Gli
anarchici e il fascismo
Nella prima parte dellarticolo vengono accomunati
Malatesta, tutti gli anarchici italiani e tutto il movimento
socialista, nella sottovalutazione e nella non comprensione
dellessenza del regime di Mussolini.
Questa, come tutte le generalizzazioni, è falsa ed ingiusta.
E lanarchico Camillo Berneri dove lo mettiamo?
Le pagine di analisi e di riflessione sul fascismo di Camillo
Berneri lo pongono al fianco di personaggi come Piero Gobetti
e Carlo Rosselli; in particolare per quellinterpretazione del
"fascismo come autobiografia della nazione", espressa
per la prima volta da Gobetti nel 1922 su "La Rivoluzione
Liberale", poi ripresa da Rosselli in "Socialismo
Liberale" e quindi da Berneri nel lavoro "Mussolini
grande attore", pubblicato per la prima volta in Spagna
ed ignorato in Italia fino alledizione del 1966, quando fu
dato alle stampe col titolo Mussolini, psicologia di un dittatore
dalle Edizioni Azione Comune di Milano. Un interpretazione,
come è chiaro, più avanzata di quella del fascismo
come semplice espressione del gran capitale e come "controrivoluzione
preventiva" come recitava il titolo del saggio di Luigi
Fabbri. Come nota lo storico Pier Carlo Masini in "Mussolini,
la maschera del dittatore" (BFS, Pisa 1999) (di cui sarà
bene riportare alcuni passi) quel lavoro dellanarchico di Lodi
è importante proprio in quanto attesta come Berneri fu
tra i primi ad analizzare fenomeni tipici del Novecento e del
totalitarismo quali la politicizzazione di grandi masse, il
loro rapporto con un capo carismatico e luso della propaganda.
Gli studi compiuti di psicologia e di psicanalisi gli consentirono
inoltre una dettagliata analisi psicologica del personaggio
Mussolini, di cui, come Rosselli, ribaltò limmagine
caricaturale e quindi di sottovalutazione che certo antifascismo
ne faceva per riconoscergli notevoli doti politiche e, appunto,
di grande attore. Un grande attore che seppe cogliere le esigenze
del pubblico, cioè il popolo italiano, in quel determinato
momento. Ma Berneri dice anche di più: sono state le
masse italiane a chiamare sulla scena quel grande attore: quelle
masse avevano già una predisposizione psicologica al
culto della personalità, alimentata anche dai miti di
una parte della sinistra "Mussolini è duce perché
si gridava: Verrà Lenin. La fiducia nel liberatore crea
il tiranno"1. E gli studi di Berneri, se valutati come
avrebbero meritato e sviluppati, avrebbero forse evitato che
la storiografia di sinistra si trovasse poi disarmata di fronte
agli studi di Renzo De Felice sulla delicata e controversa questione
del "consenso" al regime fascista. Disarmo che ha
permesso che oggi si parli tranquillamente nei testi scolastici
non più di "Resistenza" bens" di "guerra
civile" e senza usare il virgolettato!
Per concludere: non si sente proprio il bisogno che si contribuisca
anche noi alloblio di una delle figure più prestigiose
non solo dellanarchismo ma dellintellettualità antifascista
italiana. Ci sono già le storiografie di tutte le tendenze
che svolgono questopera meschina da decenni, vuoi per dolo
vuoi per ignoranza.
Gli anarchici e la democrazia
È assai curioso, ma nelle riflessioni di F. Berti sulla
democrazia echeggiano elementi strategici del pensiero e dellopera
di due antichi segretari del Partito Comunista Italiano, sino
a rivelarsi di fatto come una loro tardiva apologia. La democrazia
come via dellanarchismo? Arriviamo tardi compagni, laveva
già detto Enrico Berlinguer che è la democrazia
la strada maestra per la trasformazione della società.
E come dimenticarsi che il Pci ha sempre sottolineato come tra
i propri meriti (grazie allopera di Palmiro Togliatti in particolare)
vi fosse ai primi posti quello di essere stato una "palestra
di partecipazione democratica" per le masse italiane, combattendone
sia la loro visione dello Stato come altro e contro da sé
sia la presenza al loro interno di tendenze insurrezionaliste.
Non si è sempre detto che proprio grazie a Palmiro Togliatti
nellimmediato dopoguerra tali tendenze (presenti anche nello
stesso Pci, si pensi a Pietro Secchia) sono state sconfitte
e si è cosìevitato un bagno di sangue come ci
fu in Grecia? Intendiamoci: chi scrive pensa che coloro che
ancora oggi sostengono che il rischio di quel bagno di sangue
andava corso abbiano ben poco di anarchico e rivoluzionario,
considerando inscindibili umanesimo e anarchismo.
Il punto è che bisogna essere coscienti che opinioni
sul valore della democrazia e sulla necessità di difenderla
come quelle espresse da F. Berti comportano il dover riconsiderare
tanti giudizi espressi dal movimento anarchico nellultimo cinquantennio
ad esempio proprio sul ruolo del Pci. Si ha il coraggio di andare
sino in fondo? O si eviterà il discorso trincerandosi
dietro la comoda etichetta dei comunisti sempre comunque e dovunque
tutti farisei, totalitari ecc.?
Fa bene Francesco Berti ad invitare a rileggere il saggio di
A. Bertolo sul numero di Volontà "Democrazia e oltre".
é di grande chiarezza. Scrive Bertolo: "Non può
darsi democrazia vera nel politico se non ci sono soggetti politici
socialmente uguali (o, se si preferisce, equivalenti). Non può
darsi, cos", democrazia politica senza democrazia economica:
chiamiamola autogestione. Non è possibile una democrazia
libertaria (per usare un neologismo più o meno sinonimo
di anarchia possibile, di anarchia praticabile) se anche lethos
della società, i suoi valori fondanti non sono anchessi,
almeno parzialmente, coerenti con la democrazia diretta e con
lautogestione, vale a dire con luguaglianza, la libertà,
la solidarietà, la diversità intese in senso forte."
Ma lo sviluppo che ne fa F.Berti appare francamente riduttivo,
anzi addirittura fuorviante. Il programma di azione che propone
appare lontanissimo dallethos di cui parla Bertolo. E quando
manca quel tipo di ethos, anche un regime democratico fa presto
a cambiare faccia verso chi mette in discussione il privilegio
dei più forti. Emblematico a riguardo è ciò
che si è visto a Praga nel settembre scorso, quando la
polizia della Repubblica Ceca, guidata dal "liberale"
Vaclav Havel, ha prontamente rispolverato i metodi del precedente
regime stalinista contro chi manifestava contro il vertice della
Banca Mondiale.
Ciò che indica F. Berti non intacca affatto la struttura
del dominio in tutte le sue forme. Si limita a smussare un
pochino qualche angolo. Ed è un tipico punto di vista
di un abitante del nord del mondo, i soli che possono permettersi
di parlare del "benessere diffuso del capitalismo avanzato".
Diffuso dove? E tra chi? Ed è oltretutto cinico e beffardo
parlare di "diritti di consumatori in tutto il mondo"
quando in certe aree del pianeta da consumare ce solo il proprio
corpo nel produrre i beni del nostro "benessere diffuso".
In quella lista di buoni propositi compare, di passaggio, una
benevola raccomandazione a non sottovalutare loppressione economica.
E chi è che lavrebbe sottovalutata? Forse F. Berti non
se ne è accorto ma da secoli ci sono lotte per lemancipazione
sociale. Francamente era più avanzato il programma sociale
del Pci di Togliatti e Berlinguer.
Pietro Masiello
1- C. Berneri, Mussolini grande attore, Edizioni
Archivio Famiglia Berneri, Pistoia 1983, p.98
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