arte
Dai Grünen ai No Tav
di Franco Buncuga
Una recente mostra a Torino ha ricordato l'artista tedesco Joseph Beuys, scomparso 30 anni fa. Molto coinvolto nelle battaglie ambientaliste, sostenne i Verdi tedeschi, ma ha lasciato anche installazioni e opere che hanno accompagnato le lotte ambientaliste e sociali in Val Susa. E altrove.
Capita, a volte, che piccole
esposizioni su temi e autori specifici siano più stimolanti
ed efficaci di tante mega-mostre pubblicizzate ovunque, all'ingresso
delle quali la gente ama addestrarsi a code lunghissime per
poi vedere all'interno soprattutto la nuca degli altri curiosi
visitatori che si inchiodano a pochi centimetri delle opere.
È il caso della mostra La tenda verde (Das Grüne
Zelt), Joseph Beuys e il concetto ampliato di ecologia a
cura di Marco Scotini allestita al PAV di Torino dal 5 novembre
2016 scorso sino al 19 marzo 2017. E una bella sorpresa, per
me che non lo conoscevo, è stato il PAV, Parco Arte Vivente,1
un Centro sperimentale d'arte contemporanea, concepito dall'artista
Piero Gilardi e diretto attualmente da Enrico Bonanate.
Il primo progetto del PAV risale al 2002, ideato da Piero Gilardi
ed elaborato da Gianluca Cosmacini e comprende un sito espositivo
all'aria aperta e un museo interattivo inteso quale luogo d'incontro
e di esperienze di laboratorio rivolte al dialogo tra arte e
natura, biotecnologie ed ecologia, tra pubblico e artisti. Il
Parco è un territorio verde in continua evoluzione e
occupa un'area ex-industriale di circa 23.000 mq dove, oltre
a Trèfle, installazione ambientale dell'artista
Dominique Gonzalez-Foerster (2006) e Jardin Mandala,
giardino progettato dal paesaggista Gilles Clément (2010),
sono in progress altri interventi di natura relazionale
e partecipata.
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Joseph Beuys durante la sua performance “We won't do it without the rose” (non lo faremo senza la rosa) |
Il programma artistico, diretto da Piero Gilardi, si sviluppa
attraverso la realizzazione da parte di artisti italiani e internazionali
di opere e installazioni d'arte contemporanea, interventi permanenti
e temporanei sia negli spazi esterni sia nelle aree espositive
interne. Il campo d'indagine è l'Arte del vivente, una
declinazione delle tendenze contemporanee che nel suo insieme
comprende la Bioarte, la Biotech art, l'Arte transgenica e l'Arte
cosiddetta ecologica e sperimentazioni che includono materiali
organici e inorganici.
L'attuale mostra che rende omaggio a Beuys, l'autore della “scultura
sociale” 2 nel trentennale
della sua scomparsa (1986) si colloca quale terzo capitolo di
un'ideale trilogia, concludendo il ciclo di mostre con cui il
PAV si è proposto di ricostruire una possibile genealogia
del rapporto tra pratiche artistiche e coscienza ecologica negli
anni '70 in Europa. Facendo seguito a Earthrise. Visioni
pre-ecologiche nell'arte italiana (2015) ed ecologEast.
Arte e natura al di là del Muro (2016), questa nuova
mostra intende focalizzare la propria attenzione sull'attività
di uno dei più noti artisti della seconda metà
del secolo scorso come Joseph Beuys, privilegiando il suo rapporto
con le istituzioni politiche e la minaccia della crisi ambientale.
Quale sede più adatta a questa celebrazione del Beuys
“politico verde” se non questa, il PAV, creatura
di Piero Gilardi da sempre impegnato su temi politici ed ecologici,
che fu il primo a scrivere di Beuys nel 1967. Gli anarchici
torinesi e i militanti no-TAV lo conoscono soprattutto come
il creatore di pupazzi e sagome in poliuretano, lo stesso materiale
che utilizza per i suoi celebri tappeti-natura, che danno un
tocco di folklore ed un incisività mediatica alle manifestazioni.
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Momento di un'azione “in difesa della natura” |
Natura romantica o ecologia?
Spesso l'attività sociale e più strettamente
politica e pedagogica dell'opera di Beuys viene ridotta ai margini
dai suoi critici e si sottolinea l'aspetto “sciamanico”
delle sue performances e si lega il suo interesse per la natura
al filone storico del Romanticismo tedesco. Bisogna oggettivamente
ricordare che tutto il suo pensiero ha sempre cercato uno sbocco
nell'attività pratica di cambiamento della società,
a volte sposando la dimensione strettamente politica, come quando
accettò la candidatura al parlamento offertagli dal partito
dei Verdi tedeschi che aveva contribuito a fondare, a volte
contribuendo a iniziative ecologiche e manifestazione di protesta
specifiche usando lo strumento dell'arte.
Così Petra Kelly, leader storica dei Verdi tedeschi,
riassume l'importanza dell'apporto ideale di Beuys: “Agli
albori del movimenti, Beuys e gli stessi verdi si erano interrogati
sul futuro ordine sociale, sul concetto di scultura “sociale”
e sull'ordine sociale come opera d'arte totale. Entrambi, tanto
Beuys quanto i verdi, volevano compiere una rivoluzione dello
spirito, una rivoluzione dei cuori. È incontestabile:
lui è il precursore dei Verdi, le sue idee anticipatrici
esistevano ancor prima che noi verdi ci organizzassimo in movimento
politico.”
In una didascalia nell'allestimento Piero Gilardi ricorda che
“Beuys sentiva che l'arte dell'uomo della strada e cioè
di tutti diventa logica esigenza di un nuovo Io, autonomo e
socializzato insieme, diventa forma comunicativa generalizzata
nel movimento reale della vita”.
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I pupazzi di Piero Gilardi in una manifestazione No Tav |
Nella mostra sono presenti tutte quelle operazioni artistiche
che, a partire dall'inizio degli anni '70, hanno visto il progressivo
consolidamento della consapevolezza ecologica di Beuys, indissociabile
da una concezione della rigenerazione ambientale in senso allargato.
L'azione Überwindet endlich die Parteienddiktatur (Superate
una volta per tutte la dittatura dei partiti) contro l'abbattimento
di un'area boschiva di Düsseldorf; l'Aktion im Moor
(Azione nella palude) contro la distruzione dell'equilibrio
idrogeologico in Olanda assieme all'operazione Difesa della
Natura e alla Fondazione per la rinascita dell'agricoltura,
così come molti altri interventi fino al progetto 7000
Querce.
Il nome dell'esposizione prende spunto dal grande tendone verde
allestito da Beuys e sui collaboratori il 28 settembre del 1980
nella Gustaf-Gründgens-Platz di Düsseldorf, di fronte
all'edificio dello Schauspielhaus, opera di Alvar Aalto, per
contribuire alla propaganda elettorale per la presentazione
del nuovo partito dei Verdi alle elezioni. “Ovunque in
futuro si dovranno innalzare tende verdi su tutto il pianeta!
Dovranno essere le incubatrici di una nuova società”
è lo slogan di Beuys. Beuys cerca di coinvolgere altri
artisti al suo appello, con scarso successo, testimonianza nella
mostra ne è il manifesto per i Verdi firmato da Andy
Warhol in un suo insospettabile momento di impegno politico
che rimarrà un unicum.
Marco Scotini, curatore della mostra, sottolinea che “La
Tenda Verde non è solo attuale per la sua denuncia
della crisi ambientale e dell'esaurimento delle risorse naturali.
Neppure semplicemente perché ci riporta alle prime formulazioni
delle politiche ecologiche e dei progetti anticipatori sull'auto-sostenibilità.
C'è tutto questo ma c'è anche dell'altro, senza
cui la risposta ecologica non sarebbe neppure pensabile. Riportare
la figura di Beuys all'interno di tale contesto e, dunque, fuori
dallo stereotipo dello sciamano, significa confrontarsi con
una condizione post-politica e con i presupposti di un nuovo
paradigma estetico. Non si tratta di estetizzare il sociale
se uno afferma: “Ogni uomo è un artista”.
Si tratta, all'opposto, di ridistribuire le funzioni creative
e intellettuali a livello collettivo.
Abbiamo a che fare con una profonda trasformazione sociologica
che tocca tanto la figura dell'artista che quella dell'intellettuale
in rapporto ad una produzione alternativa di soggettività.
L'artisticità non è più disciplinare ma,
al contrario, è come una permanente pedagogia: una procedura
di espressione e di autoaffermazione che è trasversale
ai diversi modi del fare e del dire, nonché ai differenti
gruppi sociali. In questa visione, neppure la politica può
continuare ad essere di tipo disciplinare. Fatta cioè
di tecnici o di rappresentanti. La Tenda Verde muove
in questa direzione e se uno vuol far di Joseph Beuys l'artista
demiurgo non è dalla nostra parte.”
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Kassel (Germania) - Un momento della discussione della FIU durante Documenta6, insieme a Joseph Beuys e all'anarchico Harald Szeeman |
La Free International University e la dimensione pedagogica
La dimensione pedagogica di Beuys si è esplicata fondamentalmente nella creazione nel 1973 della Free International University che proseguì con alterne fortune sino al 1988, due anni dopo la sua morte. La FIU nasce da un progetto descritto in un manifesto firmato da Joseph Beuys e dallo scrittore tedesco Heinrich Böll, come un “luogo organizzativo per la ricerca, il lavoro e le comunicazione”, alternativo al sistema educativo statale e basato sulla democrazia diretta. La FIU non aveva una sede fissa e favoriva iniziative di vario tipo tra le quali più celebre la sua sessione continua alla Documenta di Kassel una delle più importanti rassegne internazionali di arte contemporanea. In quella edizione del 1977 di Documenta passai alcuni giorni indimenticabili. Su invito di Robert McDowell, assistente di Beuys e principale animatore della FIU di Dublino, partecipai a uno dei tanti seminari animati da Beuys illustrando la situazione dello sviluppo dell'architettura in Algeria, paese in cui all'epoca insegnavo in qualità di docente all'Epau, la facoltà di architettura locale.
Ricordo una notte in cui un gruppo di noi si fermò a
dormire all'interno dei locali dell'esposizione dopo una discussione
che si era protratta in modo conviviale sino a tarda ora e in
cui McDowell, originario di Belfast, cercava di spiegarmi le
finalità della FIU e la complessità della situazione
irlandese, allora scossa dagli attentati dell'IRA e dalla lotta
per l'indipendenza dall'Inghilterra. Ho scoperto da poco che
McDowell, che ha studiato arte e si è poi laureato in
economia a Cambridge, ha recentemente fondato Summerhall,
uno hub creativo per le arti con spazi per atelier e workshop,
sale conferenze e seminari e strutture per rappresentazioni
teatrali restaurando uno splendido rudere di architettura industriale
a Edimburgo, l'ex Royal School of Veterinary Studies.3
Summerhall ha certamente come modello la Free
International University e vuole essere il tentativo di
incarnare l'insegnamento del suo maestro Beuys che sosteneva
che “ognuno è un artista”. Ma ha un progetto
molto più ambizioso ed una struttura finanziaria ed architettonica
molto più solida. McDowell la definisce come un “sito
dedicato alle arti, alla ricerca ed all'educazione”. Ed
è convinto che “a Beuys sarebbe piaciuta moltissimo”.
A volte i vecchi tempi ritornano.
Franco Buncuga
- http://parcoartevivente.it.
- Chi volesse saperne di più sulla “scultura
sociale” di Beuys e sulla sua opera, vada alla mia recensione
del suo libro Cos'è l'arte sul numero di “A”
406 dell'aprile 2016.
- Se siete curiosi visitate il sito di Summerhall: www.summerhall.co.uk.
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