Della canzone italiana Fabrizio De André
rimane probabilmente la personalità contro più
rappresentativa e il suo patrimonio artistico e umano è
universalmente riconosciuto dalla società civile nel
suo complesso. Ma se in tanti si sentono idealmente al fianco
dell’artista, del suo impegno e persino del suo pensiero
trasversali, raramente si possono riconoscere esempi che in
qualche modo ne ripercorrano l’attività. D’altronde,
soprattutto oggi, e in special modo nel nostro Paese, come si
potrebbe argomentare con (im)pudica dignità di puttane
e transessuali, di barboni e di mendicanti, di ladri o di assassini,
di zingari, disadattati, minoranze… In effetti ci vorrebbe
molto, ma molto coraggio.
In una delle oasi italiane del benessere, la Brianza lombarda,
il trio Mercanti di Liquore sembra voler viaggiare ufficialmente
controcorrente. La lezione del cantastorie genovese l’avevano
assorbita già da qualche anno quando cominciavano a proporsi
come cover-band della migliore canzone d’autore della nostra
penisola e soprattutto, appunto, di Faber.
L’attività artistica dei giovani lombardi ha inizio
nella metà degli anni Novanta: dopo una piccola ma significativa
serie di soddisfazioni a concorsi e festival, una giovane band
denominata Zoo pubblica l’interessante disco Musicamezzanima
(Ed. Epic Sony Music). L’album presenta felici commistioni
tra musica popolare e rock, canzone d’autore e musica elettronica;
il suono del gruppo ha una sua originalità e freschezza
tanto che in poco tempo si guadagna simpatia e stima del pubblico
e della critica.
Dei sei componenti della band fanno parte Lorenzo Monguzzi,
Piero Mucilli e Simone Spreafico che di lì a poco sviluppano
il progetto parallelo dei Mercanti di Liquore a testimonianza
dell’amore per la canzone d’autore: …una sorta
di esigenza epidermica da soddisfare. I propositi riguardanti
quel periodo sono tanti e l’idea di mischiare musica e
immagini, poesia e recitazione – per esempio con il suggestivo
spettacolo “Gente Invisibile, un omaggio a Fabrizio De
André e a tutti quelli che hanno raccontato storie
sbagliate” – è soltanto quella che si concretizza
più naturalmente nell’immediato. Il giovane trio,
ribattezzato power-folk per l’energia che riesce a sprigionare
dal vivo nonostante la scarna strumentazione (fisarmonica, chitarra
folk e chitarra classica flamencata), dopo una valanga di concerti
ha pubblicato il Cd “Mai paura” comprendente, oltre
a brani originali, anche una serie di canzoni del modello De
André, venuto nel frattempo a mancare. Ed è stata
strameritata la partecipazione, un anno dopo, alla serata in
ricordo di Faber organizzata dalla famiglia De André
al Teatro San Felice di Genova; ad invitarli è proprio
il regista Pepi Morgia in persona. Al fianco di artisti come
Roberto Vecchioni, PFM, Mauro Pagani, Massimo Bubola, Adriano
Celentano, Vasco Rossi… la personale rilettura di Geordie
è tra quelle più apprezzate dal pubblico e divenuta
in seguito un singolo. I Mercanti, inoltre, promuovono a lungo
il film-documentario “Faber” insieme ai registi Bruno
Bigoni e Romano Giuffrida. È di pochi mesi fa la pubblicazione
di “La musica dei poveri”, l’ultimo disco
che apre probabilmente il nuovo e definitivo assetto della band
milanese.
Praticamente dismessi i panni di cover-band, Lorenzo e soci
firmano dieci brani nuovi di zecca, ripescano Brigante se
more (Musica Nova) e Viva la rosa (tradizionale francese),
assume infine di un nuovo colore Frankenstein del proprio
repertorio. A dare una mano al gruppo sono, tra gli altri, Andy
(Bluvertigo), Angapiemage Persico (violinista di Davide Van
De Sfroos), Luca Urbani alle voci (Soerbia) e Mariangela Pastanella
voce e chitarra classica nella deliziosa Lacrime amare.
Dalla magistrale introduzione al disco – il drammatico
ammonimento di Fra’ Bastiano, ben sonorizzato, tratto dal
film Il marchese del grillo – ci si avvia in un
percorso musicale ricco (si riconoscono trombone, flauto, percussioni,
bouzuki, basso) quanto efficace che fa da corollario a testi
di interessante fattura. E qui si ritrovano tematiche e simbolismi,
contraddizioni e contrasti drammatici della moderna società:
la triste e consapevole spensieratezza del barbone e il “superfluo”
dei benestanti dei “quartieri signorili”, l’(anti)eroe
per forza, la disobbedienza civile ai poteri costituiti, il
consumismo, il viaggio come mezzo di conoscenza di culture altre,
tratti di religiosità. Coraggiosa e disarmante (e sofferta)
è la denuncia della nativa Lombardia in cui è
facile volerti male, di sorrisi non ne fai e ti piace maltrattare.
In La musica dei poveri si dichiara invece un’appartenenza
come a un cappotto rattoppato e il passaggio la musica è
dei poveri diventa un inno. Nel disco, nella disposizione
dei brani, questa traccia poteva essere il giusto finale di
un percorso di esperienze, di percezioni, di sentimenti, di
ricordi… Pensiamolo ugualmente così, ma solo a struttura
circolare.
Stefano Starace
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