Una morte bevuta a sorsi
Scrivere è bello ma essere letti è ancora più
bello, specialmente se ti legge un compagno ergastolano da più
di trent'anni in carcere. Ecco cosa scrive Pasquale De Feo dopo
aver letto il mio libro: La belva della cella 154:
Sono un amico di Carmelo Musumeci e quando ho saputo che
aveva scritto un altro libro, gliel'ho chiesto e subito me l'ha
mandato, si intitola La Belva della cella 154 con la
prefazione della pianista Alessandra Celletti.
La
copertina è una sua fotografia di quando era giovane.
La storia comprende la libertà e il carcere, con un
lieto fine che vuole augurare speranza per gli ergastolani condannati
a morte con l'ergastolo ostativo.
Non manca niente, la vita spericolata fuori con rapine e
altri reati, la fine che è sempre la stessa a qualsiasi
latitudine: galera o morte.
Inizia con la bella vita, dove tutto sembra possibile e che
niente possa turbare la serenità “artificiosa”
della nostra esistenza, poi all'improvviso si cade in un abisso
dove sembra di essere approdati in un'altra dimensione, dove
la vita non ti appartiene più e ti costringono un po'
alla volta a degradarti fino a diventare una bestia nei pensieri
e nel comportamento.
Il protagonista diventa una belva, isolandosi da tutti, affezionandosi
a un gatto che era diventato tutto il suo mondo.
Tre detenuti gli prendono il gatto, lo cucinano e se lo mangiano.
La triste realtà gli viene comunicata con un bigliettino
trovato in cella, la “Belva” assalta i tre, ne uccide
due e risparmia il terzo.
Verrà esso stesso massacrato dalle guardie e trasferito
in un altro carcere. Guarito, ritorna alla “non vita”
di prima. Passano gli anni, un giorno gli arriva una lettera
dalla donna che ha sempre amato e ama ancora, che gli comunica
che sta per morire e gli ha lasciato un figlio suo che presto
lo andrà a trovare, perché vuole conoscerlo.
Il giorno della visita è una sorta di trauma: non
abituato a fare colloqui, la “Belva” abbraccia il
figlio e per la prima volta piange. Il figlio lo tranquillizza
dicendogli che ora non è più solo, lui provvederà
a ogni cosa.
È una bella storia ma non vi racconto il finale.
Quello che ammiro di Carmelo Musumeci è la sua tenacia
nel lottare contro la pena dell'ergastolo, sono convinto che
un giorno riuscirà nell'impresa.
Io credo in lui.
Pasquale ha l'ergastolo ostativo come l'avevo io, ma io purtroppo
sono l'eccezione che conferma la regola. Dovete sapere che in
Italia ci sono due tipi di ergastoli, uno “normale”
che ti dà la possibilità (ma non la certezza)
un giorno di poter usufruire di benefici, e uno ostativo dove
hai la sicurezza di morire in carcere. Per tutti e due quei
tipi di ergastolo, nel certificato di detenzione vi scrivono
“fine pena: 9999”. La condanna a essere cattivi
e colpevoli per sempre è una pena stupida perché
non c'è persona che rimanga la stessa nel tempo. All'ergastolano
rimane solo la vita, ma la vita senza futuro è meno di
niente. Con l'ergastolano la vita diventa una malattia. Una
malattia che non ti uccide, e questa è la cosa più
terribile. Imprigionare una persona per sempre è come
toglierne tutto. E non lasciarle niente. Non penso che vedrò
mai in Italia l'abolizione della pena dell'ergastolo, ma continuerò
a lottare, perché la vittoria sta già nella lotta.
Carmelo Musumeci
|