Rivista Anarchica Online


omofobia

Rocco e i suoi fratelli
di Francesca Palazzi Arduini

Colpi di mano, sotterfugi, sacrestie. Dentro e aldilà del dibattito parlamentare sull’omofobia.

A Gianna Nannini,
perché i sogni diventino veri.

Al momento in cui scrivo, non è chiaro cosa produrrà il Parlamento rispetto all’omofobia, dopo che sono state respinte le proposte di legge n.1658 e n.1882 (in generale dette “proposta Concia”) concernenti la modifica dell’art 61 del codice penale per l’introduzione di una circostanza aggravante relativa all’orientamento o alla discriminazione sessuale. Forse si creerà un calderone di proposte, come nel caso del legiferare sulle “unioni di fatto” che ha prodotto, solo nella XV Legislatura, ben 9 Disegni di legge alla Camera e 11 al Senato, oltre che al Disegno di legge governativo detto “Dico” (AS 1339), senza venir a capo di niente. Forse si giungerà a mediazioni più o meno significative. Forse il tracollo nazionale spingerà definitivamente in serie zeta questa partita. Ma siamo ottimisti! Ed esaminiamo i testi per capire cosa c’è in gioco.
Si legge nell’allegato ai resoconti della seduta parlamentare della Camera del 12 ottobre 2009, che ha respinto la proposta Concia:
...a tal fine si evidenzia come dell’espressione « orientamento sessuale » non sia data una definizione, né sia rinvenibile nell’ordinamento penale. L’espressione è estremamente generica in quanto può indicare fenomeni specifici come l’omosessualità oppure, più in generale, ogni «tendenza sessuale» comprendendo anche incesto, pedofilia, zoofilia, sadismo, masochismo e qualsiasi altro genere di scelta sessuale, che nulla ha a che vedere con l’omosessualità; inoltre l’indeterminatezza concettuale dell’espressione orientamento sessuale non consente di individuare le fattispecie meritorie di una particolare tutela.” (Vietti, Buttiglione, Rao, Capitanio Santolini, Volontè, Ciccanti, Compagnon, Naro) (1).
È questa la questione pregiudiziale che ha causato, dopo tanto tempo speso in discussioni e trattative, il rigetto della proposta, nell’imbarazzo e rabbia generale, tanto che la stessa ministra alle Pari Opportunità Mara Carfagna, dopo avere ambiguamente dichiarato in aula che questo tipo di “discriminazione” andava fatto rientrare tra tutti quelli stigmatizzati dall’Unione Europea col Trattato di Lisbona... entrato in vigore poi il primo di dicembre... si è sentita in dovere di sparare un spot anti omofobia dal vago sapore di E.R. Così, rifiutati alla Camera, noi LGBT (lesbian, gay, bisexual, transgender) siamo stati rappresentati nelle tv di Stato e paraStato come operatori sanitari, sul cui orientamento sessuale nulla è sensato e opportuno chiedere...
“Orientamento sessuale” è il termine contestato dal baldo manipolo di deputati, così preoccupati di non approvare testi che possano dare adito a discriminazioni verso la povera maggioranza eterosessuale depositaria di tutti i diritti! Il gioco è semplice: confondere volutamente i termini “scelta sessuale”, “tendenza sessuale” ed “orientamento sessuale”, facendo perno sul fatto che quest’ultimo è di uso recente, per ammassarli in un unico, indefinito (e perciò non normabile) blob di scelte, gusti, depravazioni e pratiche. Dall’incesto, termine che definisce un atto sessuale tra consanguinei, alla pedofilia, che definisce comunemente lo sfruttamento erotico di un minore, alla zoofilia, al sadismo e al masochismo che definiscono gusti sessuali anch’essi indifferentemente diretti verso uomini o donne (tralasciamo gli animali, eterno oggetto della nostra crudeltà), saltuariamente o no.

I deputati cavillosi

Incredibile, poi, che, seppure condannato dai nostri conservatori dell’etimo, il termine “tendenza sessuale” rispunti, invece del più corretto “orientamento sessuale”, nel testo dell’accordo contro le discriminazioni siglato da Alemanno e Carfagna, il 21 ottobre 2009, nel quale le istituzioni firmatarie si attivano contro ogni tipo di discriminazione basata sulle condizioni di una persona, comprese quelle riguardanti le “tendenze sessuali”. Nel testo Alemanno-Carfagna si cita in primis la Carta dei diritti fondamentali della persona siglata in Unione Europea il 14 novembre 2000. In questa Carta però per definire la condizione Lgbt di una persona si usa il termine “orientamento sessuale”. (2)
In definitiva, perché, invece di rifiutare una proposta di legge, i deputati cavillosi non hanno chiesto un’integrazione al termine discusso? Bastava al limite aggiungere ad esempio ad “orientamento sessuale” un “Lesbico, gay, bisessuale, transessuale e transgender” per specificare ciò che essi denunciavano spocchiosamente come troppo vago. Il risultato in realtà è un altro, e di ordine squisitamente simbolico: l’aver raggruppato e implicitamente paragonato la condizione Lgbt a “incesto, pedofilia, zoofilia, sadismo, masochismo e qualsiasi altro genere di scelta sessuale”.
Così Buttiglione e soci si sono divertiti a ingarbugliare, certi che, per i loro paragoni fuori luogo, non sarebbero stati perseguiti da una legge italiana che, appunto, grazie a loro non c’è.
I deputati in questione dichiarano che il termine “orientamento sessuale” non ha una sua definizione! E che non esiste nell’ordinamento penale italiano... come se i termini che affiorano da fenomeni sociali non potessero essere normati se non “nominati” in precedenza dal ...Digesto (3)!
In quanto all’esistenza del termine nei codici, proprio di recente l’Unione Europea ne ha rafforzato l’uso, con la risoluzione del 26 aprile 2007 sull’omofobia, nella quale si legge: “...viste le iniziative della Comunità europea di lotta contro l’omofobia e la discriminazione fondata sull’orientamento sessuale, in particolare la direttiva 2000/78/CE del Consiglio,...che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro1 e la decisione n. 771/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio... che istituisce l’anno europeo delle pari opportunità per tutti (2007) – verso una società giusta...”, e si continua oltretutto facendo esempi di come la violenza diretta su chi ha orientamento sessuale differente colpisca sia nel nostro Paese che in tanti altri: “...considerando che il Parlamento ha osservato il proliferare di discorsi di incitamento all’odio nei confronti della comunità lesbica, gay, bisessuale e transgender (LGBT) in numerosi paesi europei,... considerando che un sedicenne italiano di nome Matteo, abitante a Torino, si è recentemente suicidato lasciando dietro di sé due lettere in cui adduce a motivo del suo gesto il bullismo di cui è stato vittima a causa del suo orientamento sessuale; considerando che organizzazioni della società civile nel Regno Unito hanno segnalato un proliferare dei casi di bullismo omofobico nelle scuole secondarie in tutto il paese; considerando che un uomo omosessuale è stato ucciso a randellate nei Paesi Bassi unicamente per il suo orientamento sessuale e il suo aspetto femminile...”.
Dobbiamo anche noi tener conto che, certo, la provenienza politica di deputati come Rocco Buttiglione, in passato (4) commissario non gradito all’EU proprio a causa delle sue tendenze (ops!) omofobiche, sia più simile a quella del vice ministro polacco e del vice ministro all’istruzione (5), che segnala nella sua risoluzione l’Unione europea:
... considerando che nel marzo 2007 il vice primo ministro nonché ministro della pubblica istruzione polacco ha annunciato un progetto di legge destinato a punire la “propaganda omosessuale” nelle scuole, le cui disposizioni prevedono il licenziamento, l’imposizione di sanzioni o la detenzione per i responsabili di istituti scolastici, gli insegnanti e gli alunni implicati in casi di “attivismo” a favore dei diritti LGBT nelle scuole, considerando che il vice ministro della pubblica istruzione polacco ha confermato che l’amministrazione sta elaborando un progetto di legge in tale senso e ha dichiarato che gli insegnanti che renderanno pubblica la propria omosessualità saranno licenziati; considerando che vari membri del governo polacco hanno reagito in modi diversi, dal che non risulta chiaro se la legislazione verrà di fatto proposta”.

Le battaglie del movimento Lgbt

Italia come Polonia? Sembra di sì per quel che riguarda l’atmosfera e un diffuso pregiudizio culturale secondo il quale gli orientamenti sessuali differenti da quello “etero” non sarebbero “naturali”, e quindi, con richiamo al Catechismo della Chiesa cattolica, da ritenersi “disordinati” e addirittura dannosi per il “bene comune”.
Della “naturalità” di certe istituzioni, come il matrimonio, parla con utile sincretismo Persio Tincani, nel suo saggio “Diritto, natura, diritti. L’affaire del matrimonio omosessuale” (6), nel quale, dopo aver citato la definizione di matrimonio scritta nel terzo secolo dopo Cristo da Modestino, e di recente... rispolverata nei Tribunali, così specifica: “-Per natura- esistono uomini e donne che si accoppiano e, talvolta, fanno figli, non matrimoni. I matrimoni sono istituti giuridici e gli istituti giuridici, -per natura-, non esistono”. “...interpretare l’articolo 29 della Costituzione come un riconoscimento normativo della -famiglia naturale- (qualunque cosa ciò significhi) è possibile solo a patto di riscriverlo. Il testo, infatti, non stabilisce il riconoscimento della –famiglia naturale- ma della famiglia –quale società naturale-. La differenza non è di poco conto, perché nel primo caso (-famiglia naturale-) significherebbe che sono riconosciute soltanto le famiglie che corrispondono a un certo modello assunto come –naturale-,...mentre nel secondo significherebbe che viene riconosciuta la famiglia come una forma di società che esiste nei fatti prescindendo dal suo successivo riconoscimento giuridico.
Dobbiamo tenere sempre ben presente che l’omofobia sviluppata in questi anni sia da frange giovanili della destra, che professata nei fatti da alcuni deputati di formazione politica cattolica, è una forma di reazione, fenomeno spontaneo o strategia politica organizzata, alla richiesta di diritti del movimento Lgbt, che intende far recepire anche in Italia quelli già riconosciuti in tanti altri Paesi d’Europa e del mondo. Il diffondersi nei mass media dell’attenzione su questi diritti non è, come hanno insinuato scorrettamente sia le gerarchie cattoliche che alcuni uomini di partito, una forma di esibizionismo e aggressività mediatica del movimento Lgbt ma è dovuto al fatto che finalmente il movimento Lgbt ha le voci per parlare sia nella politica che nell’arte e nella cultura. Ciò reca stupore, sconcerto, disapprovazione ma anche tanto interesse anche al di là dei programmi televisivi costruiti per far polemica e gettare tranci di scontro al sangue agli squali che si aggirano di fronte al tubo catodico.

Il Catechismo imbroglia le carte

Nel frattempo in Parlamento e nelle sacrestie si fa fumo. Dal “Family Day” (7), fantasmagorica operazione mediatica che voleva far credere alle famiglie italiane che qualcuno gli stesse rubando dei diritti, ad oggi, viene affinata un’operazione di mistificazione che, del resto, ha le sue basi negli stessi assunti del Catechismo della Chiesa cattolica, il quale però, nella sua meticolosità, imbroglia le carte rispetto all’omosessualità: qui infatti si descrive come forma legittima e non peccaminosa di sessualità solo quella compiuta dagli sposi (etero) in quanto “fertile”, e si condanna la contraccezione. Si condannano anche gli atti omosessuali, definendo le inclinazioni omosessuali come “disordinate” in quanto oltretutto non “fertili”. Ciò accomuna spiacevolmente quindi sia le coppie etero che quelle gay e lesbiche, con la discriminante che alle prime si consiglia di “portare la propria croce” (la sterilità, opportunamente appesantita dalla cattolica legge 40/2004 che vieta in Italia le fecondazione eterologa!) e di dedicarsi a egualmente meritori atti di beneficenza... mentre alle altre “disordinate” coppie si ordina di s-coppiarsi e di praticare individualmente la castità, ed a “...unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione” (8).
Ma qui casca anche l’asino! E pure Buttiglione. Se infatti avevamo letto del paragone della omosessualità a un gusto o pratica sessuale estemporaneo, che è dunque possibile scegliere in qualche misura come un caffè (una specie di polimorfismo sessuale: ab-usato anche dai nemici della psicanalisi?), il Catechismo invece descrive la condizione omosessuale come caratteristica determinante nella personalità: “Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali innate. Costoro non scelgono la loro condizione omosessuale; essa costituisce per la maggior parte di loro una prova.
Che dire? Ciò che il patriarcato omofobo getta via in Parlamento rientra ogni giorno dalla dorata finestrella del Catechismo! Rocco e i suoi fratelli, smentiti dai loro Padri, possono trovare una sola giustificazione alla loro politica da quelli che dovrebbero essere i loro sacri testi ispiratori, dal momento che il Catechismo indica come le persone omosessuali debbano essere accolte “con rispetto, compassione, delicatezza” (la famosa battuta per cui noi gay e lesbiche avremmo diritto alla pensione di invalidità è sempre attuale) ma che “a loro riguardi si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione”. Perché è lecita la discriminazione giusta per chi vuole mantenere saldo il muro dei suoi privilegi a scapito di altri. Peccato che questi signori non abbiano ancora capito che i Diritti umani, al contrario dei Beni finiti, non giocano al tiro alla fune: se io ne tiro per me non significa che a te diminuiscano.
Questa è la scommessa della nostra catastrofista contemporaneità.

Giustificare l’amore?

A questa scommessa si sottraggono coloro che, per motivi culturali e personali, non danno importanza alle parole necessarie a chiarire e vincere questa battaglia per i diritti civili (che sia essa quella di coloro che tengono sopra ogni altra cosa alla Legge o quella di chi come me vede in questa solo un corollario, casomai utile, di un’evoluzione sociale). Termini come “omosessualità”, “gay”, “lesbica”, “transessuale”, “transgender”, sono necessari a indicare il focus sessuale delle persone e non possono né debbono essere soffocati dal lenzuolo setoso, provvido, ma a rischio moralista dell’amore.
Mi spiego meglio: non è perché io amo una donna come me che il mio vicino mi taglia i pneumatici dell’auto, a lui non interessa sapere se e quanto amo, ma attaccare la mia sessualità, il mio modo di vestire, di essere, qualcosa che, non assoggettandosi alla pretesa culturale e simbolica del maschio “tradizionale” o “naturale”, gli si sottrae e mette in discussione, senza spesso volerlo, le sue certezze. Qualcosa che innesca la sua paranoia ma di cui in realtà io non sono colpevole ma semmai la vittima. Qualcosa che si chiama lesbismo.
Non è quindi perché “amiamo” naturalmente e profondamente una persona del nostro stesso sesso che abbiamo diritto a vivere la nostra omo-sessualità. Ma perché abbiamo dignità nella nostra diversità, che sia amore, sesso, attrazione erotica, affetto, scommessa esistenziale.
-Le parole sono pericolose, il pregiudizio si fa con le parole, io quella parola la cancellerei dal vocabolario-. La parola è, omosessualità. –Se è amore è amore, e basta, non c´entrano i sessi, non puoi fare distinzioni, questo sì questo no-. Gianna Nannini ha accettato di fare la colonna sonora, bellissima, di Viola di mare di Donatella Maiorca, il primo film italiano in concorso, – perché è una grande storia d´amore, di felicità amorosa, fisica e spirituale che resiste a ogni discriminazione e sopruso: è troppo facile liquidarla con lo stereotipo, siccome sono due donne ad amarsi, è una storia omosessuale, lesbica, una passione proibita, uno scandalo e altre stupidaggini. Così si va avanti a infognare le persone nei ghetti che separano, che discriminano –.” (9 )
Ma anche se la nostra “ragione postmoderna” ci invita a non ingabbiarci in definizioni che non siano relative, perché dobbiamo giustificare con l’amore, seppur unico, vero e travolgente, la nostra sessualità? Perché dobbiamo trovare fastidioso definire ciò che siamo e fingere di esserlo per caso, come vernice cangiante, non nominarci, privarci anche della capacità di riconoscerci e farci “riconoscere”? Si affoga nell’universo colloso del non detto, del “si fa ma non si dice”, dell’allusivo... dell’eterosessualità (o delle bisessualità, al più) obbligatoria. Sembra di ricadere negli stereotipi astratti del Catechismo, che festeggia la sessualità come fabbrica divina della discendenza, e chiede l’obbligo dell’amore unico e assoluto per “il coniuge”.
Coniugare diversamente verbi e parole, anche in quella già definita una Pene-isola (10), ci dà invece il gusto della rivincita sui vecchi significati. In un tempo più fantasioso si chiamava “détournement”.

Francesca Palazzi Arduini

Note

  1. Deputati Udc, età media 55 anni, degli otto deputati un’unica donna, la Capitanio, quasi tutti laureati in giurisprudenza o scienze politiche, non a sufficienza da saper leggere documenti ufficiali dell’Unione europea? La proposta è ora di nuovo in discussione in Commissione.
  2. Any discrimination based on any ground such as sex, race, colour, ethnic or social origin, genetic features, language, religion or belief, political or any other opinion, membership of a national minority, property, birth, disability, age or sexual orientation shall be prohibited. (Art.21).
  3. Summa della legislazione del Paese ed enciclopedia giuridica. Il termine, dall’epoca giustinianea, è tutt’ora usato per definire queste raccolte.
  4. Doppia bocciatura nell’ottobre 2004 per Rocco Buttiglione alla carica di Commissario UE per la giustizia, la libertà e la sicurezza ed anche a vicepresidente della carica stessa.
  5. Roman Giertych, vice prèmier, e Miroslav Orzechowski, vice ministro all’istruzione.
  6. Quaderni. Dipartimento di scienze giuridiche della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Bergamo. Tra famiglie, matrimoni e unioni di fatto. Un itinerario di ricerca plurale. A cura di Barbara Pezzini, Jovene editore, Napoli 2008. Interessante a questo proposito l’Ordinanza del 3 aprile 2009 emessa dal Tribunale di Venezia in merito al rifiuto da parte dell’ufficiale di stato civile ad adempiere alle pubblicazioni di matrimonio richieste da una coppia gay, Ordinanza che ha richiesto il pronunciamento della Corte costituzionale e che cita la Risoluzione sulla parità dei diritti delle persone omosessuali nella Comunità Europea (1994) «con la quale il Parlamento europeo ha apertamente individuato come obiettivo delle azioni comunitarie la rimozione degli “ostacoli frapposti al matrimonio di coppie omosessuali ovvero a un istituto giuridico equivalente, garantendo pienamente diritti e vantaggi del matrimonio e consentendo la registrazione delle unioni.”»
  7. Roma, 12 maggio 2007.
  8. Catechismo della Chiesa cattolica, 1992, capitolo secondo, “Amerai il prossimo tuo come te stesso”, Castità e omosessualità, par. 2357/ 2359. Ricordiamo anche, sull’argomento, la Lettera sulla cura pastorale delle persone omosessuali (Congregazione, 1986), il testo Alcune considerazioni sulla non discriminazione delle persone omosessuali (1992), e le Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali (2003). Un po’ troppa l’attenzione della Chiesa cattolica per quello che Buttiglione e soci vorrebbero considerare alla stregua di un peccatuccio mortale estemporaneo! Nella Lettera, in particolare, non si fa mai il paragone della “tendenza omosessuale” con altre pratiche sessuali. Si fa solo, e preminentemente, la distinzione tra l’omosessuale che vive castamente e non si svela, e quello che si svela e considera e/o presenta la sua sessualità come normale. La Congregazione per la Dottrina giustifica così in qualche modo l’omofobia: “Tuttavia, la doverosa reazione alle ingiustizie commesse contro le persone omosessuali non può portare in nessun modo all’affermazione che la condizione omosessuale non sia disordinata. Quando tale affermazione viene accolta e di conseguenza l’attività omosessuale è accettata come buona, oppure quando viene introdotta una legislazione civile per proteggere un comportamento al quale nessuno può rivendicare un qualsiasi diritto, né la chiesa né la società nel suo complesso dovrebbero poi sorprendersi se anche altre opinioni e pratiche distorte guadagnano terreno e se i comportamenti irrazionali e violenti aumentano”.
  9. La Repubblica, 17 ottobre 2009, intervista di Natalia Aspesi a Gianna Nannini. Ringrazio Lilia Mulas di http://www.arcilesbica.it che me l’ha segnalata.
  10. Viola di mare ovvero la solitudine della lesbica italiana, recensione del film “Viola di mare”, Ottobre 2009, http://www.culturagay.it.