Rivista Anarchica Online


storia

Ribelli 1000/2000
di Marco Sommariva

 

Si intitola così un libro edito da Malatempora. Ne pubblichiamo due biografie, fra le tante.

Henry David Thoreau
Henry David Thoreau nasce nella piccola cittadina di Concord, nel Massachusetts, il 12 luglio 1817. La sopravvivenza della sua famiglia si lega alla modesta attività nel campo della costruzione artigianale di matite: quanto basta per permettere a David di frequentare, dal 1829, l’Accademia di Concord.
Nel ’37 conosce Ralph Waldo Emerson, massimo esponente dei trascendentalisti – un gruppo eterogeneo di intellettuali distaccatisi dalla Chiesa Unitaria – che attira l’attenzione di Thoreau sullo studio delle scritture indiane. Quattro anni dopo, quando va ad abitare con Emerson, e ha l’accesso alla sua splendida libreria, comincia a leggere alcune importanti scritture indiane. Alcune annotazioni sul suo diario testimoniano questa attenzione.
Sempre nel ’37 si laurea in letteratura all’Università di Harvard e l’anno dopo, insieme con il fratello John, apre una scuola privata che abbandona nel ’40 per l’opposizione dell’ambiente culturale cittadino favorevole, tra l’altro, alle punizioni corporali agli studenti.
Dal ’45 al ’47 vive in una modesta abitazione costruita con le proprie mani sulle rive del lago Walden, vicino a Concord. La cronaca di questi due anni si può leggere su “Walden ovvero vita nei boschi”, un classico in materia di rapporti tra l’uomo e la natura. In quest’opera esalta la libertà e l’indipendenza dell’individuo, intravede nell’industrializzazione americana e nel capitalismo basato sul profitto lo stravolgimento dei ritmi della natura: 150 anni fa Thoreau era già consapevole che la Natura doveva essere capita e salvata. Lo scrittore statunitense propone il ritorno a una società agricola, ecologica, fondata sugli scambi.
Pubblicato nel ’54, il libro costituisce un insieme di riflessioni e considerazioni, di narrazione di episodi di vita quotidiana e di descrizione degli eventi naturali che si manifestano con il cambio delle stagioni, attorno al lago Walden e ai suoi boschi.
Nel ’46 si rifiuta di pagare il cinque per cento delle tasse che avrebbero dovuto finanziare la guerra contro il Messico: “Non voglio che i miei soldi siano spesi per comprare armi che serviranno ad uccidere dei miei fratelli.” Per questo gesto sconta un giorno di carcere.
Il ’46 è anche l’anno in cui pubblica quello che molti definiranno un classico del pensiero libertario: “La disobbedienza civile”. Testo letto con entusiasmo da Tolstoj, adottato da Gandhi come manifesto di ribellione non violenta, apprezzato da Martin Luther King e dalla beat generation. Sarà una delle prime letture del giovane Malcolm X durante il carcere, lettura che contribuirà in modo determinante a fargli scoprire la questione dei diritti dei neri d’America.
Thoreau vede negli “affari” (business) una delle cause che provocano la servitù politica e nella proprietà una delle più consistenti minacce alla libertà dell’uomo.
Agli scritti ispirati alla natura americana Thoreau affianca un’intensa attività politica condensata in numerosi articoli, conferenze e lezioni pubbliche, alcune delle quali pubblicata, come le dure requisitorie contro lo schiavismo americano che traggono origine dalla fucilazione avvenuta in Virginia nel 1859 di John Brown, fervente sostenitore della necessità di abolire la schiavitù praticata in quello Stato, giunto a ribellarsi armi alla mano alle leggi che ne consentivano e alimentavano l’esistenza.
Nel ’60 scrive su “The Liberator”, pubblicazione antischiavista.
In conseguenza della tisi muore nel maggio del ’62.
Postumo esce “The journal” (14 volumi), un’accurata autoanalisi tenuta sul suo diario dall’età di vent’anni fin quasi al termine dei suoi giorni.
Sua la frase: “Il migliore dei governi è quello che governa meno. Se attuata, questa affermazione porta al seguente risultato: il migliore dei governi è quello che non governa del tutto.”

Emiliano Zapata
A differenza di molti altri rivoluzionari del ventesimo secolo, Emiliano Zapata (1879-1919) non è stato un intellettuale né un transfuga della classe dominante, ma un leader popolare di origine indigena.
Nato nel villaggio di Anenecuilco (Stato di Morelos – Messico), Emiliano è il nono di dieci figli di una delle tante famiglie impoverite dalle haciendas, le grandi aziende agricole divoratrici di terre nate dalla modernizzazione promossa dal dittatore Porfirio Diaz.
Nel Morelos si scontrano due civiltà: quella degli imprenditori capitalisti e quella degli indigeni legati alla terra e al villaggio (pueblo) che conservano uno spirito indomito e un forte senso della solidarietà.
Zapata riceve l’istruzione elementare fino a quando, rimasto orfano all’età di 16 anni, comincia a lavorare distinguendosi ben presto come buon agricoltore e gran conoscitore di cavalli.

All’inizio del secolo conosce due personaggi che giocheranno un ruolo importante nella sua vita: Pablo Torres Burgos e Otilio Montano. Entrambi sono maestri di scuola. Il primo gli mette a disposizione la propria biblioteca dove può leggere anche “Regeneración”, rivista clandestina dei fratelli Flores Magón; il secondo lo introduce alla letteratura libertaria, in particolare all’opera di Kropotkin.
Grandi scioperi si svolgono nelle ferrovie, nell’industria tessile, nelle miniere e nelle fabbriche di tabacco. Due scioperi annunciano la rivoluzione: quello di Cananea nel 1906, e lo sciopero di Rio Blanco nel 1907, represso dall’esercito, dalla polizia e dai rurales che ammazzano 200 lavoratori e ne imprigionano 400.
Nel 1909 Zapata viene eletto sindaco di Anenecuilco. L’anno dopo, in seguito ad un infruttuoso incontro con il presidente Diaz e a vari tentativi di risolvere i problemi del pueblo per via legale, comincia a occupare e a distribuire terre. Il 1910 è anche l’anno in cui si lancia nella lotta armata.
Dopo la morte di Torre Burgos per mano dei federales, diventa il capo indiscusso della rivoluzione del Sud. I suoi guerriglieri non abbandonano mai del tutto il lavoro, ma prendono le armi solo per respingere l’invasione. Mancano di esperienza organizzativa essendo stata proibita da Diaz ogni attività sindacale. Conoscono le idee anarcosindacaliste, soprattutto attraverso le relazioni degli emigrati negli Stati Uniti con i membri degli International Workers of the World (IWW).
Partecipa alla rivoluzione di Francisco Madero per rovesciare il presidente Diaz, ma successivamente si mette a capo di un’insurrezione contro lo stesso Madero ritenendo non mantenuta la sua promessa riforma agraria.
Nel 1914 marcia su Città del Messico insieme ad un altro rivoluzionario, Doroteo Arango – detto Pancho Villa – guida dei rivoluzionari del Nord. Gli abitanti della capitale hanno paura dell’Attila del Sud, però i rivoluzionari non commettono saccheggi né atti di violenza. In un gesto poi diventato famoso, Zapata rifiuta l’invito a sedere sulla poltrona presidenziale: “Non combatto per questo. Combatto per le terre, perché le restituiscano”. E torna nel Morelos, territorio libero dopo la fuga dei proprietari terrieri e dei federales.
Grazie alla sua ferma richiesta restituzione della terra agli indios, gode di un appoggio incondizionato da parte di queste popolazioni, con le quali forma uno degli eserciti più agguerriti della rivoluzione messicana.
Il grido libertario “Tierra y Libertad”, diffuso dalla rivista “Regeneración”, diventa uno dei simboli della rivoluzione. Zapata lo scrive sulle sue bandiere.
Durante la presidenza di Venustiano Carranza, giunge a controllare metà del paese e, nelle zone che domina, proclama il “Piano Ayala” di restituzione della terra agli indigeni.
Gli articoli 6, 7, 8 e 9 del Plan de Ayala riguardano in modo diretto la questione della terra: si chiede la restituzione di “terrenos, montes y aguas” usurpati a coloro che ne avevano i titoli di proprietà, in genere pueblos e piccoli coltivatori, e l’espropriazione del latifondo per sviluppare l’agricoltura ed eliminare la disoccupazione e la miseria.
Il rivoluzionario messicano non è mai stato dichiaratamente anarchico pur essendo fortemente influenzato dal magonismo – movimento sorto nel 1892, che nella sua evoluzione ideologica finisce con l’aderire ai principi anarchici: antistatalismo, ateismo, egualitarismo, disprezzo dei meccanismi elettorali.
Quasi invincibile sul piano militare, Zapata è attirato in un’imboscata tesagli dall’ufficiale traditore Jesùs Guajardo e assassinato il 10 aprile 1919, presso l’hacienda di Chinameca.
Aveva sempre sostenuto che era meglio “morire in piedi che vivere in ginocchio”.

Marco Sommariva