidisciplinare con integrazione delle specificità, con una distribuzione degli stipendi in base ai bisogni, e non in base alla quantità del lavoro svolto o alla sua redditività. Quest'unione è stata motivata dalla necessità di considerare anche i fattori economici e culturali che spesso determinano gli squilibri psico-fisici delle persone e di ipotizzare proposte alternative di soluzione.
Abbiamo praticato questa comunione per circa due anni, condividendo e integrando i reciproci percorsi; anche se ci siamo man mano resi conto che uno spazio di cura ha bisogno di tempi, ritmi e attenzioni in alcuni casi non conciliabili con un ambiente di lavoro ad elevata socialità, quale è la cooperativa. Per questo motivo, pur riconoscendo l'idealità e la sinergia di percorso e di intenti, abbiamo optato per la ricerca di un luogo che favorisse in tutti i suoi aspetti il percorso di ascolto e di cura.

In cosa consiste la vostra idea del lavoro di equipe?

Partiamo dalla semplice constatazione che nessun metodo terapeutico, di per sè, è in grado di sviluppare un approccio organico necessario a inserire l'uomo e le sue malattie all'interno dell'ambiente e del contesto sociale nel quale vive, lavora, si ammala. Siamo stimolati dalla volontà di valorizzare, in un ottica di non gerarchizzazione dei ruoli, la singola specificità dei terapeuti, la storia personale e le risorse dei soci che a noi si rivolgono.
Il nostro non è un gruppo omogeneo per formazione, competenze e biografie: il lavoro al nostro interno è incentrato sulla sperimentazione di modalità relazionali tese a:
1) favorire il confronto fra i diversi terapeuti su singoli casi: in questo modo ricerchiamo un'integrazione tra punti di vista differenti
2) offrire ai soci un ventaglio di percorsi di autocura ponendoli nella condizione di scegliere quello che sentono più appropriato in un determinato momento della loro vita
3) fornire le conoscenze di base indispensabili per la consapevolezza e il percorso di autocura.

Su cosa è basato, secondo voi, uno stato di buona salute?

Per salute intendiamo quello stato che in un tempo dato e una persona data, permette all'individuo di manifestare ed esprimere le sue peculiarità. Quindi, al limite, può essere anche uno stato patologico. Ci sono persone che stanno bene con i loro sintomi, quello è il loro modo di vivere ed esprimersi. Non esiste un a priori astraibile di salute, ogni persona ha un proprio sistema di equilibrio differente, che è il migliore per quella singola persona.
Bisogna valutare caso per caso, verificare ogni sintomo e collocarlo all'interno della biografia di quella persona, cercando di capire se è in grado o meno di fare a meno del sintomo. Questo significa gestirsi un nuovo equilibrio, dato che, tolto il sintomo, si arriva a svelare ciò che di più profondo ha determinato il sintomo stesso.
Altre volte si può agire sul sintomo, consapevoli che non sempre si possono eliminare le cause sottostanti, perciò il sintomo continuerà ad emergere.
In uno stato esistenziale convivono entrambe queste situazioni, ascoltando un paziente, quello che dice di sé, si possono mettere in relazione tutta una serie di condizioni, che non necessariamente sono dei sintomi, ma sono degli eventi, fanno parte della sua vita e hanno un significato per quella persona.
In altre parole, non crediamo l'accanimento terapeutico metodologicamente corretto. Fondamentale invece la capacità d'ascolto del terapeuta e la capacità di far sorgere domande al paziente fornendogli elementi per intraprendere un percorso di conoscenza di sé e di autocura. È importante dare al paziente delle indicazioni perché impari ad ascoltarsi, rendendolo indipendente. È il soggetto stesso che deve in prima persona prendersi carico di sé stesso, il medico può creare delle condizioni, può suscitare delle domande, può favorire il percorso.
Il divario di conoscenze tra medico e paziente non presuppone quindi necessariamente l'instaurarsi di un rapporto gerarchico e di dipendenza.
Questo approccio alla salute e alla cura è uno dei punti di vista che caratterizza l'associazione.

Da quello fin qua detto mi sembra di capire che abbiate scelto di dare soprattutto spazio ad un discorso di tipo preventivo legato ad un progetto di autoeducazione alla salute...

Pensiamo che un lavoro sulla prevenzione, come già accennato sopra, parta proprio dalla considerazione che la gestione del proprio benessere dipenda dalla persona stessa e per questo noi cerchiamo di favorire l'autonomia e la comprensione delle ragioni che ci portano allo stato di malessere e delle possibili soluzioni che ogni individuo può adottare.
Vengono da noi persone il cui malessere è determinato da una quotidianità fatta di tempi, di lavoro, di situazioni sociali che si reiterano e che rendono necessaria una presa di coscienza della necessità di uscirne da parte della persona stessa. Difficilmente qualunque tipo di intervento terapeutico senza essere preceduto da questa presa di coscienza può mantenere a lungo i suoi effetti curativi.
Prevenire significa anche saper osservare il proprio corpo. È importante rieducarsi ad un attenzione fiduciosa a quello che ci dice il corpo, superando quella dicotomia tra psichico e fisico che ci caratterizza. Nella medicina cinese non è concepibile una sfera psichica separata da quella fisica, ogni organo ha una parte più sottile di energia che noi traduciamo con il termine psiche. Non bisogna però dimenticarsi che un buon funzionamento del corpo dipende anche dall'ambiente in cui si vive. Per ambiente si può intendere: l'aria che si respira, l'alimentazione, il ritmo delle nostre giornate, l'ambiente fisico, umano e sociale in cui viviamo, le forme di inquinamento chimico e fisico a cui siamo sottoposti...

...e a questo punto si aprono gli orizzonti. Salute non solo come terapia ma come riflessione più ampia...

Occuparsi di salute inevitabilmente significa avere dei rimandi molto ampi legati ad un discorso sociale e politico. Malattia e salute non possono essere solamente condizioni individuali ma sono lo specchio dei problemi sociali e culturali dell'epoca in cui l'individuo si trova a vivere.
Abbiamo affrontato ad esempio il modello economico imperante cercando di connetterlo alle conseguenze sulla salute e ai modelli di cura che propone e sviluppa.
Per questo motivo come associazione Tai abbiamo scelto di non richiedere un contributo uguale per tutti i soci ma di dare alla singola persona la responsabilità di interrogarsi e di scegliere come contribuire al mantenimento dell' associazione.
Questa modalità ci permette di considerare costitutiva per il benessere dell'individuo e della società la relazione, il rapporto umano e la fiducia reciproca.

Proviamo a definire concludendo la questione delle cosiddette medicine alternative e della dicotomia con la medicina prevalente nel nostro sistema culturale.

Quando si parla di medicina alternativa si intende di solito una serie di tecniche differenti dalla medicina cosiddetta allopatica, una medicina che utilizza l'agopuntura piuttosto che l'omeopatia, lo shiatzu... Ragionando tra di noi abbiamo preferito considerare l'approccio che applichiamo non tanto alternativo nelle metodiche ma quanto nel significato che noi diamo al termine di salute, alla relazione con il paziente, considerando la malattia come segnale del corpo, come momento di equilibrio e di ripensamento personale. Cerchiamo di avere una visione olistica in cui non ha senso cercare dicotomie e separazioni. Nessuno di noi esclude l'utilizzo dei contributi che può offrire, ad esempio, un antibiotico o la chemioterapia, che in molti casi risultano fondamentali. Il mondo è pieno di medici "alternativi" i quali dispensando le loro cure non pongono il paziente nella condizione di prendere coscienza della sua situazione. La figura del medico rimane quella di un dispensatore di ricette e di farmaci, sia pure alternativi alle preparazioni di sintesi. Spesso, ad esempio, nei libretti che dovrebbero spiegare "l'omeopatia per famiglie" il lettore sa che farmaco prendere di fronte a un determinato problema ma non è messo in grado di interrogarsi su cosa significa il suo malessere, e sul fatto che non può essere assimilato a quello di un'altra persona che soffre degli stessi sintomi.
Il nostro è un percorso di ricerca nel quale non abbiamo schemi di riferimento fissi ai quali appoggiarci per interpretare la realtà.
Invitiamo tutti coloro che hanno esperienze, riflessioni e proposte a mettersi in contatto con noi.

Intervista a cura di Giuseppe Gessa


via Tadino, 60
20135 Milano
Tel. (provvisorio presso la
Cooperativa Alekos) 0239264592