Un gipsygirovago
L'ho
visto/ascoltato dal vivo in concerto al secondo OAC Fest sui
colli Euganei: quella che si dice una bella sorpresa, un qualchecosa
che non ti aspetti e che mi immaginavo differente - e ve l'ho
poi raccontato (vedi
“A” 412). Allora avevo preso “Space talking”
un suo cd sghembo casalingo registrato mi sembra da qualche
parte in Brasile, ogni tanto lo metto su e mi viene da sorridere
andando al ricordo di quel primo incontro: Emiliano lo zingaro
il giramondo senzacasa mi aveva trasmesso una sensazione bella
di consapevolezza e insieme di non rassegnazione, come a dire
so che le mie radici sono qui ma per trovare casa io ho bisogno
di seguire le nuvole, come fanno le rondini che vanno via e
poi ogni volta tornano.
E infatti in giro lui continua ad andarci, est o ovest mica
importa, ed è successo che di recente è ritornato
qui in zona, una serata in diretta su radio Sherwood (per il
podcast segui il link https://www.sherwood.it/open-live/audio/1/data),
così mi ha fatto un piacere enorme andare ancora ad abbracciarlo
ed ascoltarlo. Guardalo là che sorride e non sai quanti
anni mettergli sulle spalle, sembra più giovane dell'anno
scorso - più giovane di ieri come succedeva a Bob Dylan
dentro a “My back pages”.
Lo sapete, io non riesco ad accontentarmi dei riquadri YouTube,
né degli mp3 a risoluzione quasi zero: io ho bisogno
di toccare, di prendere in mano e riempire lo stomaco, di restare
addosso alle cose. Restarmene un po' con Gipsy Rufina mi fa
stare bene, ecco: vederlo lì a muoversi fra banjo e chitarra
e l'asta del microfono e i cavi da attaccare e sentirlo parlare
cantare suonare mi mette addosso come un senso di primavera
pacifica. Non è tutto, mi succede dell'altro: quando
ascolto le sue canzoni mi si accendono anche come dei fuochi
in testa e nell'incendio vedo i ricordi che si fondono alle
cose che avrei voluto fare e poi non ho fatto. Come se le cose
di ieri invece che accumularsi verso giù verso le radici
prendessero ramificazioni verso un qualche domani. Che strano.
Eccolo là a suonare, il posto non è poi piccolo
ma è proprio pieno, un sacco di ragazze e ragazzi, qualcuno
già conosce i pezzi e gli va dietro ma piano come per
non disturbare. Chiudo gli occhi e la prima cosa che mi viene
in mente è un ricordo contorto e complicato di quando
ero un ragazzino e coi miei amici si suonava in garage, si suonava
insieme non importa cosa, si suonava per ore a consumare chitarre
e tamburi. Ecco sì, mi vedo lì in un ieri imprecisato.
Si improvvisava, si inventava, fare casino era quasi un bisogno
fisico - da qualche parte la pressione doveva pur uscire. E
quando non si è a suonare in garage si pensa alla musica.
Musica in testa mentre hai un libro davanti e giri in tondo
a leggere sempre le stesse due righe fuori fuoco, mentre di
là c'è una televisione accesa che nessuno guarda,
mentre a scuola qualcuno continua a parlare lì davanti
alla lavagna dietro a un muro di suono.
Tanta musica senza preoccuparsi della musica - suoni in libertà,
ecco. Sedicidiciassettediciotto anni e tanto tanto rumore dentro
in testa che cerco di cacciare fuori. Tanto tanto e ancora tanto
disordine che mi danza intorno, e prende la velocità
del vento. Musica è un aereo lontano, due sopra quel
motorino che sgomma via, la pila di barattoli di vetro che cade
al supermercato, le porte dell'autobus, il collage tridimensionale
che esce dalle radio dietro le finestre aperte e piove giù
in strada.
Lui, il gipsygirovago, racconta dei suoi giri e dei suoi viaggi
come fossero banali bicchieri d'acqua che butti giù senza
pensarci, solo per spegnere la sete - e se lo guardi lo zingaro
non è proprio uno che se la tira, ha il sorriso sincero
e gli occhi buoni. Adesso è un po' che sta a Brussels,
dice che lo scorso ottobre doveva andare a suonare in Russia
ma appena prima di partire si è fracassato un braccio,
un banale incidente con lo skate, mi sono fatto male ma si è
sistemato tutto mi fa guardandomi storto, mi mostra il gomito
con gli ossi dentro e i tatuaggi fuori risistemati e un po'
gli viene da ridere.
Mi dice che ha fatto un disco nuovo, e io l'ho preso e pensavo
di parlarne qua dentro ma adesso che scrivo vengo a sapere che
l'ha praticamente già finito, deve ristamparlo ma non
adesso più avanti. Lui se n'è già andato,
ma dice che poi torna. Come al solito, come sa fare lui. Per
adesso insomma devo accontentarmi di due righe da qualche parte
su internet e continuare a immaginarlo lì che suona e
che canta e che poi ci beviamo una birra seduti insieme, mentre
lui è da qualche parte a Roma hardcore a morire di nostalgia
oppure in Lapponia a suonare per le renne o magari dentro un
bar alle porte del cosmo che stanno su in Germania, oggi più
giovane di ieri.
Io ve la butto là lo stesso: il cd si chiama “Moons
and mussels” - cercatelo perché è proprio
bello, suonato bene e cantato col cuore, ce l'ho su a girare
in tondo anche adesso. Vedo che funziona bene sia a basso volume
che spingendo il potenziometro un po' più alto del solito,
così giusto per far sapere ai vicini un po' della mia
malinconia, della nebbia che c'è qui dentro.
Contatti: posizionate occhi e orecchie su gipsyrufinahomeless.weebly.com,
oppure su gipsyrufina.bandcamp.com;
magari chiamatelo a suonare da voi, e scrivetegli qua: gipsysbroke@yahoo.it.
Marco Pandin
stella_nera@tin.it
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