Interpretato da Mel Gibson, il film
Il patriota cerca evidentemente di ripetere il successo
che lattore australiano aveva ottenuto alcuni fa con Braveheart.
In questa sede, comunque, non ci interessa recensire il film,
ma piuttosto sottolineare un particolare che senza dubbio sarà
sfuggito a molti spettatori: il titolo.
In effetti cè qualcosa di stridente in quel nome, il
patriota, termine che secondo il vocabolario De Agostini indica
"chi ama la patria ed è pronto a sacrificarsi per
essa" (pag. 971). A questo punto è necessario definire
cosa sia la patria: lo stesso vocabolario la definisce "il
territorio dove un popolo vive e che ciascuno degli abitanti
sente proprio per vincoli personali, affettivi, storici, culturali
ecc." (pag. 971).
Ebbene, non si capisce a quale patria faccia riferimento Benjamin
Martin, il personaggio impersonato da Mel Gibson, perché
se è vero che luomo si batte contro gli inglesi, lo
fa comunque per stabilire a chi deve spettare la terra che è
stata sottratta agli Indiani (che significativamente non appaiono
nel film).
Sappiamo bene, comunque, che per molti queste argomentazioni
non possono bastare, perché laddove si parla degli Stati
Uniti entra spesso in azione una lente deformante che induce
molti ad osservare la federazione nordamericana con un occhio
di riguardo che capovolge la realtà. In altre parole,
entra in gioco un meccanismo che impedisce di applicare agli
Stati Uniti il metro di giudizio che viene applicato ad altri
paesi che si trovano coinvolti in situazioni analoghe.
A questo proposito ci sembra pertinente il paragone con la Cina,
che comè noto ha invaso il Tibet negli anni Cinquanta
e ancor oggi, dopo mezzo secolo, porta avanti una feroce politica
di sradicamento culturale. Naturalmente il governo di Pechino,
cioè il Partito comunista, non ha mai parlato di "invasione",
ma di "liberazione" del Tibet, e attorno a questo
nome ha costruito unepopea eroica che avrebbe liberato il paese
delle nevi dalla "teocrazia oscurantista" del Dalai
Lama.
Facciamo ora un parallelo con il genocidio degli Indiani dAmerica,
che non solo non ha mai lacerato le nostre coscienze, ma è
stato praticamente rimosso e sostituito dallepopea gloriosa
del Far West. Gli europei, come scrive Gianpasquale Santomassimo,
hanno "imparato ad amare la civiltà americana attraverso
la leggenda romanzesca e cinematografica costruita attorno alla
pulizia etnica di un intero continente".
Molti obietteranno che il genocidio dei popoli amerindiani è
un fatto ormai remoto, e che quindi non può coinvolgerci
emotivamente. Al contrario ci coinvolge lepopea della rivoluzione
americana, perché il suo protagonista è "uno
dei nostri", porta avanti i valori che costituiranno la
base dellOccidente liberaldemocratico (e bianco) che due secoli
dopo promuoverà la seconda guerra del Golfo e quella
contro la Jugoslavia. Oggi come allora, promosse da invasori
che si spacciano per eroi, e che ancora una volta sanno di poter
contare su un vasto consenso.
Alessandro Michelini

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