alle lettrici,
ai lettori
La chiesa, la pedofilia, il diavolo
A marzo
le donne, con dentro un dossier in vista della giornata internazionale
delle donne, nonché sciopero generale. Ad aprile l'antifascismo,
con dentro un dossier in vista della giornata del 25 aprile,
controversa festa della Liberazione per chi come noi (e non
solo noi) ha sempre considerato quella giornata una tappa antifascista,
assolutamente non conclusiva. E adesso, a maggio, questa copertina
anticlericale.
Questa volta ci occupiamo (in copertina e in apertura del numero)
della pedofilia nella chiesa cattolica. La nostra Carlotta Pedrazzini
ne ha parlato con Federico Tulli, giornalista da anni impegnato
in materia, e con Francesco Zanardi, della Rete L'Abuso. Nonostante
la cortina di buio creata dalla chiesa a tutela dei propri crimini,
nonostante le tante chiacchiere bergogliesche, ne esce un quadro
impressionante della profondità e della vergognosa “gestione”
del fenomeno. E si pensi che il fenomeno è mondiale e
dura da un paio di millenni.
La pedofilia è un fenomeno che furbescamente il signor
Bergoglio ha evidenziato essere non esclusivo della sua chiesa,
quella di cui è amministratore delegato, ma comune alla
società civile. Peccato che i dati che con difficoltà
trapelano dai felpati corridoi vaticani e dalle mille chiese
nel mondo ci parlino di percentuali almeno cento volte superiori
tra le sacrestie rispetto all'esterno mondo civile. Dall'intervista
all'amico Tulli emergono aspetti poco conosciuti e vergognosi
di questa millenaria pratica, che il Vaticano bolla come lussuria
e non come violenza contro i minori.
L'osannata figura del signor Bergoglio, considerato perlopiù
a sinistra come il “compagno” di riferimento, quasi
il nuovo Che Guevara nell'era di Zingaretti e di Putin, si rivela
per quella che è: tra bambini tentatori con il diavolo
a maneggiarli, e preti a migliaia ospitati semi-clandestinamente
in alloggi di proprietà o comunque disponibilità
vaticana, dove sottratti alla doverosa denuncia alle autorità
italiane vengono “curati” per essere poi riciclati
nella loro funzione pubblica di amorevoli (quanto amorevoli)
educatori e catechisti.
Per noi, la questione non è certo Bergoglio. Anche se
non ne possiamo più, da anni, di sentire un osanna generalizzato
per questa persona che già al tempo della dittatura militare
in Argentina ha brillato per la propria “assenza”
e (di fatto) tacita complicità con i governi dei generali
responsabili di assassinii, sparizioni e altre meraviglie.
Due millenni di chiesa sul groppone
La questione di fondo, per noi,
è sempre stata quella della presenza soverchiante, straripante
del Vaticano nella e sulla vita politica e sociale, italiana
in particolare. Lo sappiamo benissimo, la Chiesa cattolica,
apostolica, romana, ecc. è un'istituzione mondiale. Ma
è evidente che chi se la trova da due millenni sul groppone,
come noi italiane e italiani, da una parte abbia sviluppato
maggiori anticorpi e dall'altra la debba subire con quotidiana
continuità.
Una volta, c'erano numerosi filoni di pensiero e organizzazioni
politiche che condividevano questa nostra insofferenza e si
impegnavano sul terreno dell'anticlericalismo. Non ci riferiamo
alla polemica contro il pensiero religioso, la credenza in dio,
i santi, le madonne, e poi i battesimi, le cresime, ecc. Noi
siamo anarchiche e anarchici, libertarie e libertari. E siamo
per la libertà di pensiero, che è sempre la libertà
per chi la pensa diversamente da noi. Punto.
Siamo ormai lontani mille miglia dagli opuscoli di stampo ottocentesco
su “le 10 prove della non esistenza di dio” e cose
simili. È passata la stagione del “se credi in
dio sarai sempre schiavo”. Abbiamo conosciuto le stagioni
dell'ateismo di stato e/o degli stati atei, a partire dal marxismo-leninismo-stalinismo
che ha perseguito le chiese, salvo poi scendere felicemente
a patti con i loro vertici. Urss docet.
A noi interessa la libertà, individuale e sociale. Libere
chiese in libera società: patti chiari, amicizia lunga.
La società si riempia pure di chiese, sinagoghe, moschee,
ecc. ma siano tutte e del tutto a carico dei propri fedeli.
Nessuno sconto, nessuna sussidiarietà, nessun privilegio.
Nessun concordato che regoli le relazioni, di fatto sempre a
favore delle religioni.
In Italia, a partire dalla nascita dello stato unitario, ci
siamo ritrovati in una piccola e variopinta minoranza a mettere
in luce i privilegi goduti dal Vaticano: socialisti di vecchio
stampo, repubblicani (quando esistevano ancora, i mazziniani),
liberali, liberi pensatori, radicali (alla Ernesto Rossi, non
quelli delle marce che finiscono in piazza San Pietro). Tutto
un mondo variopinto, laico, laicista (come dicono le Sentinelle
e altre formazioni catto-fascistoidi). In gran parte fuori dai
partiti. Questo mondo quasi non esiste più.
Quell'11 febbraio 1969 contro il Concordato e...
Il movimento anarchico, tra i
promotori venti/trent'anni fa dei Meeting Anticlericali, resta
tra i pochi, piccoli ma solidissimi bastioni contro il clericalismo,
l'abuso sessuale contro i minori, le vergognose figure (anti-cristiane,
lasciatevelo dire da noi atei) dei cappellani militari, i permanenti
favori alle attività cattoliche, gli insegnanti di religione
pagati dallo stato e scelti dagli arcivescovi, i crocifissi
nelle aule scolastiche, le madonne piangenti negli ospedali,
le sottane nere delle suore ovunque ci sia dolore, la sofferenza,
i vecchi con proprietà da sussumere e i giovani virgulti
da indirizzare.
Non è la prima volta che da queste colonne parte un invito
a non sottovalutare la chiesa come avversaria del progresso
umano, come avvoltoio speculatore dei beni e dei favori dello
stato e della società civile, come grande camaleonte
ben capace di trasfigurarsi per continuare a svolgere le proprie
funzioni settarie con i soldi e peggio ancora l'ammirazione
di molti.
Alle centinaia di migliaia, alle milioni di persone presenti
più volte l'anno alle grandi manifestazioni pubbliche
della chiesa noi opponiamo (la volpe e l'uva?) le poche centinaia
di persone che l'11 febbraio di 50 anni fa sfilarono per le
vie quasi deserte di Milano, era (allora) un giorno di festività
nazionale che ricordava una data luttuosa, il Concordato e i
Patti Lateranensi, l'accordo avvenuto l'11 febbraio 1929 tra
la chiesa cattolica e lo stato italiano, tra Mussolini e Pio
XI.
Quella mattina forze eterogenee come i radicali, i repubblicani,
i giovani liberali, i movimenti studenteschi di alcune scuole,
gli anarchici (tra cui Giuseppe Pinelli e Pietro Valpreda, che
il dicembre successivo marchiò), qualche valdese, liberi
pensatori e – in un'iniziativa parallela – i cristiani
del dissenso per il centro di Milano. “Né chiesa
né stato, né dio né padrone, Paolo VI ritorna
ad Avignone” gridavamo in tanti.
“E un pensier libero ribelle in cor ci sta”
Mezzo secolo dopo ci ritroviamo
a denunciare una delle pagine più buie della chiesa cattolica
e lo facciamo con documentata evidenza, per quanto possibile.
Con rigore giornalistico e senza insultare nessuna/o. In direzione
ostinata e contraria ai molti bergoglismi vigenti.
Al pensiero unico opponiamo, com'è nel nostro Dna, il
pensier libero.
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