dossier essico
Lo Zapatismo è
un movimento
libertario?
di Pietro Vermentini
Un anarchico italiano residente nel Chiapas
cerca di rispondere a questa domanda. E spiega perché
sì...
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Come anarchico che vive in Messico e
appoggia il movimento zapatista, mi viene fatta questa domanda
molte volte da parte di molti compagni di luoghi diversi.
Voglio così approfittare di questo spazio per rispondere, consapevole
che questa è semplicemente la mia visione e quindi senza dubbio
parziale o discutibile.
Credo che lo zapatismo (o meglio il neozapatismo) abbia tentato,
fin dal suo arrivo sulla scena nel '94, di evitare qualsiasi
etichetta, sottolineando solamente che gli esseri umani hanno
il cuore dalla parte sinistra. Loro affermano anche che il mondo
che vogliono costruire è un mondo colorito, con molte diversità,
un mondo con la giustizia, la libertà e la democrazia per tutti.
Non desiderando etichettare (né essere etichettati), credo che
sia poi importante andare a vedere quali siano le caratteristiche
più importanti di questo movimento. Analizzando le loro parole
(cioè, documenti e communicati), credo che questi si possano
sintetizzare nei seguenti punti:
1 Antimilitarismo: un esercito sì, ma solo di autodifesa,
la fine del quale è la propria estinzione.
L'EZLN è un esercito armato poveramente che viene sostenuto
grazie alla collaborazione logistica delle comunità. Non si
tratta di una guerriglia, ma di un esercito, e con questo voglio
sottolineare la partecipazione diretta delle comunità nella
guerra, la quale dà un carattere di massa al conflitto: si partecipa,
a diversi livelli, agli sforzi di una guerra che tutti hanno
deciso di fare.
Marcos afferma durante la Convenzione Nazionale Democatica:
"Lottate. Lottate senza tregua. Lottate e sconfiggete il governo.
Lottate e sconfiggeteci. Una sconfitta non sarà mai così dolce
come quella dove risulterà che avrà vinto la transizione pacifica
alla democrazia, alla dignità e alla giustizia"; poi, sottolineando
come le armi aspirano ad essere inutili: "La logica militare
è la logica più antidemocratica e antiumana che esiste. In questo
senso, l'EZLN ha una volontà di suicidio... di scomparire in
quanto militare".
"Comandare ubbediendo" non sono solo parole, ma fatti concreti
ed in questo senso sembrano esemplificare la Consulta [consultazione]
fatta nel '95, nella quale fu data a tutta la popolazione la
possibilità di decidere quale sarebbe stato il destino della
loro stessa organizzazione militare.
2 Il non-potere: l'EZLN cambia radicalmente la logica
delle ultime (ed attuali) guerriglie latinoamericane: la lotta
non è per il potere, il cui stesso significato molte volte viene
attaccato e deriso, ma per ottenere precisamente la giustizia,
la libertà e la democrazia.
"Prendere il potere? No, qualcosa un po' più difficile: un mondo
nuovo" scrive Marcos in una lettera allo scrittore Gaspar Morquecho,
un mese dopo l'inizio del sollevamento. Questo è evidentemente
uno dei punti più difficili da comprendere per tutti quei movimenti
che, in un modo o nell'altro, si rifanno al marxismo e che non
sono capaci di concepire una rivoluzione senza la presa del
potere. Molte volte mi è capitato di vedere l'imbarazzo di molti
politici ed intellettuali marxisti o pseudomarxisti, i quali,
nella loro mente chiusa, fatta di slogan imparati a memoria,
non sapevano rispondere su come gli zapatisti possano pensare
ad un processo rivoluzionario senza la presa del potere. La
maggior parte di questi erano capaci di rispondere alla domanda
SENZA RISPONDERE (già si sa che in questo caso i politici di
tutto il mondo sono maestri). Quelli invece che non avevano
imparato così bene l'arte moderna di fare politica arrivarono
al punto di negare quanto è stato tante volte ripetuto dagli
zapatisti e, con un sorriso ironico, affermarono, con la voce
bassa "ma no, loro dicono così solo in modo un po' propagandistico;
vedranno che poi ...".
Solamente gli anarchici hanno sempre insistito su questo punto;
anzi, è stato proprio sulla presa del potere attraverso la costituzione
di partiti politici per poi stabilire il socialismo che si è
prodotto la frattura incurabile all'interno della Prima Internazionale
tra marxisti ed anarchici.
"Se le cause del male continuano ad esistere, anche se gli indigeni
andranno al potere, loro stesso si corromperanno e si venderanno"
afferma Marcos, spiegando che il loro essere rivoluzionari non
è nato per conquistare il potere, ma per la lotta per la DIGNITà
PER TUTTI e che questo si può ottenere solamente cambiando i
valori sociali dominanti ed attraverso una trasformazione profonda
delle relazioni sociali.
"Dignità?" ha risposto il comandante Isaac ad alcuni giornalisti
che gli hanno domandato che cosa volesse dire per loro questo
parola. "Vedete, noi crediamo e sentiamo di avere la capacità
di controllare il nostro destino. Non è necessario che loro
ci conducano per mano. Non ci serve qualcuno che ci opprima
o ci manipoli. Come indigeni desideriamo la nostra autonomia,
abbiamo bisogno di questa identità, di questa dignità. Della
dignità per vivere e rispettare". Nella stessa logica, nel luglio
del '94, attraverso la Seconda Dichiarazione della Foresta Lacandona,
l'EZLN aveva lanciato un appello perché la società civile "nella
quale si trova la nostra sovranità" si organizzasse nella Convenzione
Nazionale Democratica, perché "la rivoluzione non finirà con
una nuova classe o con un nuovo gruppo al potere, ma con uno
spazio libero e democratico di lotta politica".
3 Non volendo il potere, automaticamente gli zapatisti
si allontanano dalla logica di essere un partito futuro e prendono
le distanze da queste organizzazioni (e delle loro logiche elettorali).
Si rifiutano di imporre un proprio modello prestabilito, incentivando
invece La partecipazione attiva di tutti (tradotta in
pratica nei concetti dell'autonomia e l'autogestione)
nella costruzione di un mondo diverso. L'EZLN rifiuta la strategia
maoista di accerchiare le città dalla campagna; la lotta armata
viene concepita come parte di un processo più ampio, al quale
l'EZLN può integrarsi. Da quello che è passato nel gennaio del
' 94 fino ad oggi, risulta chiaro l'interesse da parte dell'EZLN
di subordinare la guerra al ritmo dei movimenti sociali (la
cosiddetta "società civile"). Nei fatti sono gli stessi zapatisti
a dirci che loro non sono la sola strada, la sola verità onnipotente.
Scrive su di loro Raul Zibecchi "L'EZLN riconosce che rappresenta
una sola bandiera, ma che può sorgere una bandiera ancora più
grande. Tale bandiera più grande può essere un movimento nazionale
rivoluzionario che unisce le tendenze più diverse, i pensieri
più diversi e le forme di lotta più diverse. Un messaggio diretto
sia ai movimenti sociali che agli individui, ma che esclude
i partiti politici in quanto, come dicono gli zapatisti, sono
loro quelli che meno sanno delle necessità della partecipazione
della gente".
4 Una lotta frontale contro il modello economico neoliberale
e contro il suo modello culturale*. In un periodo nel quale
i maggiori partiti e movimenti di sinistra del mondo sembrano
accettare (alcuni persino li giustificano come positivi) i diktat
della FMI (fondo monetario internazionale) e del BM (Banca Mondiale),
dal Chiapas si è ascoltata per la prima volta una voce piccola
ma ferma e chiara: "Ya basta" seguito da un'altra frase che
arriva ai potenti della terra come blasfemia terribile "Nulla
per noi, tutto per tutti". * (entrata in vigore TLC).
5 Antirazzismo le innumerevoli facce con le quali si manifesta
(neri, gialli, indigeni, donne, omosessuali, lesbiche, etc.).
6 Ecologismo: centrato più sui criteri della cosmologia
indigena che non su quegli occidentali, è sufficiente passare
un po' di tempo in qualsiasi comunità indigena per rendersene
conto.

Delegazioni,
non governo
Desiderando, invece, analizzare la loro organizzazione concreta,
possiamo vedere che tutte le decisioni più importanti si prendono
esclusivamente dopo avere consultato le comunità. Il contatto
con le comunità viene mantenuto da parte dei membri del CCRI,
organo formato esclusivamente dagli indigeni eletti dalle loro
comunità (ed al quale Marcos non può appartenere, in quanto
mestizo - [meticcio]).
Afferma Tacho "Tutti noi comandanti eravamo eletti democraticamente
nelle assemblee delle comunità o dai responsabili locali che
eleggono i regionali. Le assemblee eleggono i delegati del CCRI
perché i compagni della base devono sapere chi eleggono, e se
le persone si comportano male, la base li toglie. Perché qui
non si tratta del lavoro di un'organizzazione, ma del lavoro
di una popolazione".
Un'organizzazione armata, quindi, che rimette tutte le decisioni
importanti alla sua base, che ha anche la possibilità di esercitare
un controllo continuo sulle persone che poi mettono in atto
le decisioni prese.
Sono anche chiare le somiglianze rispetto a quello che scrisse
Malatesta:
"Ma se poi voi anarchici avrete molte relazioni sociali, avrete
bisogno di delegare funzioni, di dare incarichi, di nominare
rappresentanti?"
"Certo, ma non credete che questo equivale a nominare un governo.
Il governo fa le leggi e le impone, mentre in una società libera
le delegazioni non sono che determinati incarichi, provvisori,
per fare certi lavori, e non danno diritto a nessuna autorità
nè a nessun compenso speciale. E le risoluzioni dei delegati
sono sempre soggette all'approvazione dei mandanti".
Da quello detto finora, mi pare chiaro che il progetto politico
zapatista è un progetto di tipo libertario e che la sua organizzazione
interna tenta, entro i limiti che impone la guerra e quindi
il fatto di essere un esercito, di mantenerne lo spirito. Come
anarchici, credo che sia importante riconoscere queste caratteristiche,
così come credo che sia necessario stare attenti a non idealizzandoli
e sapere anche riconoscere i difetti che ha qualsiasi individuo
o movimento, e che possono essere superati solo attraverso una
critica costruttiva.
Certo che, per esempio, la situazione della donna nelle comunità,
nonostante La Legge delle Donne applicata nell'EZLN, ancora
non è come quello che i libertari e gli zapatisti si propongono;
ma in quale parte del mondo lo è?
Credo che il fatto di proporre un cambiamento sia già molto
importante e, se nella realtà ancora manchi molto, questo solamente
vuol dire che c'è molto lavoro ancora da fare (d'altra parte,
anche fra noi anarchici possiamo vedere che in molte riunioni
ci sono modalità che non sono molto libertarie, e non per questo
diciamo che la libertà o l'anarchia siano sbagliate).
Così, facendo un altro esempio, parole (troppo ripetute) dagli
zapatisti, come bandiera o patria, mi fanno immediatamente un
po' irrequieto, a causa della mia cultura politica.
Certo, qualcuno può dire che il senso è quello della rivendicazione
di essere trattati come messicani (in quanto piì messicani di
qualsiasi altro) e di rifiutare l'imposizione della cultura
colonizzatrice occidentale.
In tutti modi, credo che su questi punti, come forse su altri,
come anarchici dobbiamo continuare a lottare duramente per portare
avanti sempre di piì il nostro messaggio libertario.
Credo che sia importante per gli anarchici messicani e quelli
di altri paesi appoggiare energicamente gli zapatisti, i quali
più di chiunque altro si sono organizzati per sfidare il modello
politico, economico, sociale e culturale esistente. Questo non
deve significare perdere la propria identità come anarchici
- questo sarebbe un errore grave e nessuno l'ha preteso. Non
è che, perché gli zapatisti appoggiano energicamente al movimento
universitario e il suo sciopero giusto, non siano piì zapatisti;
al contrario, come zapatisti loro dicono, senza imporlo, quello
che pensano. Credo quindi che il modo migliore per gli anarchici
di appoggiare il movimento zapatista è quello di organizzarsi,
ognuno dove e con chi meglio pensa, per fare un impatto con
le loro idee libertarie nella costruzione di una società nuova.
Pietro Vermentini
(traduzione dallo spagnolo
di Leslie Ray)
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