Il performatore
Cominciamo con lo sfatare antiche credenze. Quella, per esempio,
che una buona ispirazione abbia bisogno di un lungo periodo
di gestazione, per cui non servirebbe a nulla invocarla, e neppure
tentare di sorprenderla nel buio di certe notti. Puah, dico
io. Se manifesto il mio disprezzo onomatopeico per tale radicata
scempiaggine da sognatori falliti, è perché conosco
il valore del tempo e so che, con esercizio e disciplina, nessun
obiettivo ci è precluso.
Credetemi, di queste cose me ne intendo. Di mestiere faccio
il performatore. Ho una palestra. Mentre i tradizionali istruttori
si applicano al corpo, io mi concentro sulla mente. Alleno i
clienti a smaltire i tempi morti delle loro vite, proprio come
i suddetti colleghi preparano programmi per lo smaltimento dei
grassi superflui. Il mio compito è di agire sulle incrostazioni
della vita quotidiana, su abitudini che non vengono mai messe
in discussione e impediscono di ottimizzare le energie creative.
La tecnologia ci offre già tutto il necessario per ridurre
al minimo gli scarti, liberare la mente da occupazioni ingombranti
e dispendiose, snellire il cervello e ringiovanirlo.
A che serve ormai dilungarsi oziosamente nelle chiacchiere per
strada o sul lavoro, quando possiamo comunicare in modo rapido
ed esteso attraverso messaggi brevi e autosufficienti? Sui documenti
di riconoscimento, la voce ormai più importante è
Numero di visualizzazioni annue, che ci identifica nella
nostra vita social. E allora, torno a chiedere, perché
perdere tempo nei bar a consumare parole che non valgono neppure
un click di apprezzamento?
Nella mia palestra facciamo anche esercizi sui libri. In questo
campo si possono conseguire risultati sorprendenti. Ormai possiamo
immagazzinare centinaia di volumi con uno scanner mentale che
permette di assorbire in pochi secondi un romanzo dell'Ottocento
o una vecchia enciclopedia. Eppure, incredibile ma vero, c'è
ancora gente che si ostina a leggere.
Il lavoro del perfomatore è dunque semplice e complicato
al tempo stesso. Siamo chiamati a individuare le zone d'ombra
del cervello del cliente, aiutarlo a reimpostare le sue procedure
indiscusse, a vincere la pigrizia. Contano forza di volontà
ed esercizio costante, e nessun campo sa aprire nuove strade
quanto quello dei sentimenti. Quante energie perse in rapporti
inutili che partono con lo scatto bruciante di un centometrista
e finiscono nelle sabbie mobili della routine. Quanto spreco
di promesse, effusioni e baci. Ecco, appunto, i baci. Viviamo
nell'inflazione dei baci, dati spesso per puro calcolo o convenzione.
Saluti di circostanza tra colleghi che si odiano, esili ancore
di salvataggio per ex amanti che vogliono continuare a illudersi,
baci di compleanno senza sentimento, baci di laurea invidiosi,
oppure malevoli. La lista dei baci inutili è lunga. E
perfino quelli veri si rivelano umidi e imperfetti. Quasi tutti
si spengono nel loro ardore dopo poche settimane, e restano
come cornice di un rapporto che gli psicoterapeuti chiamano
“progetto”.
Come perfomatore qualificato io insisto su una terapia d'urto,
assai più efficace. La chiamo “astinenza dai baci
superflui”. Si tratta di individuare quelli che possono
essere tranquillamente affidati ad appositi corrieri che li
consegneranno a nome nostro. Persone bene addestrate, pronte
a soddisfare qualunque esigenza: bacetti sulla fronte, affettuosi,
materni, languidi, sensuali, profondi... ce n'è
per tutti i gusti.
Ecco, questo è il senso del mio lavoro. Sono un uomo
che anticipa le tendenze, un visionario che guarda lontano laddove
tanti continuano a camminare a occhi chiusi, sospirando nel
loro malessere. Sono un pioniere della nuova efficienza, uno
che dopo qualche sessione di palestra vi restituirà sani
e affidabili. In una parola: performanti. Datemi retta. Tutto
attorno a noi evolve. Perché non prenderne atto?
Paolo Pasi
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