Rivista Anarchica Online



Rimini/ Sacco e Vanzetti raccontati ai bambini

Qualche mese dopo la scomparsa di Margherita Zoebeli (Zurigo 07/06/1912 – Rimini 25/02/1996) ho operato al Centro Educativo Italo-Svizzero (CEIS) di Rimini. Il “Villaggio Educativo” ospita bambini dai 2 ai 14 anni e nasce a seguito dell'azione di solidarietà internazionale del Soccorso Operaio Svizzero; all'interno si sviluppa il percorso delle scuole materne ed elementari e il Centro Residenziale “Betulla” per bambini dai 6 ai 14 anni, dove ho lavorato in qualità di educatore.
Fin dai tempi della nascita del Villaggio, che risale al 1946, Margherita nutre simpatie e amicizie nei confronti del Movimento Anarchico/Libertario. Si è anche avvalsa della collaborazione di compagni, primi fra tutti il noto pediatra riminese dott. Ugo Gobbi, anarchico dichiarato, e Pio Turroni, anarchico romagnolo che ho avuto modo di ascoltare negli incontri regionali degli anarchici negli anni ’70/’80.
Nel riminese, Ugo Gobbi è famoso per aver accolto le numerose esigenze dei bambini nel periodo post-bellico e per aver fondato “l'Ospedalino dei bambini”, considerato dal dott. Gobbi “la sua creatura prediletta”. Questo Ospedale ha costituito uno dei primi esempi della moderna medicina specialistica.
Ricordo con piacere che per festeggiare i suoi 90 anni, (purtroppo ci lascerà l'anno successivo, nel 2012) ha chiesto la presenza dei “giovani anarchici riminesi”; per chi ha avuto la fortuna di essere presente all'evento, come noi, può di certo considerare quella giornata, indimenticabile: la fotografia che ho in memoria è il dott. Gobbi con gli occhi lucidi, commosso, con un fazzoletto rosso e nero annodato al collo.
L'anarchico romagnolo Pio Turroni, che aveva combattuto in Spagna, contribuì alla nascita del progetto del Villaggio, costruendo con le sue mani il piccolo appartamento sopra le cucine del CEIS dove viveva Margherita (e dove sono ancora conservati il suo archivio e la sua biblioteca).

Pio Turroni (Cesena 1906 - 1982).
Militante anarchico, rifugiatosi in Belgio nel 1923
per sfuggire alla violenza fascista, rientrò
nell'Italia del Sud liberata dagli Alleati nel 1944.
In quel ventennio fu attivo nella lotta antifascista
in molti Paesi non solo europei.

Nel ’36/'37 fu combattente in Spagna nelle colonne
anarchiche. Tra i riorganizzatori del movimento
anarchico (prima al Sud, poi in tutt'Italia), rientrato
nella natia Cesena riprese il suo lavoro di sempre
(muratore). Sostenne e dette vita a numerose
iniziative di propaganda anarchica, a partire dalle
Edizioni Antistato (poi trasmesse nei primi anni ’70
alla nostra cooperativa Editrice A). Fu sempre
criticamente vicino ad “A”. Fu anche tra
i promotori dei Gruppi d'Iniziativa Anarchica (GIA),
nati da una scissione dalla Federazione Anarchica
Italiana (FAI), nel 1965. Negli anni ’70,
fino alla morte, dette un notevole contributo
alla ripresa anarchica, soprattutto in Romagna

Spesso io e Lucia Biondelli, insegnante di inglese nelle scuole elementari, raccontiamo anche di Adriano Olivetti, ingegnere e figlio del fondatore della prima fabbrica italiana di macchine per scrivere; non era un personaggio anarchico, ma la sua storia ci ha portato a capire quanto fosse possibile ideare e sostenere una visione nuova e aperta al mondo collettivo e solidale. Adriano credeva nella solidarietà sociale, tanto che si dimostrava attento nel tenere altamente in considerazione migliorie che potessero mirare all'idea di felicità collettiva. Inoltre Olivetti è legato al Villaggio, a cui donò una cospicua cifra in fase di costruzione; mantenne un rapporto epistolare con Margherita Zoebeli, nell'intento di supportarsi a vicenda nei percorsi dimostratisi lungimiranti.
Nel mio periodo di lavoro al Villaggio, sono nate amicizie con colleghi che, nel tempo, si sono consolidate; in particolare è continuata la collaborazione con Lucia, con la quale partecipo ad un gruppo di lettura a tema. A lei è venuto in mente di propormi di raccontare ai bambini delle classi quinte del CEIS, le vicende di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti.

Per introdurre l'argomento, nei giorni precedenti l'insegnante distribuisce ai bambini una specie di giornalino intitolato: “Another America. The Tragedy of Idealist Italian Immigrants”. All'interno viene brevemente raccontata la biografia dei due protagonisti, la cronologia dei fatti e viene illustrato l'ideale anarchico.
Nell'ultima pagina c'è il testo di Ballad of Sacco & Vanzetti e Here's to you (musiche di Ennio Morricone, testo di Joan Baez), in versione originale e con traduzione in italiano. I bambini hanno poi la possibilità di ascoltare le musiche al termine dei nostri incontri, mentre spieghiamo loro il significato.
Prima del mio intervento, Lucia si sofferma nella descrizione delle condizioni di vita degli emigrati approdati sul suolo americano e esplicita il ruolo che gli anarchici hanno avuto in quel contesto storico/sociale.

Lucia mi presenta ai bambini dicendo che sono riminese, ex-componente del Villaggio e “anziano” militante nel movimento anarchico: quest'anno nel presentarmi, ho detto ai bambini che il prossimo anno “festeggerò” i miei 50 anni di appartenenza al movimento anarchico!
Questa affermazione ha creato curiosità/stupore nei ragazzi che nel frattempo si erano sistemati in semicerchio di fronte a me.
Durante la “chiacchierata” che dura circa un'ora, cerco di affrontare diversi temi: le storie personali di Sacco e Vanzetti, quando e perché sono emigrati, le condizioni di vita che si sono trovati ad affrontare al loro arrivo in America, paragonando al presente rispetto agli attuali emigranti che arrivano nel suolo italiano, la loro militanza nel Gruppo Anarchico Luigi Galeani, la fuga in Messico, la rapina, il processo e la loro condanna annunciata.

Bartolomeo Vanzetti, Nicola Sacco, e la moglie di quest'ultimo, «Rosina»,
ovvero Marianna Teresa Rosa Zambelli, durante il processo

Nel raccontare, descrivo il periodo storico (le manifestazioni di protesta negli USA e nel mondo intero in seguito alle loro condanne e la dura condizione durante la loro permanenza in carcere) e la battaglia intrapresa da Vincenzina, sorella di Vanzetti, al fine di riabilitare i loro nomi (battaglia durata ben 50 anni fino a quando, nel 1977, il governatore del Massachusetts, Michael Dukakis, ha ufficializzato e restituito dignità ai due compagni. Il riconoscimento è avvenuto anche da parte del comune d'origine di Vanzetti: Villafaletto).
L'anno scorso e quest'anno ho anche mostrato in classe la bandiera (che conservo gelosamente in casa) che compare a pag. 5 del dossier Bandiere anarchiche-Orgoglio e amore, supplemento di “A” (a cura di Massimo Ortalli, foto di Marco Caselli Nirmal, bandiere in mostra nel chiostro a Reggio Emilia il 20 marzo 2008).
Questo perché in classe avevo parlato del Gruppo Galeani e anche perché la bandiera evidenzia al suo interno una bella fiaccola e riporta la scritta “G. Anarchico L. Galeani Rimini”, ma il tutto ricamato a mano (si narra fosse stato ricamato da compagne che hanno partecipato alla Guerra di Spagna).
Chiaramente questi racconti alimentano la curiosità dei bambini; le domande più frequenti sono: “che cosa significa essere Anarchico?”, “perché sei diventato Anarchico?”, “che lavoro fai?”, “che lavoro hai fatto?”, “in cosa credi?”, “che cosa significano le parole Anarchia e utopia?”, “voti?”.
Le domande dei bambini spesso mi fanno riflettere: sono lo specchio di una informazione farraginosa? “Anarchico”, a volte, viene impropriamente utilizzato nei media, nelle cronache e spesso è affiancato ad eventi/episodi di violenza.
Queste domande mi fanno pensare che i bambini abbiano necessità di sapere “in quale quadro ubicarmi”, avendo anche necessità di sapere se conduco una “vita normale”. Ma queste sono solo riflessioni personali.
Nonostante mi sentissi pronto a questo genere di domande, comunque sono andato a riguardare il libretto di Pippo Guerrieri (L'anarchia spiegata a mia figlia) che tratta in maniera semplice, ma efficace, proprio questi temi.
Un'alunna si è dimostrata particolarmente interessata alla vicenda, anche perché abitava proprio in via Sacco e Vanzetti a Viserba (frazione a pochi chilometri da Rimini). In questa via, noi anarchici riminesi abbiamo reso omaggio a questi compagni nel 2007 e nel 2017, in occasione dell'anniversario dell'ottantesimo e del novantesimo anno dalla loro morte.
In un incontro era presente la figlia di una mia collega di lavoro e, una volta giunta a casa, ha raccontato ai genitori che... aveva conosciuto un anarchico. Alcuni ragazzini mi hanno aspettato all'esterno per chiedermi quale fosse la data dell'incontro successivo.
In un altro incontro era presente la nipote di un ex sindaco di Rimini che in epoca scolastica faceva parte, assieme a me e altri, del Gruppo “Chile Libre” di Miramare di Rimini. Quest'anno alcuni bambini, amici di mia nipote, le hanno raccontato del mio incontro al CEIS.
Come vedete, il mondo è proprio piccolo e i ragazzini sono sempre entusiasti di scoprire sfaccettature diverse dei pensieri.
Inoltre, sia io che Lucia, incontrando per caso negli anni successivi i bambini che hanno partecipato all'incontro, diventati ormai ragazzini, abbiamo constatato che ricordano ancora la storia di Sacco e Vanzetti.

Spesso Lucia mi tiene al corrente dei rimandi nati nei giorni successivi all'incontro: i bambini ragionano nel paragonare gli ideali degli anarchici a quelli del CEIS; riportano di notare somiglianze nell'assenza di coercizione (hanno la possibilità di discutere sempre) e nell'ideale collettivo nel quale si cerca di risolvere difficoltà o affrontare “cadute” insieme con bambini e insegnanti.
Rimango sempre più convinto che la condivisione di esperienze libertarie nel mondo dei bambini e lo scambio intergenerazionale, possa aiutare alla costruzione di un mondo diverso e possibile.

Settimio Pretelli
Rimini

Sull'abolizione del valore legale del titolo di studio/Una critica libertaria

Qual è il confine fra liberalismo e liberismo? Ce ne fornisce un'idea una ricorrente boutade liberista che interessa ancora una volta la scuola. La proposta di abolire il valore legale del titolo di studio, avanzata da una figura importante del liberalismo come Luigi Einaudi nel 1955 e poi copiata dai fautori del “Piano di rinascita nazionale” della P2, persino da qualche estremista di sinistra operante alla fine degli anni ’70 all'interno del “Coordinamento Nazionale Lavoratori della Scuola” (antesignano dei Cobas), da Berlusconi e Lega, infine comparsa nel programma di Beppe Grillo.
L'abolizione del valore legale del titolo di studio, come sostiene Einaudi, servirebbe a contrastare il “monopolio delle professioni”: «Il valore legale del titolo di studio ha, nel sistema napoleonico, taluni effetti e principalmente quello di esclusiva. Solo i diplomati in medicina e veterinaria sono medici o veterinari; solo i diplomati in otorinolaringoiatria hanno diritto di farsi dentisti; solo i diplomati di ingegneria di costruire ponti e case e via dicendo». Tutto ciò instaurerebbe un: «Privilegio gravissimo; perché salvo due o tre casi interessanti la salute e la incolumità pubblica, non si vede perché, se così piace al cliente, il ragioniere non possa fare il mestiere del dottor commercialista, il geometra quello dell'agronomo e il contadino attento e capace quello del diplomato in viticultura ed enologia».
Ora, tralasciando la ratio e i «due o tre casi interessanti la salute e la incolumità pubblica» (medici o veterinari, dentisti o ingegneri), che Einaudi stesso però elenca comunque nel primo periodo, come se la salute pubblica fosse un optional, nonché il fatto che anche falsi commercialisti, falsi geometri e falsi enologi (per Bacco!) possono fare seri danni, conserviamo alla discussione la sua chiave teorica. Il punto è che proprio il liberalismo è sempre stato il difensore delle professioni, di quelle professioni che non a caso si chiamano liberali. Quindi l'artefice degli ordini professionali. Senza l'apporto politico del liberalismo non esisterebbero, ad esempio, il segreto professionale (allargato anche alla professione giornalistica), il diritto di difesa, né l'autonomia professionale, l'autorità peritale, ovvero il diritto delle professioni di autoamministrarsi, incardinata sul fatto che non può certo essere chiunque a valutare se l'azione di un professionista rientra o meno negli standard deontologici di quella stessa professione. Questo semplicemente perché non ne conosce la materia.
In assenza di queste regole, lo stato non solo non garantirebbe la salute e la vita dei cittadini, ma sarebbe autorizzato ad entrare in una sfera che non gli compete, eliminando, ad esempio, anche la libertà d'insegnamento, uno dei fondamenti dello stato di diritto, ovvero dello stato liberale. Tanto che, anche quando è costretto ad entrarvi, per equità e raziocinio lo stato stesso (con la magistratura) è costretto a rivolgersi a chi è professionalmente formato per poter dirimere “in scienza e coscienza” eventuali contenziosi legali a carattere professionale. Parliamo della “salute pubblica”. I contenziosi disciplinari sono addirittura demandati agli ordini. Così come esiste una netta separazione fra stato e chiesa, nell'ordinamento liberale si determina anche un confine altrettanto marcato relativamente all'esercizio della ricerca, dell'insegnamento e delle scienze, ché altrimenti si sconfinerebbe nel totalitarismo. Nel sistema liberale, non esistono per definizione “pedagogia di stato” e “scienza di stato” (tipiche del nazismo e dello stalinismo).
È semmai il liberismo, sostituendo a qualsiasi etica pubblica le mere “leggi di mercato”, che tenta l'eliminazione di qualsiasi barriera deontologica e qualsiasi libertà. Il liberismo vuole mettere a servizio le professioni, vuole poter retribuire un medico col salario dell'infermiere, un avvocato col salario della segretaria esecutiva, e non vuole nessun “inciampo” contrattuale, a cominciare da quelli che legano le retribuzioni ai titoli di studio richiesti.
Il liberismo vuole l'abolizione degli ordini professionali, e la casta economico-politica liberista ha in odio la libertà professionale dei giornalisti. Ma chi conosce un minimo di storia delle istituzioni, sa bene che l'eliminazione di qualsiasi vincolo produce un rafforzamento dello stato e del potere esecutivo sulla società civile. L'esatto contrario della logica liberale, che ha creato questi vincoli proprio per garantire il controllo dei poteri dello stato (che non a caso vengono separati e non subordinati) e la libertà della società civile. Il liberismo vuole abolire ogni vincolo, e naturalmente, per poterlo fare, cerca di usare lo stato a suo uso e consumo. Però il principale strumento che ha nella lotta col sistema liberal-democratico, come abbiamo visto, non è quello di ’legiferare' ed imporre vincoli, bensì, al contrario, quello di delegificare imponendo la deregulation. Il liberismo è la degenerazione, se non il contro-senso, per chi crede nel liberalismo.
Ma tutto ciò dovrebbero innanzitutto gridarlo a gran voce proprio i liberali, non chi come me liberale non è. Per me l'utopia liberale è assolutamente fallace. La crisi della “democrazia reale” lo dimostra da tempo. L'utopia liberale, come in passato quando per paura del socialismo ha favorito il fascismo, dimostra il suo limite anche quando si trasforma nell'utopia negativa liberista. Quando l'originario uso “discreto” dello stato diviene sistema statuale allo stato puro (cosa peraltro connaturata all'essenza dello stato stesso). Allora lo stato, “prosciugandosi”, getta la maschera, eliminando i diritti ed il welfare, ritorna ad essere quel che è sempre stato, ciò per cui è stato creato: organismo nato quando un popolo ha occupato le terre di un altro ed ha creato lo sfruttamento, essendo lo stato l'origine della divisione della società in classi (e per questo non potendosi usare neanche temporaneamente, come sostiene il marxismo, a fini di libertà ed eguaglianza).
Lo stato liberista non effettua neppure intermediazioni: garantisce solo le classi dominanti (ovvero i padroni del “mercato”). È solo in linea puramente idealistica e speculativa che il liberalismo, quando si trasforma in liberismo, può affermare di voler ”ridurre l'autorità nei limiti della necessità”. Infatti, non avendo al suo interno neppure l'ombra dell'idea dell'eguaglianza economica, il liberalismo è di fatto autoritario, poiché obbliga alla disparità ed i limiti dell'autorità divengono non quelli della necessità quanto invece i dettami utili a mantenere un iniquo status quo di sfruttamento.
Per quanto attiene al favore che in tempi (fortunatamente) andati la proposta di eliminare il valore legale del titolo di studio ha ottenuto anche in una certa “estrema” sinistra, va detto che il casus del qui pro quo attiene ad un massimalismo di segno opposto (ché quello di Einaudi è estremismo “mercatista”, risultante però da un abbaglio ideologico che lo ha indotto a cercare di eliminare autonomia e specificità delle libere professioni perché fossero “più libere assai”). Qualche bordighista, piuttosto che qualche anarcoide, avevano preso invece un abbaglio “egualitarista”, intendendo abolire così (si pensi un po') le differenze di livello e peso sociale introdotte dallo stato liberale fra lavoro manuale e lavoro intellettuale. Qui s'apre un discorso più complesso. Effettivamente le professioni artigiane andrebbero tenute nel medesimo conto delle libere professioni. Vista la penuria, nonché l'alta specializzazione raggiunta già nel medioevo, mai come oggi si dovrebbe finalmente capire come la qualità della falegnameria seria, del fabbro, piuttosto che quella del restauratore, nonché del meccanico e di altri, rappresenti, checché ne dicano ancora una volta i “liberali”, un valore storico e sociale che non ha nulla invidiare a quella dell'avvocato o dell'ingegnere. Ma nessuno può negare che anche le professioni artigiane sono connaturate a pratica ed insegnamenti molto sofisticati, che peraltro necessiterebbero di molta tutela anche sul piano istituzionale. Il percorso inverso, quello di eliminare tutti i titoli, come potrebbe fare un qualsiasi “polpottiano” in erba, non ha nulla di libertario o di ’comunista': è solo ridicolo.
A me tutto ciò appare scontato, perché non ho avuto “maestri” come Einaudi, bensì come Camillo Berneri. È vero che fu lui a sostenere che gli anarchici sono “i liberali del socialismo”, perché li accomuna ai liberali la irriducibile difesa della libertà. Cionondimeno Berneri era ben consapevole che per gli anarchici la difesa della libertà non è tutto. L'anarchismo ha una diversa radice, rispetto al liberalismo. Innanzitutto in ordine alla questione, fondamentale, dell'antistatalismo (anche in contrapposizione al marxismo). Ma ancor di più perché l'anarchismo è anche socialista, perché la “libertà” senza pari condizioni, senza eguaglianza ed equità, semplicemente non è libertà.
Sul fronte opposto, senza contraddizione alcuna, gli anarchici possono ben dirsi “ala estrema del socialismo”, dal momento che rifiutano non solo lo stato (portando a radicali conseguenze la negazione dell'autoritarismo ed eliminando la struttura che rigenera automaticamente la divisione di classe anche quando si chiama “stato socialista”), bensì perché sono giustamente convinti che l'eguaglianza non è eguaglianza in assenza di libertà.
L'utopia liberale intenderebbe garantire la libertà senza l'eguaglianza, l'utopia del socialismo autoritario invece l'eguaglianza senza la libertà.
L'anarchismo, idealmente, si colloca al tempo stesso al centro e su di un altro piano, rispetto al marxismo ed al liberalismo e non soggiace a nessuno dei due. L'anarchismo vola alto, collocandosi in posizione equidistante tra marxismo e liberalismo, perché, pur nascendo dal medesimo crogiolo e partendo dalle stesse basi storico-politiche, è stato in grado di superarli entrambi.
L'anarchismo è per l'eguaglianza, ma ha radici che gli fanno comprendere come questa verrà automaticamente negata anche (e soprattutto) fosse ottenuta tramite la dittatura: in sostanza, l'eguaglianza senza la libertà è impossibile. La critica bakuniniana al Marx politico, rende evidente come la pianificazione autoritaria in campo politico e statuale (la dittatura), nonché in campo economico, porta con sé per forza di cose la creazione di una nuova classe di sfruttatori che si appropria del bene comune (capitalismo di stato), piegandolo ed usandolo ai propri fini. L'anarchismo è quindi per l'eguaglianza, ma sa che non vi si potrà mai pervenire se non con un processo unitario, complesso e paritetico fra diritti civili e diritti sociali.
L'anarchismo è per la libertà, ma gli è del tutto evidente come questa non abbia senso se le condizioni economiche fra gli uomini sono dispari. Non può esistere libertà nella miseria, non può esistere libertà se le condizioni – di partenza e permanenti – avvantaggiano l'uno e condannano l'altro. Non si può giocare una partita di libertà con i dadi truccati del liberismo economico, delle sole leggi di mercato deificate e deregolamentate.
L'anarchismo è per l'eguaglianza nella libertà, così come per la libertà nell'eguaglianza, senza sconti, senza se e senza ma e soprattutto senza inutili e controproducenti machiavellismi. La sua alterità – si sarebbe tentati di dire, in burla del marxismo, già “scientificamente provata” alla luce degli esiti catastrofici che il potere bolscevico ha immediatamente prodotto ancora nel '21 – è soprattutto etica.
Ma non si tratta certo di una ’religione' dell'etica. L'anarchismo è l'unico movimento politico esistente che non prevede lo stato e la ragion di stato, l'unico che nasce per subordinare la politica all'etica (mentre tutte le altre scuole agiscono esattamente al contrario), ma lo fa per fini eminentemente pratici e di senso comune. Ha così compreso l'essenza del dominio, che conosce perfettamente le radici dello sfruttamento e le collega giustamente sia all'ineguaglianza che all'assenza di libertà. Conosce perfettamente le radici dell'oppressione, dell'autocrazia, del nazionalismo, dell'oscurantismo, della negazione dell'umanità e dell'individuo in ogni sfera e campo sociale, e per questo le collega giustamente sia all'assenza di libertà che all'ineguaglianza.

Stefano d'Errico
Segretario nazionale dell'Unicobas Scuola & Università



Quest'Arte dell'Anarchia

L'arte è la salsa di pomodoro dei pericolosi perdigiorno che s'impantanano impomatati spaparanzandosi a penzoloni tra lavoro e non lavoro. L'arte è merda creata da pulsioni interiori che bisogna coraggiosamente prendere in mano ed esporre in pubblico.
L'arte è quella dell'arrangiarsi vivendo di ciò che si crea, finanche firmando e pasticciando carte false colorate e impaginate con passi di danza.
L'arte è quella di riuscire ad esprimersi perforando l'infosfera pubblicitaria con soffi sottili e sabotaggi sinceri.
Nel frattempo, aspettando quest'arte dell'anarchia, proponiamo di passeggiare con sorriso giocondo in equilibrio tra arte e antiarte incoraggiando ogni tentativo di rilanciarla dalla finestra per l'ennesima volta.
Che tutte le persone innamorate dell'arte scrivano il loro curriculum e lo brucino come bandiera, come tesserino elettorale, come simbolo di partito pervertito che pretende lo schieramento confessional-professionale.
Con questo acefalo s/comunicato scombinato proponiamo un brindisi brillantArte e SmilitArte a tutte quelle persone che si dedicano all'arte evadendo eversivi dallo sterminio del dominio, a tutte quelle persone che lanciano armonie sinfoniche e cacofoniche, ininterrotte e autoprodotte, che si tuffano sulla truffa artistica, sull'insolito elemento librario con contorno di poesia orizzontale e demenziale, a tutte quelle persone che perseverano nel rigetto da copyright, nell'immorale messaggio murale, come nell'anagramma da telegramma.
Non sono l'uno per cento, ma sul più bello resistono e con una risata ci sepelliscono.

CreAttivi in Equilibrio
Lella e Fabio
Pozzallo (Rg)






I nostri fondi neri

Sottoscrizioni. Bianca Rodelli (Favaro Veneto – Ve) per nopoteribuoni, 50,00; Marta Bonaventura (Venezia) per Pdf, 4,00; Rosanna Ambrogetti e Franco Melandri (Forlì) 50,00; Arnaldo Androni (Castell'Arquato – Pc) 30,00; Antonio Nostro (Agrate Conturbia – No) 20,00; Paolo Grazini (Viterbo) 25,00; Felice Di Giandomenico (Roma) 20,00; Rolando Paolicchi (Pisa) saluti anarchici, 10,00; Danilo Vallardi (Dronero – Cn) 10,00; Aniello Ciaramella (Colle Val d'Elsa – Si) 15,00; Oreste Magni (Cuggiono - Mi)) per nopoteribuoni, 50,00; Pasquale Izzi (Bella - Pz) 4,00 per versione pdf; Aurora e Paolo (Milano) ricordando Amelia Pastorello e Alfonso Failla, 500,00; Luciano Di Rosa (Torre del Greco – Na), 10,00; (Milena Morniroli (Clermont-Ferrand – Francia) 50,00; Vincenzo Argenio (San Nazzaro – Av) 20,00; Giovanni Orru (Nuoro) 10,00. Totale € 878,00.

Ricordiamo che tra le sottoscrizioni registriamo anche le quote eccedenti il costo dell'abbonamento annuo ( 50,00 per l'Italia, 70,00 per l'estero).

Abbonamenti sostenitori. (quando non altrimenti specificato, si tratta dell'importo di cento euro). Ettore Valmassoi (Pieve di Cadore – Bl); Tancredi Codermatz (Gzira – Malta); Massimo Ortalli (Imola); Nicola Farina (Lugo – Ra); Carlo Capuano (Roma); Fantasio Piscopo (Milano) in ricordo di mio padre Tullio; Luca Todini (Torgiano – Pg); Claudio Venza (Muggia – Ts) in ricordo di Paola Mazzaroli, compagna sincera e generosa; Giorgio Bigongiari (Lucca); Luigi Natali (Donnas – Ao); Alessandro Rossi (Chiocchio – Greve in Chianti – Fi); Antonio Pedone (Perugia); Mario Perego (Carnate – Mb) 250,00; Famiglia Tecchio (Vicenza); Stefano Quinto (Maserada sul Piave – Tv); Tiziano Viganò (Casatenovo – Lc) saluti a tutta la redazione, un abbraccio a Paolo e Aurora; Battista Saiu (Biella); Claudio Stocco (Saonara – Pd); Fiorella Mastrandrea e Amedeo Pedrini (Brindisi) 150,00; Francesco D'Alessandro (Sesto San Giovanni – Mi) 460.00; Franco Schirone (Milano); Gianfrancesco Di Nardo (Roma); Davide Turcato (Dublino - Irlanda); Salvo Vaccaro (Palermo); Alberto Di Fidio (Roma); Luigi Palladino (Torre del Greco – Na); Jean-Pierre Nuenlist (Svizzera) 200,00; Gianni Alioti (Genova); Paolo Trezzi (Lecco); Carlo Carrera (Provaglio d'Iseo – Bs); Fulvia De Michiel – Belluno); Giovanna Di Stefano Cardella (Palermo); Luca Denti (Oslo - Norvegia). Totale € 3.960,00.