Strategia d'attracco
Ahmed si trascina sulla battigia, fradicio e impaurito. Sono
le tre di notte, ora infausta per uno sbarco, ma da quando le
ronde di frontiera hanno intensificato i controlli, il buio
è un alleato. Ahmed ha perso di vista i suoi compagni
di viaggio. Li hanno scaricati tutti a una cinquantina di metri
dalla costa. Di sicuro sono riusciti a raggiungere terra, li
ha visti nuotare e mettersi al riparo, ma poi ognuno ha seguito
una sua traiettoria di fuga. Disperdersi per non farsi notare.
Eccoli, quelle delle ronde. Ahmed li vede dal suo riparo di
sabbia, una piccola duna che evoca il deserto di Lompoul, un
frammento del passato che sembra accorrere in suo aiuto con
la potenza del ricordo. In tutto sono sette uomini armati di
pistola elettrica. Ahmed sospende perfino il respiro. All'umidità
dei vestiti si sovrappone quella del sudore. Brividi di paura,
il timore di un colpo sparato a freddo. Una scossa, adesso che
è così bagnato, potrebbe essergli fatale, e a
25 anni non ha fretta di morire.
Nulla accade. I sette si allontanano, lasciandosi dietro quel
muto testimone che riprende il suo cammino. Ahmed prega perché
i suoi compagni non vengano scoperti, mentre si sente sempre
più stanco e affamato. Arriva fino a una pineta oltre
la quale intravede una spiaggia attrezzata per i turisti. Gli
ombrelloni sono chiusi come tanti soldatini in pausa. Il loro
profilo nella notte che inizia a rischiararsi crea un effetto
suggestivo, una combinazione di luci e ombre che gli ricorda
certe albe a Dakar. Forse è solo l'effetto di un ripiegamento
nostalgico ed esausto. Ahmed si sente allo stremo delle forze.
Trova riparo in un punto coperto della pineta, prima di abbandonarsi
al sonno.
Più che il cinguettio degli uccelli o la luce calda del
mattino, lo risvegliano i crampi della fame. Ahmed deve trovare
qualcosa da mangiare. Andrebbe bene un po' di frutta.... Osserva
gli alberi, scruta ogni angolo di vegetazione, ma poi un rumore
di frasche lo scuote. Si rintana dietro a un cespuglio, tende
l'orecchio e ascolta meglio. Sono passi pesanti, inframmezzati
da un suono metallico. Vede tre energumeni in divisa bianca,
armati di pistola vera con corredo di manette. Sulle magliette
spicca una scritta nera in maiuscolo: REPARTO DI CONTRASTO VENDITORI
ABUSIVI.
Per la seconda volta dal suo approdo, Ahmed sperimenta la difficile
arte della resistenza in apnea, perché in quelle circostanze
anche un respiro può tradire. I vigilantes si avvicinano
al suo cespuglio, ne avverte la presenza mentre il cuore pompa
adrenalina e i polmoni sembrano sul punto di scoppiare. Se non
fosse nero, Ahmed rivelerebbe un principio di soffocamento color
porpora. Qualcuno scosta un ramo, lui si sente spacciato, ma
l'attenzione dei tre viene improvvisamente distolta da un grido.
<Eccone uno laggiù ... sta scappando...>
<Prendiamolo... tu vai di qui>
<Io lo prendo di là...>
In fondo, verso la spiaggia, un uomo sta correndo, appesantito
da una cesta piena di oggetti: accendini, collane, bracciali...
Africano, forse senegalese come Ahmed a giudicare dal lungo
vestito colorato che ne intralcia la fuga. In pochi secondi
viene catturato dai vigilantes che lo portano via. Ahmed tira
un sospiro di sollievo, e se ne pente quasi subito. Che vita
è quella in cui devi sperare di farcela solo se soccombe
qualcun altro? Riprende circospetto il suo cammino. Questo gioco
non gli piace, ma deve andare avanti.
La fame e la sete, la sete e la fame... Ora di pranzo. Ahmed
cammina con le suole mezze rotte e insanguinate. A scandire
la sua lenta marcia è il logorio dell'assenza, la minuta
frammentazione del desiderio in tanti aghi di sofferenza. Cammina
rasente la pineta, attento a non sconfinare nei campi più
vicini alla strada battuta dalle auto, comprese quelle della
polizia. A spingerlo è sempre l'inerzia della fame e
della sete. La sua autonomia sarebbe già esaurita se
non fosse per la vorace morsa dello stomaco che lo tiene in
piedi. Cadesse ora sarebbe spacciato, ma forse è già
moribondo, steso accanto a un albero, incapace di muoversi e
in preda alle allucinazioni.
Ahmed cammina fino ad arrivare a uno spiazzo nel bosco, e pensa
davvero a un'allucinazione quando si ritrova davanti a una casa.
È un edificio prefabbricato, basso e grigio, sulla cui
porta d'ingresso spicca un'insegna a caratteri rossi: CASA DELL'ACCOGLIENZA.
Quella parola, la prima gentile dall'inizio del suo viaggio,
gli arriva come lo schiaffo di un'innamorata. Ha la dolcezza
aspra di un miraggio nel deserto, incantevole e bugiardo.
...accoglienza.... sussurra tra le labbra spaccate dalla
sete.
Chi ci sarà dietro quella porta? Lo accoglieranno sul
serio? Potrà sfamarsi e dissetarsi? Avere un letto? Potrà
tornare a sognare, Ahmed? Scivolare nel sonno che lo riporterà
per una volta a casa?
Bussa alla porta. Quando gli urlano <Avanti!>, entra.
Un fascio di luce lo investe come il sole del deserto, è
una rivelazione cruda e istantanea che dissolve il miraggio
e lo riporta alla realtà. La luce è quella dei
riflettori televisivi. Ahmed si sente accerchiato all'improvviso
dall'occhio di quattro telecamere.
<Ed ecco l'ultimo concorrente che mancava all'appello!>
dice un uomo che tiene in mano un microfono. <Scusa... ti
chiami?>
<Ahmed...>
<Bravo Ahmed, congratulazioni. Hai superato i primi due livelli.
Come te ce l'hanno fatta altri nove. Ora si tratta di superare
la prova più ardua>
Il conduttore ha l'abbronzatura posticcia del quarantenne di
successo, la barba curata e l'occhio ammiccante. È così
rapido e spigliato da confondere Ahmed, sempre più esitante
e perso.
<Insomma, cari spettatori, state per assistere a una nuova
puntata di .... STRATEGIA D'ATTRACCO, il primo talent per migranti.
Su dieci concorrenti solo uno avrà il permesso di soggiorno.
Quello che avrà preparato meglio un tipico piatto italiano.
Non è così, chef?>
Ahmed mette a fuoco un uomo corpulento con il grembiule bianco.
Ha lo sguardo arcigno, le braccia conserte a ribadire l'importanza
del ruolo.
<Certo> dice. <Ahmed dovrà dimostrare di conoscere
le tradizioni del paese nel quale è arrivato. Se intendi
restare, Ahmed, devi dare il meglio. Che cosa vuoi scegliere?
Spaghetti all'amatriciana? Alla carbonara? Pizza?>
<Io ho fame...>
<Ti daremo da mangiare, stai tranquillo. Ma il pane bisogna
guadagnarselo in questo paese. Altrimenti... torni alla casella
di partenza. E chiamami chef, per favore>
<Sì, chef.... pane... pizza... focaccia>
<Ha detto pizza?> interviene il presentatore. <E pizza
sia. E adesso presentiamo i concorrenti. Iniziamo a conoscerli
uno per uno rivedendo le fasi salienti del loro sbarco...>
Mentre vanno in onda i contributi registrati, le luci si aprono
sulla grande cucina allestita nello studio. Banchi di lavoro,
fornelli, attrezzi, e dieci concorrenti loro malgrado, sorvegliati
a vista da uomini della security. Ahmed ha sempre fame.
Sullo sfondo della scenografia esotico-culinaria spicca una
scritta luminosa.
Benvenuti in Italia.
Più che un miraggio, un trucco.
Paolo Pasi
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