Rivista Anarchica Online


La verità del
pipistrello

a cura di Carlo E. Menga

Nel De docta ignorantia il filosofo rinascimentale Niccolò da Cusa sosteneva la dottrina metafisica dell'incommensurabilità tra l'essere e la conoscenza umana, dove per essere egli intendeva ciò di cui nulla può essere maggiore, cioè Dio, cioè la verità. Per quanto l'uomo si sforzi di conoscere la verità, non potrà mai raggiungere questo risultato, che giace su un piano trascendente rispetto al mondo di cui la medesima conoscenza fa parte. Egli è perciò condannato all'ignoranza. Tale ignoranza si fa però dotta nel momento in cui non rimane mero non sapere, ma diventa consapevolezza di sé, il socratico sapere di non sapere, che acquista valore di principio e fondamento di ogni conoscenza umana.
Fino a qualche tempo fa mi si poneva il problema se a questa dottrina doveva ricondursi l'interpretazione dello spot televisivo in cui la solita donna intervistata con la solita finta presa diretta (finta perché svolgente la funzione/finzione della testimonianza non sospetta) esaltava le preclare qualità del deodorante ascellare DOVE (pronuncia 'dav', che in inglese significa 'colomba', che è il simbolo della purezza e della pace ma che sul mio balcone, in micidiale sinergia con alquanti suoi conspecifici, scacazza come un maiale, bombardando chirurgicamente i miei gerani. Qualcuno deve anche spiegarmi perché il povero CAREFREE nessuno lo pronunci 'kèrfrìi', come andrebbe. Misteri della fonologia televisiva). In tale miracoloso e pervicace deodorante colei trovava infatti l'impareggiabile toccasana di ogni sua traspirata puzzetta, mentre tutti gli altri che in precedenza aveva provato, a suo dire non la "soddisfavano" (sic). Non mi stupisco, né entro nel merito della di lei soddisfazione - ognuno ha le ascelle che si merita -. Ciò che mi sconvolge è la ricerca della motivazione dell'uso del bieco solecismo. Inconveniente della diretta, o finto errore astutamente programmato per dare credibilità all'intervista? Ignoranza semplice dell'intervistata e/o ignoranza dotta del medium? Il massacro della coniugazione del verbo 'soddisfare' era fuga di effetti indesiderati o implicava calcolato tentativo di induzione al più stretto identificarsi di un pubblico trattato da babbione con la vera realtà, quella dell'ignoranza, operazione in accordo con la dottrina del Cusano?
Mi tormentavo tra i corni dell'atroce dilemma, quando, il 31 maggio, durante la trasmissione su Raiuno di Domenica in, assistendo al gioco del "palloncino" condotto dall'oriunda argentina finta tedesca Anna Falchi, ho avuto finalmente il satori, da fare invidia, credo, al più smaliziato dei maestri zen. Ai miseri mortali che ignorano il gioco del palloncino, spiegherò che si tratta di una versione teatralizzata del gioco di società con carta e penna denominato 'nomi-animali-cose ...' noto a tutti gli studenti annoiati che si sono riuniti senza alcuna voglia di studiare nel salotto buono degli ignari genitori, tramandato dagli anni sessanta da quegli studenti, divenuti a loro volta genitori, e mantenuto in vita negli altrettanto annoiati dopocena e trasmesso geneticamente ai propri figli, ora adolescenti. Si tratta di uno degli esiti più duraturi del sessantotto, e consiste nell'elencare entro un tempo limite almeno un elemento, per un numero dato di categorie, la cui iniziale sia una lettera prescelta prima di far partire il cronometro o un suo succedaneo.
Nella versione falchiana, il tempo limite è scandito da un palloncino provvisto di breve miccia. Alla consunzione di questa corrisponde l'esplosione di quello, nelle mani del malcapitato che non è riuscito a rispondere e a passarlo per tempo all'avversario adiacente, venendo così eliminato dal gioco.
Orbene, in quella fatidica ultima puntata, alla richiesta di 'uccelli con la P', qualcuno dei partecipanti, al suo turno risponde: "pipistrello!". Pur essendo giustificabile chi, in preda all'emozione di stringere una bomba tra le mani, scambi per uccello quello che tutti i ragazzi delle medie, se non delle elementari, sanno essere un mammifero dell'ordine dei chirotteri, dato che in quelle circostanze il suo sistema nervoso non reagisce con la corteccia, bensì con le zone più profonde del talamo o del limbo, non altrettanto giustificabile è l'indifferenza acritica dei concorrenti circostanti, di solito pronti a censurare l'errore altrui o il 'già detto!', o peggio dei 'giudici' o 'notai' ufficialmente preposti alla bisogna. Da Magalli a Solenghi nessuno fa una piega e il pipistrello vola via sulle sue ali d'uccello, fino alla fine del giro, come un delfino preso per pesce, come un verme nato per generazione spontanea. L'ignoranza appare crassa, la diretta in questo caso è vera, la dottrina di Cusano è confutata, e revocata in dubbio l'interpretazione della furba ignoranza della colomba di DOVE (anch'essa un uccello, si badi). E forse anche in quel caso la scelta di 'soddisfavano' al posto di 'soddisfacevano' è da imputare a inibizione corticale, stavolta per lo stress della finta diretta.
Tra l'altro il gioco ha termine, durante l'ultima prova 'animali con la T', con la iniqua sconfitta di Solenghi, cui Magalli, particolarmente acido e protervo nella circostanza, essendo stato insolitamente eliminato ben prima del volo del pipistrello, contesta il "tritone" sostenendo che si tratti esclusivamente di animale mitologico, né cessa di dubitare neanche a gioco concluso, quando, con colpevole ritardo, la voce fuori campo di un 'giudice', evidentemente previa affannosa consultazione di enciclopedia, asserisce giustamente trattarsi di un anfibio (Magalli: "sì, un mezzo da sbarco!").
Conclusione triplice: 1) in Italia alcuni giudici hanno meno effetto della moviola; 2) gli italiani sono un popolo di umanisti e conoscono molto meglio la mitologia che la biologia; 3) il mio iniziale dilemma era causato da una citazione fuorviante e poco azzeccata: avrei chiarito tutto a me stesso molto prima se tra le opere di Niccolò da Cusa avessi pensato, anziché al De docta ignorantia (1440), al De idiota (1450), dove afferma che "sapientia clamat in plateis", ossia che la verità si rivela nelle espressioni più semplici e comuni adoperate da tutti. Sono spiacente per la colomba, ma è il pipistrello la sua verità.

Carlo E. Menga