Rivista Anarchica Online


Spagna

Barcellona, 12-15 maggio 2012 - Manifestazioni nel primo anniversario
del 15-M. “Documenti e diritti per tutte e tutti”


Due anni dopo

di Steven Forti


Il movimento del 15-M ha dato nuovo vigore ai movimenti sociali che già esistevano prima dell'occupazione delle piazze della primavera del 2011.
Da allora si è andato rafforzando un reticolato di esperienze di autogestione e di resistenza, che tocca moltissimi ambiti. E che va ben al di là del 15-M.
Vediamo il caso di Barcellona.


Il 15 maggio del 2011, alla fine di una manifestazione pacifica, centinaia di persone occupavano la centralissima Puerta del sol di Madrid. Nei giorni successivi, in tutte le grandi città spagnole, avvenne qualcosa di analogo. Nascevano le prime acamapadas. Nasceva il movimento del 15-M. Le sue origini e la sua storia, con i momenti epici del maggio e giugno del 2011 e con la risacca dei mesi successivi, segnati comunque da altre partecipate manifestazioni, sono stati raccontati infinite volte in questi ultimi due anni, ma nella maggior parte dei casi non si è detto molto più di ciò che già era ovvio. Sociologi, politologi e opinionisti si sono prodigati in spiegazioni delle più variopinte per cercare di capire questo fenomeno, ma il reticolato sociale che lo ha appoggiato è rimasto quasi sempre al di fuori di ogni reportage e di ogni spiegazione. Del movimento del 15-M e delle sue derivazioni si è parlato in seguito solo nei casi di scontri con la polizia. O poco più. Il resto, questo si sa, non fa notizia. Ma che cosa è rimasto di tutto quel fermento? Il movimento del 15-M si è dunque sciolto come neve al sole? O si è trasformato in qualcosa di diverso e ha messo radici nella società? Ne abbiamo parlato con un attivista dell'area libertaria dei movimenti sociali di Barcellona.

Qual è la situazione in questi mesi?
Ci sono molte assemblee di quartiere (asambleas de barrio) che in parte sono sorte dopo l'occupazione delle piazze del maggio 2011 e che in parte esistevano già. Queste ultime, che si sono arricchite con persone provenienti dal 15-M, ma che avevano alle spalle anni di lavoro, sono le più attive ed eterogenee. Sono quelle dei quartieri storici di Barcellona, come Sants, Gracia, il Clot, Poble nou e anche Poble sec. Ci sono comunque esperienze diverse, come quella del quartiere della Barceloneta, dove l'assemblea utilizza un discorso centrato soprattutto sull'opposizione ai piani urbanistici e alla speculazione edilizia, un discorso più vicino a quello dei movimenti popolari di quartiere classici. È interessante vedere come ci sia stata una confluenza di due settori che fino al 15-M si davano in un certo senso le spalle. La cosa positiva del 15-M è che è stato uno spazio di incontro tra persone che scoprivano di colpo l'azione politica e le piazze come un luogo dove fare politica e persone che in quelle piazze c'erano già, ma che utilizzavano spesso pratiche da “ghetto”. Molte persone attive da anni nei movimenti sociali, come nel campo libertario è successo con gli anarchisti sociali, hanno detto: “manteniamo il nostro discorso e le nostre pratiche, ma le portiamo in spazi eterogenei e lottiamo, simbolicamente parlando, con altre persone”. Il 15-M è stato anche questo.

Questo si vede difatti già prima del maggio del 2011...
Infatti. Si vede nelle assemblee di quartiere che nascono come comitati di sciopero (comités de huelga) per lo sciopero generale del 29 settembre 2010. L'occupazione del 25 settembre della vecchia sede della banca Banesto in Plaça Catalunya creò uno spazio di incontro per moltissime persone in pieno centro città. Poi viene il primo maggio del 2011 con manifestazioni nei quartieri ricchi. Un altro successo. E poi arriviamo al 15-M. Penso che il 15-M, più che un'esplosione, sia stato il frutto di molti processi che non erano ancora visibili.

Barcellona, 25 settembre 2010.
L'occupazione dell'ex banca Banesto


Dopo la grande manifestazione del 19 giugno ci fu una certa risacca...
Una certa sensazione di stanchezza fu condivisa da molti. Il cambiamento che si chiedeva e che nelle giornate di maggio sembrava possibile non ci fu e molti ritornarono alla normalità, anche a causa dell'estate. Ma la stanchezza si sentì anche tra la gente più attiva. Ci fu un processo di allontanamento, dove tutti rientrarono nei propri spazi. Ora, forse, si sta ritornando a quegli spazi comuni, però con un'altra prospettiva. Non tanto con l'idea di grandi giornate campali, ma con un lavoro più quotidiano. Tutti i gruppi di lavoro che sono nati dalle assemblee di quartiere continuano a essere attivi. Ci sono state moltissime occupazioni ultimamente e con persone molto diverse. Un fatto interessante è il processo di normalizzazione di alcune pratiche, come le occupazioni, che fino a poco fa erano criticate da molti.

In questo credi che pesi molto il problema della casa e degli sfratti?
Certamente. Anche la Pah (Plataforma de Afectados por la Hipoteca, in italiano Piattaforma delle vittime dei mutui ipotecari), che promuove un discorso molto riformista, ha comunque normalizzato una serie di pratiche che sono molto potenti, come nel caso degli escraches dove si identifica il colpevole e lo si segnala o nel caso della resistenza collettiva attiva. Cioè, mi metto davanti a una casa e impedisco fisicamente lo sfratto. Ciò ha creato un forte sentimento di collettività e ha normalizzato queste pratiche.

Un altro fenomeno nato dopo il 15-M è quello delle varie maree, come la Marea blanca che lotta per la sanità pubblica e quella Verde che lotta per la scuola pubblica.
Da un lato il fenomeno delle Maree è un tentativo di organizzazione dell'attivismo e della protesta da parte delle strutture sindacali che erano rimaste tagliate fuori da questo processo. Però molte persone che partecipano alle Maree provengono dalle assemblee di quartiere. E difatti la difesa di ciò che è pubblico non si fa solo dal punto di vista del posto di lavoro, ma anche da quello dell'utente, permettendo lo sviluppo di pratiche critiche con il tipo di sanità pubblica esistente fino ad ora. Ci sono esperienze in questo senso come Aurea Social (aureasocial.org) con proposte di pratica di autogestione della sanità, terapie e pratiche di interscambio o una banca del tempo autogestita e orizzontale. O come l'Espacio de Salud del Csoa La Teixidora nel quartiere del Poble Nou. O, ancora, l'Espacio Inmigrante nel Csoa El Hotel del Raval, che offre assistenza sanitaria gratuita per immigrati.

C'è stato un cambiamento dopo il 15-M, dunque?
Nei centri sociali ora non ci vanno solo gli okupa o gli anarchici, ma molte altre persone. Si vede benissimo con l'esperienza dei “negozi gratis” (tiendas gratis), uno spazio dove ci sono vestiti, libri e molte altre cose che si possono prendere gratuitamente senza dare nulla a cambio. Nella Revoltosa del Clot è incredibile vedere come funziona bene e come partecipino e collaborino le persone anziane che vivono nel quartiere. Lo stesso succede nel Banco Ocupado a Gracia. I centri sociali si sono aperti molto più di prima alla realtà sociale dei quartieri. Questo è anche il frutto dei legami che si sono creati nelle piazze nella primavera del 2011. Un altro fenomeno è il risorgere del cooperativismo a partire dall'esperienza della Cooperativa Integral Catalana (cooperativa.cat). L'Aurea Social è un ottimo esempio, con una clinica autogestita, esperimenti educativi, laboratori pratici e progetti cooperativistici in vari ambiti. E anche la rinascita delle cooperative di consumo e di lavoro. O, ancora, la nascita di nuove esperienze di gruppi di affinità libertari con la pubblicazione di riviste come nel caso di Terra Cremada (terracremada.pimienta.org) a Barcellona e di Todo Por Hacer a Madrid, che si affiancano ai vari mezzi di informazione libera esistenti da più tempo, come i casi a Barcellona delle radio libere, come Contrabanda, Bronka o Rsk, delle street tv come La Tele o dei giornali come il settimanale La Directa o il trimestrale Masala.

È interessante il fenomeno intergenerazionale dei nuovi movimenti sociali.
Sì, molte persone anziane e molti pensionati hanno partecipato nelle piazze e soprattutto nelle assemblee di quartiere. Persone che hanno portato con loro un bagaglio culturale importantissimo, come nel caso degli iaioflautas (iaioflautas.org) che hanno saputo utilizzare molto bene l'impunità della vecchiaia, per dirla in un certo modo, organizzando azioni molto potenti, come l'occupazione della borsa di Barcellona, del departament d'interior della generalitat de Catalunya o di varie banche “salvate” dal governo.

Barcellona, 12-15 maggio 2012. Manifestazioni nel primo
anniversario del 15-M. “La lotta non si sposta”.

Lo slogan gioca sull'assonanza tra plaza (piazza)
e aplazar (spostare)


Nel caso della vostra assemblea di quartiere che obiettivi vi siete posti e che pratiche avete utilizzato?
Rispetto ad altre assemblee di quartiere, nel nostro caso la presenza libertaria era maggiore. Gli obiettivi sono stati più quotidiani. Per noi uno dei punti chiave è stato quello di essere sempre presenti nelle strade. Tutte le assemblee, anche in inverno, si sono tenute in strada. Ci interessava soprattutto creare reti di solidarietà e di conoscenza reciproca tra chi vive nel quartiere. Abbiamo organizzato pranzi e cene popolari, dibattiti, cineforum e molto altro, come i “negozi gratis” o gli orti urbani. Due cose poi sono state centrali nelle nostre pratiche: bloccare gli sfratti indipendentemente dall'attività della Pah e appoggiare i lavoratori della sanità, come nel caso degli ambulatori e dell'ospedale del quartiere. A partire dall'esperienza della rete di solidarietà di Seattle ci siamo concentrati sulla questione del lavoro e della casa da una prospettiva orizzontale ed autogestita al di fuori dei sindacati e abbiamo creato il collettivo Xarxa de Suport Mutu.

Un fenomeno che ha occupato molte energie è stato poi quello legato alla repressione.
In pochissimo tempo si sono uniti vari processi di repressione molto ampli sia quantitativamente sia qualitativamente perché la repressione è stata molto dura e perché ha riguardato molte persone con arresti, controlli, perquisizioni, pestaggi da parte di infiltrati durante le manifestazioni, uso di pallottole di gomma e, per la prima volta dopo la fine della dittatura, almeno a Barcellona, di gas lacrimogeni durante lo sciopero del 29 marzo 2012. Tutto ciò è iniziato prima del 15-M ed è continuato ancora di più dopo, dal tentativo di sgombero di Plaça Catalunya il 27 maggio del 2011 con oltre 100 feriti alla campagna di criminalizzazione e repressione dopo l'azione al parlament de Catalunya del successivo 15 giugno, con processi ancora in corso, che sono stati portati fino all'audiencia nacional di Madrid, un tribunale erede diretto del Top franchista con giudici famosi per la repressione antiterrorista come Eloy Velasco. Si sta cercando di applicare la legislazione utilizzata dopo il tentativo di colpo di stato del 23 febbraio 1981, ossia con l'imputazione di delitto contro le istituzioni dello stato!

Barcellona, 19 giugno 2011.
“Quando usciremo dalla preistoria?”

E poi è venuto lo sciopero generale del 29 marzo 2012.
La volontà repressiva è stata chiara fin da subito perché si è applicata la carcerazione preventiva con obiettivi strettamente politici. Una cosa che non accadeva da molto tempo. A Barcellona, durante i picchetti del mattino, sono state arrestate quattro persone che sono rimaste in carcere per circa un mese. Poi ci sono stati gli arresti del pomeriggio e dei giorni successivi, con una campagna di criminalizzazione mediatica incredibile e con la creazione di una web da parte del departament d'interior della generalitat de Catalunya per la denuncia dei “violenti”. In totale oltre 110 persone sono state arrestate. Tutto ciò si è unito alla riforma del codice penale che comporta, tra le altre cose, che la resistenza passiva passi a essere un delitto penale punibile con due anni di carcere. Il contesto spagnolo è quello di un paese con uno degli indici di criminalità più bassi dell'Unione europea, però con il numero di detenuti più alto di tutta l'Ue. È palese l'uso discrezionale del codice penale non solo contro la povertà, ma anche contro la dissidenza politica, come si è visto nel caso degli undici arresti preventivi a Madrid lo scorso 25 aprile. Sono iniziati da poco i primi processi contro queste 110 persone. E le richieste dei pubblici ministeri e delle istituzioni che si sono costituite come parte civile sono molto alte. Il massimo possibile. Inoltre, le quattro persone incarcerate preventivamente il 29 marzo si trovano ora in libertà, ma non possono partecipare a nessun atto politico pubblico. Gli si è applicata, per di più, una multa, chiamata fianza civil solidaria, di 1.300 euro per persona che deve essere pagata da tutti gli imputati contemporaneamente prima dell'inizio del processo. La cosa surreale è che se questa multa viene pagata non ci saranno conseguenze positive nel processo, mentre se non viene pagata si considererà un'aggravante.

Che cosa state facendo?
C'è stata la creazione di gruppi di appoggio mediante un processo di assunzione collettiva della repressione. Ciò significa che, oltre all'appoggio economico con pranzi popolari o con dei salvadanai nei bar del quartiere, ci si occupa anche dell'appoggio personale ed emotivo ai compagni che stanno vivendo questa situazione. Un altro tipo di appoggio è quello di Rereguarda en moviment (rereguardaenmoviment.org), una piattaforma formata da professionisti dell'ambito della giurisprudenza, che si occupa sia di dare visibilità a questa causa sia di coordinare i differenti casi di repressione e di generare attraverso dei laboratori e degli incontri delle pratiche per affrontarli. O la campagna di Stop Bales de Goma (stopbalesdegoma.org), una piattaforma che lotta contro l'uso di proiettili di gomma da parte della polizia catalana. Sono importanti anche le assemblee che sono state organizzate con la presenza di tutti gli accusati, dove si sono stabiliti dei punti comuni per la difesa: non dimenticarsi del perché si stava manifestando e non accettare il discorso che cerca di separare i violenti dai non violenti. Ossia, se siamo scesi in piazza è perché avevamo ragione e tutti siamo nella stessa situazione, indipendentemente da ciò che abbiamo o non abbiamo fatto.1

Steven Forti

1 A questo link si può trovare il manifesto in lingua italiana: https://solidaritat29m.noblogs.org/2013/04/30/ne-sette-ne-uno-ne-mezzo-nessuno-manifesto-in-italiano/