Rivista Anarchica Online


 

Prevaricazioni Clericali

Apprendiamo con limitato stupore dal quotidiano Il corriere di Rimini di domenica 5 dicembre '99, alla rubrica "Per chi suona la campana" tenuta da don Oreste Benzi (Associazione Papa Giovanni XXIII) che la Azienda USL di Pesaro "ha risposto positivamente alla nostra richiesta di una presenza nei consultori portando a termine la modalità di questa presenza. La USL di Rimini non potrebbe fare altrettanto? Non sa che noi quasi tutte sono nella fede cattolica? Perché ci si impedisce di incontrarla per ridare loro la gioia di una vita liberata finalmente dall'aborto? E cosa costa all'USL di Rimini rispettare quello che la legge rende possibile?" (la citazione è integrale, gli errori di sintassi sono riportati come sul testo originale, N.d.A.). Tralasciamo, per rispetto della sensibilità di chi legge, il resto del pezzo: "Fermiamo la strage degli innocenti", "Quando siamo lì, sentiamo su di noi una grande sofferenza per ciò che a pochi passi da noi sta per compiersi", "Per la gente e per i farisei, era una cosa giusta e doverosa eliminare Gesù.", ecc.
Dunque, dopo i ripetuti picchetti di preghiera che da diversi mesi la Associazione Papa Giovanni XXIII ripete davanti alla clinica "Villa Assunta" di Rimini, il "prete dei poveri" decide di mostrare i muscoli, suoi e della legge. Purtroppo, abbiamo seri sospetti che il concordato fascista rettificato da Craxi e ben condito dal governo D'Alema offrirà ancora una volta alla chiesa cattolica i mezzi e gli strumenti per imporsi ed imporre i propri dogmi, dispiegando nella sua più autentica veste la vera essenza della religione, delle religioni: annichilimento dell'individuo e della libertà di scelta a tutto vantaggio del potere di giudizio morale, potere evidentemente assoluto ed incontrollabile dal momento che è fatto discendere direttamente dall'esistenza di un presunto essere superiore - la divinità -.
E la sagra di quelle che oramai per tutti dovrebbero essere banali ovvietà, si rende ancora una volta tristemente necessario ricordare. Dopo secoli di atrocità e barbarie, persecuzioni conosciute e sconosciute, appoggio incondizionato fornito ad ogni sorta di brutale dittatura (come dimenticare l'amicizia di Pinochet con il Papa e le frequentazioni vaticane del dittatore cileno durante gli anni più bui del suo potere? Come dimenticare il silenzio durante gli anni del nazifascismo, con quell' eccezione di padre Kolbe, talmente eccezionale da doverne poi fare un martire?), non è ancora possibile per un uomo ed una donna vivere pienamente la propria condizione, già compromessa dall'esercizio di altri poteri (economico, militare, repressivo).
Per precauzione, avvisiamo i distratti dell'ultima ora di non affaticarsi nell'elencare le repressioni subite dai cristiani dalla dittatura sovietica: noi, gli anarchici, possiamo purtroppo dar lezioni a chiunque quanto a persecuzioni e stragi subite in Unione Sovietica ed in tutti i paesi dell' est, nessuno escluso.
Ma la storia, si sa, la fanno i vincitori: le chiese ortodosse e cattoliche sono state restituite e riaprono i battenti, le sedi degli anarchici dovranno come sempre essere riconquistate al prezzo delle lotte politiche. Ci fermiamo qui. Raccontare tutte le nefandezze in cui la chiesa cattolica - e certamente anche altre religioni - si è generosamente adoperata nei secoli ed ai giorni nostri richiederebbe volumi interi. Non può bastare, non ci bastano, le dichiarazioni di Papa Woytila in cui si ammettono errori e colpe del passato.
Non ci basta a maggior ragione perché tutt'oggi un signor Oreste Benzi continua la propria crociata, questa volta contro l'aborto. Non siamo favorevoli all'aborto (e chi lo potrebbe essere?) come non siamo contrari. Si tratta di disquisizioni viziate da un presupposto, quello per cui sia giusto e possibile giudicare i comportamenti e le scelte altrui: noi non giudichiamo nessuno, se non chi utilizza un qualunque potere per prevaricare e soffocare le libertà altrui. Il signor Oreste Benzi, e supponiamo gli aderenti della sua associazione, lamenta un mancato accesso ad una struttura pubblica dove sono erogate prestazioni sanitarie, e dove chiunque può aver necessità di ricorrere.
Appellandosi alla più meschina delle contraddizioni democratiche - le utenti del servizio sono quasi tutte cattoliche - accampa una sorta di diritto. Un diritto ad un estremo tentativo nel voler far recedere una donna dalla propria intenzione di non avere un figlio. Un diritto che giustamente il signor Don Oreste Benzi ritiene di avere: perché è convinto che così voglia il suo dio, perché è un prete della chiesa di Roma, perché lui è nel giusto e la scelta di quella donna è sicuramente sbagliata; perché è immorale e criminoso che un ente pubblico sostenga quella scelta. Perché lui è LA MAGGIORANZA, così come quella donna lo è. Un diritto il cui esercizio è estremamente doveroso, visto che si tratta di riportare nel giusto una "pecorella smarrita".
Che dire delle icone e dei crocifissi presenti, malgrado leggi e divieti, in quasi tutti gli enti pubblici, ospedali compresi? Che dire delle chiese e delle cappelle, anch'esse unica presenza non sanitaria ammessa negli ospedali? Del libero accesso di cui i religiosi godono in tutte le camere d'ospedale, sempre e ad ogni ora, per portare "conforto agli ammalati"? Addirittura nelle carceri, nelle peggiori sezioni dove si vive in condizioni inumane, manca di tutto ma non manca mai il cappellano.
Per niente di tutto ciò è stato chiesto permesso: lo Stato del Vaticano esiste ancora e si prende ciò che vuole, perché è suo DIRITTO. Poco conta se nell'ostentato numero di fedeli figurano uomini e donne portati in completa incoscienza al battesimo cattolico a pochi mesi di vita, uomini e donne che non frequentano da anni la chiesa né praticano alcuna funzione religiosa. Poco conta se le parrocchie si svuotano di giovani dopo che questi sono stati obbligati per convenzione sociale all'ultimo indottrinamento canonico dell'adolescenza, la cresima. Poco conta se per i figli di chi decide di "non avvalersi" dell'ora di religione non esistano quasi mai le ore di attività alternative, ragion per cui la stragrande maggioranza dei genitori decide di "avvalersene" per non veder stigmatizzati i propri figli. La chiesa cattolica ha appreso bene e presto come muoversi all'interno delle contraddizioni della democrazia: loro sono LA MAGGIORANZA, non devono chiedere nulla. Chi deve chiedere - e deve combattere - per i propri diritti, sono tutti gli altri.
Ci dispiace dover rifiutare la compagnia di chi condivide spesso questa esperienza con noi, atei e agnostici: musulmani, testimoni di geova, evangelisti ed altre religioni, abbiamo purtroppo il fondato sospetto che si comporterebbero potendo allo stesso modo della chiesa cattolica. Dobbiamo una volta di più ed ancora lottare per ciò che dovrebbe essere normalmente riconosciuto ad ogni essere umano: il diritto, perlomeno in un servizio pubblico, a non essere giudicati nelle nostre scelte personali, a non dover essere costretti ad intavolare dibattiti politici o minacciar esposti in situazioni dove il dolore ci dovrebbe dar diritto al sostegno ed alla tutela della dignità.
Non siamo, caro Don Oreste, carne da macello per le tue campagne religiose: tu hai già le tue chiese e privilegi di ogni genere. Ti definiscono il "prete dei poveri", ma cosa si sa delle strutture dove accogli i sofferenti psichici, i tossicodipendenti, i portatori di handicap? Cosa si sa delle rette giornaliere che ti sono pagate dagli enti pubblici per queste persone, per servizi dove è certo lo spessore spirituale degli operatori quanto incerta la presenza di operatori professionali? Perché mai io, se dovessi cadere in una situazione di dipendenza o di disturbo psichico, dovrei essere costretto a vivere in una struttura circondato da tanti buoni e bravi volontari e volontarie che ritengono necessario per la mia cura sottopormi varie volte al giorno a canti, preghiere e funzioni religiose?
Il solo fatto di essere disperato dopo dieci anni di eroina o di essere schizofrenico fa di me, una volta di più, un soggetto senza diritti, un non-uomo, una non-donna che necessita di qualcuno che giudichi e dirima su cosa è meglio per me. Per me prostituta, per me rom, e così via.
Ci sono "sottigliezze" che, al prete dei poveri non interessano: a differenza di alcuni suoi colleghi più coraggiosi, il signor Oreste Benzi sa sbattere i pugni sul tavolo solo quando non gli è concesso di salvare animelle perdute. Sarebbe davvero interessante vederlo all'opera con la lobby degli albergatori riminesi che ogni stagione sfrutta centinaia di persone ponendole in condizioni bestiali, in nero e sottopagate. O con chi affitta appartamenti agli immigrati a 3 milioni al mese per farli poi vivere in dieci in un monolocale. O con gli industriali locali che strillano come aquile ad ogni rinnovo del contratto, licenziando esuberi e facendo ristrutturazioni per sbattere intere famiglie sul lastrico. Salvo poi cavarsela con qualche caritatevole donazione, vuoi mai che poi davvero ci sia qualcosa nell'aldilà!
Cosa sarebbe mai il prete dei poveri senza tutta la sua umanità sofferente? Forse disoccupato, forse non apparirebbe più sulla ribalta di giornali e tv. L'importante è garantirsi la materia prima: che nascano! Poi dio provvederà, ma sembra che questo loro padreterno, forse per il surplus di lavoro, provveda piuttosto male. Chiediamo a tutti i compagni, le compagne, i gruppi e le individualità, gli atei, gli agnostici ed i liberi pensatori, a chiunque in generale si riconosca nelle libertà di pensiero e di espressione, di inviare un messaggio alla Azienda USL Rimini - Unità Relazioni con il Pubblico (e.mail urp-ausl@infotel.it, indirizzo via Coriano 38, RIMINI, tel. 0541-707777 / 707785, fax 0541-707700), chiedendo che sia interdetto l'accesso agli aderenti di qualsiasi confessione religiosa ai luoghi di transito e attesa dove si operino interruzioni di gravidanza, a tutela delle utenti del servizio e dei più elementari diritti e dignità della persona.
Riteniamo che la Associazione Papa Giovanni XXIII disponga già di più che sufficienti mezzi e spazi per esprimere le proprie opinioni in tutti i contesti della vita cittadina riminese e spesso nazionale, senza dover vedersi accordare ulteriori intollerabili intromissioni nella sfera personale degli utenti di un servizio pubblico.
Qualora dovesse essere accordato l'accesso agli aderenti della Associazione Papa Giovanni XXIII (o di altre associazioni confessionali) ai luoghi di cui sopra, ci attiveremo immediatamente in una opera capillare di propaganda politica anticlericale presso tutte le strutture socio-sanitarie ed ospedaliere della Azienda USL di Rimini.
Al signor Oreste Benzi piace molto la pace, ne infarcisce ogni suo discorso. A noi purtroppo tale condizione di beatitudine personale, relazionale, sociale e civile non è concessa, grazie anche a chi come lui utilizza un potere per avvilire ed annullare chi diversamente pensa e agisce.
Poco importa se continuerà a presentarsi ipocritamente come il difensore dei diritti dei deboli e degli oppressi, finchè non ammetterà - come già l'evidenza dei fatti dimostra - di tutelare e difendere chi rinuncia ad una parte di sé e della propria dignità per sottomettersi ad una religione, ad una chiesa, ad un uomo qualsiasi.
Non vogliamo alcun dialogo a queste condizioni, non vogliamo questa pace. I muri delle ideologie che il coro belante dei potenti sostiene di aver abbattuto ogni volta che sputa sentenze, non ci riguarda, visto che permangono ben altri muri fatti di prevaricazione, autoritarismo e dispregio della libertà dell'altro e dell' ambiente.
Su questi muri, che svettano bel alti nel tentativo di convincerci alla ineluttabilità del nostro ruolo di minoranze cui spettano piccole dosi di "diritti medi giornalieri", continueremo ancora e sempre a scrivere quel che disse Malcolm X: Nessuna giustizia, nessuna pace. Gruppo Anarchico

Libertad Rimini F.A.I. - Federazione Anarchica Italiana di Rimini.

 

La sinistra che non c'è

La divertita finezza con cui Francesco Merlo ha stroincato sul Corriere della sera ("La sinistra assente è quella di Pandora", 18 gennaio) il buonismo culturale e politico della relazione di Walter Veltroni all'ultraspettacolare congresso Ds del Lingotto non si segnala tanto per l'ennesimo "colpo di bravura" del giornalista ma per ciò che suggerisce. Veltroni ha tirato in ballo a colpi di citazioni quattrocento nomi e simboli da salvare per il ventesimo secolo, da Kennedy ai Beatles, da Visconti a James Dean, da Modugno a Sartre, sono perfino troppi e comunque non interessa a nessuno fare il conto dei presenti e degli assenti per dar luogo al vecchio gioco della torre e divertirsi a tirar via qualcuno e a rimpiazzarlo. È più importante capire il significato delle assenze a partire dal significato delle presenze. Quel che delinea Veltroni, nota infatti Merlo, è un quadro generale di progressismo rassicurante, sicchè "alla fine l'uomo veltroniano è un intelligente senza scandali, ricco di una cultura da happy end come il cinema americano degli anni Trenta" e dunque siamo autorizzati anche noi a chiedere "tutto qui?" e a interrogarci sul significato degli assenti. Adesso Merlo si fa malizioso e brutale, elencando con puntiglio fra gli assenti i grandi libertari come Camus e i suoi epigoni (Bianciardi), che hanno indicato cosa significhi sentirsi "straniero" nel mondo, i disincantati nostalgici degli Asburgo come Roth, i grandi nichilisti come Nietzsche, scrittori maledetti come Celine, disperati drogati e alcolisti come Jim Morrison o Bukowski. E l'elenco potrebbe continuare a lungo, solo che si voglia far rientrare nel giro degli assenti i seminatori di dubbio, i "cattivi", gli eretici, in fin dei conti i portatori di veleno, il veleno della libertà, della critica, del dubbio. Ma a Merlo stesso non interessa costruire a suo diletto un'altra linea, sarebbe un gioco stucchevole , meglio spiegare che dietro certi apparenti pieni c'è un vuoto, che la stessa storia del secolo non si conclude con le due guerre mondiali, i totalitarismi, Auschwitz ,ma prosegue per molti rivoli che rischiano di non essere riconosciuti e dunque anche la storia della sinistra non si confonde con il fallimento del bolscevismo.
C'è da scoprire" la sinistra che non se la beve perché il mondo è molto più complesso di come ce l'eravamo immaginato... la sinistra delle incertezze e delle sfarinature".Chissà se Merlo è a conoscenza del fatto che poco prima dell'avvento del fascismo Prezzolini scrisse a Gobetti proponendogli di costituire insieme la società degli apoti (dal greco. La società di coloro che non se la bevono) e ottenne una risposta negativa in nome appunto dell'impegno civile e della responsabilità, in nome di quell'I care citato da Veltroni. C'è insomma un precedente in questa vicenda di coloro che non la bevono, ma anche in quel caso se si andasse oggi a rileggere la corrispondenza tra i due intellettuali si scoprirebbe che le posizioni sono più affini di quanto non sembri. Perché, qui Merlo ha ragioni da vendere, accanto all'esteriorità pubblica della posizione ufficiale, alla solarità spettacolare della sinistra buonista che vuole occuparsi di tutto, c'è sempre una zona d'ombra. Ed è questa sinistra che sta nell'ombra e predilige i chiaroscuri rispetto ai toni forti, i dubbi rispetto alle certezze, a costituire il segnale vivente che smentisce le " magnifiche sorti e progressive" (Leopardi).
Che cos'è questa ombra? Nel linguaggio psicanalitico il termine, che è di derivazione junghiana, designa la zona oscura di ognuno, il fatto che la maggior parte di noi non è propriamtente consapevole di tutti i tratti della propria personalità. Per quanto si possa obiettare sul ricorso a un simile concetto per analizzare le culture politiche, la suggestione è grossa - la sinistra ha una sua zona d'ombra, che spesso non può e non vuole venire a galla perché contraddice e complica la sua rappresentazione del mondo. (Al lettore interessato ad approfondire il tema dell'ombra segnalo Il piccolo libro dell'ombra, del poeta Robert Bly). A questo punto purtroppo credo lecito citare me stesso - in un libro di quindici anni fa oggi introvabile (Il senso della possibilità. La sinistra e l'immaginario, edizioni Pellicani, con prefazione di Giorgio Galli) ho affermato apertamente che la sinistra ha paura della propria ombra perché riconoscendone la presenza si troverebbe costretta a fare i conti con la proprie radici, con il suo immaginario. Perché per quanto la sinistra voglia razionalizzare il proprio immaginario e farlo diventare per bene, esso mescola una serie di tradizioni premoderne, come ha del resto segnalato Giorgio Galli nei suoi studi. Orgia dionisiaca, agape gnostica, culti delle streghe, fan parte ad esempio a pieno titolo delle zone d'ombra, pochi sanno che la festa del Primo Maggio in Germania coincideva con l'anniversario della "notte di Valpurga".
La questione dell'ombra, dunque, apre una serie di piste del tutto originali che vanno perfino al di là del Novecento e del giudizio sui buoni e i cattivi del "secolo breve". Oltre la retorica dei vincenti e dei perdenti ( dove sono i libertari "vincenti"?) quanto contano poi le angolazioni diverse con cui guardare le cose, i tabù che ritornano a galla, il bisogno di sicurezza e di stabilità? Si può e si deve fare la storia degli assenti, ricostruire il loro contributo e la loro lotta contro "la pesantezza del pensiero forte di partiti": perché il vaso di Pandora si sta ormai aprendo e i veleni che ne fuoriescono ci sono davvero.

Attilio Mangano

 

Assolte le mongolfiere

Durante la tremenda guerra dei Balcani vi furono in Italia pacifisti nonviolenti che cercarono di opporsi concretamente, e non solo simbolicamente, alla realizzazione della guerra.
Una delle azioni di questi pacifisti consistette nel tentativo di impedire i decolli dei bombardieri che seminavano strage; tentativo che fu condotto con una impostazione rigorosamente nonviolenta, accuratamente preparato, pubblicamente annunciato e limpido nell'esecuzione.

Precisamente in due occasioni ad Aviano il "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo in collaborazione con il movimento ecclesiale nonviolento "Beati i costruttori di pace" tentò di fermare i decolli dei bombardieri con l'azione diretta nonviolenta delle "mongolfiere per la pace", cioè cercando di ostruire lo spazio aereo circostante e sovrastante l'area di decollo dei bombardieri della base dell'aviazione militare Usa-Nato di Aviano invadendo quello spazio aereo con mongolfiere di carta e palloni ad elio recanti leggeri fogli metallici di disturbo sia della visibilitá sia dei congegni elettronici degli strumenti militari.

L'11 aprile 1999 l'iniziativa fu realizzata con risultato positivo per alcune ore, poi sfortunatamente sopravvenne un'altra ed incompatibile manifestazione che non aveva caratteristiche nonviolente, cosa che sopraffece e di fatto vanificò (e conseguentemente cancellò dai mass-media, e quindi dall'attenzione dell'opinione pubblica) l'azione nonviolenta che stava ottenendo un clamoroso risultato positivo.

Il primo maggio nuovamente si tentò l'azione diretta nonviolenta delle mongolfiere per la pace, ma i pacifisti nonviolenti viterbesi furono fermati dalle forze dell'ordine che su disposizione della magistratura territorialmente competente eseguì il sequestro delle mongolfiere e dell'attrezzatura atta al loro lancio controllato, e procedette all'azione giudiziaria contro il responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo, Peppe Sini, che dell'azione diretta nonviolenta delle mongolfiere per la pace era l'ideatore e l'organizzatore. Va notato che durante le operazioni di sequestro delle mongolfiere, i bombardieri non decollarono.

Come è noto i promotori dell'azione nonviolenta delle mongolfiere per la pace sostenevano che occorreva fermare la guerra, che occorreva far cessare le stragi e che l'unico modo per farlo concretamente senza mettere in pericolo nessuno era impedire il decollo dei bombardieri invadendo lo spazio aereo circostante e sovrastante le piste di decollo con oggetti volanti come appunto le mongolfiere di carta cui erano appesi leggeri fogli di metallo, così da disturbare sensibilmente le operazioni di partenza degli aerei-killer, la visibilitá aerea e la strumentazione elettronica dei bombardieri e della base.

I promotori dell'iniziativa nonviolenta qualificarono la propria azione come atto dovuto in rispetto e applicazione della Costituzione della Repubblica Italiana e deunciavano l'illegalitá della guerra ai sensi sia della Costituzione italiana, sia della Carta delle Nazioni Unite, sia dello stesso Statuto della Nato.

Per aver promosso l'iniziativa, Peppe Sini, (responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo) venne denunciato per i reati previsti e puniti dagli articoli 432 (attentato alla sicurezza dei trasporti) e 414 (istigazione a delinquere) del Codice Penale, col rischio di pene che potevano arrivare a più anni di detenzione.
Ora è stato emesso il decreto di archiviazione da parte della magistratura di Pordenone.

Il significato a nostro avviso ricavabile da questo pronunciamento della magistratura ci sembra chiaro ed incoraggiante: i pacifisti nonviolenti che l'11 aprile (prima che altri scatenassero insensati scontri) hanno bloccato per alcune ore i decolli dei bombardieri, e che il primo maggio hanno nuovamente tentato di bloccarli, non sono pericolosi criminali, ma cittadini italiani che prendono sul serio la Costituzione (che all'art. 11 "ripudia la guerra"), persone che dinanzi a reiterati massacri si adoperano per far cessare la strage; e per la loro azione nonviolenta non devono essere puniti col carcere. È nostro parere che in condizioni di non nuocere dovrebbero essere messi invece tutti coloro che la guerra e le stragi hanno scatenato e realizzato.

Centro di ricerca per la pace
strada S. Barbara 9/E
01100 Viterbo
tel/fax 0761 35 35 32

 

Le tasche cucite dei Ceceni

In un suo rapporto Amnesty Inte-rnational documenta come civili ceceni siano vittime di persecuzioni da parte delle forze di sicurezza di Mosca. Secondo l'organizzazione per la difesa dei diritti umani la popolazione cecena non è solo vittima di attacchi indiscriminati e diretti da parte dell'esercito russo nel Caucaso, ma subisce anche una violenta campagna di intimidazione contro le minoranze etniche a Mosca.
Dai giorni degli attentati dinamitardi alle abitazioni popolari di Mosca dello scorso settembre, le autorità russe hanno intrapreso una campagna anti-terrorismo dal nome in codice "Operazione Turbine". Sebbene nessuno abbia rivendicato le bombe che hanno ucciso quasi 300 persone, il sindaco di Mosca ha dichiarato pubblicamente che ritiene responsabili i gruppi islamici delle Cecenia.
Ai non moscoviti è ora richiesto di iscriversi presso un registro redatto dalle autorità. La polizia di Mosca ha radunato circa 20,000 persone e ne ha espulse 10,000 dopo aver rifiutato loro un permesso di residenza nella città.
Negli ultimi tre mesi Amnesty International ha raccolto testimonianze da ceceni e da membri di altre minoranze etniche a Mosca vittime di arresti arbitrari, torture e maltrattamenti in prigione ed espulsioni forzate. Secondo molti di loro, la polizia avrebbe nascosto loro indosso armi e droga da utilizzare come prove da usare per incriminazioni penali.
L'ingegnere ceceno Badrudy Eskiev venne prelevato dal suo appartamento dalla polizia il 15 settembre, picchiato e poi arrestato. La polizia sostiene che sarebbe stato arrestato in strada alle 2 di notte per possesso di droga. La famiglia di Badrudy ha invece testimoniato che la polizia non trovo' nulla quando vuotarono le sue tasche=20 nell'appartamento alle 5 del mattino. La polizia avrebbe detto alla moglie russa di Badrudy che "l'unico ceceno buono e' un ceceno=20 morto".
Molti ceceni hanno cucito le proprie tasche in modo da impedire che, in caso di fermo da parte della polizia, venga messo loro addosso qualcosa. Un giovane ceceno ha dichiarato: "Ormai viviamo coì, grazie al Dipartimento di Lotta al Crimine Organizzato. Prima eravamo banditi, poi siamo diventati terroristi, adesso stiamo diventando sarti".
Malika Takayeya e suo fratello vivevano a Mosca dal 1995. I loro permessi di residenza sono stati annullati quando sono stati arrestati il 13 settembre e condannati a cinque giorni di detenzione con l'accusa di "teppismo". Sono stati messi in una cantina "a marcire" ed è stato detto loro che la loro sorella sarebbe stata uccisa. Al momento del loro rilascio hanno ricevuto l'ordine di rimuovere da casa i loro effetti personali entro 24 ore. Un ufficiale di polizia ha detto loro che i ceceni non dovrebbero essere soltanto espulsi ma distrutti.
Amnesty International si appella al governo russo perché cessi la campagna di intimidazione contro i ceceni e le altre persone di origine caucasica residenti a Mosca e in altre città e perché indaghi sulle denunce di violazioni di diritti umani. Il rapporto di Amnesty International raccoglie inoltre testimonianze dettagliate di civili fuggiti dall'offensiva militare russa in Cecenia. Sulla base di queste testimonianze e delle dichiarazioni ufficiali russe in merito ad alcuni incidenti, sembra emergere che l'esercito russo abbia condotto attacchi indiscriminati o diretti contro i civili. Amnesty International si appella alle autorità russe perche' adempiano ai propri obblighi di diritto umanitario internazionale.
I testimoni rivelano inoltre l'esistenza di "campi di smistamento" dove sono detenuti donne e uomini ceceni sorpresi al confine ed individuati all'interno di una lista di sospetti combattenti o sostenitori dei gruppi armati di opposizione. Testimoni oculari parlano di visibili segni di maltrattamento sulle persone sottoposte allo "smistamento".
L'organizzazione per la difesa dei diritti umani documenta un ampio numero di casi di tortura e di maltrattamenti nei "campi di smistamento" durante il conflitto del 1994-96 e teme che si stia ripetendo lo stesso tipo di violazione. Il governo russo dovrebbe rivelare i nomi delle persone detenute nei "campi di smistamento", compresi quelli vicini ai punti di attraversamento del confine, e garantire al Comitato Internazionale della Croce Rossa la possibilità di assistere immediatamente ogni detenuto.
"La situazione per i ceceni è pessima ovunque. La missione del governo russo per eliminare i "banditi" dalle strade di Mosca e in Cecenia ha superato ogni limite. Le autorità russe hanno il diritto di indagare ed assicurare alla giustizia le persone sospettate di attività terroristiche, ma non hanno assolutamente il diritto di=20 perseguitare un intero gruppo etnico", sostiene Amnesty International. L'organizzazione per la difesa dei diritti umani si appella inoltre alle autorita' della Repubblica Cecena e alla leadership dei gruppi di opposizione armata affinché rispettino il diritto umanitario internazionale.

Amnesty International
Per ricevere una copia del rapporto:
www.amnesty.it