Patagonia cilena
Due articoli sulla storia
del Cile, tra lotte sociali e repressione, tra stermini e resistenza
testo di Gaia Raimondi
e
Dal genocidio degli indigeni
nel 19° secolo alle desaparecidas e ai desaparecidos
sotto Pinochet
trascrizione di Alba Monti
Cile
Patagonia (cilena) ribelle
di Gaia Raimondi
10 morti e 20 feriti e poi anni e anni di galera: la rivolta dei lavoratori dei frigoriferi Bories del 1919. Cronache di un passato quasi sconosciuto da Puerto Natales, nella Patagonia cilena. E ribelle, naturalmente.
Puerto Natales è una città
abitata attualmente da meno di 20.000 abitanti, situata nella
XII Regione di Magallanes, nell'Antartide cilena della provincia
di Última Esperanza, nome emblematico per una terra tanto
meravigliosa quanto estrema, sia dal punto di vista climatico
che per la sua localizzazione geografica; sorge ai confini con
il Polo Sud, in un remoto angolo del pianeta, ricco di bellezze
e al contempo di insidie naturali. Un luogo abitato per secoli
solo da indigeni, conosciuti come Selk'nam1,
detti anche Ona, una popolazione di Nativi Americani abitante
gli estremi lembi australi dell'America meridionale, ormai estinta
dopo il brutale impatto della colonizzazione europea lì
giunta negli anni venti del 1500. Iniziata col noto marinaio
portoghese Ferdinando Magellano, al servizio del re di Spagna
– da cui prende il nome il famoso stretto e la regione
adiacente – l'ondata degli avventurieri, cercatori di
fortune dall'Europa si sviluppò e crebbe con i soliti
effetti predatori e devastanti su quei popoli. Nonostante il
clima impervio e i ghiacci perenni, le popolazioni indigene
erano riuscite ad instaurare un rapporto sinergico col proprio
territorio – evidentemente solo in apparenza inospitale
– e a sopravvivere indisturbate per secoli, prima dell'avvento
delle tante esplorazioni colonizzatrici e sfruttatrici che ben
conosciamo. Quegli esploratori e colonizzatori furono in parte
gli avi di alcuni dei protagonisti di questa storia, i padroni
dei frigoriferi Bories.
Queste culture ancestrali meriterebbero un articolo a parte
e se vengono qui nominati è perché, grazie alla
curiosità di conoscere le loro origini e le bizzarre
abitudini, incappai un giorno freddo e ventoso della scorsa
estate australe al Museo Histórico Municipal di
Puerto Natales dove, esaurite le numerose informazioni etnografiche
sui popoli estinti del passato, apparsero un paio di pannelli
estemporanei dedicati ad una rivolta operaia di inizio Novecento,
partita dai lavoratori dei frigoriferi Bories, che mise in atto
un vero e proprio esperimento di comune anarchica. Incuriosita
e rientrata in Italia ho approfondito le ricerche, trovando
moltissimo materiale in lingua spagnola e numerose versioni
dei fatti, da quelle più istituzionali, a quelle riportate
dai periodici dell'epoca, fino ai racconti degli anarchici cileni
e non, di quei lontani avvenimenti del 1919. Non solo al museo,
in rete e nelle analisi che dagli anni ’90 hanno iniziato
a interessare gli storici fueghini2
contemporanei, ma persino al cimitero di Puerto Natales e Punta
Arenas esistono tracce di questi fatti, incisi su una grande
tomba commemorativa ad essi dedicata e incarnate in una statua
per tutti gli indigeni locali sterminati nel corso dei secoli.
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Una famiglia di indigeni Ona catturata ed esposta all'Universale di Parigi di fine ottocento |
Movimento operaio molto forte
La famosa Patagonia, già cara e conosciuta agli anarchici
grazie al preziosissimo contributo di Osvaldo Bayer, che aveva
però concentrato la sua testimonianza nella parte argentina
di questo lembo estremo, finale e ribelle di mondo, diventa
teatro di altrettante importanti esperienze di libertà
anche sul fronte cileno, meno conosciuto e raccontato fino a
qualche anno addietro.
Non mi dilungherò qui sulla storia dell'anarchismo cileno,
segnalando piuttosto agli interessati il testo di L. Heredia
e G. Victor, Breve storia dell'anarchismo cileno (Salerno,
1989) che ne ripercorre parzialmente la storia, focalizzandosi
principalmente sulle città portuali di Valparaiso, Iquique,
Antofagasta e in generale sulla parte del centro e nord del
Cile. E del resto, trattasi di un territorio così vasto
e diversificato, oltre che isolato e remoto a suo modo anche
oggi, che non risulta facile racchiudere in un solo saggio tutta
la sua intricata e appassionante storia.
Altri personaggi ben noti, del calibro di Pietro Gori o Élisée
Reclus – a cui è stato addirittura dedicato un
vulcano3 proprio nel cuore della
Patagonia cilena – hanno viaggiato, diffuso le proprie
idee e scritto delle proprie esperienze in Cile e tanti furono
gli emigranti che dal vecchio continente giunsero fino a quei
posti così algidi e distanti da tutto, con il loro vissuto
di aspirazioni, i loro ideali di libertà, magari confusi,
con i motivi che li spinsero qui. In parte di origine
europea, ma anche croati, dalmati o scandinavi e scozzesi, molti
di questi migranti erano anarchici e socialisti; tanti, dopo
il ’17, subirono il fascino dalla rivoluzione russa (tanto
quanto il capitale ne era spaventato); molti altri erano immigrati
da Chiloé (l'isola più grande del Cile, dunque
i più vicini ma ugualmente spaesati: sulla loro isola
il latifondo non era neppure concepibile).
Questi lavoratori animarono fin da subito un movimento operaio
molto forte. D'altronde le condizioni di lavoro e la vita nei
frigoriferi di Puerto Natales erano terribili. “Ogni lavoratore
riceveva tre pelli sporche su cui dormire. Chiunque venisse
sorpreso a modificarle, tagliarle o farle a pezzi veniva licenziato
immediatamente. Dovevano dormire in baracche o stalle. I dormitori
non avevano la luce ed era severamente proibito entrare in cucina.
Dovevano spaccare la legna per cuocersi il cibo, che era abbondante,
ma pessimo. I capisquadra controllavano costantemente gli operai.
La rabbia accumulata nei loro cuori, costantemente sottoposti
a umiliazioni, cresceva.”4
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Puerto Natales, frigoriferi Bories, 1919 - Gli addetti del reparto imballaggio |
I frigoriferi Bories
Tra il 1910 e il 1917 furono costruiti e messi in funzione
i frigoriferi Bories, a 6 km a nord-est da Puerto Natales, oggi
trasformati in parte in un museo sull'innovazione tecnologica
in campo industriale e in parte in un lussuoso hotel a 5 stelle.
Al momento degli eventi che sto per narrare, i frigoriferi Bories
erano di proprietà dei soci della Sociedad Explodadora
de Tierra del Fuego, un nome un programma, con sede a Puerto
Natales e più avanti della Sociedad Ganadera de Tierra
del Fuego (che spostò poi la sede a Punta Arenas); una
cricca di self-made men stranieri, pionieri di nuovi
orizzonti di opulenze, che furono per decenni i veri padroni
e arbitri di queste terre e di questi mari. Latifondisti, armatori,
commercianti, banchieri, imprenditori pronti a tutto per arricchirsi
e far fruttare le risorse della terra e della popolazione appena
conquistata.
Bories divenne ben presto lo stabilimento di refrigerazione
più importante della regione di Magallanes. I frigoriferi
avevano iniziato a funzionare nel 1910 nella lavorazione della
carne conservata, e gli impianti erano stati completati nel
1914. Nel 1915 vi lavoravano 300 lavoratori. Ogni 8 o 15 giorni
attraccavano le navi che portavano i prodotti all'estero. Nel
1916 fu installata una stazione dei carabinieri nelle vicinanze.
Sebbene funzionassero stagionalmente, erano il motore vitale
della città. Puerto Natales aveva infatti un'enorme attività
marittima-portuale e la sua baia era costantemente solcata da
piroscafi e cargo. Era il punto d'imbarco della produzione di
lana e pelli della Patagonia argentina. I gauchos del
lago Viedma conducevano per lunghi viaggi il bestiame destinato
ai frigoriferi, dove veniva tosato, macellato o comunque lavorato
nei vari reparti e poi stoccato nei magazzini, in attesa di
essere spedito a Punta Arenas o nel nord del paese.
Nel 1919, la “mega macchina” Bories era in grado
di fornire molteplici specialità di servizi, come la
conservazione delle carni, la produzione di estratto di carne
e conceria, avendo inoltre una fabbrica di mattoni, una segheria,
una dogana interna, un mezzo a vapore e una sorta di piccola
metropolitana leggera diretta a Puerto Natales, una propria
linea ferroviaria che faceva spola tra la cittadina e il nulla
australe in cui si trovava la fabbrica. In breve tempo si trasformò
in un impianto con una capacità di macellazione di 300.000
animali, avendo prodotto solo nel 1918 la somma di 5.000 tonnellate
di carni congelate, con una media di 700 lavoratori.
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I Selk'nam o Ona in alcuni momenti rituali, con le tipiche pitture corporee e maschere caratteristiche |
Capitalismo selvaggio (senza diritti per i lavoratori)
Il contesto generale che caratterizza gli eventi del 1919 a
Puerto Bories e Puerto Natales è dato da una crescente
tensione sociale tra i sindacati dei lavoratori, in particolare
quelli associati alle attività di congelamento e conservazione
del bestiame, settori dominanti dell'attività economica
nel territorio della regione di Magallanes e della Patagonia
in generale. “Dove ci sono carburante e scintilla, sorge
il fuoco. Non c'è conflitto se non ci sono gli ingredienti
oggettivi e soggettivi che spingono allo scontro”5.
E in questo caso ve ne erano fin troppi.
Tra gli operai, vi era un clima di tensione provocato dai maltrattamenti
frequenti e dagli abusi da parte dei gestori delle aziende zootecniche
e dai capisquadra (inglesi soprattutto), anche a causa dell'orientamento
anarchico e dello stile conflittuale dei leader delle federazioni
locali di lavoratori.
In aggiunta, vi erano altri elementi che pesavano sulla scena:
i prezzi della lana erano precipitati nei mercati internazionali,
come conseguenza della prima guerra mondiale; il potere d'acquisto
dei salari era diminuito e i padroni si rifiutavano di accogliere
le richieste di salari migliori avanzate dalla Federaciòn
Obrera, aumentando così lo stato di povertà e
mantenendo inalterati in questo modo i propri introiti. In Patagonia,
la crisi economica portò, tra il 1915 e il 1916, a grandi
scioperi che paralizzarono e resero difficile l'esportazione
della lana; l'obiettivo delle mobilitazioni era di combattere
i continui aumenti dei prezzi di beni di prima necessità.
Indirettamente, la rivolta degli operai a Natales fu un effetto
ritardato della crisi dell'economia del bestiame generata dalla
prima guerra mondiale e dalla conseguente interruzione dei traffici
marittimi tra Cile, Argentina e i porti inglesi, causata dalla
guerra sottomarina tra la Germania e l'Inghilterra nell'Oceano
Atlantico.
L'intera economia del bestiame d'esportazione che era nata nella
Patagonia cileno-argentina fu colpita dalla crisi; si interruppero
i flussi di circolazione della navigazione marittima e commerciale
tra i centri produttivi meridionali e i mercati europei, in
particolar modo con quello inglese.
Per capire a fondo gli avvenimenti del 1919 a Puerto Natales,
bisogna metterli in relazione con altri fatti analoghi, come
l'assalto e l'incendio della Federación Obrera, avvenuto
nel 1920 a Punta Arenas e con le rivolte operaie a Santa Cruz
(Argentina) nel 1921. Tutti questi movimenti dei lavoratori
sono nati dalle esigenze di salari più alti e migliori
condizioni di vita. Inoltre intendevano contrastare il potere
dei latifondisti che controllavano gran parte dell'attività
economica, finanziaria e produttiva e godevano del pieno appoggio
dei governi e dello stato.
I lavoratori in Patagonia australe, nel decennio tra il 1910
e il 1920, sottomessi al rispetto delle regole e delle routine
di un capitalismo selvaggio, senza nessun tipo di legislazione
in materia di diritto sul lavoro, si trovavano a dover contrastare
da soli il potere politico, economico e culturale di imprenditori,
governi, esercito e dalla Chiesa cattolica.
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Puerto Natales (Patagonia cilena) - Operai dei frigoriferi Bories sul mezzo a locomozione di proprietà della fabbrica |
In 24 ore la vittoria operaia
Il 20 gennaio 1919, i lavoratori dei frigoriferi di Puerto
Bories si dichiararono in sciopero. Esigevano la riduzione delle
ore lavorative giornaliere a 8 e il reintegro di alcuni carpentieri
licenziati ingiustamente nei giorni precedenti, dopo ripetute
condotte illecite, minacce gratuite e soprusi da parte dei capi
reparto e degli amministratori; questo fece allertare le autorità
del territorio, che subito avvertirono il governatore del territorio
e richiesero rinforzi militari per la regione di Magallanes.
Allo stesso tempo, il comitato patronale presieduto da Don Elías
Braun (della società Braun & Blanchard) si recò
a Última Esperanza per cercare di trovare una soluzione,
attraverso un colloquio diretto con la sub-delegazione natalina
della Federazione dei Lavoratori, la Federación Obrera.
La vittoria operaia fu ottenuta dopo 24 ore. Il 21 gennaio,
mentre i delegati sindacali trattavano con il maggiore dell'esercito,
Luis Bravo, gli operai in sciopero, riuniti in assemblee, rinnovarono
le richieste specificando l'esigenza della riduzione delle spese
per le spedizioni marittime del 40% e la riduzione del 30% dei
costi dei beni di prima necessità. Le comunicazioni tra
la Federación Obrera di Punta Arenas e la sotto-delegazione
di Puerto Natales inoltre erano costanti, quotidiane; l'appoggio
era forte e il fermento cresceva.
Il 22 gennaio sembrava che l'accordo fosse stato raggiunto e
firmato dai proprietari della società in cambio della
ripresa delle attività lavorative dei lavoratori dei
frigoriferi Bories. Ma il 23 mattina, quando un operaio delegato
della Federación Obrera presentò le dimissioni
chiedendo quanto gli fosse dovuto per l'ultimo lavoro svolto,
la richiesta venne rifiutata con la scusa che il lavoro non
era stato fatto a modo. La notizia girò e gli operai
si prepararono a un nuovo scontro. In presenza dell'amministratore
dei frigoriferi Kidd, una delegazione di operai formulava proposte
per trovare un accordo, che venivano però respinte dall'amministratore,
noto ai dipendenti per i suoi comportamenti vili e il suo carattere
prevaricatore.
Il comitato dei lavoratori difendeva le ragioni dell'operaio,
mentre l'amministratore si manteneva fermo sulle sue posizioni.
All'improvviso estrasse un revolver e sparò ai delegati,
uccidendoli all'istante. Iniziò una colluttazione armata
tra i padroni, gli operai e i carabinieri, con versioni discordanti
su chi sia stato a sparare per primo, nonostante nessuno potè
negare che a morire per primo fu il delegato Carlos Viveros.
I carabinieri non poterono ammettere che Kidd non avesse sparato,
ma cercarono di giustificarlo dicendo che il suo intento era
quello di ferire il delegato e non di ucciderlo; dissero anche
che a sparare fu un carabiniere nascosto dietro una cisterna.
Altre versioni dicono invece che anche Viveros fosse armato
e che nello scontro fu il primo a sparare, mancando l'amministratore.
Ma la tesi non reggeva e anche i periodici del potere dell'epoca
si videro costretti a rivedere le proprie accuse; risultò
poi che gli operai ai frigoriferi, assistendo all'omicidio in
diretta, accerchiarono e rincorsero l'amministratore Kidd, che
scappò rifugiandosi in un ufficio dove intervennero i
carabinieri. In quell'occasione morirono altri due operai e
nello scontro venne colpito anche un carabiniere.
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Puerto Natales (Patagonia cilena) - Tomba dei caduti durante la comune situata al cimitero cittadino
foto di Gaia Raimondi |
Inferociti per le perdite e i soprusi, gli operai...
La tensione cresceva anche sul treno gremito di operai che
volevano tornare a Natales, mentre i carabinieri li aggredivano
impedendo loro di fuggire. I lavoratori si trincerarono poi
nel quartier generale, issando provocatoriamente una bandiera
rossa sul tetto della centrale e gli scontri continuarono dalle
14 alle 20. Ci furono altri morti da entrambe le parti. Nel
frattempo, in città, il negozio di viveri di proprietà
Braun & Blanchard espose, come da accordo, i nuovi prezzi
della merce che, come constatarono con grande indignazione tutti
i natalini, anziché essersi abbassati erano stati raddoppiati.
Beffa e inganno in un momento già così tragico
fecero esplodere la rivolta armata, sostenuta da almeno 500
persone.
Tornati in città dai frigoriferi dopo ore di scontri,
gli operai, inferociti per le perdite e i soprusi, si riunirono
in assemblee di piazza, ottenendo la solidarietà di tutti
i negozianti della città, che appoggiarono lo sciopero
totale, fuorché il negozio Braun & Blanchard, che
rimase aperto come ulteriore provocazione, dopo aver completamente
stravolto le carte in tavola degli accordi di pochi giorni prima.
In risposta a quella sfacciata arroganza, gli operai diedero
fuoco al negozio. Il 23 pomeriggio il clima insurrezionale divenne
dunque accesissimo; la città venne travolta dalle manifestazioni
e dalla folla inferocita che marciava per le strade della città,
procedendo a incendiare l'ufficio della banca di Punta Arenas,
mentre altri negozi commerciali (tra cui il magazzino Braun
& Blanchard) furono aggrediti alla ricerca di armi da fuoco
e munizioni.
Per inciso, la banca di Punta Arenas (di proprietà dei
proprietari dei ranch) non riuscì mai più a riaprire
i suoi uffici a Puerto Natales. I volontari della Croce Rossa
si offrirono di mediare, soccorrendo i feriti e cercando un
contatto con le autorità per placare la repressione.
Ma erano fuggiti tutti. Il sotto-delegato dell'esercito, il
maggiore Bravo, aveva abbandonato la città, chiedendo
rinforzi all'argentina e alle altre regioni cilene. L'esercito
marciò sul palazzo di giustizia fino alla sede dei Carabineros,
dove ripresero gli scontri, durati 6 ore, e che terminarono
con l'uccisione di sei poliziotti e tre lavoratori; tredici
persone rimasero ferite.
Il vuoto di potere lasciato dalle autorità spaventate
e fuggite al confine tra Cile e Argentina in attesa che arrivassero
i rinforzi e i permessi per aprire il fuoco sugli insorti, permise
agli operai di assumere il controllo diretto di Puerto Natales
e dei frigoferi; fu anche proclamato uno sciopero diffuso e
un'immediata auto-organizzazione dei servizi e dei beni di prima
necessità. L'improvvisato Comité Obrero, insieme
alla Croce Rossa, iniziò a gestire una situazione totalmente
nuova, cercando di far cessare gli scontri e facendosi carico
di interagire con tutte le istituzioni della città, amministrando
le risorse e ristabilendo una pace condivisa, che durò
però pochi giorni. Intanto, il 26 gennaio, il maggiore
Bravo tornò in città scortato da 40 ufficiali
argentini, scontrandosi nuovamente con operai e famiglie al
Cerro Castillo, ma temporeggiando perché nel frattempo
erano arrivate due navi cariche di militari e flotte marittime,
pronte ad aprire il fuoco.
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Museo di Puerto Natales (Patagonia cilena) - La stampa dell'epoca |
Le sentenze definitive
Gli operai, già provati dal numero di vittime, si trovarono
assediati dalla presenza cospicua di militari in città
che iniziarono una rappresaglia di arresti e controlli; accettarono
così di trovare un accordo ed evitare altra repressione.
Chiesero il non licenziamento dei lavoratori che avevano partecipato
alle lotte, cercarono una via di fuga per i delegati sindacali
più compromessi e rivendicarono nuovamente i propri diritti.
Il 28 gennaio gli operai ripresero le attività nei frigoriferi
e l'attività commerciale tornò a funzionare.
Interessante è constatare che 3 anni dopo, nel processo
portato avanti contro alcuni partecipanti del movimento e durato
mesi, furono quasi tutti assolti dal tribunale del territorio.
Il processo venne avviato contro 27 leader e lavoratori di Puerto
Natales. Nella sentenza finale vennero condannati al carcere
Froilan e Abraham Vasquez, Jose Labra, Juan Ruiz e Domenico
Miranda, mentre vennero assolti i lavoratori Jorge Ursich, Pablo
Diaz, Jose Espinoza, Juan Flores, Luis A. Ojeda, Ventura Muñoz,
Seconda Vera, Gerónimo Svitanich, Francisco Lopez Hernandez,
Isaia Latorre, Delfino Oyarzún, Martin Romero, Jose Rossi,
Juan Silva, Eulogio Silva, Atanasio Palomino, tra gli altri,
per mancanza di prove per condannarli. L'autorità politica
territoriale di quel tempo fece richiesta di appello e il processo
continuò presso un altro tribunale.
Le sentenze definitive vennero proclamate a Valparaiso, nel
marzo del 1923, dove furono condannati Luis Ojeda, Froilán
Vásquez, Abraham Vásquez e José Labra per
i crimini di attacco ad agenti dell'autorità. Il delegato
maggiore Bravo, invece, non venne condannato né per aver
abbandonato l'ufficio e il posto di lavoro, né per essersi
appellato agli ufficiali argentini per risolvere il conflitto,
né per aver scomodato l'artiglieria marittima di due
nazioni, ma la sua fuga disperata rimase nella memoria di Puerto
Natales per molti anni.
Breve ma significativa esperienza di libertà
La rivolta dei lavoratori di Bories e Puerto Natales è
diventata parte definitiva della memoria storica dei popoli
nativi e della storia sociale di Magallanes e della Patagonia.
È importante sottolineare il carattere unico di questo
evento sociale. Una dimensione che è stata poco presa
in considerazione nella frondosa storia locale. In effetti,
la rivolta iniziata nel gennaio 1919 nel magazzino di Bories
e la presa della città di Puerto Natales da parte dei
lavoratori armati è un evento unico e senza precedenti
nella storia sociale cilena.
Per tutto il XX secolo non c'è nessun altro evento socio-politico
di questa natura in Cile: i lavoratori di questa parte del mondo
non hanno mai guidato una “comune”, un assalto violento
alle strutture di un'industria al fine di far valere le propri
rivendicazioni e un'esplosione sociale che culmina con l'assunzione
del controllo di un'intera località da parte di lavoratori
organizzati.
Il drammatico conto finale delle vittime della vicenda ammontò
a 30 persone, oltre ai detenuti e ai processati, che ovviamente
furono solo operai, perché né l'amministratore
dei frigoriferi né alcun carabiniere venne condannato
e nemmeno chiamato a giudizio per i fatti di quel tragico inverno,
anzi estate patagonica del 1919.
Gli operai non dimenticarono però i propri compagni,
dedicando loro lapidi e una piazza, in omaggio a coloro che
caddero per aver preso d'assalto il cielo, come disse
Karl Marx riferendosi ai comuneros di Parigi nel 1871.
Durante la dittatura di Pinochet ci fu un tentativo di seppellire
nuovamente questa storia tragica e al contempo valorosa, cambiando
il nome della piazza e proibendo ricerche e pubblicazioni sull'argomento.
Ma finita la dittatura, la piazza è tornata ad essere
dedicata alla memoria dei caduti del 23 gennaio 1919 e la cittadinanza
di Puerto Natales comincia a riconoscere come propria questa
breve ma significativa espressione ed esperienza di libertà.
Gaia Raimondi
- Sono conosciuti anche come Ona, il nome che avevano dato loro
gli Yamana o Yaghan, i quali vivevano nei canali delle isole
della Terra del Fuoco fino a Capo Horn e insieme agli Alakauf
o Halakwulup o Kaweskar abitanti dei canali delle isole cilene
a Nord-Ovest della Terra del Fuoco, formavano il gruppo dei
cosiddetti Fuegini marittimi, occupanti le coste meridionali
e occidentali e le isole minori dell'estremo Sud del continente
americano. I Selk'nam e gli Haush, loro affini e pure estinti,
detti Fuegini pedestri, rappresentavano uno dei principali gruppi
Ona e si dividevano a loro volta in due gruppi, quello settentrionale
e quello meridionale, tra loro ostili. Sono stati tra gli ultimi
ad essere scoperti dai colonizzatori europei, nel XIX secolo.
- Abitante della Terra del Fuoco.
- https://www.portaloaca.com/historia/historia-libertaria/12992-volcan-reclus-el-misterioso-volcan-de-la-patagonia-que-lleva-el-nombre-de-un-anarquista.html.
- http://federacionanarquistaderosario.blogspot.com/2013/06/insurreccion-obrera-en-bories-y-toma-de.html.
Iván Ljubetic Vargas, Insurrección obrera en
Bories y toma de Puerto Natales, Chile (1919)La Comuna de
Puerto Natales, http://escritoresyartistas.tripod.com/comuna_natales.htm
fuente http://escritoresyartistas.tripod.com/comuna_natales.htm.
- https://coyunturapolitica.wordpress.com/2009/01/16/la-revuelta-obrera-de-puerto-natales-en-1919-un-aporte-a-la-historia-de-los-trabajadores-de-la-patagonia/.
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