Mirafiori
Kidz
"...Perché ci rimane in testa un qualsiasi motivetto del cazzo
se lo sentiamo molte volte? Forse, e sarebbe triste se lo fosse, i nostri gusti
musicali non sono altro che un riflesso psicofisico di ripetizione di certi ritmi.
Ma chi la fa la musica? Sono le case discografiche? Siamo noi? Ma i nostri gusti
musicali da dove vengono? Sono una nostra scelta o dipendono da quante volte ci
fanno sentire una canzone alla radio o alla televisione? E come mai, anche le
radio cosiddette 'alternative' ci fanno sentire mille volte sempre certi pezzi
e non altri?
Ovviamente è sempre una questione di soldi, di audience, di 'dare al pubblico
quello che vuole sentire' e minchiate simili. A volte è davvero strano
il fatto che certi pezzi musicali di dubbia qualità diventino famosi mentre
altri nonostante siano pregevoli rimangano nel buio più totale. Qual è
la cosa politically correct da fare per chi suona, chi usa la musica come
mezzo di espressione, chi vuole produrre qualcosa di concreto, un cd?
Quella classica, quella che senti in tutte le interviste è quella di entrare
dentro il sistema, sgomitare, rompere i coglioni, con centinaia di demotapes,
entrare nelle varie mafie musicali, e dentro a questo termine ci mettiamo anche
le 'mafie buone', i clan di amici che si proteggono a vicenda... Oppure quella
più alternativa, chiudersi in un proprio giro, in un circuito esclusivo,
autogestito, come hanno fatto negli anni '80 i punks anarchici...
Robert Wyatt ha detto recentemente che non è mica necessario fare dei dischi,
ce ne sono già tanti in giro, e questo è vero, è vero anche
che viviamo in una società dove tutti sgomitano continuamente per diventare
protagonisti, magari anche solo comparendo in fotografia a 'Chi l'ha visto?' o
mandando affanculo qualcuno al Maurizio Costanzo show. Perché dobbiamo
a tutti costi fare un cd? Perché dobbiamo costringere amici e parenti a
comprare un cazzo di cd e farli venire ai nostri concerti? Fare le solite mille
copie di rito che nel peggiore dei casi vengono spartite tra tutti in caso di
scioglimento del gruppo o che agonizzano a gruppi di cinque negli scaffali polverosi
di tanti negozietti, in conto vendita, naturalmente.
A questa domanda si potrebbe rispondere 'truzzescamente' che è bello vedersi
lì nella foto di copertina, come i gruppi famosi, imitandone le pose, l'abbigliamento,
riempire le note di copertina di centinaia di ringraziamenti ad amici, parenti,
fidanzate, la briscola in cinque, etc. Il senso dell'autoproduzione, del 'circuito
alternativo', sono cose sulle quali spesso ti interroghi, magari mentre stai cercando
di addormentarti sdraiato sul pavimento della casa di chi ha organizzato il concerto
al centro sociale nel quale hai suonato poche ore prima, in tasca hai il 'rimborso
spese' rigorosamente in biglietti da mille lire, pensi che se domani ti fermerai
in un autogrill sarai già 'sotto' con le spese.
Beh, però è stato bello quando gli ultimi scoppiati alle tre del
mattino volevano che suonassimo ancora la versione reggae dei Morti di Reggio
Emilia o la grande spaghettata tutti insieme e la classica domanda che in
tutti i posti ti fanno: 'com'è la situazione a Torino?' e lì allora
si scatena Gianni, l'opinion maker del gruppo che anche stasera durante il concerto
ha raccontato la storia di Giovanni Pesce e Dante di Nanni, e ti è piaciuto
sentirla ancora, un po' come i bambini che si fanno raccontare cento volte le
stesse fiabe e non ne hanno mai abbastanza.
E in tutto questo il cd autoprodotto cos'è? È un annuncio all'interno
del concerto: 'Adesso faremo un pezzo nuovo, fa parte del nostro nuovo cd, è
autoprodotto, se volete comprarlo lo potete trovare qui a fianco del palco, grazie'.
Sicuramente è anche questo, specialmente quando vengono a chiedercelo dopo
il concerto, vogliono sapere dove trovare un certo pezzo che abbiamo fatto.
Ma la divisione tra musica di serie A e serie B non esiste più come una
volta, c'è' solo chi sta sopra e chi sta sotto il palco, certo, dipende
dal tipo di palco, ovviamente, però c'è questa specie di mentalità
per la quale si pensa che chi ha fatto un disco è già arrivato,
ci guadagna sicuramente, forse lo fa già di professione. E questo atteggiamento
spesso lo riscontri anche in quegli ambienti che invece dovrebbero essere più
attenti a certi contenuti, lo scopri ad esempio quando ti chiedono i dischi da
vendere in conto vendita e tu che fai? Non glieli dai facendo quello che ha la
puzza sotto il naso o glieli dai sapendo che non riavrai mai i tuoi soldi nel
novanta per cento dei casi.
Un disco, cioè il disco che possiamo fare noi, non è quello che
leggi nei giornali musicali, di gente che ci lavora mesi, anni, tra un partita
a biliardo e un'intervista. Un disco autoprodotto è un culo grande così
che ti fai cercando di raccattare i soldi, è una settimana di ferie, salti
mortali, panini che ti ingozzano, tensione a fettine, mani sudate, dita che non
scorrono sulle corde come dovrebbero, volumi troppo alti o troppo bassi nelle
cuffie, volti che ti guardano dall'altro lato di un vetro e scuotono negativamente
la testa o fanno strane smorfie di disgusto, chitarre scordate, strani ronzii,
suonare con un peperoncino nel culo cercando di fare più in fretta possibile
perché tutto costa e alla fine ritrovarti a litigare alle quattro del mattino
per fare un missaggio che non ti piacerà mai...".
Riecco, dopo qualche anno di silenzio ufficiale (ben sette ne sono passati dall'album
di esordio, quello con in copertina il bambino con la kefiah, una pistola in mano
e due occhi grandi così, ma loro non avevano mai smesso di suonare), i
Mirafiori Kidz con un nuovo cd.
Il testo che ho riportato qui sopra è la presentazione scritta nell'inlaycard:
l'ho messa per intero, non me la sentivo di ritagliare neanche una parola. Sembra
che dal loro primo omonimo lavoro su Blu Bus il tempo non sia passato: ancora
le loro canzoni rievocano quelle atmosfere "combat" tanto care al gruppo
(ed ai numerosi sostenitori) sin dagli inizi, anzi la formula viene riproposta
con rinnovata energia e maturate capacità tecniche.
Questa è musica intrecciata a passione e sudore che si traduce in amori
Clash mai rinnegati, chitarre ruvide al punto giusto e base ritmica martellante
ed operaia. I testi sono impegnati/militanti e scritti di getto, con quel pizzico
di sincerità che manca ad altri gruppi altrettanto impegnati sì,
ma che mirano anche se non proprio alla classifica, almeno alla bella recensione
su carta patinata. Questo è una specie di concept album dedicato al sogno
della rivoluzione, in cui si incontrano partigiani e terroristi, il Subcomandante
Marcos seduto dietro a Che Guevara in viaggio in motocicletta (disegnati in copertina,
oltre che citati tutt'e due qua e là) e un pezzetto di ciascuna delle mille
facce incontrate alle manifestazioni di piazza e ai concerti nei centri sociali.
Si distinguono un remake rock/pestone di E se ci diranno di Luigi Tenco,
Incontrandoti per caso scritta da Stefano Giaccone (ex Franti), una autocitazione
dell'anthem Torneremo sulla Langa e una versione di Dante Di Nanni che
sancisce ulteriormente l'ingresso degli Stormy Six nella Hall of Fame rivoluzionaria
per acclamazione popolare.
Impossibile non notare la partecipazione di Lalli: voce stupenda, da vent'anni
sulle barricate sonore. Impossibile non notare anche la voce dei figli piccoli
di uno dei componenti, testimonianza semplice e, se vogliamo, commovente di come
riuscire a trasmettere certi amori solo tenendo un bambino per mano.
L'album è autoprodotto e non viene distribuito commercialmente: lo potrete
però trovare ai concerti del gruppo e in qualche centro indipendente, oltre
che nella lista di Musica per A.
Contatti: mirakidz@lycos.com
Marco
Pandin

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