Rivista Anarchica Online


economia

Il denaro “prescrittibile”

scritti di Felice Accame, Silvano Borruso, Luca Gallesi

Una moneta che durasse per un periodo, poi scomparisse.
Da usare “a tempo”, quindi non accumulabile. È stata questa, oltre un secolo fa, l'idea di Silvio Gesell, un (autodidatta) economista tedesco.
Nel primo dopoguerra fu tra i ministri del governo rivoluzionario bavarese, quell'esperienza consiliare e “sovietica” che accese grandi speranze,nel solco della (di poco precedente) rivoluzione russa. Troppo breve ne fu la durata perché la si potesse (provare ad) applicare. Fu poi ripresa altrove, in piccoli contesti, per brevi periodi.
In questo dossier ne ripercorriamo la curiosa vicenda.

Silvio Gesell


Valori, denaro e linguaggio

di Felice Accame

Una società basata sul “denaro a tempo” è un'ipotesi che nessun Potere a noi noto ha mai permesso né ci permetterebbe di verificare.
Domandiamoci il perché.


1.
Considerandolo come risultato di operazioni mentali il valore – ogni valore – “si costituisce con il porre una cosa in un rapporto, per la sua possibilità o meno di soddisfarlo”. Silvio Ceccato – cui si deve la semplicissima analisi – lascia implicito, allora, che le cose in questione devono essere almeno due – se no, addio rapporto – e che un'operazione mentale pregressa abbia determinato le condizioni della cosiddetta “soddisfazione”. Se l'acqua è valore, insomma, lo è in rapporto alla sete, per esempio, o in rapporto alla composizione chimica del nostro organismo e questo rapporto può andare a buon fine soltanto in base ad un sapere pregresso (quella volta che ho bevuto acqua ho soddisfatto la mia sete; l'acqua bevuta ha rimediato agli effetti della disidratazione).

2.
Sembrerà strano, ma, nella storia del mondo, questa consapevolezza è rara – rarissima – e contrastata – contrastatissima. Ha avuto più successo la tesi che sostiene la naturalità o l'assolutezza dei valori. In un caso o nell'altro, la loro trascendenza, perché sia quando si è invitati ad individuarli nel “gran libro della Natura”, come quando si è invitati più semplicemente a ottemperare ad una Tavola delle Leggi, sempre di una mediazione si ha necessità (lo scienziato, il guru, lo stregone, il prete, etc.). E nel momento in cui si sostiene l'origine trascendente dei valori – di qualsiasi valore -, va da sé che l'individuo ne venga espropriato. Con tutte le conseguenze sull'ordine sociale che una tale condizione comporta.

3.
Dio, Patria e famiglia, il piercing sull'ombelico, il telefono cellulare, i gerani sul davanzale, l'oro e la Bibbia, pertanto, possono essere considerati per il valore di cui sono investiti – da una, da una quindicina o da una miliardata di persone. La loro diffusione dipende sia dalla forza delle agenzie ideologiche che dalla predisposizione di coloro che li fanno propri o, meglio, da quel lungo e durissimo processo educativo cui l'individuo viene sottoposto prima di acquisire quel minimo grado di autonomia che, nella struttura sociale, potrà permettersi. Il biologo Richard Dawkins ci ha insegnato a vedere la diffusione delle idee in termini di infezione da virus e, in fin dei conti, l'analogia non risulta del tutto inutile. Le agenzie ideologiche, allora, fungono da untori.

4.
Alla Borsa dei Valori, Dio patria e famiglia hanno i loro alti e bassi, ma quotati lo sono sempre. Come i cibi e le bevande, anche se, in certe circostanze, il caviale vale più del pane (o viceversa) e il Moet&Chandon vale più della gazzosa (o viceversa). Ma si dà anche il caso di valori che, più o meno da un giorno all'altro, non vengono più quotati: il flogisto nella storia delle scienze fisiche, l'hula hop, la lettera 22 dell'Olivetti e l'abitino alla marinaretta ne sono alcuni esempi – anche se, in certi casi, cambiano semplicemente di listino: da valori d'uso a valori di scambio, da cose a simboli, da simboli a simboli di simboli.
Da tutto ciò emerge come problema quello del tempo. Per quanto si diano da fare in questo senso le agenzie ideologiche più potenti, nulla sembra tanto valorizzato da poter resistere per l'eternità – come ogni altra attività umana, i processi di valorizzazione hanno una durata e questa durata è determinata anche – e, presumibilmente, non solo – dalla concorrenza: Dio patria e famiglia sono stati spesso considerati complementari e, pertanto, l'uno ha dato una mano all'altro; Cattolicesimo e relativismo, invece – almeno a sentirne la versione cattolica –, sembrerebbero conflittuali (che poi lo siano, visti i mutamenti di rotta nella storia della Chiesa, è tutto da dimostrare), come la Coca-Cola e la Pepsi o come la bistecca di manzo con la dieta vegana.

5.
La rivoluzione proposta da Silvio Gesell parte dalla constatazione che il denaro è, al contempo, misura del valore delle merci e investito di valore in quanto tale nonostante che il rapporto tra il suo valore e il materiale di cui è costituito (l'oro, l'argento, i vari metalli, la cartamoneta – chissà come avrebbe penato se avesse saputo della sua riduzione a virtualità elettronica) sia sempre più labile. Contro l'accumulazione capitalistica e contro quella che oggi possiamo riassumere nel concetto di “speculazione finanziaria”, pertanto, Gesell propone il denaro deteriorabile – come una merce qualsiasi. “Lasciamo che sia danneggiato dalle tarme e dalla ruggine”, dice, “lasciamo che appassisca, che si corroda; e, quando muore, lasciamo che il proprietario si accolli le spese di sepoltura o incenerimento della carcassa”. A questo punto e soltanto a questo punto, come avrebbe voluto Proudhon, denaro e merci saranno “perfettamente equivalenti”. Che una società basata sul “denaro a tempo” – un denaro che vale sempre di meno dal momento in cui il cittadino se l'è guadagnato, un denaro che va fatto circolare e circolare alla svelta – possa essere una società più felice di quelle che conosciamo è un'ipotesi – non più che un'ipotesi – ma è un'ipotesi che nessun Potere a noi noto ci permetterebbe mai di verificare.

6.
Sia latente che esplicita, nelle formulazioni delle tesi di Gesell è l'analogia tra circolazione del denaro nella società e circolazione del sangue nell'organismo. Negli anni Sessanta del secolo scorso, nel tentativo di applicare schemi marxiani ai suoi studi sul linguaggio, Ferruccio Rossi-Landi scrisse Il linguaggio come lavoro e come mercato in cui in termini di quella categoria di “scambio” che caratterizza il rapporto mercantile viene analizzata la comunicazione umana. A Rossi-Landi ho rimproverato l'idea di un potere “autorigenerativo” del linguaggio del tutto autonomo dall'attività mentale che designa e, pertanto, non ho mai potuto apprezzare le sue speculazioni sul “capitale linguistico” e sul “plusvalore linguistico”. Ho anche fatto notare che la prima obiezione alla sua analogia gli proviene dallo stesso Marx che lui invoca. Infatti, “comparare il denaro con la lingua”, dice Marx nei Grundrisse, è “falso” – esattamente come falsa è la comparazione tra circolazione del sangue e circolazione del denaro: “Le idee nella lingua non vengono trasformate in modo tale che la loro particolarità vada dissolta, e il loro carattere sociale esista nella lingua accanto a loro, come per i prezzi accanto alle merci. Le idee non esistono separate dalla lingua. Le idee, in quanto devono essere tradotte dalla loro madre lingua in una lingua straniera prima di aver corso, in ordine a divenire scambiabili, offrono già una maggiore analogia; l'analogia non sta allora però nella lingua, ma nel suo esser straniera”. Tuttavia, va anche detto che, dal momento che porre un rapporto tra due cose è sempre possibile, un'analogia non è mai “falsa” – può essere utile o meno, può condurre in un vicolo cieco o ad una contraddizione (come l'analogia tra sistema solare e struttura dell'atomo), può essere tirata per i capelli, ma non “falsa”.

7.
Sentendomi libero analogizzante, allora, posso provarmi a riflettere sul linguaggio in termini più o meno geselliani. L'impegno semantico che prendiamo – il rapporto che poniamo fra un designante e un designato -, infatti, è “a tempo”; contratto una volta, non si può mai dire quanto dura. Il linguaggio è drammaticamente geselliano. Un confronto fra due dizionari della stessa lingua in epoca diversa lo testimonia in modo inequivocabile: i significati scivolano, le parole si metaforizzano – e, nell'uso, anche le forme della loro espressione si modificano. Nella comunicazione, alle parole scelte non viene riconosciuto soltanto il loro valore d'uso, ma anche un valore di scambio (si pensi a quando qualcuno butta lì una parola in lingua straniera o, più semplicemente, alla funzione di una frase all'interno di un determinato contesto – per esempio, alla funzione di far notare il potere di qualcuno sull'interlocutore al di là del significato esplicito e letterale di quanto effettivamente detto). Ma questi valori hanno durata limitata – in linea di massima potremmo dire che più aumenta il flusso di comunicazioni (che ai giornali si aggiunga la radio, poi la televisione, poi internet e poi i telefoni cellulari) e meno resiste il rapporto semantico posto (e c'è anche il caso che, nel corso di una stessa unità di conversazione la stessa parola finisca con l'essere usata con più di un significato). Le parole subiscono un processo inflazionistico. Rilevava già Quintiliano che “novità e cambiamento riescono graditi nell'eloquio, e più diletta ciò che è inatteso”, ma occorre anche tenere ben presente che “ogni nuova creazione sminuisce in qualche modo il valore del precedente conio”. Come ben sa il narratore di barzellette, guai a raccontarne una per la seconda volta allo stesso interlocutore e, come ben sa chi vuol convincere di un'argomentazione, mai usare espressioni che, dal tanto uso, sono ormai diventate “formule”. Sul piano strettamente politico, i pericoli di questo stato di cose, però, sono evidenti. La generalizzazione degli impegni semantici implica la relazione sociale – la possibilità di comunicare, in teorica parità, fra tutti e con tutti. Dal parlante onesto e consapevole, ogni slittamento di significato andrebbe dichiarato all'interlocutore, perché in caso contrario l'asimmetria sociale che già li caratterizza non potrebbe che aumentare. Ma questo – per tornare alla base della mia argomentazione – non farebbe che impoverire le alternative a disposizione di chi, invece, utilizzando il veicolo del linguaggio, spaccia valori come qualcosa di dato, trascendente la persona che, facendoli propri, deve comportarsi di conseguenza.

Felice Accame

Nota
Per la definizione operativa del “valore”, cfr. S. Ceccato, La mente vista da un cibernetico, Eri, Torino 1972. Per il resto, cfr. S. Gesell, Il valore del denaro, a cura di Luca Gallsi, Mimesis, Sesto San Giovanni 2014. Cfr. F. Rossi-Landi, Il linguaggio come lavoro e come mercato, Bompiani, Milano 1968. Cfr. F. Accame, Il linguaggio come capro espiatorio dell'insipienza metodologica, Odradek, Roma 2015. Per i Grundrisse di Marx, si veda il capitolo 2, al paragrafo 14, nell'edizione Dietz Verlag, Berlino 1974.




Da debito diffuso a debito nullo: prestidigitazione?

di Silvano Borruso

Come estinguere debiti per 600,00 euro con soli 100,00 euro. Senza trucco. Sulle tracce di Gesell.

Da un po' di tempo questa storiella circola in Rete.
Un turista appare dal nulla in una pensione sonnolenta di un paesino altrettanto sonnolento, dove i debiti non vengono pagati per mancanza cronica di contante. Dice di voler dare un'occhiata alla qualità dell'alloggio, lascia una caparra di 100 euro (due biglietti gialli da 50, che è la somma permessa nel Bel Paese nel 2016) e va ad esplorare la pensione.
Il cassiere-proprietario, in debito di 100 euro con il negozio di alimentari vicino, acchiappa i due biglietti e ne paga il gestore. Costui, ugualmente in debito per la stessa somma, si precipita dal macellaio al quale deve 100 euro ed estingue il debito. Il macellaio, che ha lo stesso debito con il veterinario fa lo stesso. Il quale si ricorda che deve la stessa somma alla “signora” residente più o meno stabilmente nella pensione, alla quale costei naturalmente deve l'affitto. E paga, depositando i 100 euro sul banco; al che ritorna il turista, si dichiara insoddisfatto della qualità dell'alloggio, acchiappa i biglietti gialli e se ne va.
Risultato: sei debiti vecchi di mesi estinti in poco più di un'ora. Chi racconta la storiella e chi la ascolta si fanno una gran risata come se si trattasse dell'ultima barzelletta.

Gesell

Il geniale inventore della storia non sembra aver sondato le profondità insospettate della sua invenzione, la quale, per chi ha letto (e capito) Gesell rivela tutto un mondo di teoria monetaria. Procediamo con ordine senza affrettarsi, così facilitando il capire questa realtà che ancora sfugge ai più da 27 secoli. Quali sono i punti da fissare permanentemente in mente?
Primo: per quell'ora in cui i due biglietti circolavano da un utente all'altro essi avevano una funzione portavalori nulla. A nessuno degli utenti venne in mente di tesoreggiare una benché minima parte di quella somma per estorcere tributo a chi la volesse in prestito. L'usura è la grande assente dalla storiella.
Secondo: i biglietti si comportavano analogamente a un pignone ruotante che spinge una cremagliera senza fine rappresentante le specie di debito considerate.
Terzo: i 100 euro non li aveva emessi la BCE a circolazione forzata, cioè con l'intenzione di farli andare fuori corso dopo un mese dall'emissione a meno di pagare una piccola tassa di magazzinaggio. Tutt'altro: era stata la necessità ad accelerarne la circolazione.
Quarto: estrapolando dall'ora di circolazione nella pensione sonnolenta, quanti beni e servizi avrebbe potuto muovere quella stessa somma? Si calcoli: circolando tre volte al giorno per un anno qualsiasi banconota è in condizioni di muovere circa 1000 volte il suo valore facciale. Non lo fa perché la sosta nelle tasche di chi la accaparra non viene penalizzata. Quei 100 euro quindi, al ritmo di sei transazioni giornaliere, farebbero muovere la rispettabilissima somma di 200mila euro in un anno. Quei due biglietti gialli? Solo quei due biglietti gialli.
Quinto: Quale fu il ruolo del turista? Fu quello del banchiere naturale, cioè che presta contante che ha a chi ne ha bisogno ma non ne ha. Ad essere costretto anche lui da una moneta a circolazione forzata a sbarazzarsene prima della scadenza mensile (o bimestrale, in ogni caso convenzionale) la barzelletta diverrebbe il modus operandi normale di una economia fondata sul lavoro (vero, non quello sbandierato dalla Costituzione Italiana).

L'Elefante in Stanza

Si parlava un giorno, tra amici, dei 100 euro che avevano estinto debiti per sei volte il loro valore facciale in un'ora circa, e facevo gli elogi del concetto di Freigeld a circolazione forzata di Gesell.
“Ma ciò” intervenne uno, “è quel che fa il cassiere di una banca. Riceve contante e lo fa circolare da un cliente all' altro, in un giro senza fine.”
Un secondo interlocutore chiese: “Ma come può una società moderna fare a meno delle banche?”
Rimasi di sasso. Lo scenario non aveva fatto menzione alcuna di banche, banchieri, credito e arnesi per l'uso, ma eccoti l'elefante introdotto in stanza senza fartene accorgere: la banca.

La banca

La banca: l'istituto che autorizza ad emettere pezzi di carta con una cifra scrittavi su; che malchiama codesta operazione “prestito”; che vi carica interessi indebiti; che non permette di crearli mandando così centinaia di piccoli imprenditori in bancarotta; che deruba i clienti di ricchezza reale fatta servire da “garanzia” per i “debiti”; che dichiara guerra al contante per far deviare l'economia verso il credito così arricchendosi a spese di chi lavora; che nasconde nel contratto clausole dirompenti per farle esplodere al momento giusto così rovinando chi si lascia abbindolare dal “credito facile”; che da secoli usurpa il potere di emissione dal Governo; che così facendo travolse l'istituto monarchico rendendo impossibile il buon governo; che nega credito a chi produce ricchezza ma lo irrora senza limiti a chi la distrugge in guerre rovinose, così creando debiti inestinguibili per generazioni; che forza lo Stato a far combutta con essa per impoverire il popolo, e dulcis in fundo (si fa per dire) che distrugge il denaro “restituito” per emetterne del nuovo così ripetendo il ciclo infernale ad infinitum.
E c'è riuscita così bene da convincere i più (inclusi i due amici interlocutori) che la banca è un istituto indispensabile per l'umanità invece di uno malevolo e parassitario come descritto nel paragrafo precedente.
Ma ritorniamo alla barzelletta. Quello che descrive non è che il modus operandi della Freigeld di Silvio Gesell, proposta da costui sin dal 1906 e messa in opera solo due volte: a Schwanenkirchen, Baviera, nel 1930 dal proprietario di una miniera di carbone in bancarotta e a Wörgl, Tirolo austriaco, nel 1932-33 dal borgomastro.
Nel 1918 Gesell aveva predetto che a meno di cambiare il sistema monetario sarebbe scoppiata un'altra guerra in meno di 25 anni, e così fu. La guerra l'avrebbe sventata l'adozione di Freigeld, sola vera moneta-sangue, da parte di Mussolini e/o Hitler, che invece tentarono di combattere con le stesse armi usuro-democratiche, rimanendone sconfitti.
Sorvolando sulle distruzioni belliche, analizziamo quelle delle forze della natura: il terremoto, che è di casa in Italia da sempre. Concentriamoci su come avrebbe funzionato Freigeld se la si fosse messa in opera in seguito al terremoto del Belice nel 1968.
Per sanare i danni di quel terremoto, vennero “stanziati” 12 mila miliardi di lire (circa 6 miliardi di euro), dimostratisi incapaci di completarne la ricostruzione in 40 anni e rotti. Lo hanno impedito i sottoprodotti dell'usura: sprechi, peculato, malversazione, incompetenza, prurito di novità, immobilità burosaurica, cattive leggi, pizzi, corruzione, eccetera. È deprimente che la popolazione della Valle del Belice sia rimasta praticamente quella che era quasi mezzo secolo fa.
Ma non è tutto. Non fu lo Stato italiano ad emettere quei 12 mila miliardi. Fu l'elefante in stanza: la banca, con cui lo Stato contrasse un debito che lo costringe tutt'ora a tassare e tartassare i cittadini per pagarne gli interessi. Cosa sarebbe successo invece con la Freigeld della barzelletta?
I Comuni dei paesi colpiti l'avrebbero emessa a terremoto finito, in ragione, diciamo, di 1000 lire x 100mila persone = 100 milioni. Circolando 400 volte in un anno (più realisticamente delle 2000 volte dei 100 euro della barzelletta), quei 100 milioni avrebbero finanziato lavoro e materiali locali per 40 miliardi. In due anni, gli stessi 100 milioni, continuando a circolare, avrebbero finanziato 80 miliardi di ricostruzione. Il tutto senza indebitare nessuno, e ricostruendo gli abitati dov'erano e com'erano, invece di farli deturpare da “furasteri” entusiasti ma su lunghezza d'onda culturale diversa. Ogni famiglia avrebbe ricostruito la propria abitazione secondo desideri proprî e canoni tradizionali. E non vi sarebbe stata emigrazione.

Dalle idee alla realtà

La Freigeld, libera da debito e da interesse com'è, non prevede “fondi”, “riduzione di costi”, “analisi costi-benefici”, “risparmi di tempo”, e altri termini usurari ai quali siamo tanto abituati da non riflettere quanto siano assurdi. Il costo di un'opera viene misurato in ore di lavoro, non in unità monetarie. Qualsiasi pagamento avviene in contanti e alla consegna, senza scadenze di “fine mese”. Si risparmia esclusivamente depositando Freigeld in banca (il turista di passaggio, non l'usuraio), che la riimmette immediatamente nel circolo sanguigno dell'economia reale. E non vi si può speculare su.
Cambiando i parametri, nulla osterebbe a che si applicassero le misure suddescritte al terremoto che ha appena colpito il centro Italia.
Nulla? Non proprio. I summenzionati sottoprodotti dell'usura sono vivi e vegeti: sprechi, peculato, malversazione, incompetenza, prurito di novità, immobilità burosaurica, cattive leggi, pizzi, corruzione, eccetera.
Perché allora scrivere tutto ciò? La speranza è dura a morire, così che la possibilità di imbattersi in un sindaco con gli attributi di Michael Unterguggenberger di Wörgl o di un Herr Hebecker di Schwanenkirchen potrebbe, miracolosamente, tramutarsi in realtà.

Silvano Borruso
silvano.borruso@gmail.com




Economista autodidatta e ministro fugace

di Luca Gallesi

Quattro anni fa è uscito presso Mimesis nella collana “Oro e Lavoro” il volume “Il valore del denaro” di Silvio Gesell, a cura di Luca Gallesi. Ne riproduciamo ampia parte dell'introduzione.

Sono molti i profeti e gli utopisti che in Europa, all'inizio del Novecento, condannano l'industrializzazione e criticano allo stesso modo il comunismo e il capitalismo. In Germania e nell'Impero austro-ungarico riscuotono particolare successo i riformatori che esaltano i valori rurali, predicando il ritorno alla terra, che deve diventare patrimonio comune del popolo. La questione agraria diventa una priorità, e, in mezzo a tanti visionari e qualche lunatico, emerge una personalità brillante e concreta, che diffonde con successo le sue idee: Silvio Gesell.
Seguace del socialismo di Proudhon e delle teorie economiche di Henry George, diffuse in Germania da Michael Fluerscheim e Adolf Damaschke, Gesell è un convinto fautore della nazionalizzazione della terra, e si fa promotore di un ritorno all'”economia naturale” all'insegna del denaro libero in terra libera, ovvero l'eliminazione dell'interesse dal denaro e l'affrancamento della terra dall'ipoteca. Nella sua Freiwirtschaft, il denaro va regolato da un ente centrale che deve favorire i produttori della nazione, eliminando l'egemonia dei gruppi predatori che invece sfruttano a proprio vantaggio l'economia nazionale.
Il proposito di liberare i popoli dalla “schiavitù dell'interesse” ha origini lontane, collegandosi idealmente alla tradizionale lotta contro l'usura che in Europa aveva caratterizzato la Cristianità medievale, e che era diventata patrimonio comune di numerosi riformatori moderni, a partire dai populisti e dai bimetallisti degli Stati Uniti d'America per arrivare ai socialisti gildisti della Gran Bretagna, realizzandosi concretamente negli efficaci esperimenti con la moneta statale, per altro poco conosciuti, effettuati dal governo dell'Isola di Guernsey sin dal 1820.

Nato il 17 marzo 1862 a Sankt Vith, una cittadina vicino a Liegi, allora in terra tedesca, Silvio Gesell è il settimo dei nove figli di Ernesto, impiegato prussiano e protestante, e di Jeanette Talbot, vallone e cattolica. A causa delle non floride condizioni economiche della sua famiglia, Silvio interrompe gli studi per iniziare quella che sarà una lunga e varia esperienza lavorativa. Disponibile e brillante, supplisce alla mancata carriera scolastica con un'intelligenza vivace che gli permette, cambiando rapidamente impieghi, di raggiungere una posizione di indipendenza lavorativa nel ramo delle esportazioni. Nel 1887 si stabilisce in Argentina, lavora in tutto il Sud America e si sposa, in Uruguay, con una moglie tedesca, Anna Boettger da cui, tra il 1888 e il 1915, ha quattro figli, a cui ne seguirà un quinto, nato in Germania da Jenny Blumenthal.
In Argentina comincia a interessarsi di economia a causa della crisi causata dall'introduzione del gold standard negli scambi internazionali. Il susseguirsi di deflazione e inflazione, causate rispettivamente da scarsità di metallo prezioso e conseguente, eccessiva abbondanza di banconote, permette di arricchirsi rapidamente a chi, come Gesell, oltre che di intuito è dotato anche di fortuna. Negli anni Novanta comincia a scrivere saggi dedicati ai problemi monetari, seguendo il filone tracciato da Proudhon; il suo primo opuscolo, intitolato La riforma del sistema monetario come ponte verso lo stato sociale è pubblicato a Buenos Aires nel 1891, e pochi mesi dopo esce Nervus Rerum, opere che contengono in nuce la tematica che svilupperà per tutta la vita, ovvero la certezza che la soluzione della questione sociale non risiede nella proprietà dei mezzi di produzione come crede Marx, bensì nel ruolo contraddittorio giocato dal denaro, che è contemporaneamente strumento di misurazione del valore delle merci e valore in se stesso.

Nel 1919 l'anarchico Gustav Landauer

Lo stesso denaro può diventare, quindi, una merce, ma con degli immeritati vantaggi rispetto agli altri beni: è tesaurizzabile, al contrario della forza lavoro umana, e, mentre produrre e trasportare le merci costa lavoro e fatica, il denaro può essere trasportato ovunque senza sforzo e senza subire deperimenti. In più, garantisce ai suoi possessori un indebito privilegio, quello di poter fruttare un rendere un interesse a prescindere dal fatto che il suo utilizzo sia indirizzato verso attività produttive o semplicemente speculative, oppure essere addirittura tolto dalla circolazione, interrompendo il circolo di acquisti e vendite che rende possibile l'economia di una nazione.
Il denaro, per Gesell, corrisponde alla circolazione sanguigna della società; e, come l'organismo muore se il sangue viene tolto, così, se il denaro viene immobilizzato in attività speculative, la società viene soffocata dal ristagno e dalla disoccupazione. Una soluzione al problema si può trovare, secondo le parole di Gesell, nelle “banconote che si arrugginiscono”, ovvero in una riforma organica del denaro che, non deve più essere un corpo estraneo alla società, ma diventarne il fulcro, prodotto, gestito e finalizzato al bene della comunità. Il suo La Cuestion Monetaria Argentina, pubblicato nel 1898, è stato definito “la più concisa ed efficace esposizione gli effetti nocivi della politica deflazionaria mai pubblicato”.
Nel 1900, Silvio Gesell può finalmente permettersi di vivere di rendita: affida al fratello Paul la sua attività commerciale e si ritira in Svizzera, dove compra una fattoria e si dedica allo studio approfondito dei problemi economici. Pochi anni dopo, nel 1907, la morte del fratello lo costringe a ripresentarsi oltreoceano, dove si ferma fino al 1911, quando può lasciare nuovamente l'attività in mani famigliari, questa volta del figlio maggiore. Tornato in Europa si stabilisce a Oranienburg – Eden, tra Berlino e Potsdam, interessandosi ai vari movimenti di riforma agraria molto attivi a quel tempo, avvicinandosi a Franz Oppenheimer e pubblicando, insieme con Georg Blumenthal il giornale “Physiocrat”, dove propone che il sostentamento delle madri di famiglia sia a carico della comunità, grazie alla rendita delle terre agricole nazionalizzate. Le autorità prussiane fanno chiudere il suo giornale come “sovversivo”, e Gesell torna in Svizzera, a Berna, dove pubblica nel 1911 la prima edizione del suo capolavoro, Die natürliche Wirtschaftsordnung durch Freiland und Freigeld, in attesa di quella che inaspettatamente sarà la sua unica, breve avventura politica, nella repubblica socialista bavarese.
Nell'aprile 1919, a guerra finita, Gustav Landauer, ebreo anarchico e non violento, ed Ernst Niekisch, che, prima di diventare il teorico di riferimento del nazionalbolscevismo, è Presidente del Comitato centrale dei Consigli degli Operai, dei Contadini e dei Soldati di Baviera, lo chiamano a ricoprire il ruolo di Ministro delle Finanze nella Repubblica dei Consigli di Monaco. Gesell era un autore letto e apprezzato nei circoli tedeschi anticonformisti della Rivoluzione Conservatrice., come testimonia il suo opuscolo Flugschrift der Freiland – Freigeld Bewegung.
Il governo dura un paio di settimane, e, secondo la vulgata, è spazzato via dai Corpi Franchi, che uccidono Landauer e arrestano Gesell, poi assolto dalla magistratura che lo lascia tornare in Svizzera a elaborare le sue teorie economiche.
In realtà la “repubblica sovietica” bavarese proclamata da Kurt Eisner il 7 novembre 1918 dichiara la sua lontananza dal bolscevismo e difende la proprietà privata. Quando Eisner viene assassinato, il 21 febbraio 1919, scoppiano disordini che incoraggiano comunisti e anarchici alla conquista del potere. Il 6 aprile viene proclamata la Repubblica Sovietica Bavarese, che nonostante il nome, è governata da socialisti indipendenti come il proudhoniano Gesell, il socialista indipendente Niekisch e da anarchici comunitari come Landauer, acerrimo avversario del materialismo marxista, che vedeva incarnato da un inaccettabile centralismo autoritario, e propugnava un sistema di leghe rurali e comunitarie. L'esperimento, a cui partecipa Gesell, dura solo 6 giorni, e viene posto al termine dai comunisti comandati da Eugen Levine, il “Lenin tedesco”. Gesell, che nei pochi giorni a disposizione era riuscito a stampare della “moneta prescrittibile” che non venne mai messa in circolazione viene da loro arrestato, processato e amnistiato o assolto. Solo dopo, il 3 maggio, quando le Guardie Rosse hanno cominciato a giustiziare prigionieri contro-rivoluzionari, i Freikorps conquistano Monaco e rovesciano il governo comunista della seconda Repubblica dei Consigli. È di quel periodo la conoscenza di Gesell con un altro intellettuale anticonformista, Rudolf Steiner, che era in predicato di diventare Ministro delle Finanze del Wuerttenberg.
L'incontro di Gesell con la politica concreta è dunque traumatico e di breve durata, anche se lascia anche in Germania un'eredità importante. Werner Sombart, in un contributo al volume collettaneo che inaugura la collana della Scuola di scienze corporative dell'Università di Pisa, La crisi del capitalismo, intitolato “Correnti sociali della Germania di oggi”, cita tra i gruppi che vivacizzano l'ambiente politico tedesco prima dell'avvento del nazionalsocialismo, i teorici del “freies Geld”, raccolti carismaticamente attorno a Silvio Gesell, che nel frattempo aveva continuato a criticare la Repubblica di Weimar in nome di un'economia di mercato vera, ossia senza capitalismo. La sua proposta di una patrimoniale molto consistente prendeva di mira il latifondo e il grande capitale, che facevano ricadere sulla popolazione il costo delle riparazioni dei danni di guerra. La politica inflazionistica adottata dai numerosi e deboli governi repubblicani colpiva le classi medie e basse, a favore dei ricchi possidenti.
Nel 1924, il mercante-filantropo torna per qualche mese in Argentina, per rientrare definitivamente in Europa, dove, a Oranienburg-Eden muore di polmonite l'11 marzo 1930, lasciando un'eredità ideale che ha interessato alcuni tra i più importanti economisti del secolo scorso e che non si è ancora esaurita, e anche una testimonianza materiale, cioè la città argentina di Villa Gesell, splendida cittadina turistica fondata dal figlio di Silvio, Carlos.

Uno “strano” profeta?

Lord John Maynard Keynes, nei quasi quaranta volumi delle sue opere complete, non cita mai Proudhon, che pure apprezzava e da cui trasse ispirazione; menziona invece più volte, nella sua Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta, Silvio Gesell, che del socialismo anti-marxista di Proudhon era un appassionato estimatore. Nella prima, curiosa citazione, Keynes parla, del “problema della domanda effettiva”, che “poté soltanto sopravvivere nel mondo sotterraneo di Karl Marx, di Silvio Gesell e del Maggiore Douglas”, accomunando due economisti quantomeno originali e sicuramente eterodossi con il teorico del comunismo, che è indiscutibilmente un classico, difficilmente confinabile in un “mondo sotterraneo” in compagnia di sconosciuti. All'economista bavarese, argentino d'adozione, Keynes torna nel libro VI, dedicandogli, nel capitolo 23, l'intero paragrafo VI, che inizia qualificando Gesell come uno “strano e immeritatamente trascurato profeta, la cui opera contiene sprazzi di profonda penetrazione e che soltanto per poco ha mancato di giungere al nocciolo dell'argomento”. Keynes in qualche modo si scusa per non aver colto immediatamente il merito di Gesell, accomunandolo ai molti fanatici allora in circolazione, e “siccome è probabile che pochi fra i lettori di questo libro siano a conoscenza del significato dell'opera di Gesell, gli concederò uno spazio che sarebbe altrimenti sproporzionato”. Seguono alcune note bio-bibliografiche non sempre precise, da cui emerge il ritratto di un Gesell autodidatta, che si è dedicato allo studio della moneta come strumento di riforma sociale, e che, “attirando a sé il fervore semi-religioso che una volta si era accentrato attorno a Henry George, divenne il profeta riverito di un culto con molte migliaia di discepoli in tutto il mondo”. L'accostamento al carismatico riformatore Henry George non è casuale: per esempio, l'edizione americana del 1936 di The Natural Economic Order, che riprende la traduzione di Philip Pye del 1929, è dedicata “Alla memoria di Mosè-Spartaco Henry George e di tutti coloro che hanno combattuto per creare un'adeguata base economica per la pace e la buona volontà tra gli uomini e le nazioni”. È questa, anche, l'edizione consultata da Frank Lloyd Wright, che nella sua Autobiografia cita con gratitudine Gesell, le cui idee traspaiono in molte sue opere, e alle quali fu introdotto a San Antonio.
Nonostante il fervore para-religioso dei suoi seguaci, secondo Lord Keynes:
“il libro principale di Gesell è scritto in linguaggio freddo e scientifico (...). In complesso lo scopo del libro può definirsi l'instaurazione di un socialismo anti-marxista, una reazione al laissez-faire costruita su fondamenti teorici totalmente diversi da quelli di Marx poiché basati sul ripudio, invece che sull'accettazione, delle ipotesi classiche, e sulla liberazione della concorrenza da ogni vincolo, invece che sull'abolizione della concorrenza”.

Quei piccoli (e pochi) tentativi

Per giungere, infine, ad affermare quello che, successivamente, molti suoi critici gli rimprovereranno:
“Ritengo che l'avvenire avrà più da imparare dallo spirito di Gesell che da quello del Marx. La prefazione a The Natural Economic Order indicherà al lettore, se vorrà leggerla, la classe morale di Gesell. Io penso che la risposta al marxismo debba trovarsi seguendo le linee di questa prefazione”.
Una delle idee principali di Gesell, o, comunque, quella che più è stata discussa, criticata e, qualche volta, messa in pratica riguarda il cosiddetto Schwungeld, in inglese Stamp scrip, cioè il “denaro prescrittibile” o, secondo i traduttori della Teoria keynesiana, la “moneta stampigliata”.
Tra i problemi affrontati dall'economista autodidatta troviamo innanzitutto la tesaurizzazione del denaro non per fini produttivi ma esclusivamente a scopo speculativo. Tale sottrazione dal mercato della moneta, in altre parole, dello strumento indispensabile per il funzionamento del mercato stesso, può causare delle difficoltà effettive nella circolazione reale delle merci. Come, curiosamente, nello stesso tempo si era accorto anche un altro economista eretico, Francesco Avigliano, che, tra l'altro, negli anni Venti del secolo scorso aveva pure anticipato l'idea della moneta prescrittibile:
“L'idea di risparmio, sorta da reali e sante disposizioni dello spirito alla parsimonia e alla previdenza, è diventata strumento supremamente ingannevole, perché si ammanta della più bella delle virtù umane, per giustificare fenomeni di arricchimenti che col risparmio non hanno nulla a che vedere”.
Sono molte e sorprendenti le similitudini tra le idee del nostro Avigliano e le teorie gesellite: nella dedica al suo L'enigma sociale, Francesco Avigliano critica l'idea di ricchezza intesa come abbondanza di denaro e di accumulazione di titoli, con un paragone efficace e fulminante:
“Di certo, tutti i titoli del mondo (la nuova ricchezza finanziaria della plutocrazia) non varrebbero a produrre un solo chicco di grano, se questo chicco non esistesse già. Gli è che, come la strada e il viandante sono bensì gli elementi necessari all'azione del transitare ma non sono sufficienti senza il beneplacito del prepotente che impone la taglia, così oramai la esistenza nel mercato dei coefficienti naturali di produzione continua bensì a essere necessaria per poter produrre, ma non è più sufficiente senza il beneplacito dell'artificio del capitalismo finanziario.
Come, cioè, senza pagare la taglia al prepotente, il viandante non può transitare, così, senza la possibilità di poter assicurare un super-guadagno all'artificio del capitale finanziario, i coefficienti naturali di produzione non possono produrre e si sperperano nel mercato”.
La moneta prescrittibile, o stampigliata che dir si voglia, aveva colpito la mente di Avigliano quando l'aveva incontrata in uno scritto di Achille Loria, “che dava notizia di un avvenimento strano verificatosi in questo dopo guerra, cioè che essendosi in un paese, se non erro, della Czeco-slovacchia, proceduto alla “stampigliatura” dei biglietti monetari, questo livellamento aureo della moneta cartacea non commosse il mercato con i suoi prezzi”. Il curatore di questa edizione di Avigliano ha rintracciato la fonte in Achille Loria, Le peripezie monetarie della guerra. Lezioni tenute all'Università Commerciale Luigi Bocconi aprile 1919, Milano, Fratelli Treves Editori, 1920, dove si legge, alle pagine 97-98:
“In ogni caso però è assolutamente necessario di obbligare i possessori di moneta delle regioni liberate a farla immediatamente stampigliare e di limitare il cambio, al pari fissato, alla moneta stampigliata; poiché in caso diverso i cittadini dello Stato vinto, la cui moneta ha fin dapprima, o scende bentosto ad un valore minore di quello delle regioni liberate, la spediscono a queste per lucrare il pari più alto”.
Di Avigliano e di Gesell, in Italia, si accorge, negli Anni Trenta, Odon Por, un giornalista e scrittore ungherese con un passato di sindacalista vicino al socialismo gildista, che A.R.Orage aveva fondato prima della Grande guerra attorno alla sua rivista “The New Age”. (...)
I tentativi di adottare moneta prescrittibile, dopo quello fallito della Repubblica dei Consigli di Monaco, riguardano tutti l'Europa centrale: uno in Baviera, a Schwanenkirchen e un altro in a Wörgl, in Tirolo, che è stato molto discusso per il suo successo, bruscamente interrotto da un intervento della Reichsbank. Nel 1932, la cittadina aveva poco più di 4000 abitanti, compreso vecchi, donne e bambini, di cui 1500 erano disoccupati per la chiusura di alcune fabbriche. Le tasse non venivano pagate, i lavori pubblici non potevano essere effettuati e il Comune era sull'orlo del fallimento. Invece di strangolarsi accendendo prestiti –come oggi, purtroppo, sta accadendo con il suicida ricorso ai derivati- le autorità decidero di stampare moneta prescrittibile dopo aver avuto l'assicurazione preventiva che sarebbe stata accettata da operai e commercianti. Furono stampati 32.000 scellini, con biglietti da 1, 5 e 10 con una griglia sul retro.
Ogni biglietto completo di bolli o “marchette di rivalutazione” applicate mensilmente veniva riscattato dal Municipio alla fine dell'anno, e le emissioni erano regolate dai bisogni reali, tenuti costantemente monitorati dalle autorità cittadine che all'uopo predisponevano tabelle appositamente aggiornate. Il deprezzamento periodico della moneta ne causò la rapida circolazione, e sembra che l'emissione originaria risultasse addirittura eccessiva, dato che solo una parte dell'emissione fu tenuta in circolazione attraverso remissioni, mentre il resto rimase nelle casse cittadine. Il potere d'acquisto della nuova moneta rimase alla pari con lo scellino austriaco, e tutti gli impiegati della città, a partire dal Sindaco, ricevevano una parte del loro stipendio in questa moneta, prima il 50%, e poi il 75%, mentre gli operai assunti dal Comune venivano pagati col 100% di moneta nuova, che veniva accettata da tutti gli esercizi del paese.
Le tasse poterono finalmente essere pagate, e una Cassa Comunale d'Emissione, appositamente costituita, poteva ricevere sotto forma di risparmio il nuovo denaro, che non era più necessario affrancare, e che veniva rimesso in circolazione dal Comune, rendendo impossibile la sua tesaurizzazione. La Tesoreria municipale veniva così ad essere arricchita dalla moneta legale che gli arrivava dalle imposte federali rimesse dallo Stato, dalla ritenuta del 2% sul cambio o riscatto in moneta legale della moneta nuova, dagli interessi del denaro dato in prestito fuori dal territorio comunale e dalla tassa mensile dell'1% prelevata su ogni scellino di moneta nuova.
La moneta legale di proprietà comunale serviva come copertura al 100% della moneta nuova, che aveva riacceso i motori dell'economia cittadina e incuriosito i paesi vicini che cominciavano ad accettare la moneta di Wörgl, che era uno dei pochi comuni dal bilancio attivo in piena crisi economica. L'esperimento ebbe tale successo che la Banca Centrale si allarmò e fecero cessare d'autorità l'esperimento il 10 settembre 1933.

La riscoperta di Gesell

L'idea del denaro prescrittibile attira, in Italia, l'attenzione di un altro straniero naturalizzato italiano, l'inglese James Barnes, che, in un suo pamphlet pubblicato verso la fine dell'ultima guerra, Giustizia sociale attraverso la riforma monetaria, dedica un intero capitolo, il VI, al “Denaro prescrittibile”, dove, in termini semplici e chiari, descrive come funzionerebbe praticamente l'applicazione delle marche da bollo, e quali sarebbero i benefici di un tale sistema.
Innanzitutto, sostiene Barnes, lo Stato guadagnerebbe un cospicuo reddito senza gravare troppo sul contribuente, poi, incoraggerebbe il risparmio in forme non legate al denaro contante, che verrebbe invece usato solo per la trattazione degli affari, aumentando la produzione, e infine, stimolerebbe la velocità dei pagamenti, con un possibile effetto di rincaro dei prezzi, misura controbilanciabile dalle Autorità con adeguate nuove emissioni. (...)
Dopo una lunga pausa, oggi l'eredità ideale di Gesell viene nuovamente presa in considerazione e apprezzata a livello internazionale, purtroppo a causa della grande crisi che colpisce tutto il mondo globalizzato. Una edizione scientifica delle sue opere complete in 18 volumi è stata pubblicata una decina di anni fa a cura di Werner Onken e il recente aggravarsi della situazione economica mondiale rende sempre più attuali le parole di Keynes, che di Gesell apprezzava l'esser parte di “coloro che, seguendo le loro intuizioni, hanno preferito vedere oscuramente e imperfettamente la verità piuttosto che persistere in un errore, ch'era stato raggiunto bensì con chiarezza e coerenza e facile logica, ma su ipotesi inadatte ai fatti”.
Chissà se, a quasi ottant'anni da queste parole, la verità vista da Gesell non sia più tanto oscura né imperfetta.
Da allora sono molte le traduzioni in molte lingue, di cui la maggior parte è disponibile liberamente su Internet.

Luca Gallesi
gallesi.luca@gmail.com

Questo testo è costituito dalla quasi totalità della prefazione al volume di Silvio Gesell, “Il valore del denaro”, a cura di Luca Gallesi (Mimesis, Milano 2014). Ringraziamo l'autore e l'editore per la disponibilità.