Rivista Anarchica Online


a cura di Mario Bossi

 

 

I mercanti nell'area del mercato

Penso che la quasi totalità dei lettori di A senta ancora fortemente la mancanza di un certo Fabrizio... Parlare dunque dei Mercanti di Liquore diviene quasi un obbligo, dunque. Ma procediamo con ordine.
Li hanno visti in parecchi suonare dal vivo; anzi, forse tutti noi li abbiamo visti almeno una volta. Personalmente ho assistito ad almeno tre dei loro concerti. Quaggiù nel fetido Milanese, ormai privo di nebbie quanto ricolmo di micropulviscolo canceroso (almeno così dicono quelle benedette et "sovversive" centraline di rilevamento degli inquinanti...), si sono resi protagonisti di un intensa attività concertistica. Caratterizzati da un repertorio incentrato massicciamente su brani di De André e integrato da canzoni originali di buono spessore, i nostri in realtà hanno rischiato grosso fin dall'inizio: se è vero che una simile proposta gli avrebbe procurato tutto sommato discrete possibilità per quanto concerne l'ambito live, va detto che il rischio di proporre la solita polpetta tristocantautorale era quantomeno dietro l'angolo. Io stesso ero un po' scettico, visto l'approccio che l'italiano medio ha verso la materia cantautorale: eternamente confinata nelle mani di un palloso front man che ritiene di essere innanzitutto poeta, e poi, proprio se ne ha tempo e voglia, anche musicista... Beh, non è proprio il caso dei Mercanti di Liquore: due chitarre e una fisarmonica davvero molto vitali. È un approccio diretto assai funzionale, con il Lorenzo Monguzzi che fa il suo sporco lavoro a livello di chitarra ritmica, il Simone Spreafico che scoppietta di chitarra molto ma molto flamencosa ed il Piero Mucilli che dà un gran sostegno con la sua fisa. Insomma: dal vivo sembrano una specie di power trio in acustico, sudano come camalli e bevono come cammelli, ma soprattutto ti offrono una freschezza strumentale davvero invidiabile. Un sound diretto ma ottimamente curato negli arrangiamenti e nelle singole partiture, probabilmente frutto di un lavoro meticoloso e ben congegnato (in stile De André? Pare che il Fabrizio fosse un mostruoso perfezionista...).

Si intitola Mai paura il loro disco uscito a Maggio '99, e forse non rende molto l'idea di quanto sopra, ma resta comunque un prodotto di buona fattura. È composto da 11 brani, sette cover di De André e quattro originali. Devo ammettere che le canzoni che preferisco in questa veste sono proprio i quattro che portano la loro firma: più naturali e diretti negli arrangiamenti sembrano essere più fedeli al loro approccio "immediato". I rifacimenti invece soffrono di qualche sonorità in eccesso che sovente tende a "comprimere" un po' troppo la dinamica delle chitarre (e ne fa le spese soprattutto la "flamencosità" dello Spreafico). Jamin-a e Andrea sono sicuramente le versioni meglio riuscite, mentre Bocca di rosa perde parecchia della sua vitalità live. Va rimarcato che:
1) Se non li avete visti dal vivo queste differenze non le noterete di certo
2) È naturale, una volta entrati in studio, cercare di approfittare dei mezzi tecnici a disposizione per " arricchire" il tuo sound. Considerato che il disco è stato registrato e mixato in cinque giorni, non è lecito aspettarsi miracoli da una band essenzialmente acustica...
3) Visto che a Novembre hanno intrapreso un tour a base di teatri et palazzettidellosport, penso che un dischetto dal vivo prima o poi pioverà sulle nostre testoline padane.
4) Ninna Nanna, il brano che chiude l'album, mi piace un casino.
5) Il Lorenzo (voce e chitarra), tre anni orsono aveva dato la sua disponibilità per un live di finanziamento per "A" (chi ha orecchie da "mercante" intenda).
6) Abbiamo sempre un bel 20 testoni abbondanti di debito, care le mie sensibili anime libertarie (lo so, non c'entra un cazzo, ma lo scrivo lo stesso...).
Ultime note: lo spettacolo che stanno proponendo in giro per l'Italia si chiama "Gente invisibile- omaggio a Fabrizio De André e a tutti quelli che hanno raccontato storie sbagliate", ed è " costruito su una soluzione scenica bidimensionale, nella quale il trio acustico, attraverso le suggestioni che ci arrivano dalla musica di De André, dai loro brani e dalle voci più significative della musica d'autore italiana - quali Tenco, Lolli, Guccini, Endrigo- interagisce con volti e personaggi della gente comune presenti sulla scena attraverso uno schermo", ed il virgolettato è d'uopo visto che ho citato la scheda della loro agenzia (certe cose io le ammetto, mica scrivo per Rumore...).
Il brano Mercanti di liquore che chiude il cd ospita una traccia nascosta (una ghost track, direbbero le mortadelle più anglofone...), che altro non è che un intima versione acustica di Mai paura (uno dei quattro brani autografi): una chitarra, una voce ed un paio di mani che spalettano il ritmo; perché sotto sotto i Mercanti Di Liquore sono proprio così... Ma, scusatemi il salto, passiamo ai

Fugazi (in nuce)

Anche l'underground ha i suoi mostri sacri. Succede. E succede anche che talvolta suonino al Leoncavallo (straripante di pubblico!). Succede. E succede anche che qualche stronzo (tipo il sottoscritto) tenti di intervistarli. Succede. E succede anche che non ce la fai e che qualcuno da quelle parti di Greco avrebbe bisogno di una polare doccia fredda in certi frangenti organizzativi... Succede, kakkio se succede... Insomma, per intervistare i Fugazi ho dovuto ricorrere alla posta elettronica: il buon Ian Mckaye (chitarra e voce), a fine concerto, quando gli diedi la rivista mi disse: "Mi raccomando, non spedirmi più di 10 domande! Cerca di capirmi , ricevo più di 100 mail al giorno". Ed il problema è che i Fugazi ti rispondono. È parte della loro filosofia, a costo di doversi disfare le dita tutti i giorni sulla tastiera. E, vi assicuro, sono anche un bel po' succinti... Il loro ultimo disco si intitola Instrument Soundtrack, è uscito l'anno scorso e non è altro che la colonna sonora del quasi omonimo film ("Instrument") che racchiude parecchio materiale d'archivio raccolto durante 10 anni abbondanti di concerti , registrazioni, improvvisazioni, versioni demo... Quasi un compendio della loro attività, ma Ian non è molto d'accordo: "Semplicemente ci siamo ritrovati con un enorme quantità di pellicole e videotape: abbiamo deciso di ricavare un film da tutto ciò. Ed altrettanto semplicemente è successo che questo progetto è stato intrapreso al nostro decimo anno di vita... Il disco altro non è che una colonna sonora. In gran parte scelta da ore ed ore di demo e nastri di prove che abbiamo accumulato col passare degli anni. Non penso che sia una rappresentazione di dove stiamo andando, ma piuttosto uno sguardo su dove siamo già stati. Speravamo di stampare il film su pellicola, ma oggi i costi sembrano troppo elevati (30.000 dollari!!). Potrebbe darsi che un giorno ci riusciremo, ma non ti so dire quando saremo in grado di farlo".
Il loro ultimo "vero" disco in studio è End Hits del 1998, ed un paio di cose mi avevano particolarmente colpito di quel disco : la prima era Recap Modotti, ed era ovviamente un brano rivolto alla indimenticabile Tina. L'autore in persona (Joe Lally, bassista) mi detto a riguardo:
"Inizialmente vidi un suo libro di fotografie, e mi chiesi perché non avevo mai sentito parlare di lei prima di allora. Poco tempo dopo un amico mi diede la sua biografia Photographer and revolutionary e rimasi impressionato dalla sua determinazione nel perseguire ciò in cui credeva. Come molte altre prima e dopo di lei, trasgredì la mentalità sociale che imponeva alle donne di comportarsi in un certo modo ed abbatté le barriere che distorcevano la percezione che la gente aveva delle donne. Ma sopra a tutto ciò sta il fatto che nel giro di due decenni le accaddero così tante cose importanti da farmi girare la testa. Francamente trovavo impossibile scrivere una canzone che esprimesse tutto quello che ho visto nella storia della sua vita. Anche mia moglie è una fotografa (ed è pure anarchica) che si è trasferita dall'Italia negli Stati Uniti e devo ammettere che questa canzone ha un doppio significato per me."
La seconda era il retrocopertina: raffigurava i nostri quattro con le facce cancellate , quasi "raspate" via dalla foto, mentre sullo sfondo troneggiava un tramonto rosso fuoco. Timore di una notorietà sempre più vicina? Macché, Ian mi riporta subito sul pianeta Terra:
"Pensavamo che le nostre facce distraessero dall'intensità dell'alba dietro di noi. Sentiamo che ad un certo punto diveniamo soltanto figure o forme agli occhi delle persone, ma soprattutto pensavamo che la foto fosse più attraente nascondendo le nostre facce. Non analizziamo veramente questo tipo di cose... Sembrava soltanto la cosa giusta da fare in quel momento".
Dopo più di dodici anni la formazione non è mai cambiata, e Ian su questo è quantomeno categorico:
"I Fugazi sono la somma dei quattro membri che compongono il gruppo. È sempre stato chiaro che se qualcuno avesse lasciato la band, questa avrebbe cessato di esistere. Ciò che ci fa continuare a stare insieme è la consapevolezza che tutti noi abbiamo la possibilità di staccare la spina, ed inoltre c'è un rapporto di fiducia e di amicizia che ci unisce."
Per chi ancora non lo sa, Fugazi significa anche Dischord: una delle etichette americane indipendenti più interessanti ed intransigenti del panorama sonico più disturbante. Distribuzione capillare, prezzi fantascientifici (max 9 dollari per un vinile), e buona musica (non solo Hard-core punk o Emo-core , come invece molti pensano...). Avrei voluto sapere come sono riusciti in questo quasi-miracolo rigorosamente autogestito, ma Ian è "astringente" fino al parossismo:
"Non sono in grado di dare una risposta appropriata a questa domanda perché per farlo dovrei scrivere uno o due libri... Non so veramente perché siamo riusciti a lavorare così a lungo, forse perché avremmo comunque ritenuto che l'etichetta sarebbe stato un completo successo anche se l'avessimo gestita per realizzare un solo singolo e restare nel mercato un anno soltanto".
Dischord significa anche Washington. Mi spiego: solo i gruppi di questa città incidono per la suddetta etichetta... No, un attimo, che avete capito: mica vogliono fare la padania degli Stati Uniti Discografici!!! Semplicemente la Dischord è nata per "archiviare":
"Abbiamo cominciato a documentare questa particolare scena composta soprattutto da amici, e questo è rimasto il nostro obiettivo nei venti anni di attività che ne sono conseguiti. Esisteremo fino a che questa comunità continuerà a creare, ma quando tutto questo cesserà anche l'etichetta farà lo stesso. A quel punto il lavoro sarà completato."
Aggiungo io: per "allargare il discorso" è nata la Slowdime, etichetta gemella di casa Dischord, che espande, oltre ai confini musicali (peraltro ormai molto eterogenei anche quelli della casa madre), anche quelli "geografici": infatti i bolognesi Three Second Kiss hanno appena inciso un buon 12" per codesta etichetta...
Per molti Fugazi significa anche Straight Edge, quella specie di "dottrina" che comporta una versione vegetariana e salutista (no drugs, no alcohol) e non violenta del politically correct più radicale. Tutto nacque dall'omonimo brano di Ian Mckaye quando ancora militava nei Minor Threat (la band che ha praticamente generato la Dischord), per poi dilagare in buona parte della scena Punk-Hardcore statunitense. Cerco di punzecchiarlo chiedendogli se non trova ormai quel tipo di cose una specie di moda, e risponde con franchezza:
"Non credo di trovarmi in una posizione tale per potermi esprimere pro o contro quelle persone che considerano se stesse della scena straight edge. Ho coniato quella definizione quando scrissi il brano omonimo nel 1980, ma non sono mai stato interessato a quel "quasi - movimento" a cui penso tu ti stia riferendo. Credo nel diritto individuale di scelta del proprio stile di vita, e questo è ciò a cui si riferiva la canzone Straight edge. Immagino che esistano alcune persone, che definiscono se stesse straight edge, inclini ad indottrinarti su quello che devi fare, ma ipotizzo anche che ci sia molta più gente che abbia le stesse idee e che non si sente in dovere di dirti nulla...". Fine. Ma giuro che un giorno o l'altro tornerò a tampinarli sulla questione autogestione: caro Ian, comincia subito a scrivere il libro....

Mario Bossi


Fugazi