Rimini/ Sacco e Vanzetti raccontati ai bambini
Qualche mese dopo la scomparsa di Margherita Zoebeli (Zurigo
07/06/1912 – Rimini 25/02/1996) ho operato al Centro Educativo
Italo-Svizzero (CEIS) di Rimini. Il “Villaggio Educativo”
ospita bambini dai 2 ai 14 anni e nasce a seguito dell'azione
di solidarietà internazionale del Soccorso Operaio Svizzero;
all'interno si sviluppa il percorso delle scuole materne ed
elementari e il Centro Residenziale “Betulla” per
bambini dai 6 ai 14 anni, dove ho lavorato in qualità
di educatore.
Fin dai tempi della nascita del Villaggio, che risale al 1946,
Margherita nutre simpatie e amicizie nei confronti del Movimento
Anarchico/Libertario. Si è anche avvalsa della collaborazione
di compagni, primi fra tutti il noto pediatra riminese dott.
Ugo Gobbi, anarchico dichiarato, e Pio Turroni, anarchico romagnolo
che ho avuto modo di ascoltare negli incontri regionali degli
anarchici negli anni 70/’80.
Nel riminese, Ugo Gobbi è famoso per aver accolto le
numerose esigenze dei bambini nel periodo post-bellico e per
aver fondato “l'Ospedalino dei bambini”, considerato
dal dott. Gobbi “la sua creatura prediletta”. Questo
Ospedale ha costituito uno dei primi esempi della moderna medicina
specialistica.
Ricordo con piacere che per festeggiare i suoi 90 anni, (purtroppo
ci lascerà l'anno successivo, nel 2012) ha chiesto la
presenza dei “giovani anarchici riminesi”; per chi
ha avuto la fortuna di essere presente all'evento, come noi,
può di certo considerare quella giornata, indimenticabile:
la fotografia che ho in memoria è il dott. Gobbi con
gli occhi lucidi, commosso, con un fazzoletto rosso e nero annodato
al collo.
L'anarchico romagnolo Pio Turroni, che aveva combattuto in Spagna,
contribuì alla nascita del progetto del Villaggio, costruendo
con le sue mani il piccolo appartamento sopra le cucine del
CEIS dove viveva Margherita (e dove sono ancora conservati il
suo archivio e la sua biblioteca).
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Pio
Turroni (Cesena 1906 - 1982). Militante anarchico, rifugiatosi
in Belgio nel 1923 per sfuggire alla violenza fascista,
rientrò nell'Italia del Sud liberata dagli Alleati
nel 1944. In quel ventennio fu attivo nella lotta antifascista
in molti Paesi non solo europei.
Nel 36/'37 fu combattente in Spagna nelle colonne
anarchiche. Tra i riorganizzatori del movimento anarchico
(prima al Sud, poi in tutt'Italia), rientrato nella natia
Cesena riprese il suo lavoro di sempre (muratore). Sostenne
e dette vita a numerose iniziative di propaganda anarchica,
a partire dalle Edizioni Antistato (poi trasmesse nei
primi anni 70 alla nostra cooperativa Editrice A). Fu
sempre criticamente vicino ad “A”. Fu anche
tra i promotori dei Gruppi d'Iniziativa Anarchica (GIA),
nati da una scissione dalla Federazione Anarchica Italiana
(FAI), nel 1965. Negli anni 70, fino alla morte, dette un notevole
contributo alla ripresa anarchica, soprattutto in Romagna |
Spesso io e Lucia Biondelli, insegnante di inglese nelle scuole
elementari, raccontiamo anche di Adriano Olivetti, ingegnere
e figlio del fondatore della prima fabbrica italiana di macchine
per scrivere; non era un personaggio anarchico, ma la sua storia
ci ha portato a capire quanto fosse possibile ideare e sostenere
una visione nuova e aperta al mondo collettivo e solidale. Adriano
credeva nella solidarietà sociale, tanto che si dimostrava
attento nel tenere altamente in considerazione migliorie che
potessero mirare all'idea di felicità collettiva. Inoltre
Olivetti è legato al Villaggio, a cui donò una
cospicua cifra in fase di costruzione; mantenne un rapporto
epistolare con Margherita Zoebeli, nell'intento di supportarsi
a vicenda nei percorsi dimostratisi lungimiranti.
Nel mio periodo di lavoro al Villaggio, sono nate amicizie con
colleghi che, nel tempo, si sono consolidate; in particolare
è continuata la collaborazione con Lucia, con la quale
partecipo ad un gruppo di lettura a tema. A lei è venuto
in mente di propormi di raccontare ai bambini delle classi quinte
del CEIS, le vicende di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti.
Per introdurre l'argomento, nei giorni precedenti l'insegnante
distribuisce ai bambini una specie di giornalino intitolato:
“Another America. The Tragedy of Idealist Italian Immigrants”.
All'interno viene brevemente raccontata la biografia dei due
protagonisti, la cronologia dei fatti e viene illustrato l'ideale
anarchico.
Nell'ultima pagina c'è il testo di Ballad of Sacco
& Vanzetti e Here's to you (musiche di Ennio
Morricone, testo di Joan Baez), in versione originale e con
traduzione in italiano. I bambini hanno poi la possibilità
di ascoltare le musiche al termine dei nostri incontri, mentre
spieghiamo loro il significato.
Prima del mio intervento, Lucia si sofferma nella descrizione
delle condizioni di vita degli emigrati approdati sul suolo
americano e esplicita il ruolo che gli anarchici hanno avuto
in quel contesto storico/sociale.
Lucia mi presenta ai bambini dicendo che sono riminese, ex-componente
del Villaggio e “anziano” militante nel movimento
anarchico: quest'anno nel presentarmi, ho detto ai bambini che
il prossimo anno “festeggerò” i miei 50 anni
di appartenenza al movimento anarchico!
Questa affermazione ha creato curiosità/stupore nei ragazzi
che nel frattempo si erano sistemati in semicerchio di fronte
a me.
Durante la “chiacchierata” che dura circa un'ora,
cerco di affrontare diversi temi: le storie personali di Sacco
e Vanzetti, quando e perché sono emigrati, le condizioni
di vita che si sono trovati ad affrontare al loro arrivo in
America, paragonando al presente rispetto agli attuali emigranti
che arrivano nel suolo italiano, la loro militanza nel Gruppo
Anarchico Luigi Galeani, la fuga in Messico, la rapina, il processo
e la loro condanna annunciata.
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Bartolomeo Vanzetti, Nicola Sacco, e la moglie di quest'ultimo, «Rosina», ovvero Marianna Teresa Rosa Zambelli, durante il processo |
Nel raccontare, descrivo il periodo storico (le manifestazioni
di protesta negli USA e nel mondo intero in seguito alle loro
condanne e la dura condizione durante la loro permanenza in
carcere) e la battaglia intrapresa da Vincenzina, sorella di
Vanzetti, al fine di riabilitare i loro nomi (battaglia durata
ben 50 anni fino a quando, nel 1977, il governatore del Massachusetts,
Michael Dukakis, ha ufficializzato e restituito dignità
ai due compagni. Il riconoscimento è avvenuto anche da
parte del comune d'origine di Vanzetti: Villafaletto).
L'anno scorso e quest'anno ho anche mostrato in classe la bandiera
(che conservo gelosamente in casa) che compare a pag. 5 del
dossier Bandiere anarchiche-Orgoglio e amore, supplemento
di “A” (a cura di Massimo Ortalli, foto di Marco
Caselli Nirmal, bandiere in mostra nel chiostro a Reggio Emilia
il 20 marzo 2008).
Questo perché in classe avevo parlato del Gruppo Galeani
e anche perché la bandiera evidenzia al suo interno una
bella fiaccola e riporta la scritta “G. Anarchico L. Galeani
Rimini”, ma il tutto ricamato a mano (si narra fosse stato
ricamato da compagne che hanno partecipato alla Guerra di Spagna).
Chiaramente questi racconti alimentano la curiosità dei
bambini; le domande più frequenti sono: “che cosa
significa essere Anarchico?”, “perché sei
diventato Anarchico?”, “che lavoro fai?”,
“che lavoro hai fatto?”, “in cosa credi?”,
“che cosa significano le parole Anarchia e utopia?”,
“voti?”.
Le domande dei bambini spesso mi fanno riflettere: sono lo specchio
di una informazione farraginosa? “Anarchico”, a
volte, viene impropriamente utilizzato nei media, nelle cronache
e spesso è affiancato ad eventi/episodi di violenza.
Queste domande mi fanno pensare che i bambini abbiano necessità
di sapere “in quale quadro ubicarmi”, avendo anche
necessità di sapere se conduco una “vita normale”.
Ma queste sono solo riflessioni personali.
Nonostante mi sentissi pronto a questo genere di domande, comunque
sono andato a riguardare il libretto di Pippo Guerrieri (L'anarchia
spiegata a mia figlia) che tratta in maniera semplice, ma
efficace, proprio questi temi.
Un'alunna si è dimostrata particolarmente interessata
alla vicenda, anche perché abitava proprio in via Sacco
e Vanzetti a Viserba (frazione a pochi chilometri da Rimini).
In questa via, noi anarchici riminesi abbiamo reso omaggio a
questi compagni nel 2007 e nel 2017, in occasione dell'anniversario
dell'ottantesimo e del novantesimo anno dalla loro morte.
In un incontro era presente la figlia di una mia collega di
lavoro e, una volta giunta a casa, ha raccontato ai genitori
che... aveva conosciuto un anarchico. Alcuni ragazzini
mi hanno aspettato all'esterno per chiedermi quale fosse la
data dell'incontro successivo.
In un altro incontro era presente la nipote di un ex sindaco
di Rimini che in epoca scolastica faceva parte, assieme a me
e altri, del Gruppo “Chile Libre” di Miramare di
Rimini. Quest'anno alcuni bambini, amici di mia nipote, le hanno
raccontato del mio incontro al CEIS.
Come vedete, il mondo è proprio piccolo e i ragazzini
sono sempre entusiasti di scoprire sfaccettature diverse dei
pensieri.
Inoltre, sia io che Lucia, incontrando per caso negli anni successivi
i bambini che hanno partecipato all'incontro, diventati ormai
ragazzini, abbiamo constatato che ricordano ancora la storia
di Sacco e Vanzetti.
Spesso Lucia mi tiene al corrente dei rimandi nati nei giorni
successivi all'incontro: i bambini ragionano nel paragonare
gli ideali degli anarchici a quelli del CEIS; riportano di notare
somiglianze nell'assenza di coercizione (hanno la possibilità
di discutere sempre) e nell'ideale collettivo nel quale si cerca
di risolvere difficoltà o affrontare “cadute”
insieme con bambini e insegnanti.
Rimango sempre più convinto che la condivisione di esperienze
libertarie nel mondo dei bambini e lo scambio intergenerazionale,
possa aiutare alla costruzione di un mondo diverso e possibile.
Settimio Pretelli
Rimini
Sull'abolizione
del valore legale del titolo di studio/Una critica libertaria
Qual è il confine fra liberalismo e liberismo? Ce ne
fornisce un'idea una ricorrente boutade liberista che
interessa ancora una volta la scuola. La proposta di abolire
il valore legale del titolo di studio, avanzata da una figura
importante del liberalismo come Luigi Einaudi nel 1955 e poi
copiata dai fautori del “Piano di rinascita nazionale”
della P2, persino da qualche estremista di sinistra operante
alla fine degli anni 70 all'interno del “Coordinamento
Nazionale Lavoratori della Scuola” (antesignano dei Cobas),
da Berlusconi e Lega, infine comparsa nel programma di Beppe
Grillo.
L'abolizione del valore legale del titolo di studio, come sostiene
Einaudi, servirebbe a contrastare il “monopolio delle
professioni”: «Il valore legale del titolo di studio
ha, nel sistema napoleonico, taluni effetti e principalmente
quello di esclusiva. Solo i diplomati in medicina e veterinaria
sono medici o veterinari; solo i diplomati in otorinolaringoiatria
hanno diritto di farsi dentisti; solo i diplomati di ingegneria
di costruire ponti e case e via dicendo». Tutto ciò
instaurerebbe un: «Privilegio gravissimo; perché
salvo due o tre casi interessanti la salute e la incolumità
pubblica, non si vede perché, se così piace al
cliente, il ragioniere non possa fare il mestiere del dottor
commercialista, il geometra quello dell'agronomo e il contadino
attento e capace quello del diplomato in viticultura ed enologia».
Ora, tralasciando la ratio e i «due o tre casi
interessanti la salute e la incolumità pubblica»
(medici o veterinari, dentisti o ingegneri), che Einaudi stesso
però elenca comunque nel primo periodo, come se la salute
pubblica fosse un optional, nonché il fatto che
anche falsi commercialisti, falsi geometri e falsi enologi (per
Bacco!) possono fare seri danni, conserviamo alla discussione
la sua chiave teorica. Il punto è che proprio il liberalismo
è sempre stato il difensore delle professioni, di quelle
professioni che non a caso si chiamano liberali. Quindi l'artefice
degli ordini professionali. Senza l'apporto politico del liberalismo
non esisterebbero, ad esempio, il segreto professionale (allargato
anche alla professione giornalistica), il diritto di difesa,
né l'autonomia professionale, l'autorità peritale,
ovvero il diritto delle professioni di autoamministrarsi, incardinata
sul fatto che non può certo essere chiunque a valutare
se l'azione di un professionista rientra o meno negli standard
deontologici di quella stessa professione. Questo semplicemente
perché non ne conosce la materia.
In assenza di queste regole, lo stato non solo non garantirebbe
la salute e la vita dei cittadini, ma sarebbe autorizzato ad
entrare in una sfera che non gli compete, eliminando, ad esempio,
anche la libertà d'insegnamento, uno dei fondamenti dello
stato di diritto, ovvero dello stato liberale. Tanto che, anche
quando è costretto ad entrarvi, per equità e raziocinio
lo stato stesso (con la magistratura) è costretto a rivolgersi
a chi è professionalmente formato per poter dirimere
“in scienza e coscienza” eventuali contenziosi legali
a carattere professionale. Parliamo della “salute pubblica”.
I contenziosi disciplinari sono addirittura demandati agli ordini.
Così come esiste una netta separazione fra stato e chiesa,
nell'ordinamento liberale si determina anche un confine altrettanto
marcato relativamente all'esercizio della ricerca, dell'insegnamento
e delle scienze, ché altrimenti si sconfinerebbe nel
totalitarismo. Nel sistema liberale, non esistono per definizione
“pedagogia di stato” e “scienza di stato”
(tipiche del nazismo e dello stalinismo).
È semmai il liberismo, sostituendo a qualsiasi etica
pubblica le mere “leggi di mercato”, che tenta l'eliminazione
di qualsiasi barriera deontologica e qualsiasi libertà.
Il liberismo vuole mettere a servizio le professioni, vuole
poter retribuire un medico col salario dell'infermiere, un avvocato
col salario della segretaria esecutiva, e non vuole nessun “inciampo”
contrattuale, a cominciare da quelli che legano le retribuzioni
ai titoli di studio richiesti.
Il liberismo vuole l'abolizione degli ordini professionali,
e la casta economico-politica liberista ha in odio la libertà
professionale dei giornalisti. Ma chi conosce un minimo di storia
delle istituzioni, sa bene che l'eliminazione di qualsiasi vincolo
produce un rafforzamento dello stato e del potere esecutivo
sulla società civile. L'esatto contrario della logica
liberale, che ha creato questi vincoli proprio per garantire
il controllo dei poteri dello stato (che non a caso vengono
separati e non subordinati) e la libertà della società
civile. Il liberismo vuole abolire ogni vincolo, e naturalmente,
per poterlo fare, cerca di usare lo stato a suo uso e consumo.
Però il principale strumento che ha nella lotta col sistema
liberal-democratico, come abbiamo visto, non è quello
di legiferare' ed imporre vincoli, bensì, al contrario,
quello di delegificare imponendo la deregulation. Il
liberismo è la degenerazione, se non il contro-senso,
per chi crede nel liberalismo.
Ma
tutto ciò dovrebbero innanzitutto gridarlo a gran voce
proprio i liberali, non chi come me liberale non è. Per
me l'utopia liberale è assolutamente fallace. La crisi
della “democrazia reale” lo dimostra da tempo. L'utopia
liberale, come in passato quando per paura del socialismo ha
favorito il fascismo, dimostra il suo limite anche quando si
trasforma nell'utopia negativa liberista. Quando l'originario
uso “discreto” dello stato diviene sistema statuale
allo stato puro (cosa peraltro connaturata all'essenza dello
stato stesso). Allora lo stato, “prosciugandosi”,
getta la maschera, eliminando i diritti ed il welfare,
ritorna ad essere quel che è sempre stato, ciò
per cui è stato creato: organismo nato quando un popolo
ha occupato le terre di un altro ed ha creato lo sfruttamento,
essendo lo stato l'origine della divisione della società
in classi (e per questo non potendosi usare neanche temporaneamente,
come sostiene il marxismo, a fini di libertà ed eguaglianza).
Lo stato liberista non effettua neppure intermediazioni: garantisce
solo le classi dominanti (ovvero i padroni del “mercato”).
È solo in linea puramente idealistica e speculativa che
il liberalismo, quando si trasforma in liberismo, può
affermare di voler ”ridurre l'autorità nei limiti
della necessità”. Infatti, non avendo al suo
interno neppure l'ombra dell'idea dell'eguaglianza economica,
il liberalismo è di fatto autoritario, poiché
obbliga alla disparità ed i limiti dell'autorità
divengono non quelli della necessità quanto invece i
dettami utili a mantenere un iniquo status quo di sfruttamento.
Per quanto attiene al favore che in tempi (fortunatamente) andati
la proposta di eliminare il valore legale del titolo di studio
ha ottenuto anche in una certa “estrema” sinistra,
va detto che il casus del qui pro quo attiene
ad un massimalismo di segno opposto (ché quello di Einaudi
è estremismo “mercatista”, risultante però
da un abbaglio ideologico che lo ha indotto a cercare di eliminare
autonomia e specificità delle libere professioni perché
fossero “più libere assai”). Qualche bordighista,
piuttosto che qualche anarcoide, avevano preso invece un abbaglio
“egualitarista”, intendendo abolire così
(si pensi un po') le differenze di livello e peso sociale introdotte
dallo stato liberale fra lavoro manuale e lavoro intellettuale.
Qui s'apre un discorso più complesso. Effettivamente
le professioni artigiane andrebbero tenute nel medesimo conto
delle libere professioni. Vista la penuria, nonché l'alta
specializzazione raggiunta già nel medioevo, mai come
oggi si dovrebbe finalmente capire come la qualità della
falegnameria seria, del fabbro, piuttosto che quella del restauratore,
nonché del meccanico e di altri, rappresenti, checché
ne dicano ancora una volta i “liberali”, un valore
storico e sociale che non ha nulla invidiare a quella dell'avvocato
o dell'ingegnere. Ma nessuno può negare che anche le
professioni artigiane sono connaturate a pratica ed insegnamenti
molto sofisticati, che peraltro necessiterebbero di molta tutela
anche sul piano istituzionale. Il percorso inverso, quello di
eliminare tutti i titoli, come potrebbe fare un qualsiasi “polpottiano”
in erba, non ha nulla di libertario o di comunista': è
solo ridicolo.
A me tutto ciò appare scontato, perché non ho
avuto “maestri” come Einaudi, bensì come
Camillo Berneri. È vero che fu lui a sostenere che gli
anarchici sono “i liberali del socialismo”, perché
li accomuna ai liberali la irriducibile difesa della libertà.
Cionondimeno Berneri era ben consapevole che per gli anarchici
la difesa della libertà non è tutto. L'anarchismo
ha una diversa radice, rispetto al liberalismo. Innanzitutto
in ordine alla questione, fondamentale, dell'antistatalismo
(anche in contrapposizione al marxismo). Ma ancor di più
perché l'anarchismo è anche socialista, perché
la “libertà” senza pari condizioni, senza
eguaglianza ed equità, semplicemente non è libertà.
Sul fronte opposto, senza contraddizione alcuna, gli anarchici
possono ben dirsi “ala estrema del socialismo”,
dal momento che rifiutano non solo lo stato (portando a radicali
conseguenze la negazione dell'autoritarismo ed eliminando la
struttura che rigenera automaticamente la divisione di classe
anche quando si chiama “stato socialista”), bensì
perché sono giustamente convinti che l'eguaglianza non
è eguaglianza in assenza di libertà.
L'utopia liberale intenderebbe garantire la libertà senza
l'eguaglianza, l'utopia del socialismo autoritario invece l'eguaglianza
senza la libertà.
L'anarchismo, idealmente, si colloca al tempo stesso al centro
e su di un altro piano, rispetto al marxismo ed al liberalismo
e non soggiace a nessuno dei due. L'anarchismo vola alto, collocandosi
in posizione equidistante tra marxismo e liberalismo, perché,
pur nascendo dal medesimo crogiolo e partendo dalle stesse basi
storico-politiche, è stato in grado di superarli entrambi.
L'anarchismo è per l'eguaglianza, ma ha radici che gli
fanno comprendere come questa verrà automaticamente negata
anche (e soprattutto) fosse ottenuta tramite la dittatura: in
sostanza, l'eguaglianza senza la libertà è impossibile.
La critica bakuniniana al Marx politico, rende evidente come
la pianificazione autoritaria in campo politico e statuale (la
dittatura), nonché in campo economico, porta con sé
per forza di cose la creazione di una nuova classe di sfruttatori
che si appropria del bene comune (capitalismo di stato), piegandolo
ed usandolo ai propri fini. L'anarchismo è quindi per
l'eguaglianza, ma sa che non vi si potrà mai pervenire
se non con un processo unitario, complesso e paritetico fra
diritti civili e diritti sociali.
L'anarchismo è per la libertà, ma gli è
del tutto evidente come questa non abbia senso se le condizioni
economiche fra gli uomini sono dispari. Non può esistere
libertà nella miseria, non può esistere libertà
se le condizioni – di partenza e permanenti – avvantaggiano
l'uno e condannano l'altro. Non si può giocare una partita
di libertà con i dadi truccati del liberismo economico,
delle sole leggi di mercato deificate e deregolamentate.
L'anarchismo è per l'eguaglianza nella libertà,
così come per la libertà nell'eguaglianza, senza
sconti, senza se e senza ma e soprattutto senza inutili e controproducenti
machiavellismi. La sua alterità – si sarebbe tentati
di dire, in burla del marxismo, già “scientificamente
provata” alla luce degli esiti catastrofici che il potere
bolscevico ha immediatamente prodotto ancora nel '21 –
è soprattutto etica.
Ma non si tratta certo di una religione' dell'etica. L'anarchismo
è l'unico movimento politico esistente che non prevede
lo stato e la ragion di stato, l'unico che nasce per subordinare
la politica all'etica (mentre tutte le altre scuole agiscono
esattamente al contrario), ma lo fa per fini eminentemente pratici
e di senso comune. Ha così compreso l'essenza del dominio,
che conosce perfettamente le radici dello sfruttamento e le
collega giustamente sia all'ineguaglianza che all'assenza di
libertà. Conosce perfettamente le radici dell'oppressione,
dell'autocrazia, del nazionalismo, dell'oscurantismo, della
negazione dell'umanità e dell'individuo in ogni sfera
e campo sociale, e per questo le collega giustamente sia all'assenza
di libertà che all'ineguaglianza.
Stefano d'Errico
Segretario nazionale dell'Unicobas Scuola & Università
Quest'Arte dell'Anarchia
L'arte è la salsa di pomodoro dei pericolosi perdigiorno
che s'impantanano impomatati spaparanzandosi a penzoloni
tra lavoro e non lavoro. L'arte è merda creata
da pulsioni interiori che bisogna coraggiosamente prendere
in mano ed esporre in pubblico.
L'arte è quella dell'arrangiarsi vivendo di ciò
che si crea, finanche firmando e pasticciando carte false
colorate e impaginate con passi di danza.
L'arte è quella di riuscire ad esprimersi perforando
l'infosfera pubblicitaria con soffi sottili e sabotaggi
sinceri.
Nel frattempo, aspettando quest'arte dell'anarchia, proponiamo
di passeggiare con sorriso giocondo in equilibrio tra
arte e antiarte incoraggiando ogni tentativo di rilanciarla
dalla finestra per l'ennesima volta.
Che tutte le persone innamorate dell'arte scrivano il
loro curriculum e lo brucino come bandiera, come tesserino
elettorale, come simbolo di partito pervertito che pretende
lo schieramento confessional-professionale.
Con questo acefalo s/comunicato scombinato proponiamo
un brindisi brillantArte e SmilitArte a tutte quelle persone
che si dedicano all'arte evadendo eversivi dallo sterminio
del dominio, a tutte quelle persone che lanciano armonie
sinfoniche e cacofoniche, ininterrotte e autoprodotte,
che si tuffano sulla truffa artistica, sull'insolito elemento
librario con contorno di poesia orizzontale e demenziale,
a tutte quelle persone che perseverano nel rigetto da
copyright, nell'immorale messaggio murale, come nell'anagramma
da telegramma.
Non sono l'uno per cento, ma sul più bello resistono
e con una risata ci sepelliscono.
CreAttivi in Equilibrio Lella e Fabio Pozzallo (Rg) |
I
nostri fondi neri
|
Sottoscrizioni.
Bianca Rodelli (Favaro Veneto – Ve) per nopoteribuoni,
50,00; Marta Bonaventura (Venezia) per Pdf, 4,00;
Rosanna Ambrogetti e Franco Melandri (Forlì)
50,00; Arnaldo Androni (Castell'Arquato – Pc)
30,00; Antonio Nostro (Agrate Conturbia – No)
20,00; Paolo Grazini (Viterbo) 25,00; Felice Di Giandomenico
(Roma) 20,00; Rolando Paolicchi (Pisa) saluti anarchici,
10,00; Danilo Vallardi (Dronero – Cn) 10,00;
Aniello Ciaramella (Colle Val d'Elsa – Si) 15,00;
Oreste Magni (Cuggiono - Mi)) per nopoteribuoni, 50,00;
Pasquale Izzi (Bella - Pz) 4,00 per versione pdf;
Aurora e Paolo (Milano) ricordando Amelia Pastorello
e Alfonso Failla, 500,00; Luciano Di Rosa (Torre del
Greco – Na), 10,00; (Milena Morniroli (Clermont-Ferrand
– Francia) 50,00; Vincenzo Argenio (San Nazzaro
– Av) 20,00; Giovanni Orru (Nuoro) 10,00. Totale
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Ricordiamo che tra le sottoscrizioni registriamo
anche le quote eccedenti il costo dell'abbonamento
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70,00 per l'estero).
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di cento euro). Ettore Valmassoi (Pieve di Cadore
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in ricordo di mio padre Tullio; Luca Todini (Torgiano
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Giovanni – Mi) 460.00; Franco Schirone (Milano);
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- Irlanda); Salvo Vaccaro (Palermo); Alberto Di Fidio
(Roma); Luigi Palladino (Torre del Greco – Na);
Jean-Pierre Nuenlist (Svizzera) 200,00; Gianni Alioti
(Genova); Paolo Trezzi (Lecco); Carlo Carrera (Provaglio
d'Iseo – Bs); Fulvia De Michiel – Belluno);
Giovanna Di Stefano Cardella (Palermo); Luca Denti
(Oslo - Norvegia). Totale
€ 3.960,00.
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