Francia/ Gilet gialli tra lotte spontanee, anarchia e Bookchin
Diciamo pure che c'era da aspettarselo: il divario storico
tra i nove milioni di persone che vivono sotto la soglia di
povertà e le cinquecento più grandi fortune del
paese, con il portafoglio che si appesantisce ogni anno di più,
i regali fiscali alle più grandi imprese che licenziano,
delocalizzano e riempiono di utili i propri azionari, l'evasione
fiscale colossale che raggiunge vette altissime (ottanta miliardi
di euro ogni anno), l'enorme sfiducia nei confronti della politica
con un'astensione in costante ascesa, il crollo della biodiversità,
una canicola dietro l'altra, un presidente che viene dal mondo
della finanza, che mischia condiscendenza e disprezzo di classe,
e via di seguito.
Per questo, quando il governo francese ha deciso di abolire
l'imposta sulle grandi fortune e aumentare la tassa sulla benzina,
colpendo direttamente gli strati popolari che vivono nelle periferie
delle città e che non possono più permettersi
di vivere in centro, e quando ha fatto marcia indietro sulla
maggior parte delle misure ambientali, sebbene cruciali, come
il divieto dell'utilizzo del glifosato, c'è stato il
corto circuito. Era dal '68 che non si registrava un movimento
sociale di taglia così grande.
Il 17 novembre 2018 le prime maree gialle, composte da centinaia
di migliaia di gilet dello stesso colore, si sono riversate
su Parigi e in altre città. All'inizio, devo ammetterlo,
ho guardato con una certa diffidenza quelle manifestazioni inedite,
senz'altro influenzato dai media che continuavano a ripetere
che dietro tutto c'era l'estrema destra. Poi mi sono venuti
i brividi vedendo sui canali all-news il Corpo speciale antisommossa
(CRS) respinto a colpi di pavé sotto l'Arco di trionfo,
i caselli autostradali distrutti o incendiati in segno di protesta
contro le estorsioni delle grandi società di autostrade
private, o ancora le barricate issate sulla “più
bella strada del mondo, gli Champs Elysées” e l'attacco
ai quartieri chic di Parigi e alle vetrine delle banche.
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Strasburgo (Francia), febbraio 2018 - Marcia antigovernativa di gilet gialli. Sul gilet in alto la scritta “fermate il racket fiscale” Foto ifeelstock/Depositphotos.com |
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Alcuni amici anarchici mi invitavano già da due settimane
ai casotti installati sulle rotatorie, una sorta di riappropriazione
dello spazio pubblico, quasi delle ZAD, “zone da difendere”,
in cui i più poveri potevano tornare a esistere e ricreare
un legame. Ci sono andato una prima volta e quello che ho visto
mi ha colpito, mi ha ridato forza e mi ha ipnotizzato: una radicalità
immensa, una volontà di cambiare il corso della storia
o delle vite precarie. Le persone che ho incontrato mi hanno
confessato che era la prima volta che lasciavano il divano per
manifestare la propria rabbia: persone che non sopportavano
più lo Stato, la polizia, i politici al servizio della
finanza e delle multinazionali, erano pensionati ridotti allo
stremo da pensioni misere, infermiere in esaurimento professionale
che lavoravano negli ospedali pubblici in totale carenza di
personale, madri single sfinite dalle tasse da pagare.
E allora mi sono immerso in una marea gialla dopo l'altra, senza
più abbandonare il movimento, ho visto piombargli addosso
la violenza dello Stato francese: le granate con cariche esplosive
e i flash-ball hanno causato un morto, ridotto diverse
persone in coma, mentre altre hanno perso un occhio e altre
ancora hanno riportato ferite gravi. Eppure, settimana dopo
settimana, i gilet gialli tornavano a manifestare, perché
non avevano nulla da perdere.
Certo, non voglio negarlo, ho incontrato anche qualche razzista,
qualche elettore del partito di Marine Le Pen e persino dei
seguaci della teoria del complotto. Ma la maggior parte dei
miei interlocutori, sfiniti dal tradimento dei partiti politici
e dei sindacati, erano dei proletari che non ce la facevano
più e hanno deciso di unirsi per agire. A questo si aggiunge
negli ultimi tempi la voglia di organizzarsi e strutturarsi
e stanno nascendo, un po' ovunque, delle case del popolo, sul
modello dei vostri centri sociali, e tra i gilet gialli si va
sviluppando un movimento sotterraneo, influenzato dal pensiero
anarchico e dal municipalismo libertario teorizzato da Murray
Bookchin e da sua moglie.
La seconda assemblea delle assemblee è prevista a Saint-Nazaire
all'inizio di aprile. Come è avvenuto già a Commercy,
all'inizio di febbraio, si discuterà della possibilità
di sviluppare una politica orizzontale e applicare concretamente
il motto “il potere del popolo e dal popolo”, lasciandosi
alle spalle una volta per tutte Macron e la sua banda.
Sebastien Bonetti
Francia
traduzione di Gaia Cangioli
I
nostri fondi neri
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Sottoscrizioni.
Davide Biffi (Trezzo sull'Adda – Mi) 70,00;
Roberto Friscia (Milano) per Pdf 36,00; Elisa Bianchi
(?) per Pdf, 20,00; Daila Malafronte (Londra –
Regno Unito) 20,00; Giovanna Cardella (Palermo) ricordando
Antonio Cardella da parte 100,00; Andrea Perin (Milano)
50,00; Antonio D'Errico (Milano) 14,50; Davide Frontini
(Busto Arsizio – Va) per Pdef, 10,00; Aurora
e Paolo (Milano) ricordando Amelia Pastorello e Alfonso
Failla, 500,00; Pasquale Messina (Milano) “ricordando
mio padre“, 100,00. Totale
€ 920,50.
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di cento euro). Paolo Vedovato (Bergamo) “Viva
l'anarchia“; Carlo Bellisai (Capoterra –
Ca); Nuccia Pelazza (Milano); Donata Martegani (Milano),
Gian Paolo Zonzini (Borgo Maggiore – Repubblica
di San Marino); Elena Frontaloni (Prato); Pietro Steffenoni
(Lodi); Stefano Cempini (Ancona). Totale
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