Rivista Anarchica Online


 

Per una scuola pubblica non confessionale

Nel corso degli ultimi mesi il dibattito sulla scuola si è fatto incandescente. Il governo D'Alema, per conquistare i voti dei cattolici, sta cercando in ogni modo l'appoggio del vaticano. Quest'ultimo, ovviamente, accetta i doni, peraltro insperati, che gli vengono offerti: tra questi, il finanziamento pubblico delle scuole cattoliche.
Nella loro azione, D'Alema e il suoi seguaci si muovono senza scrupoli. La costituzione afferma che i privati hanno il diritto di istituire scuole "senza oneri per lo stato"? Non importa. In fondo è solo un pezzo di carta! C'è qualche difficoltà nel far approvare al parlamento ulteriori finanziamenti alle scuole cattoliche? Non importa. Si procederà attraverso leggi regionali. E via di questo passo.
Tutto ciò sta facendo crescere il malumore. Non tanto nell'opinione pubblica, disattenta e sempre più stordita dalle TV di regime, quanto nel mondo della scuola. Molti studenti chiedono che i finanziamenti siano destinati, piuttosto, alla scuola pubblica. Molti insegnanti si ribellano all'idea che il denaro dei cittadini venga utilizzato per pagare gli stipendi a personale scelto dai preti. In tutta l'Italia sorgono iniziative per la difesa della scuola pubblica e contro il finanziamento delle scuole private.
Come libertari non possiamo che appoggiare tali iniziative. E questo non perché si sia favorevoli alle scuole statali (riteniamo che vadano, quantomeno, destatalizzate), né perché si sia necessariamente contrari alle scuole private. Riteniamo però che le scuole private non debbano ricevere alcun finanziamento pubblico e che, ferma restando la libertà di insegnamento, debba essere contrastato ogni tipo di insegnamento a carattere confessionale.

Scuola pubblica e scuola privata

C'è confusione, anche tra gli addetti ai lavori, su che cosa debba intendersi per scuola pubblica.
Molti la confondono con la scuola statale. Ma lo stato non è l'unica istituzione a carattere pubblico. Esiste, per esempio, anche il comune. Si potrebbe forse dire che lo stato, per il modo in cui si è storicamente costituito, è la meno pubblica tra le istituzioni a carattere pubblico.
Altri, anche tra i libertari, ritengono che il carattere pubblico di una scuola sia dato dal fatto che chiunque vi si possa iscrivere gratuitamente. Ecco perché la parola d'ordine "per una scuola pubblica non statale" ci è stata scippata proprio dai cattolici. "Le nostre scuole non sono statali"- dicono - "e vi si possono iscrivere tutti". "Se poi lo stato, o le regioni, pagheranno le rette agli studenti, saranno ancora più pubbliche"!
Secondo noi, per poter parlare di scuola pubblica, non basta che chiunque vi si possa iscrivere gratuitamente. Occorre anche, e soprattutto, che essa sia interamente gestita dalla comunità che la utilizza. Per poter parlare di scuola privata, nel vero senso del termine, occorre invece che essa sia gestita interamente, anche nei contenuti, da coloro, insegnanti e/o studenti, che la compongono.
In questo senso, in Italia, la scuola statale non è veramente pubblica. Per poterlo diventare dovrebbe essere, quantomeno, destatalizzata. Per contro, la scuola privata non è veramente privata. E' soltanto amministrata, nella maggior parte dei casi, da preti che si limitano ad aggiungere qualche pennellata di bianco ai programmi, tutt'altro che laici, adottati dalla scuola di stato.
Occorre favorire la destatalizzazione della scuola pubblica e nel contempo, la creazione di scuole private senza fini di lucro, senza finanziamenti né riconoscimenti da parte della collettività. Solo in tal modo infatti, all'interno delle scuole private, si potrebbero realizzare quelle sperimentazioni didattiche che sembrano difficili da avviare all'interno di altri contesti.
È evidente però che non è questo ciò di cui oggi si discute. Il nocciolo della questione, l'oggetto del contendere, non è oggi il rapporto tra scuola pubblica e scuola privata, bensì il finanziamento della scuola confessionale.

Scuola laica e scuola non confessionale

Che cosa sia una scuola confessionale è chiaro a tutti: si tratta di una scuola che insegna, tra le altre cose, una determinata fede religiosa. In senso più ampio si potrebbe definire una scuola che insegna, tra le altre cose, una determinata fede (senza altri aggettivi). Questo è ciò che D'Alema e i suoi seguaci intendono finanziare con denaro pubblico, questo è ciò a cui ci opponiamo.
Gli insegnamenti, soprattutto quelli destinati ai bambini, devono portare all'apprendimento delle conoscenze scientifiche e tecniche, devono sviluppare le attitudini artistiche e artigianali, devono metterli in grado, oltre che di "leggere, scrivere e far di conto", di orientarsi in un mondo sempre più complesso. Non devono inculcare in loro nessuna fede.
Nel campo dell'etica, devono limitarsi a indicare valori largamente condivisi quali la libertà e la solidarietà, illustrandone casomai le diverse interpretazioni. Nessun adulto ha il diritto di abusare della propria autorevolezza. La difesa intransigente della libertà di insegnamento non deve frenarci nel contrastare chiunque cerchi di ingabbiare dentro schemi prefissati il libero pensiero.
Certamente, in Italia, la scuola pubblica non è oggi una scuola laica, visto che vi si insegna la religione cattolica perfino negli asili. Ma questo è uno scandalo che deve finire. Occorre laicizzare la scuola pubblica, non finanziare, per mezzo del denaro pubblico, le scuole controllate dal vaticano. Ed anche nel lavorare per una destatalizzazione della scuola, occorre stare ben attenti a non giustificare, con il fatto di essere state operate dalle comunità, scelte che possano portare nella direzione di una scuola confessionale. Occorre tenere sempre presente che una scuola confessionale è, soprattutto per i bambini, dannosa. Non importa chi abbia stabilito di istituirla né quale fede (religiosa o meno) vi venga insegnata.

Unione Sindacale Italiana (USI - AIT)
Federazione Provinciale di Bologna

 

Una legge per la procreazione

Questo appello fa seguito ad un Seminario nazionale, promosso dalle donne che hanno elaborato il documento "Fuori dalla legge" (Manifesto del 26/2/99, il Foglio del Paese delle Donne del 24/2/99) e su invito dell'associazione "Orlando", tenutosi a Bologna, presso il Centro di Documentazione delle Donne, il 30 Maggio 1999. La discussione ha approfondito i temi relativi alle tecnologie rigurdanti la Procreazione Medicalmente Assistita e la corrispondente legge appena licenziata dalla camera dei deputati. Al seminario hanno partecipato il Collettivo Donne - Diritto di Milano, alcune donne della Libera Università delle Donne di Milano, del gruppo Donne - Scienza di Bologna, dell'Associazione "Orlando" di Bologna, dell'Associazione "Lavinia Fontana" di Bologna, delle Donne in Nero di Bologna, del Forum delle Donne di Rifondazione e del Tavolo della Bioetica di Milano, Roma e Bologna, del Paese delle Donne di Roma, del gruppo Agorà di Bologna. Inoltre Franca Chiaramonte, Giovanna Grignaffini, Milly Virgilio, Vanna Galassi, Anna Garbesi, Anna Rollier, Lucia Martinelli, Silvia De Zordo.
Appello: "Che nessuna interferenza legislativa sia accettata in materia di scelta procreativa". "Che la parola in materia di procreazione torni nelle mani della collettività delle donne e si faccia esperienza comune". L'ambiguità, insita nel mito fondativo di distruzione/costruzione che sta alla base, e del nostro modello di società, e del progetto di sviluppo delle tecnologie riguardanti la natura e/o il corpo umano così come quelle della guerra, mette in evidenza l'intenzione di controllo e di dominio di chi quel progetto ha creato. Nel caso delle tecnologie riproduttive la posta in gioco è il dominio sul corpo femminile ed il controllo di tutto il processo riproduttivo. La scienza tecnologica nella sua "neutralità-maschile" diventa strumento del conflitto tra sessi. Per non passare dal dominio dei "padri" al dominio della "tecnica" è necessario sempre più che le donne, come hanno fatto nel passato, acquistino consapevolezza e socializzino esperienze e riflessioni anche rispetto a queste nuove tecniche riproduttive. Sul piano simbolico l'esclusione del femminile come soggettività e come corpo e la presunta centralità del ruolo del "soggetto-embrione", così come previsto dalla legge appena licenziata dalla camera dei deputati, mostrano una curvatura della legge verso la normalizzazione dell'intero processo procreativo che porta, come largamente previsto e prevedibile, ad una revisione riduttiva della 194. Questa legge deve essere bloccata al Senato: nessuna interferenza è accettata in materia di scelta procreativa. Si può provvedere al controllo dei centri e delle sperimentazioni con un
regolamento sanitario che tuteli il diritto alla salute senza che questo "pretestuosamente" interferisca nella libertà delle donne in tema di procreazione. Quindi è con forza che possiamo e dobbiamo dire: No alla legge! No alla revisione riduttiva della 194! Questo è un invito alle donne, che, singolarmente o collettivamente, in tutti i luoghi in cui agiscono la loro pratica politica, tornino a mobilitarsi e a mettere in circolo la loro voce e farla sentire anche a quelle parlamentari che si sono dichiarate finalmente disponibili ad ascoltarle. Sollecitiamo, quante/i hanno a cuore lo sviluppo democratico di questo paese, ad impegnarsi affinchè gli organi di stampa diano ampi spazi a queste discussioni che rigurdano le scelte e le libertà di donne e uomini ad esprimere i propri progetti di vita.

Rita Alicchio, Patrizia Arnaboldi, Silvia Banfi,
Gianna Candolo, Giovanna Capelli, Marisa Caputi,
Giovanna Coni, Elena Del Grosso, Elettra Deiana,
Silvia De Zordo, Giovanna Fantini, Vanna Galassi,
Nicoletta Gandus, Anna Garbesi, Maddalena Gasparrini,
Bianca Lamonica, Paola Lovati, Lucia Martinelli,
Lea Melandri, Paola Melchiori, Maria Grazia Negrini,
Anna Perosino, Agnese Piccirillo, Anna Rollier,
Sandra Schiassi, Piera Serra, Ines Valanzuolo, Milly Virgilio.

L'appello è aperto alle adesioni, suggerimenti, e proposte sulle strategie ed iniziative da adottare.
Per adesioni:
fax 051-263460
(Centro di Documentazione delle Donne di Bologna),
e-mail: delgrosso@biblio.cib.unibo.it