52 chilometri di galleria. 52. Una ferita terrificante sotto il Moncenisio
è l'emblema più efficace del progetto per l'Alta Velocità
tra Torino e Lione. Ormai siamo ai blocchi di partenza: dopo l'accordo siglato
il 29 gennaio a Torino tra il governo francese e quello italiano i primi cantieri
apriranno a Torino il primo marzo. Un'opera pubblica destinata a trasformare una
delle più belle vallate alpine in un deserto rischia di divenire una realtà,
nonostante la ferma opposizione degli abitanti della Valle. "La lotta contro
il Tav su in Val di Susa è iniziata ormai da 10 anni" racconta Nicoletta,
esponente del Comitato Antitav della valle, "ricordo che fecero un incontro
a Susa promosso dai Lyons e dalle società allora interessate al progetto:
noi andammo con uno striscione 'Giù le mani dalla Val Susa' che in questi
anni ci ha sempre accompagnato a tutte le manifestazioni".
Il sì di
Polo e Ulivo
Quella che si gioca in Valle di Susa non è solo una partita sull'ambiente
ma è anche una battaglia politica, economica e culturale in cui è
in ballo il destino delle trentacinquemila persone che l'abitano, che di fronte
alla "fretta" della globalizzazione, non sono che piccoli ostacoli lungo
il "corridoio" destinato a collegare sempre più celermente Torino
all'Europa. Ma loro non ci stanno e nonostante l'Alta Velocità veda il
consenso sia del Polo che dell'Ulivo, nonostante gli enormi interessi in ballo,
nonostante il ruolo preponderante esercitato dalla Fiat e del suo uomo in Comune,
il sindaco Castellani, già barone di primo piano al Politecnico, e domani
a capo dell'enorme business delle Olimpiadi invernali del 2006, continuano a battersi
per le loro case, per la loro salute, per il diritto dei loro figli a crescere
in un ambiente sano.
Già l'autostrada sino al Freius, costruita nonostante l'opposizione di
tanti valligiani, ha distrutto ambiente, posti di lavoro, servizi, rendendo sempre
più difficile la vita delle comunità valsusine. "Dove oggi
poggiano i piloni dell'autostrada" dice Nicoletta "vi erano prati ed
allevamenti. Paesaggio, posti di lavoro e la possibilità di vivere in valle
sono andati perduti per tanti di noi. Il fieno ci tocca vederlo passare sui Tir
che sfrecciano sull'autostrada: viene da lontano e va lontano in gran fretta,
lasciandoci solo inquinamento e disoccupazione. Fermare il Tav è indispensabile,
non vi sono possibili 'correzioni' dell'impatto ambientale: ne va della nostra
stessa possibilità di continuare a vivere nei nostri paesi".
Quando fecero l'autostrada raccontarono la bella favola dei posti di lavoro, delle
possibilità di sviluppo, del turismo. I valligiani hanno imparato a loro
spese che il mostro che getta i propri piloni oltre le acque argentee della Dora,
la cui ombra si prolunga sulle case dei paesi, non porta che inquinamento, rumore,
prosciugamento delle falde acquifere. In una vallata alpina, ricca di torrenti,
ci sono paesi dove l'acqua non sgorga dalle sorgenti ma dalle autobotti. I pendolari
non usano l'autostrada perché è troppo costosa: un viaggio sino
a Torino e ritorno, una quarantina di chilometri al massimo, costa 15.200 lire.
Di fronte a questi progetti faraonici, quelli realizzati, come l'autostrada, e
quelli in procinto di realizzazione, come il Tav, sono costantemente peggiorati
i servizi alle persone. Le stazioni minori hanno chiuso biglietterie e sale d'aspetto
perché poco remunerative: così i pendolari, studenti e lavoratori,
aspettano il treno all'aperto in estate come nei lunghi inverni. La città
di Susa, dove c'è l'ospedale, alcune scuole superiori ed altri servizi
è collegata con una linea minore che funziona poco e male.
Spazio disabitato
Se il Tav verrà realizzato la gente farà fatica a raggiungere
l'ospedale mentre dei siluri a trecento chilometri all'ora sfrecceranno ogni cinque
minuti rasenti alle case. Studi eseguiti e mai pubblicati o pubblicizzati di tre
eminenti professori del Politecnico dimostrano che un treno ad alta velocità
a pieno regime è come un aereo in partenza: produce un fragore insopportabile.
È stato calcolato che per non subire le conseguenze dell'inquinamento acustico
bisognerebbe abitare ad una distanza di almeno 500 metri dai binari, questo significa
che si dovrebbe creare intorno a tutto il tracciato del TAV un deserto della larghezza
di un chilometro. Peccato che la Bassa Valle in certi punti non sia più
larga di un chilometro e mezzo e sia già attraversata oltre che dall'autostrada,
dalle statali 24 e 25 e da una linea ferroviaria internazionale. "È
un rumore improvviso e nevrotico e se voi fate crescere un bambino nei pressi
di una linea ad alta velocità sarà sicuramente ritardato" spiega
il prof. Chiocchia, docente di acustica del Politecnico di Torino.
I fautori del Tav vogliono che la Valle di Susa si trasformi in uno spazio disabitato,
un corridoio in cui corrono treni superveloci destinati a collegare metropoli
invivibili e mostruose, fatte di anonime periferie e centri direzionali.
Di fronte ai valsusini si ergono giganti i cui nomi sono noti: ENI; IRI e FIAT
o meglio tutti i General Contractor a loro collegati COCIV, IRICAV, CAVET, CEPAV
UNO E ITALFERR. Ed ormai è chiaro che anche la città di Torino verrà
piegata alle esigenze del Tav che dovrà essere pronto entro il 2006 per
il grande business pubblicitario delle Olimpiadi. La città si riempirà
di cantieri per le costruzioni che copriranno la spina centrale, per la metropolitana
girata e rivoltata secondo i voleri del Politecnico, portavoce degli interessi
FIAT. Nella zona degli ex mercati generali nascerà una mega-cittadella
per le olimpiadi poi gestita dall'Università, un enorme albergo sorgerà
in collina, zona da sempre vincolata contro le costruzioni. Ed altri cantieri
apriranno per la rivoluzione di Porta Susa che, nel divenire la prima stazione
di Torino, sarà spostata verso C.so Bolzano e sarà il passaggio
per l'Alta Velocità, la metro e vedrà la costruzione di un altro
albergo di 30 piani sopra i binari quasi all'angolo con C.so Vittorio.
L'anima di questo progetto è la Fiat, la maggiore finanziatrice privata.
Quella di sempre, quella che, diceva il vecchio Agnelli, "è sempre
governativa". E la torta da spartire è delle più appetitose:
30.000 miliardi. Di fronte a tale "affare" non è difficile prevedere
che verranno usati tutti i mezzi: dalla corruzione all'intimidazione mafiosa,
dalla repressione alla propaganda. Quella che è stata definita la "valle
dei misteri" purtroppo ha già avuto modo di sperimentare i metodi
legali ed illegali con i quali interessi palesi ed occulti sanno far valere le
proprie "ragioni". Tranne poi cercare in tre anarchici i capri espiatori
per le proprie malefatte. Sono passati poco meno di tre anni da quando vennero
arrestati Edoardo Massari, Soledad Rosas e Silvano Pellissero ed i primi due sono
morti suicidi in carcere. Ma nonostante la grande attenzione che i media riservarono
allora alla Valle ed ai suoi "misteri" una densa coltre di fumo continua
a coprire i mille affari sporchi consumatisi all'ombra del Rocciamelone. L'autostrada,
che è costata 2.200 miliardi, ha causato alla società Sitaf ben
quindici inchieste per tangenti, costruzioni abusive e spionaggio. Per non parlare
del traffico d'armi dell'armeria Brown and Bess gestita da una famiglia di neofascisti
a Susa, dell'agente dei servizi e pluriomicida contadino di Mattie Fuschi, dell'ex
comandante della stazione dei carabinieri di Susa, Germano Tessari, prima fustigatore
della corruzione in Sitaf e poi divenutone il responsabile per la sicurezza a
sua volta tirato in ballo dal Fuschi come complice. Un ginepraio da cui è
difficile districarsi ma che potrebbe facilmente riprodursi.
Anarchici, sindaci
e Coldiretti
La prima inequivocabile risposta agli abitanti della Valle è arrivata
il 29 gennaio, il giorno della firma dell'accordo italo-francese sulla Torino-Lione.
In quasi 10.000 sono giunti a Torino per manifestare la loro opposizione, la loro
rabbia. Allo sciopero generale proclamato dai sindacati di base l'adesione è
stata pressoché generale. A Torino sono arrivati tutti: gli studenti delle
scuole, i contadini, i sindaci con i gonfaloni, quelli del Comitato Antitav e
quelli della comunità montana. Si sono visti gli striscioni degli anarchici
e dei centri sociali, le bandiere dei Cobas e quelle della Coldiretti. Chiara
l'intenzione di dar voce al desiderio di continuare a vivere in valle, alla voglia
di avere un futuro. Ad attenderli un imponente schieramento di polizia che a suon
di manganellate ha impedito al corteo di manifestare davanti a Palazzo Reale.
Gli elicotteri sorvolavano minacciosi la gente che agitava le bandiere del Comitato
popolare di lotta al Tav e intonava "Bella Ciao" mentre il presidente
francese Chirac si incontrava con i padroni della città, con gli Agnelli
e Pininfarina.
Ma in Valle la gente ha la testa dura: i tecnici che tentano di entrare nelle
case e nei terreni per compiere i propri rilevamenti trovano le porte sbarrate.
La resistenza in Val di Susa continua.
Maria Matteo
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