Rivista Anarchica Online


Quando la balena rossa approdò a Carlo Rosselli
di Massimo Annibale Rossi

Alla disperata ricerca di nuovi filoni per legittimarsi, i diessini cercano di fagocitare anche il "socialismo liberale". Impresa impossibile, perché...

 

La figura di Carlo Rosselli riconduce al tentativo di sostenere una via altra al socialismo in un periodo, gli anni '30, segnato dal soffocamento della vita politica in Europa tra il blocco fascista e lo stalinismo sovietico. L'estrema occasione di rilancio dell'idea libertaria, la Rivoluzione spagnola, avrebbe chiuso il decennio con una devastante disfatta e prefigurato il definitivo macello della Seconda guerra mondiale. Se il dopoguerra avrebbe consacrato un nuovo equilibrio fondato sulla disintegrazione della potenza militare tedesca e la denuncia degli orrori dei totalitarismi neri, emergeva tuttavia una linea di continuità. Una rinnovata versione della polarizzazione andava a contrapporre l'occidente filo-americano all'oriente filo-sovietico. La lunga eclissi dei movimenti riconducibili alla "terza via" avrebbe di conseguenza valicato la caduta del Muro di Berlino e il tardivo collasso della superpotenza comunista.
A cavallo del primo conflitto si era assistito a una straordinaria fioritura d'idee e dibattito all'interno del movimento socialista e libertario. Il sogno di un mondo nuovo non era ancora divenuto monopolio di un politburo, e gli stessi partiti socialisti nazionali esprimevano un ventaglio di orientamenti eterogenei, fonte di disastrose diatribe, quanto di vitale confronto. È in questo ambito, che teorie ispirate al federalismo radicale potevano trovare il proprio spazio. Piero Gobetti, Carlo Rosselli e Camillo Berneri possono essere accomunati in quella stessa area di riflessione, area che nello sperimentalismo antimonopolista trovava il proprio versante economico. Ne presta fede l'interessante dibattito che a metà degli anni '30 contrappose Rosselli e Berneri e, dopo lo scoppio della guerra in Spagna, la decisione di anarchici e militanti di Giustizia e libertà di costituire una colonna comune. A quel tempo, estate 1936, l'autore del "Socialismo liberale" e il teorico dell'attualizzazione dell'anarchismo condividevano la denuncia della deriva totalitaria dei partiti comunisti, quanto una radicata diffidenza verso le posizioni dei socialisti impegnati nei Fronti popolari.
I primo sarebbe di lì a qualche mese morto in Francia per mano dell'Ovra, servizio segreto fascista. Il secondo non sarebbe sopravvissuto al conflitto interno alle milizie scatenato dai comunisti nel maggio del '37. Berneri, prelevato dalla casa in cui viveva a Barcellona con l'accusa di "controrivoluzionario", sarebbe stato freddato la notte successiva. Se la morte di Rosselli fu celebrata prima e dopo la guerra partigiana, su quella dell'anarchico, all'esterno del movimento si mantenne un colpevole silenzio.


L'anarchico Camillo Berneri
(Lodi 1897 - Barcellona 1937)
assassinato in Catalogna da agenti stalinisti

 

Riforma dall'alto

Ricordare questi fatti acquista oggi un significato particolare. La ricerca di nuove e meno nuove formule politiche, da parte di una sinistra stremata dal peso del proprio passato e dai propri fallimenti, favorisce incerte contaminazioni. Lo strappo operato un decennio fa da una parte dei comunisti italiani non convince, perché sul piano delle responsabilità specifiche, e il caso Berneri ne rappresenta un esempio, appare una rimozione. L'appello degli odierni Ds al pensiero di Rosselli non può prescindere dalle valutazioni che questi espresse sul comunismo dell'epoca e dal tragico epilogo delle milizie in Spagna. Arduo risulta inoltre conciliare la glorificazione dei grandi gruppi economici nazionali con l'afflato antimonopolistico del pensiero social liberale.
Il federalismo professato dalla rinnovata sinistra appare fiacco e mancante di spessore. Potevano d'altro canto la virata politica e il travaglio dell'ex Pci condurre a un completo superamento dei vecchi presupposti, senza il rischio di un vuoto di senso e iniziativa? Da qui l'esigenza di attingere a una tradizione sepolta da mezzo secolo di indifferenza e guerra fredda, per costruire una fragile e apparentemente originale prospettiva ideologica. Il federalismo di Rosselli è indissolubilmente legato alla partecipazione popolare, a una questione sociale a oggi lontana dall'essere stata risolta, a una strenua lotta alle concentrazioni di potere politico ed economico.
La delega della maggior parte delle funzioni statali alle regioni, in particolar modo nella situazione attuale, rischia di rafforzare l'idea di stato. Di creare un sistema di stati regionali bellicosi e campanilisti. Si tratta di fare passare una riforma dall'alto, cavalcando l'onda di una generale insofferenza per il sistema erede dello stato clericale, accentratore e assistenzialista democristiano. Il riferimento alla partecipazione popolare, al coinvolgimento dei gruppi e delle comunità, appare debole, fuori fuoco, massmediaticamente sgradevole. Tuttavia, citando il Nostro: è necessario "Insistere perché al movimento socialista sia sempre più di guida un ideale di autonomia e libertà. Spiegare che, affinché una rivoluzione sia fruttuosa, non basta la conquista dei centri di comando. Procedere non dall'alto in basso, ma inversamente. [ … ] Non avere troppa fede nelle leggi. Si possono fare tutte le leggi, ma se esse non sanzionano uno stato di fatto in via di affermazione e non riposano già sul costume, si risolvono troppo spesso in conati infruttuosi"1.
La rissosa e abortita esperienza della bicamerale testimonia il perseguire di una logica, di un metodo sostanzialmente elitario. Le parti in causa, legate -in particolare una - a interessi e obiettivi di fazione, procedevano per progressivi compromessi verso la formulazione di una proposta avulsa dai bisogni e dalle istanze della, seppur confusissima, gente comune. Una riforma centrata sul Consiglio di quartiere e sulla Municipalità, un'ottica di coinvolgimento e partecipazione diretta, non poteva essere presa in considerazione. Nel sistema basato sullo stato - regione, la concentrazione del potere rimane rilevante. In un sistema basato sull'autogestione delle comunità e sul relativo controllo delle risorse, il potere diviene diffuso.

 

L'afflato solidaristico

La questione sociale nell'Italia attuale rivela aspetti peculiari, e in certa misura, endemici. Ne fornisce testimonianza l'incancrenirsi della situazione del mezzogiorno, in cui un cinquantennio d'interventi e progetti faraonici hanno amplificato il potere delle mafie locali, il consolidarsi di mentalità assistenzialistiche e rassegnate. Le reali opportunità per i giovani in un paese con incremento demografico tendenzialmente negativo, caratterizzato da una proporzionale crescita della popolazione anziana, si riducono e divengono residuali nei contesti più marginalizzati. Parallelamente permane un'area di economia sommersa di notevoli proporzioni che, seguendo il trend generale, si acutizza al centro e a sud. Sommerso che recluta e sfrutta i disoccupati cronici e, con l'incrementarsi dei flussi migratori, i soggetti più ricattabili: gli extracomunitari. Questi rappresentano una componente poco controllabile e in continua espansione, gestita sempre più efficacemente dalle organizzazioni criminali straniere.
Un aspetto centrale e traversale alle classi della nuova questione sociale riguarda l'evoluzione morale dei singoli e delle collettività. L'afflato solidaristico, che per un secolo aveva animato la storia del movimento operaio e contadino, appare sostanzialmente estinto nelle aree industriali e terziarie. Fenomeno comune a tutte le economie avanzate, ma clamoroso ripensando al passato recente del "Bel paese". Riecheggia il tema della "Rivoluzione morale", filo conduttore della riflessione libertaria e social liberale, e i cui presupposti sembrano essere stati travolti dal riflusso dell'ultimo ventennio. Il capitalismo avanzato si caratterizza per il primato della sicurezza sulla qualità della vita e della commercializzazione totale sulle esigenze umane fondamentali. Il processo mira a innalzare indefinitamente i livelli di consumo, quanto la speranza di vita, senza porsi, se non in termini retorici o nuovamente commerciali, il problema dell'ambiente e del divario tra nord e sud del pianeta. E se dal pensiero dei Ds non emerge una reale volontà di critica alle aporie del sistema, tanto più l'attuale sforzo di farsi accettare come interlocutore autorevole a livello internazionale, agisce nella direzione opposta.
La polarizzazione del consenso attorno ai valori della sicurezza e del consumo viene veicolata tramite un sistema ipertrofico legato ai mass media, e in particolare alla televisione. Il modello americano si è progressivamente innervato nei gangli delle culture europee, soppiantando i vecchi schemi e divenendo prevalente. La persuasione entra nella vita domestica, creando un mix eticamente micidiale tra fiction, cronaca dell'infinito massacro del "mondo altro" e pubblicità. La lacrima della donna stuprata, del perseguitato, della vittima della tragedia del giorno, diviene bene di
consumo. Gli spot della salsa o del tonno in scatola vanno a scandire le immagini dell'orrore del Kosovo e, più raramente perché meno vendibili, delle ecatombi africane. Il risultato è nel radicarsi di un generale sentimento di estraneità, di un approccio individualista e di una rassegnata assimilazione dei valori proposti. L'inevitabile malessere non si manifesta più da tempo in forme organizzate. L'aggressività latente viene indirizzata verso il nemico di turno o il potenziale concorrente al benessere raggiunto, extracomunitario o "terrone".

 

Parabola berlusconiana

Ripensando a Rosselli, il problema del decadimento della tensione morale s'iscrive nel processo di sviluppo di una democrazia diretta, come precondizione fondamentale. Precondizione a sua volta correlata alla critica del sistema di creazione di consenso. Se nel contesto attuale appare arduo parlare di rivoluzione morale, il tema dell'evoluzione della coscienza sociale si pone al centro dell'attenzione. La riflessione viene a coinvolgere la sfera del risveglio e della comprensione delle conseguenze della catastrofe ambientale per le future generazioni.
Con l'avvio della parabola berlusconiana, il rapporto tra gruppi finanziari e potere politico è apparso in Italia in una luce inedita. L'utilizzo della massa critica costituita da grandi disponibilità di denaro e controllo di reti televisive e testate ha dato vita a un nuovo soggetto: il partito-azienda. Dotato della spregiudicatezza di un'impresa commerciale, di ampi margini di manovra, risorse ed elasticità, ha inizialmente e nel torno di pochi mesi soppiantato i partiti tradizionali.
Il partito-azienda si è fondato sulle macerie di Tangentopoli, cavalcando i timori che una vittoria elettorale di sinistra inducevano nell'elettorato. Dalla sua, la possibilità di operare senza vincoli ideologici e utilizzando a fine di crescita del consenso le tecniche del marketing strategico. Forza Italia rappresenta un fenomeno non esportabile nelle democrazie avanzate, in quanto contraddittorio rispetto ai relativi fondamenti teorici. Nello stesso tempo costituisce l'espressione più radicale delle potenzialità delle concentrazioni di potere economico e finanziario in termini d'ingerenza nella vita democratica. Pericolo pienamente adombrato nelle riflessioni sui monopoli e la grande impresa della stagione liberal socialista.

Massimo Annibale Rossi

1 C. Rosselli, Liberalismo socialista e socialismo liberale, Galzerano ed., Salerno, 1992, p. 88.

 

“Il rapporto tra gruppi
finanziari e potere politico
è apparso in Italia
in una luce inedita.”